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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo venticinquesimo volume della serie seconda copre il periodo dal 15 maggio 1892 al 14 dicembre 1893, corrispondente al primo Ministero presieduto da Giovanni Giolitti, con Benedetto Brin alla guida della politica estera.

Come il suo predecessore Rudinì, anche Brin si preoccupa, suscitando qualche sospetto a Londra, di non urtare la Russia nella questione bulgara. Come Rudinì, anche Brin adotta una linea diplomatica che si distingue dall'attivismo crispino per una maggior cautela. Tuttavia egli è meno coerente del suo predecessore nel perseguire una politica di moderazione: vuole contrastare la penetrazione francese nel Marocco per mantenere non solo l'equilibrio nel Mediterraneo (come Rudinì) ma

anche, in certa misura, le posizioni conquistate dall'Italia in quell'Impero durante il Ministero Crispi. Nei confronti del problema etiopico si sforza di combinare la cosidetta politica scioana con quella tigrina, portandovi forse, rispetto a Rudinì, una sfumatura più attiva che si manifesta, per esempio, nella aspirazione a favorire la penetrazione commerciale dall'Eritrea verso il Sudan. La questione del porto di Biserta, cui Rudinì aveva messo la sordina, torna ad avere per Brin una importanza analoga a quella che aveva per Crispi.

Sembra evidente in Brin una attenzione particolare per la marina, che forse gli proviene dalla sua professione di eminente ingegnere navale. Ma c'è un motivo più immediato: la speranza, ispira tagli da Tornielli, che il contrasto sorto fra Londra e Parigi per il Siam e, ancor più, la minacciata presenza della flotta russa nel Mediterraneo inducano finalmente l'Inghilterra, se non a rendere operanti gli accordi del 1887, quanto meno ad un'intesa navale per far sì che le flotte inglese e italiana mantengano sempre la superiorità su quelle francese e russa. Qualcosa infatti sembra cambiare nell'atteggiamento di Londra, che dà il suo concorso per invitare la Turchia a difendere il confine della Tripolitania dalle infiltrazioni provenienti dalla Tunisia. Ma il cambiamento è fugace, né ottiene successo l'aspirazione di Brin di porre una connessione fra l'appoggio italiano all'Inghilterra in Egitto e un auspicato appoggio inglese all'Italia in Tripolitania. Passando ad altri campi, il tentativo di difendere con energia i nostri emigrati in Brasile sottoposti a vessazioni è maldestro e velleitario.

Il bilancio complessivo del soggiorno alla Consulta di un uomo nuovo come Brin non è particolarmente brillante, ma fa eccezione il suo comportamento nel gravissimo incidente di Aigues-Mortes, che egli sa condurre a soluzione con tatto e insieme con una energia pronta ad assumersi la responsabilità di decisioni gravi quali la presentazione delle dimissioni.

2. Il volume si basa principalmente sulla documentazione conservata nell' Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri nei fondi seguenti: Archivio segreto di Gabinetto 1869-1914; telegrammi in arrivo e partenza; Affari politici 1891-1914; Carte Brin, Carte Blanc; Archivi delle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna; Carte del Ministero dell'Africa italiana.

Alcuni documenti, indicati nelle note, provengono dall'Archivio centrale dello Stato, dall'Ufficio storico della marina militare e dalle Carte Crispi conservate nel Museo centrale del risorgimento.

3. Varii documenti erano già editi, integralmente o in parte, nelle pubblicazioni qui di seguito indicate: L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, Documenti (1891-1893), a cura di D. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1981;

Libro Verde 76, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Brin), Aigues-Mortes, seduta del 23 novembre 1893, Roma, Tipografia della Camera d~i deputati, 1893;

Libro Verde 79, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), incidente di Melilla, prima serie, seduta del 6 dicembre 1894, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895;

Libro Verde 89, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), Somalia italiana (1885-1895), seduta antimeridiana del 25 luglio 1895, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895; •

F. CRISPI, Questioni internazionali, Diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, Milano, Treves, 1913;

C. RrCHELMY, Lettere inedite di Costantino Nigra, in «Nuova Antologia», 1928, vol. 262;

Dalle Carte di Giovanni Giolitti, Quarant'anni di politica italiana, vol. I, L'Italia di fine secolo 1885-1900, a cura di P. D'Angiolini, Milano, Feltrinelli, 1962;

F. FoNzr, Documenti sul conciliatorismo e sulle trattative segrete fra Governo italiano e Santa Sede dal 1886 al 1897, in Chiesa e Stato nel/'800, vol. l, Padova, Antenore, 1962;

M. GABRIELE, Le convenzioni navali della Triplice, Roma, Ufficio storico della marina militare, 1969;

C. ZAGHI, La conquista dell'Africa. Studi e ricerche, Napoli, Istituto universitario orientale, 1984.

Le memorie del generale Baratieri (0. BARATIERI, Memorie d'Africa (1892-1896), Torino, Bocca, 1898), sono basate sul carteggio con Roma. Vi sono citati molti passi di documenti, ma non abbiamo ritenuto di teneme conto nelle note al testo a causa del loro carattere frammentario e talvolta impreciso.

4. Benché firmato da me anche questo volume è il frutto del lavoro a quattro mani condotto con la dott. Emma Moscati Ghisalberti cui va la mia grata riconoscenza. Desidero anche ringraziare, per la loro intelligente e valida collaborazione, la dott. Marina Tomaselli, che ha effettuato le ricerche presso l'Archivio centrale dello Stato e l'Ufficio storico della marina militare, il dott. Piercarlo Pisa che ha curato le appendici, la signora Fiorella Giordano cui si deve l'indice dei nomi e la signora Andreina Marcocci che ha copiato i documenti, anche in lingua straniera. Un ringraziamento particolare alla dott. Marina Tomaselli e alla signora Fiorella Giordano per l'attenta revisione delle bozze di stampa.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE

T. 885. Roma, 15 maggio 1892, ore 19.

Assumendo oggi direzione affari esteri desidero esprimerle mia sicura fiducia, dichiararle mio fermo proposito proseguire politica per cui l'Italia seppe farsi elemento di pace e sicurezza in Europa.

2

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 953. Sofia, 16 maggio 1892, ore 17,15 (per. ore 17,52).

Facente funzioni commissario ottomano Sofia avendo risposto verbalmente negativamente alle domande ultima nota ufficiale Bulgaria Stambuloff è vieppiù nelle disposizioni indicate nel mio rapporto dieci maggio n. 177 1 , e minaccia non più pagare tributo Rumelia orientale che è già in ritardo di un mese 2•

3

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 238/108. Cairo, 16 maggio 1892 (per. il 22).

I due riveriti dispacci ministeriali del 30 aprile ultimo n. 16422/86 e 16423/87 1 mi prescrivevano di rispondere alla nota del ministro egiziano degli affari esteri del

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna con T. 893, pari data. Per la risposta di Brin cfr. n. 5. Stambulov non intendeva pagare il tributo dovuto dalla Rumelia orientale finché la Sublime Porta non avesse chiesto al Governo russo l'estradizione dei complici nell'assassinio di Vulkovié.

20 dello stesso mese relativa alle riserve da noi fatte intorno al firmano d'investitura del khedive Abbas e di fare che la nostra replica rimanesse senza alcun seguito.

Tigrane pascià che io cercai di far entrare nel nostro ordine d'idee mi si mostrò da principio poco propenso, ma poi mi dichiarò che la cosa sarebbe forse possibile se la mia nuova comunicazione fosse concepita in termini tali da permettergli di passarla sotto silenzio.

Per non espormi al caso di ottenere un effetto contrario a quello che si cercava, ed evitare ulteriori repliche e controrepliche formulai una lettera del cui tenore ho l'onore di qui accludere copia, e verbalmente gliela comunicai. S.E. mi osservò che la menzione del firmano l'obbligava a rifiutarsi al nostro desiderio; il Governo di Sua Altezza si comprometterebbe verso la Sublime Porta se così non facesse, allorchè veniva messo in questione un atto del sultano. Sarebbe stata tutt'altra cosa se non lo avessi menzionato e mi fossi limitato a fare una dichiarazione generica che il Governo del re, presa conoscenza della risposta egiziana del 20 aprile, rimaneva nell'ordine d'idee già espresso ed intendeva di mantenere a Massaua l'attuale stato di cose.

Le istruzioni da me avute non permettendomi di servirmi di una locuzione diversa da quella da me adottata ne ho conferito, come mi era indicato, con sir E. Baring. Il mio collega mi ha anzitutto confermato che quella parte della nota da lui diretta il 13 aprile a Tigrane pascià (rapporto del 16 aprile n. 195/902) nella quale dichiarò «che il Governo della regina non ammetteva che i cambiamenti introdotti nel tenore del firmano o la sua accettazione potessero dar luogo a reclami

o servire a modificare i diritti territoriali esistenti» vi fu inserita per riguardo alla nostra colonia nel Mar Rosso e che il ministro degli affari esteri non vi replicò. Egli si rende conto pur tuttavolta degli obietti [attimi e gli parrebbe opportuno lo scegliere un mezzo termine per venire ad un accordo.

Secondo il suo modo di vedere una formola generica quale il ministro degli esteri la desidererebbe gli pare conveniente per le due parti ed è disposto a mantenere S.E. nella buona disposizione di contentarsene. Egli mi suggeriva d'intendermi con Tigrane pascià circa una nuova redazione ma io non mi sono creduto autorizzato a seguire il suo consiglio. Mi affretto invece a rendere conto all'E.V. delle intraprese trattative e prima di muovere altri passi attenderò suoi ulteriori ordini 3 .

ALLEGATO

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI EGIZIANO, TIGRANE PASCIÀ

PROGETTO DI NOTA. Cairo, ... maggio 1892.

J'ai soumis au Gouvernement du roi, mon auguste souverain, la lettre que V.E. a bien voulu m'adresser le 20 avril dernier en réponse à ma communication du 14 du mème mois.

3 2 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie II. 3 Cfr. n. IO.

Le Gouvernement de Sa Majesté après avoir pris connaissance de son contenu m'a chargé de renouveler à V.E. la déclaration que j'ai eu l'honneur de vous faire par ma susdite note, savoir que la teneur du firman d'investiture de S.A. le Khédive Abbas pacha ne saurait porter atteinte au statu quo à Massaouah et que le Gouvernement du roi n'entend point changer l'état des choses y existant.

2 l Non pubblicato nel volume XXIV della serie Il.

3 l Non pubblicati nel vol. XXIV della serie II; cfr. però ivi, nn. 733, 735, 736.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, E A VIENNA, AVARNA

T. S.N. Roma, 17 maggio 1892, ore 17.

Ayant pris connaissance détaillée des arrangements secrets qui nous lient envers l' Allemagne, l' Autriche-Hongrie et l' Angleterre, je tiens à affirmer que ces arrangements et la politique qui en découle auront en mai un exécuteur fidèle et convaincu, et que je m'attacherai à suivre, à cet égard, exactement la mème ligne conduite que mon prédécesseur. Je vous prie de vous ménager l'occasion prochaine de faire part de mon sentiment et de ma ferme intention à lord Salisbury (au comte Caprivi, au comte Kalnoky), avec lequel je désire vivement voir se continuer le courant d'entente intime et cordiale qui a jusqu'ici facilité les rapports mutuels entre l es deux Pays 1 .

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 905 1 Roma, 18 maggio 1892, ore 12.

Il r. ambasciatore in Costantinopoli telegrafa 2 titolare del commissariato ottomano in Sofia ora tornato al posto terrà a Stambuloff linguaggio atto a calmarlo. Gli amici della Bulgaria debbono desiderare sia costì evitato ogni atto che possa suscitare complicazioni. Abbiamo ragione di credere tale essere pure pensiero dei Gabinetti di Londra e Vienna 3 .

2 T. 955 del 17 maggio, non pubblicato.

3 T. 961 e 964 del 17 maggio, non pubblicati. Cfr. quanto comunicò Avarna con R. 1163/430 del 24 maggio: «Ii conte Kalnoky mi disse inoltre che aveva creduto opportuno di far pervenire tuttavia a Sofia, in via confidenziale, consigli di prudenza e moderazione perchè non si insistesse più oltre presso la Sublime Porta sulle quistioni riguardanti il processo Vulcovitch, e non si cercasse d'insistere su domande a cui nel fatto essa non poteva dar seguito».

4 l Per le risposte cfr. nn. 6, 7 e Il.

5 l Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra e Vienna con T. 904, pari data.

6

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Berlino, 18 maggio 1892, ore 20 (per. ore 22 ).

Le chancelier étant aux eaux j'ai donné connaissance de votre télégramme d'hier soir 1 au secrétaire d'Etat qui a accueilli avec grande satisfaction cette communication. Il s'empressera de la soumettre à l'empereur et de la télégraphier au chancelier. Il me charge, en attendant, de transmettre ses meilleurs remerciements à

V.E. et de l'assurer que le Cabinet de Berlin n'a pas douté un instant de vos sentiments et a pleine confiance en vous.

7

L'INCARICATO D'AFFARI A VIE NNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Vienna, 18 maggio 1892, ore 20 (per. ore 22).

Je viens de communiquer au comte Kalnoky le télégramme de V.E. d'hier au soir 1 . Kalnoky en a pris connaissance avec la plus grande satisfaction. Il m'a prié de remercier V.E. de la forme comme du contenu de cette importante communication. Il a ajouté qu'il n'avait jamais douté de la ferme intention de V.E. de continuer la mème ligne de conduite suivie par le Cabinet précédent. Kalnoky m'a chargé d'assurer

V.E. qu'elle pouvait compter sur son concours loyal et sur la mème confiance de rapports établie avec ses prédécesseurs, et que de son còté il s'emploiera à continuer le courant d'entente intime et cordiale heureusement existant entre les deux Pays.

8

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 19 maggio 1892.

V.E. vorrà permettermi, spero, di aggiungere alcune parole al telegramma ch'ebbi l'onore di dirigerle in data di jeri 1 in seguito all'abboccamento da me avuto con S.E. il conte Kalnoky.

7 l Cfr. n. 4. 8 1 Cfr. n. 7.

Mi preme anzitutto di ripetere all'E.V. che il conte Kalnoky fu oltremodo sensibile alla comunicazione da me fattagli del telegramma di lei2 , di cui rilevò con manifesta soddisfazione le schiette e leali dichiarazioni.

Il conte Kalnoky parlandomi poscia della fiducia che la personalità della E.V. gli ispirava, ricordò l'episodio occorso nel giugno passato alla Camera dei deputati in occasione della discussione pel rinnovamento della Triplice Alleanza, episodio in cui ella si manifestò quale fautore deciso di quell'alleanza.

Ed a tal proposito il ministro i. e r. accennò con compiacimento alla disillusione avuta dalla stampa francese che dalla caduta del precedente Gabinetto sperava trarre profitto a danno dell'alleanza stessa.

Mi corre inoltre l'obbligo di far conoscere all'E.V. come la costituzione del nuovo Gabinetto ed in special modo i nomi di lei e del presidente del Consiglio siano stati qui favorevolmente accolti in generale dalla stampa liberale di Vienna. Notevole è in proposito il linguaggio tenuto dal Fremdenblatt organo ufficioso di questo Ministero i. e r. degli affari esteri.

Ho creduto mio debito di rendere di tali particolari conto all'E.V., e pregandola di scusare la libertà che mi sono preso ...

6 l Cfr. n. 4.

9

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 586/271. Berlino, 22 maggio 1892 (per. il 26).

Il Gabinetto italiano attuale non poteva a meno di venire accolto con favore dall'opinione pubblica in Germania, che ravvisò immediatamente nella composizione di esso, e segnatamente nella presenza dell'E.V. alla Consulta, una sicura guarentigia che non verrebbe cambiato l'indirizzo della politica estera da noi sin qui seguita, a base della quale sta la Triplice Alleanza.

Nel commentare le cause d'indole finanziaria che cagionarono la caduta del Ministero presieduto dal marchese di Rudinì, apparì tuttavia nei giornali tedeschi qualche preoccupazione relativamente alla possibilità che venissero introdotte nei nostri ordinamenti militari terrestri e navali economie di natura a indebolirli. Salvo poche eccezioni, questa stampa limitossi però in generale a esprimere fiducia nel senso politico degli italiani per il mantenimento della loro potenza militare, da essi stessi riconosciuta necessaria alla propria sicurezza. Tra gli articoli apparsi sull'argomento destò speciale attenzione, a motivo della sorgente da cui fu indubbiamente ispirato, il noto articolo delle Hamburger Nachrichten organo del principe di Bismarck; articolo di cui unisco qui ad ogni buon fine il testo riportato con poche parole di commento dalla National Zeitung del 19 corrente1•

9 I Non si pubblicano gli allegati.

Conformemente alla parola d'ordine che mi risulta da buona fonte essere stata loro impartita, i fogli ufficiosi mantennero un grande riserbo sulla quistione, ad eccezione della Norddeutshe Allgemeine Zeitung che ruppe la consegna coll'articolo comparso nella prima edizione del 19 corrente. Tale articolo che, dato il carattere ufficioso del giornale, poteva aver l'aspetto d'una pressione indiretta che si cercasse d'esercitare sulle determinazioni del Governo del re, produsse in me qualche sorpresa, tanto più perché contrastava col contegno perfettamente corretto di astensione assoluta sino allora tenuto dal Gabinetto di Berlino. Cercavo occasione di avere in proposito uno schiarimento, che non sarebbe stato opportuno provocare direttamente, quando ieri mattina il capo della sezione politica presso il Dipartimento degli esteri intavolò meco francamente l'argomento. Egli era assai .irritato per la detta pubblicazione, avvenuta all'insaputa ed all'incontro degli intendimenti precisi della Cancelleria imperiale, la quale erasi invece studiata con cura a evitare tutto ciò che potesse avere anche soltanto l'apparenza d'una immistione nella questione. Volle farmi leggere il testo autentico delle istruzioni in questo senso approvate dall'imperatore e inviate al conte di Solms il 14 corrente, e mi espresse il desiderio che l'E.V. fosse telegraficamente informata di quanto precede.

Ringraziai il barone Holstein della spiegazione e aggiunsi avrei soddisfatto col massimo piacere e senza indugio al suo desiderio. Il che feci appena rientrato all'ambasciata2 .

Oltre quello della Norddeutsche Allgemeine Zeitung accludo qui un articolo della Vossiche Zeitung di ieri, ed altro apparso avant'ieri nella Kolnische Zeitung sotto il titolo «Berlin-Wien-Rom» e che so essere stato ispirato dalla Cancelleria imperiale.

8 2 Cfr. n. 4.

10

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

D. 19794/103. Roma, 24 maggio 1892.

Rispondo senza indugio al rapporto del 16 di questo mese, n. l08 1• Poco a noi importa la forma della nostra replica alla nota del 20 aprile di codesto ministro degli affari esteri, purché ne risulti chiaramente il nostro proposito, malgrado ogni atto intervenuto tra l'Egitto e la Potenza alto-sovrana di mantenere integre le nostre ragioni a Massaua. La menzione esplicita del firmano non è quindi punto necessaria ed io la autorizzo a modificare nei seguenti termini il secondo capoverso della nota: «Le Gouvernement du roi, après avoir pris connaissance de son contenu m'a chargé de renouveler à V.E. la déclaration que j'ai eu l'honneur de vous faire par

IO 1 Cfr. n. 3.

ma note du 14 avril, savoir qu'on ne saurait désormais porter atteinte au statu quo à Massaua, et que le Gouvernement du roi n'entend point changer l'état des choses y existant». È bene inteso in conformità delle dichiarazioni di Tigrane pascià che la nostra nota dovrà rimanere senza risposta. Di questo ella deve positivamente assicurarsi, prima di dar corso alla nota 2•

9 2 T. urgentissimo 996 del 21 maggio, non pubblicato.

11

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 553/300. Londra, 24 maggio 1892 (per. il 30).

Il 15 di questo mese mi pervenne il telegramma con il quale V.E. annunziandomi d'aver assunto la direzione del R. Ministero per gli affari esteri, esprimeva il suo proposito di continuare la politica che fece dell'Italia un elemento di pace e di sicurezza in Europa 1 .

Mi recai il 17, giorno di consueto ricevimento, al Foreign Office, ed informai lord Salisbury di ciò che l'E.V. mi aveva notificato. Sua Signoria accolse siffatta dichiarazione con il più lieto animo.

Dippoi mi pervenne il telegramma di V.E. in data del 17 di questo stesso mese2 e me ne valsi in un'altra visita fatta a lord Salisbury il 20 successivo. In questa seconda conversazione ho messo chiaramente in sodo due cose: primieramente il valore che V.E. annette alla fedele esecuzione degli accordi esistenti fra l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Germania e principalmente di quelli stabiliti con l'Inghilterra; in secondo luogo tutto l'impegno che ella, signor ministro, vuoi mettere nel mantenere viva e feconda la corrente di relazioni intime e cordiali fra questo Paese ed il nostro.

Lord Salisbury m'incaricò anzi tutto di porgere alla E.V. i suoi ringraziamenti per le cose da me dettegli in di lei nome. Egli non fece alcun accenno speciale agli accordi ed agli impegni reciproci da me espressamente e marcatamente ricordati. Si limitò. a dichiarare di essere volonteroso di procedere sempre d'accordo con noi nelle cose d'interesse comune per l'Inghilterra e per l'Italia. Egli sarà lietissimo di mantenere con V.E. le relazioni aggradevoli, sicure ed intime che avea avute con il di lei precedessore.

Anche in questa occasione ho potuto notare lo studio con il quale lord Salisbury sembra voler evitare di far menzione degli accordi presi con l'Italia. Sebbene egli sia, per naturale inclinazione, assai sobrio di parole, questa reticenza sua, in cosa di suprema importanza, deve osservarsi almeno come una sfumatura del colorito della sua conversazione.

IO 2 Per il seguito della questione cfr. nn. 14 e 15. 11 l Cfr. n. l. 2 Cfr. n. 4.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MALASPINA

D. 26490/471. Roma, 30 maggio 1892.

Ebbi, jeri, la prima visita dell'ambasciatore di Francia, il quale mi tenne un linguaggio specialmente amichevole, affermando essere sua missione e suo proposito di adoperarsi in ogni miglior maniera a rendere èordiali, segnatamente nel campo economico, le relazioni tra i due Paesi.

Il discorso essendo caduto sulla importanza di evitare tutto ciò di cui possa, dall'una o dall'altra parte, adombrarsi la pubblica opinione, io accennai, incidentalmente, a Biserta ed alla preoccupazione sorta, in Italia, per la credenza, avvalorata da taluni indizì, che ivi voglia crearsi un porto militare, considerato, da coloro che da noi hanno la maggiore autorità in simile materia, come minaccioso per la nostra sicurezza e per l'equilibrio nel Mediterraneo. Di siffatta preoccupazione erasi avuta l'eco anche in Parlamento, due interrogazioni essendosi da ultimo presentate, in proposito, da lati opposti dell'Assemblea. Per conto mio, aggiunsi che le stesse nostre dirette notizie accennavano a lavori non proporzionati alle esigenze di un porto meramente commerciale: a profondità e larghezza di canale superiori a quanto possa richiedersi per navi mercantili, a collocazione di batterie, ecc. Nè tacqui l'impressione che avevano potuto produrre, in una recente occasione, le parole del ministro degli affari esteri signor Ribot, quando questi, dovendo, nella seduta del 19 di questo mese, patrocinare, davanti la Camera dei deputati, la sollecita costruzione di un tronco di ferrovia tra Godeida e Biserta, alludeva «ad interessi particolarmente affidati alla sua custodia, che non occorreva additare alla assemblea in termini più aperti». La S.V. trattava di questo argomento nel suo rapporto del 21 di questo mese, n. 1008/429 1 .

Il signor Billot non aveva istruzioni particolari intorno a codesto soggetto, nè sopratutto avrebbe voluto meco trattare della questione di diritto; però egli affermava, nel modo più reciso, che, secondo le sue informazioni, i lavori di Biserta hanno unicamente per iscopo di ridurre quel porto naturale ad essere un conveniente porto commerciale.

Naturalmente una simile affermazione non era tale, per i termini e la forma in cui era concepita, da rendere praticamente utile ed opportuno che io ne prendessi atto. Mi sono limitato a ringraziare ed a notare che dileguandosi ogni dubbio a tale riguardo, se ne sarebbe giovata, nel comune interesse, la pubblica opinione.

È probabile che di questo nostro colloquio l'ambasciatore di Francia porga un cenno al suo Governo. Epperò ho stimato utile di darne notizia a lei, acciocchè ella possa cautamente indagare la cosa ed anche tenere all'occorrenza linguaggio consimile al mio. Se il signor Billot effettivamente costì ne riferisce, avranno più notevole importanza le eventuali dichiarazioni e lo stesso eventuale silenzio del signor Ribot 2•

12 I Non pubblicato. 2 Riferendo circa un suo colloquio con Ribot, Malaspina osservava con R. 1145/489 del IO giugno: «Evidentemente non volle il ministro parlare di Biserta, nè io stimai opportuno di assumerne l'iniziativa».

lO

13

IL RESIDENTE AD HARAR, SALIMBENI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 22. Harar, 3 giugno 1892 (per. il 13 luglio).

La missione affidata da re Menelik al dottor Traversi mi tiene in molta preoccupazione, non per l'importanza della missione in se stessa, sulla quale non mi credo autorizzato a fare apprezzamenti di sorta, ma per il suo esito che, qualunque esso sia, a me pare ci conduca troppo presto alla necessità di prendere una decisione definitiva e per conseguenza alla impossibilità di guadagnar tempo ulteriormente. Se non che, combinandosi la detta missione del Traversi con l'altra affidata dallo stesso Menelik al signor Mascow, mi sembra opportuno di sottomettere al giudizio di V.E. alcuni suggerimenti che a me, qui sopra luogo, occorrono forse più opportunamente che a menti più illuminate della mia ma di persone lontane.

Il signor Traversi viene a domandare al Governo la consegna di due milioni di cartucce acquistate e pagate da ras Makonnen per conto di Menelik.

La missione del signor Mascow è più oscura. Tuttavia si crede in generale che egli attenda delle lettere di protesta che re Menelik vorrebbe mandare alle Potenze che hanno per noi minor simpatia, allo scopo di far rilevare le nostre pretese mene dalla parte di Massaua per gettargli contro a rivolta i capi tigrini.

Alcuni dicono che il signor Mascow partirà per l'Europa fra pochi giorni; altri invece sostengono, e le riparazioni che egli fa eseguire alla sua casa d'abitazione farebbero credervi, che rimarrà qui ad aspettare il ritorno di Traversi e il risultato della sua missione.

*In quanto al Traversi, o egli ritornerà coi due milioni di cartucce, ovvero senza di essi e con delle scuse per mascherare il rifiuto.

Nel primo caso, si dovrà-forse ritenere che l'aver aderito al desiderio di Menelik ci condurrà ad un accordo stabile e definitivo con lui? A me pare così, poiché gli scioani annettono alla loro domanda un'idea di diritto che non so se sia stata rilevata dal dottor Traversi; essi dicono che le cartucce sono state pagate regolarmente da loro con denari presi a prestito dalla Banca Nazionale, sui quali pagano regolarmente il loro frutto del 6%, dicono che quando il Governo italiano garantiva il prestito, sapeva benissimo che la maggior parte di esso doveva servire per acquisto di armi e munizioni e che per conseguenza le cartucce appartengono a loro; e noi, non essendo in guerra con l'Etiopia, non abbiamo alcuna ragione di trattenerle.

È quindi da ritenersi che la consegna delle cartucce non risolverebbe la questione dell'articolo 17, né farebbe cadere il clamore, che ancora perdura, per il noto convegno del Mareb 2•

C. ZAGHl, La conquista dell'Africa. Studi e ricerche, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1984, pp.

713-714. 2 Cfr. serie Il, vol. XXIV, n. 584.

Nel secondo caso, cioè di un rifiuto mascherato da scuse, tutto ciò s'inasprisce e la situazione si renderebbe più tesa di quanto lo fosse prima della partenza del dottor Traversi.

Qui mi giova notare che non credo per nulla ad un attuale miglioramento della situazione; io non vedo nei rapporti attuali che un momentaneo rilasciamento di una tensione pronta a riprendersi al ritorno del Traversi, si sia, oppur no, ottenuto lo scopo per cui fu inviato in Italia.

In tale stato di cose parmi che non si possa mirare ad altro di meglio che a guadagnare tempo, e che per raggiungere tale scopo si possa approfittare delle voci che corrono sulla missione Mascow. Se non si otterrà un risultato quale si potrebbe desiderare, si riuscirà se non altro ad intralciare questa missione, colla probabilità che la violenza di carattere di colui che ne è investito conduca ad un'esplosione capace di farla andare a vuoto.

Per queste considerazioni io ritengo che sarebbe opportuno che il ministero facesse sentire allo Scioa, che egli è ben disposto ad aderire al desiderio di Menelik, ma che essendo corsa voce in Europa che il signor Mascow è per ritornare con proteste di Menelik, suscitate da false informazioni, si vuol attendere l'arrivo di quel signore e conoscere il tenore delle proteste medesime prima di prendere una decisione.

Così: o il signor Mascow, se aveva intenzione di trattenersi qui fino al ritorno di Traversi, dovrà partire senza le proteste; ovvero, se egli sarà già partito colle proteste, sarà il re Menelik quello che si troverà nell'imbarazzo e, ciò che più importa, dalla parte del torto.

Giova sperare che in questo temporeggiare arrivi la decisiva rottura fra il nord ed il sud dell'Etiopia, ed allora i due milioni di cartucce potranno servire ad equilibrare le due parti, affinché la lotta riesca più lunga e micidiale; il che corrisponderebbe al sano principio del divide et impera*.

13 l Ed. in L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, Documenti ( 1891-1893 ), Roma, Poligrafico dello Stato, 1981, pp. 250-251. Il passo fra asterischi è ed. anche in

14

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1105. Cairo, 6 giugno 1892, ore 12.45 (per. ore 12,55).

Ministro degli affari esteri acconsente non rispondere nostra nota qualora limitata espressioni seguenti: «J'ai l'honneur de vous déclarer que le contenu de votre susdite note ne saurait modifier la manière de voir du Gouvernement de Sa Majesté telle qu'elle était exprimée dans ma communication du quatorze du mème mois» 1•

14 1 Per la risposta di Brin cfr. n. 15.

15

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

T. 993. Roma, 6 giugno 1892, ore 20,20.

Accetto formula proposta 1

16

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 236/125. Pietroburgo, 10 giugno 1892 (per. il 19).

Il signor Scisckin al cui ricevimento ebdomadario mi sono ieri recato si mostrò meco assai soddisfatto del linguaggio tenuto dali'E.V. al signor Vlangaly. Mi disse che il desiderio manifestato da V.E. d'intrattenere le buone relazioni esistenti tra la Russia e l'Italia era anche diviso da questo Gabinetto imperiale. Si disse poi assai lieto dello spirito conciliante che aveva ispirato il linguaggio in Parlamento dell'E.V. sull'azione politica dell'Italia in Bulgaria.

17

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Berlino, 11 giugno 1892.

_ Trovasi qui di passaggio, e sul punto di ritornare al suo posto, l'ambasciatore di Germania a Londra. Il conte Hatzfeldt godendo fama di abile diplomatico e di ottimo conoscitore degli uomini e delle cose inglesi, non credo poter tralasciare di riferire all'E.V. quanto da lui m'è stato detto in una recente conversazione.

Il conte m'espresse anzitutto l'opinione che lord Salisbury abbia riconquistato non poco terreno in questi ultimi mesi. Secondo le probabilità attuali, il partito gladstoniano, che non è molto ancora si riteneva sicuro d'una strepitosa vittoria, dovrà accontentarsi d'un successo assai più modesto. Non è nemmeno esclusa del tutto la possibilità che le elezioni riescano favorevoli ai conservatori-unionisti. Se

15 I Cfr. n. 14.

Gladstone afferra di nuovo il potere, sarà probabilmente con una maggioranza troppo tenue perché possa mantenervisi a lungo. Ad ogni modo, il conte Hatzfeldt non crede che un ritorno di quell'uomo di Stato al Governo arrechi cambiamenti essenziali nella politica estera della Gran Bretagna. Lo stesso sir W. Harcourt fece un giorno notare al conte Hatzfeldt come la politica estera del Gabinetto attuale non fosse mai stata seriamente attaccata dall'opposizione. La penuria di uomini è abbastanza grande in quest'ultimo partito, e sembra difficile esso possa affidare la direzione del Foreign Office ad altri che a lord Rosebery, la posizione del quale si è molto rafforzata durante il tempo in cui si tenne in disparte dalle lotte dei partiti e le cui viste in fatto di politica estera si scostano ben poco da quelle di lord Salisbury. Lord Rosebery, non essendo capo del Gabinetto, non avrebbe per verità la stessa libertà d'azione che l'attuale primo ministro. Egli saprebbe però temporeggiare e in caso di bisogno servire di contrappeso a Gladstone.

Il conte Hatzfeldt parlommi poscia del Marocco e di Biserta, ripetendomi circa le cose stesse riferite l'anno scorso dal conte de Launay con rapporto n. 1177/465 del 14 novembre, e lettera particolare del 10 dicembre 1 al predecessore dell'E.V. Nella quistione di Tuat, lord Salisbury sarebbe stato disposto a appoggiare a Parigi unitamente all'Italia le pratiche delle quali avesse preso l'iniziativa la Spagna, come la Potenza più direttamente interessata. Ma il Gabinetto di Madrid si scansò, il che confermò i sospetti di lord Salisbury a suo riguardo. Il conte Hatzfeldt non crede alla possibilità d'una intesa franco-inglese relativamente al Marocco, per le ragioni esposte nel mio rapporto n. 513 l 234 del 29 aprile scorso 2• Egli mostrasi meno rassicurato rispetto alla Spagna, il cui contegno verso la Francia in tutte le quistioni concernenti il Marocco potrebbe nascondere il desiderio di non compromettersi, per tenersi aperta la porta ad una intesa eventuale.

Per quanto si riferisce a Biserta, il conte Hatzfeldt lasciò trasparire il timore che a Roma si imputi a mancanza di buon volere, a totale indifferenza per gli interessi italiani la passività completa della Gran Bretagna di fronte ai lavori militari che sta facendo la Francia nel porto suddetto. Secondo il conte Hatzfeldt, il contegno dell'Inghilterra è motivato unicamente da una divergenza coll'Italia nell'apprezzare le condizioni di fatto. Il Gabinetto di Saint James considera naturalmente il lato militare della quistione al punto di vista inglese, e in base ai giudizi delle competenti autorità inglesi. Queste, come sa l'E.V., anziché vedere un pericolo nella creazione d'un porto militare a Biserta, reputano piuttosto vantaggiosa per l'Inghilterra una spartizione delle forze navali francesi nel Mediterraneo. Lord Salisbury, quindi, al quale il conte Hatzfeldt tenne spesso parola dell'argomento, ebbe sempre a dirgli che egli s'interessava a Biserta unicamente a causa dell'Italia. Sua Signoria non divideva tuttavia il nostro modo di vedere circa i pericoli che dalla trasformazione di quella stazione marittima in un potente porto militare possono derivare all'Italia; non scorgeva d'altronde modo d'impedirlo. Non gioverebbero amichevoli rimostranze al Gabinetto di Parigi, che non

17 1 N o n pubblicati nel vol. XXIV della serie II. 2 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 740.

ne terrebbe conto e negherebbe probabilmente il carattere militare dei lavori di Biserta, mentre d'altra parte l'opinione pubblica in Inghilterra non comprenderebbe e non approverebbe che il Governo della regina arrischiasse un conflitto colla Francia per siffatta quistione. Il conte Hatzfeldt stima quindi non convenga insistere sull'argomento presso gli inglesi, essendo vana la speranza di poterli convertire ad un modo di vedere diverso. Quel che importa più di tutto all'Italia, è di assicurarsi il concorso della loro flotta pel caso d'un conflitto colla Francia. Ed a tal fine è necessario, se disgraziatamente avesse a sorgere motivo per un tal conflitto, che non solo sia evidente il buon'diritto dell'Italia, ma che questa metta anche dalla sua tutte le forme e le apparenze, acciò il Governo britannico possa schierarsile a fianco sorretto e spinto dalla opinione pubblica, senza la quale esso, qualunque fossero il partito e gli uomini al potere, troverebbesi paralizzato. Quantunque assai pratica e positiva, la nazione inglese -aggiungeva il conte Hatzfeldt -ha un lato sentimentale ed è capacissima di entusiasmarsi per una causa la cui giustizia gli apparirà chiara ed incontrastabile. Bisogna saper tener conto di questa corda e farla vibrare.

Il conte Hatzfeldt mi pregò di non fare di questa conversazione oggetto d'un rapporto ufficiale.

18

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

T. CONFIDENZIALE 1036. Roma, 13 giugno 1892, ore 23,10.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi comunica confidenzialmente' quanto segue: «Il ministro d'Inghilterra attualmente a Fez ebbe dal sultano notizia della risposta che l'incaricato d'affari di Francia fece, sin dal 1° febbraio scorso, circa Tuat. La Francia declina recisamente ogni discussione e dichiara categoricamente che farà in quella regione come le piacerà. Il sultano, informato che il Governo francese intende in autunno fare una spedizione sopra Tuat, ha chiesto consiglio al ministro inglese, e questi, per istruzione di Salisbury, gli ha suggerito di comunicare la nota francese anche ai rappresentanti d'Italia e di Spagna». All'ambasciatore d'Inghilterra che desiderava conoscere il mio pensiero dissi che a mio avviso le tre Potenze dovranno scambiare le loro idee tostoché saranno in possesso della comunicazione marocchina, ed aggiunsi che in tale circostanza ben volentieri cercheremo di concordare il nostro atteggiamento con quello dell'Inghilterra e della Spagna.

(Per Londra, Madrid e Berlino) Ella potrà tenere costì analogo linguaggio se le si parla di questo soggetto. (Per gli altri) Il presente dispaccio è per sua riservata informazione.

18 I Con promemoria confidenzialissimo del 12 giugno.

19

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. PERSONALE S.N. Berlino, 13 giugno 1892.

Segretario di Stato mi dice aver incaricato oggi conte Solms esprimere vivo desiderio dell'imperatore di veder qui il più presto possibile i nostri augusti sovrani. Durante ultime nostre difficoltà parlamentari imperatore fece tacere ogni altra considerazione. Felicemente rimosso l'ostacolo che si opponeva alla partenza del re, l'imperatore spera e sarà felicissimo di riceverlo colla regina prima della prossima partenza per la Norvegia. L'imperatrice dovendo partorire nel settembre, se la visita non avesse luogo ora, dovrebbe essere rimandata a novembre il che rincrescerebbe assai a questi sovrani e darebbe alimento a commenti d'ogni genere, bene a evitare nel comune interesse. Se Sua Maestà aderisce al desiderio dell'imperatore, sarò grato all'E.V. di volermi porre il più presto possibile in grado comunicare al segretario di Stato arrivo e itinerario degli augusti viaggiatori nonché lista del seguito perché s'abbia tempo di prendere necessarie disposizioni 1 .

20

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

D. 22346/321. Roma, 13 giugno 1892.

L'ambasciatore di Germania è venuto, d'ordine del suo Governo, a comunicarmi un telegramma relativo alla visita che l'imperatore di Russia fece testè all'imperatore Guglielmo in Kiel.

Il barone Marschall fa conoscere in quel telegramma che i colloqui tra i due sovrani ebbero carattere di grande cordialità e che l'imperatore Alessandro se ne mostrò particolarmente compiaciuto. Dopo che, incontratisi a bordo, furono scesi a terra, l'imperatore Alessandro volle esprimere la sua soddisfazione con apposito telegramma diretto all'imperatrice.

Il Gabinetto di Berlino ritiene che, quantunque l'incontro di Kiel non abbia modificato la situazione politica, quale si è appalesata dopo la gita della squadra francese a Kronstadt, se ne debbano tuttavia trarre pronostici rassicuranti per il mantenimento della pace. Ne è risultata infatti l'impressione che per la Russia non esiste una questione di Alsazia-Lorena e che una politica francese di rivincita non avrebbe l'appoggio della Russia.

Ho pregato il conte di Solms di ringraziare il Governo imperiale per questa importante comunicazione, della quale mi giova di tosto pigliare nota, col presente dispaccio, nel mio carteggio con codesta ambasciata.

...

19 1 Per la risposta cfr. n. 21.

21

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. 1037. Roma, 14 giugno 1892, ore 17,30.

Il viaggio è deciso 1• Le Loro Maestà partiranno da Monza nel pomeriggio di domenica viaggiando in forma privatissima via Gottardo. Il comm. Rattazzi le telegraferà i particolari.

22

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 455/211. Therapia, 14 giugno 1892 (per. il 18).

Ieri al ricevimento settimanale del corpo diplomatico il ministro imperiale degli affari esteri si mostrò meco inquieto del risveglio delle agitazioni greche per l'annessione dell'isola di Creta, agitazioni, mi disse S.E., incoraggiate dai discorsi di Tricupis, e mi domandò se il contegno del Governo del re sarebbe ad esse favorevole. Ho risposto a Said pascià che, quantunque non avessi ricevuto da Roma né informazioni né istruzioni, non una parola in proposito, tuttavia mi autorizzavo a dichiarare che codesto Gabinetto avendo, come i precedenti, nel suo programma di politica estera l'integrità dell'Impero ottomano ed il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo non poteva che dare al Governo ellenico, presentandosene il caso, consigli di moderazione e di calma. Io non sapevo se veramente i vecchi comitati in Grecia, ai quali altri nuovi si sarebbero aggiunti, si agitassero nuovamente in favore dell'irredentismo ellenico, ma che se il timore più grave della Sublime Porta, come si doveva argomentare dalle parole di Said pascià, era prodotto dai discorsi di Tricupis, lo diminuiva, se non riusciva a distruggerlo completamente, la considerazione del momento in cui furono pronunciati, cioè alla vigilia delle elezioni, e da chi aspirava alla popolarità per riprendere il perduto potere, essere quindi da presupporsi che riafferratolo muterebbe linguaggio.

Il ministro imperiale degli affari esteri soddisfatto soggiunse che interpellato da lui l'ambasciatore di Sua Maestà britannica gli fece analoga risposta, aggiungendo che se i greci non stessero tranquilli si potrebbero veder minacciati d'un secondo blocco.

Il ministro di Turchia a Atene giunse qui due giorni fa chiamatovi dal sultano; la sua venuta si collega alle agitazioni dei comitati greci ed all'attitudine di Tricupis. Ebbi l'onore d'informare ieri sera telegraficamente V.E. di quanto precede 1•

21 l Risponde al n. 19.

22 1 T. 1153, non pubblicato. Mal vano rispose con D. 23265/199 del 20 giugno: «Mi è grato di approvare il linguaggio da lei tenuto in proposito, che esprime esattamente il pensiero del R. Governo».

23

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1164. Berlino, 15 giugno 1892, ore 18,09 (per. ore 18,30).

Comunicai notizie relative Tuat 1 al segretario di Stato che sentì, con soddisfazione, intenzioni del Governo concordare, possibilmente, suo atteggiamento con quello Inghilterra e Spagna. Nell'ulteriore svolgimento questione, all'Italia non conviene far più che Inghilterra. Iniziativa presa ora da ambasciatore d'Inghilterra, intrattenere V.E. sull'argomento, sembra buon sintomo delle intenzioni Gabinetto di Londra.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO DELLA GUERRA, PELLOUX, E AL MINISTRO DELLA MARINA, DE SAINT-BON

D. RISERVATISSIMO 1 . Roma, 18 giugno 1892.

Il r. incaricato d'affari a Parigi m'avverte 2 , in via del tutto confidenziale, che da documenti d'indole riservata recentemente trasmessi al r. comando del Corpo di Stato Maggiore e al Ministero della marina (a codesto ministero), dai nostri addetti militare e navale, risulterebbe manifesto l'intendimento del Governo francese di fare di Biserta un porto militare dotato di arsenale marittimo. In uno di siffatti documenti è detto che, avendo l'Italia turbato in suo favore, coi lavori della Maddalena e di Taranto, l'equilibrio del Mediterraneo, era necessario alla Francia di ristabilirlo creando a Biserta un sicuro rifugio per le navi da guerra francesi. A questo parere delle autorità militari, soggiunge il r. incaricato d'affari, farà premurosamente buon viso il Governo della Repubblica. Interessando moltissimo a questo ministero d'essere al corrente di tutto quanto si riferisce al delicato argomento delle fortificazioni di Biserta, prego V.E. di darmi regolarmente comunicazione dei rapporti dei nostri addetti militari (navali), che trattano di siffatta questione. Intanto gradirei di prender conoscenza dei documenti d'indole riservata, cui accenna il nostro rappresentante a Parigi 3 .

2 Con R. 1145/489 del IO giugno, non pubblicato.

3 Non si pubblicano le risposte del Ministero della guerra (N. riservatissima 4298 del 22 giugno) e di quello della marina (N. riservatissima 136 del 25 giugno).

23 l Cfr. n. 18.

24 1 Il dispaccio venne inviato al ministro della guerra col n. 23090/872 e a quello della marina col n. 23091/485.

25

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO CIFRATO 638/91. Bucarest, 20 giugno 1892 (per. il 25).

Le président du Conseil Catargi et le ministre des affaires étrangères Lahovary ayant donné leur consentement, et bien chaleureux, au renouvellement du traité d'alliance austro-hongrois-roumain du 30 octobre 1883, l'envoyé impérial et royal auprès de cette Cour est parti tout récemment pour Vienne, où, pour surcroit de prudence, les deux instruments respectifs doivent etre faits; leur signature aura lieu aussitòt que le ministre austro-hongrois sera de retour. Les pleins pouvoirs ad hoc ont été signés par le président du Conseil. Les ratifications des deux souverains auront lieu simultanément après le retour du roi Charles dans le Pays. Ce n'est qu'après cela, pour autant qu'il m'est donné de savoir, que le Cabinet de Vienne invitera ceux de Rome et de Berlin à adhérer au traité en question.

Quoique persuadé que le comte Nigra en aura déjà informé V.E., je crois devoir la prévenir que ce traité est tout-à-fait identique au précédent.

Je prie V.E. de me faire connaitre, pour ma gouverne, si notre accession aura à subir quelque modification. Celle de l' Allemagne ne pourra pas avoir lieu avant la fin du mois d'aoùt, époque à laquelle le ministre impérial rentrera de son congé 1•

26

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARA TIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. RISERVATO 721. Massaua, 20 giugno 1892 (per. il 5 luglio).

Per combinare un modus vivendi coll'imperatore di Etiopia, sarebbe necessario di fare a lui le seguenti concessioni:

l) due milioni di cartucce;

2) rinunzia alla signoria sovra il territorio del Saraè e dell'Oculé Cusai;

3) guarantigia da parte del Tigrè coll'indurre ras Mangascià ad atti di ossequio o ad una visita a Menelik;

4) abbandono dell'art. 17 del Trattato di Uccialli.

Conceda l'E.V. che io esamini partitamente queste concessioni, le quali non possono essere tenute segrete, sia perché perderebbero di valore, sia perché vi sarebbe interesse per lo Scioa a propalarle, sia perché delle trattative in Africa, ben poca parte rimane celata.

26 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 257-262.

La concessione di 2 milioni di cartucce fornirebbe subito occasione di vanto al re dei re, così perché nella sua fiacchezza, ha sempre timore dei tigrini, come perché reputa interesse suo guastarli cogli italiani. Ed allora possono accadere tre ordini di fatti: o profittando del sospetto e dell'ira destata nei tigrini, Menelik stesso spinge la burrasca contro il nord con tanta maggiore facilità, quanto maggiori sono le arti e gli intrighi del clero, potente nell'uno e nell'altro campo, quanto maggiore è il bisogno nei tigrini di espandersi per vivere; o tranquillo aspetta che maturino gli avvenimenti; o muove contro i ras del Tigrè. Non credo probabile questa ultima ipotesi, sia per indecisione sua, sia per le difficoltà enormi di raccogliere vettovaglie, sia per la scarsa speranza di vittoria, sopra guerrieri riputati valorosi, in paese nemico, lontano, intricato, dove le minacce scioane basterebbero a formare la concordia tigrina.

Ma dato anche che si venisse ai ferri corti fra scioani e tigrini, vittoria o disfatta ci sarebbero egualmente dannose, perché la vittoria di Menelik ci getterebbe sulle braccia le masnade affamate del Tigrè, la disfatta di lui renderebbe i tigrini strapotenti e pericolosi al nostro dominio sull'altipiano etiopico.

Veniamo alla seconda concessione relativa ai territori del Saraè e dell'Oculé Cusai. Si è troppo discusso e si è troppo scritto intorno alle varie linee di frontiera, perché si possa credere che il re dei re, circondato da interessati consiglieri avversi al predominio italiano, non si accorga, o passi sopra all'occupazione nostra di Godofelassi, al tributo che esigeremo in regioni da lui considerate entro i confini del suo impero, dopo aver col conte Antonelli discusso passo per passo, con tenacia singolare e col sospetto di chi si crede tratto in inganno, le frontiere prima di Az Nefaz -Az Johannes e poscia di Adi Baro -Gura, e di averne fatto oggetto di più lettere speciali a S.M. il Re ed al R. Governo.

Ora, come io ho già osservato nella mia precedente relazione intorno ai contini della Colonia Eritrea del 4 giugno 2 , abbandonare il Saraè e l'Oculé Cusai, nuoce a noi, tanto dal punto di vista politico, quanto dal militare. Politicamente nuoce perché lascia una zona di frontiera esposta ad ogni razzia; ed allora per necessità di difesa, per vecchie tradizioni, per ira e vendetta dell'abbandono, le tribù ora a noi soggette presto si trasmuterebbero in masnade di predoni tanto più infesti quanto più frazionati, quanto più vicini al cuore stesso della colonia ed alle linee principali di comunicazione.

Militarmente nuoce perché non solo il nostro propugnacolo sull'altipiano, l'Asmara, è esposto ai primi attacchi, aggirabile come è da Caiacor e da tutto l'Oculé Casai, e senza sentinelle avanzate verso la frontiera, ma quel che è peggio si perde l'Oculé Cusai, questa regione montuosa che al nord di Massaua tiene in mano le chiavi di tutte le provenienze dal mezzogiorno. Da tempo antichissimo Gura, Digsa, Alai sono considerate come le porte militari dell'Abissinia. Il costituire, come taluno vorrebbe, una zona neutra, sarebbe il peggiore dei guai, perché ben presto un focolare di briganti ci costringerebbe ad aumentare i presidi, per stare in guardia e prevenire i conflitti. Dovunque nelle colonie, massime ultimamente, fra la Tunisia e la Tripolitania, la zona neutra fu considerata come sorgente di debolezza e di lotta.

Lascio il danno e lo scorno di abbandonare provincie cui l'Italia ha accordato protezione, fertili, pronte al tributo, in certa guisa ordinate sotto la nostra signoria, ed i cui capi da anni servono fedelmente e sono nemici giurati dei capi tigrini.

Riguardo alla terza concessione credo impossibile, o quasi, indurre ras Mangascià a far atto di sottomissione all'imperatore Menelik. Anzitutto il convegno del Mareb gli ha fatto credere che l'Italia, temendolo, ne abbia riconosciuta l'indipendenza; ed in tale credenza, considera i suggerimenti di sottomissione quale cambiamento di condotta politica a suo riguardo da parte del Governo dell'Eritrea; poi in questo solo sono d'accordo i capi tigrini, con a capo ras Alula, nell'inimicizia per lo Scioa, nelle aspirazioni ad una guerra contro il sud, che li liberi dalle strette nelle quali si dibattono e che procuri loro di che vivere; onde, dato pure che Mangascià si inducesse all'ossequio per l'imperatore, gli altri capi quasi pari a lui in potere, e sempre riluttanti all'obbedienza, non solo non lo seguirebbero, ma assai probabilmente alzerebbero gli scudi della ribellione.

Fin dal mio giungere nella Colonia Eritrea ai primi dello scorso aprile, ho ripetuto quale governatore le istruzioni da me date quale reggente nel settembre scorso, di indurre Mangascià a dichiarazioni ed atti di ossequio, o sottomissione all'imperatore di Etiopia. Ma il nostro residente dott. De Martino, mi ha più volte dimostrato il pericolo che correrebbe l'amicizia coi ras stipulata al Mareb, ove si volesse insistere in tale argomento. E di ciò ho reso conto ripetute volte al Governo di Sua Maestà.

Ho studiato eziandio la questione di un componimento fra Menelik e Mangascià. Questi si indurrebbe forse a riconoscere l'imperatore d'Etiopia, quando Menelik lo nominasse re del Tigrè, allargasse d'assai i suoi possedimenti e restituisse l'abuna Pietro. Ma si dovrebbe prima fare i conti con ras Alula, capo degli intransigenti, il quale estende le sue pretese a tutto l' Amahra dal lago T sana alla regione dei Galla. E poi come si potrebbe entrare in tale ginepraio e come uscirne? E sarebbe una tale politica conforme agli interessi d'Italia?

Rimane per ultima concessione, l'abbandono dell'art. 17. Non spetta a me riepilogare l'intricata questione, e neppure esprimere un giudizio sulla convenienza

o no, di sopprimerlo, o di modificarlo. A me basta notare che alla Corte di Menelik e di Taitù, così i cortigiani europei come i cortigiani indigeni con alla testa Mesciascià, offeso nel suo orgoglio, e compreso lo stesso Makonnen, il quale cerca di rientrare nelle grazie, faranno proclamare ai quattro venti, da un lato la malafede e la debolezza nel cedere dell'Italia, debolezza che in Abissinia fa più torto che la malafede, e dall'altro la sagacia e la potenza del re dei re che ha saputo uscire da un tranello ed imporre la sua volontà. E tanto più scemerebbe il nostro prestigio ove l'abbandono dell'art. 17 fosse accompagnato dalle altre concessioni. La longanimità e il desiderio di pace sarebbero considerati come impotenza; l'orgoglio e la vanità abissina gonfierebbero in ragione della nostra condiscendenza, e quindi crescerebbero a cento doppi i germi di conflitti e le spinte alla guerra.

In ogni caso è mestieri sfuggire alla tentazione di far fronte ai bisogni del momento con concessioni che possono complicare la situazione avvenire.

Nessuno crede e meno degli altri il dottor Traversi, ad una conciliazione durabile col negus neghesti, date pure tutte le concessioni possibili ed immaginabili. Troppe diffidenze, a torto ed a ragione, hanno preso radici in un cuore, per indole, per costume, per esperienza nelle arti di governo con abissini e stranieri, diffidente: e le diffidenze sono cresciute per equivoci, per sobillazioni e, diciamo pure, per soverchio apparato di sottili accorgimenti e di stratagemmi e parole. Il re dei re si crede giocato; ma non ha cuore di rompere a viso aperto. Il sospetto che genera odio, tanto più pericoloso quanto più nascosto, è alimentato dagli interessati, cui non sono in grado di tenere testa gli italiani in una Corte notevolmente incline all'intrigo ed accessibile ad ogni corruzione. Mancava il convegno al Mareb per colmare la misura dei sospetti e delle avversioni. Ora non sarebbe prudenza credere alla sincerità delle offerte di Menelik ed alla probabilità di averlo nell'avvenire amico. Vuoi per l'ambiente nel quale vive, vuoi per le condizioni dell'animo, vuoi per le aspirazioni alla suprema signoria, vuoi per costume suo e di Abissinia, egli quando non lo paralizzi la paura cercherà ordire qualche rete contro di noi. Ond'io credo che pur mantenendo un possibile modus vivendi, non dobbiamo fare noi la menoma cosa che scemi il suo timore o che accresca la sua potenza.

Il dottor Traversi nella sua lettera del4 aprile diretta all'E. V. da Let Marefià 3 , lettera che dà origine alla proposta di consegnare le cartucce, reputa «opera non molto difficile, il comporre i dissidi sorti fra il figlio del defunto imperatore e l'attuale re dei re»; ma il dottor Traversi stesso, in una memoria a me diretta il 15 giugno, della quale unisco copia, conviene che i «ras del Tigrè stanchi del giogo scioano, vogliono ad ogni costo insorgere contro l'imperatore».

Stando così le cose conviene a noi ora, senza preoccuparsi d'altro, senza pensare agli altri patti della conciliazione, fornire a Menelik le armi conto i ras tigrini? Potremo noi acquetare i tigrini proprio nel momento nel quale, per i motivi esposti all'E.V. nella lettera precedente (4 giugno), io devo trovare modo di rifiutare le cartucce e di ridurre ai minimi termini la domanda in prestito di 20.000 sacchi di dura? Potremo noi soddisfare a Menelik, circondato dai suoi consiglieri, ed in d urlo a far la guerra per conto nostro, quando i ras tigrini uniti nell'odio allo straniero, valicassero il Mareb contro di noi? Non potrebbe darsi il caso che Menelik rinforzato di 2.000.000 di cartucce, spinto dai suoi, circuito dal clero, profittasse della circostanza per concludere l'agognato accordo col Tigrè a spese dell'Italia? Nel territorio sempre creduto abissino, sulla destra del Mareb, fino al Dembesan non vi sarebbe spazio sufficiente per indennizzare ras Mangascià, ormai troppo in angustie territoriali, contentare l'antico signore ras Alula, che l'ha dovuto sgombrare, malgrado la decantata vittoria di Dogali? Infine i tigrini, cacciati o stretti verso il nord, non potrebbero essi rovesciarsi, come taluno già li consiglia contro il nostro territorio?

Il dottor Traversi nella memoria a me diretta da Massaua, e sopra indicata, pone in campo il vecchio precetto: divide et impera ed accenna, fra l'altro, ai somali dell'Ogaden, i quali potrebbero eventualmente servire per una diversione verso l'Harar. A me non è certo sfuggito il partito che si protrebbe trarre da musulmani, che ricordano come massima gloria nazionale, le vittorie riportate nel sedicesimo secolo da Maometto Granje e la marcia di lui trionfale attraverso l'Abissinia sino all'Hamasen, da musulmani che vedono con timore ed odio ognor crescenti, l'occupazione dell'Harar per parte degli scioani. Basta riflettere che questi vi hanno portato e vi esercitano il costume delle razzie che desolano il bel paese del quale

ancora non abbiamo tracciato la frontiera coll'Inghilterra, ma che, non v'ha dubbio, è in massima parte soggetto all'influenza italiana. Io comincio ad essere in relazione coi capi più rispettati che vengono sovente a Bulhar, o a Berbera. Ma è mestieri procedere molto cauti, per non destare sospetti da nessun lato; questo però mi pare sicuro, che consegnando un milione di cartucce all'Harar, metà di quelle richieste da Menelik, come propone il dottor Traversi, forniremo un'arma formidabile ai depredatori dell'Ogaden, e ci alieneremo per sempre l'animo di quei capi e di quelle tribù, che pur cercano da noi protezione ed aiuto.

Simili considerazioni valgono per l' Aussa, dove sempre si teme un attacco da parte degli scioani, come riferisce il cav. Pestalozza: a me pare certo che lo spettacolo delle cartucce, cui in paesi tanto scarsi a munizioni si dà la suprema importanza, inviate dall'Italia all'imperatore eserciterebbe sugli animi dei musulmani di colà la più deprimente impressione.

In conclusione ed in risposta alla lettera dell'E. V. del 17 maggio 4 , io credo che non convenga dare i due milioni di cartucce a Menelik, perché da un lato questa liberalità non servirebbe ad un componimento con lui e dall'altro potrebbe indurre, o stringere i tigrini di propria iniziativa, o spinti, soli od aiutati, ad oltrepassare i confini nostri e in ogni caso scemerebbe autorità e prestigio e sarebbe fonte di sospetti, odi, ed ostilità contro gli italiani.

ALLEGATO

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

R. 35. Massaua, 15 giugno 1892.

Senza entrare in particolari già noti all'E.V. si può dire che la questione etiopica sia entrata in un periodo di risoluzione. Da una parte l'imperatore Menelik sazio e sospettoso di noi per le ragioni che le esposi in una mia del 29 marzo scorso 5 , dall'altra i ras del Tigrè stanchi del giogo scioano che vogliono ad ogni costo insorgere contro il nuovo imperatore servendosi di noi come fece Menelik col rivale Johannes.

Compromessi come siamo a nord e a sud non ci resta che cercare il modo per non rimanere fuori da una parte e dall'altra, ciò che purtroppo non è impresa delle più facili.

Per me che, causa di un lungo soggiorno in Abissinia, dubito di tutto e di tutti, è errore credere che si possa tornare all'antica amicizia con Menelik, se amicizia ne ebbe mai con noi, come per me è errore pensare che si possano stringere buone e sincere relazioni coi capi vicini ai nostri possedimenti. Pei capi del Tigrè l'essere con noi è capitale questione d'opportunità, salvo in cuor loro l'avvenire, quando da una lotta col sud potessero uscirne vincitori e forti.

V.E. sa meglio di me come quei del Tigrè nelle loro riunioni militari, nelle loro fantasie e nei loro faccherà abbiano parlato di noi e quali desideri abbiano espressi.

Oggi che un errore grandissimo (il convegno sul Mareb) ci ha creato una situazione nuova, non si può più parlare di una politica assolutamente scioana, che mentre non farebbe

risorgere al sud i nostri interessi, non li avvantaggerebbe nel Tigrè certamente; ma del pari credo perniciosa una politica orientata solo sul ras Mangascià: questa ci getterebbe nelle braccia di lui, che dovremmo nutrire; arricchire e render forte a nostro futuro danno; e potrebbe anche darsi il caso che, insaziabili come sono gli abissini, un bel giorno scontenti di noi si gettassero per un momento nelle braccia di Menelik, ciò che sarebbe molto pericoloso per noi. Né si creda una fantasia questa probabilità. Alla Corte scioana si è sempre pensato al modo di attirare ras Mangascià per toglierlo, come dicono, ai nostri intrighi. E in Abissinia niente è impossibile perché in cuor loro tacitamente sono capaci di conciliare le cose più strane, quando il conto torni.

Qui dunque si vede quale deve essere il compito primo che ci si impone, ora che non si può tornare addietro e che dobbiamo accettare i fatti compiuti; impedire cioè la riunione del nord al sud. Questa, che, in un ordine di idee è la cosa più facile a raggiungersi, come la vorrei io la credo impresa delicata e scabrosa; ma la prima maniera, che le spiegherò è secondo me pericolosa e la seconda no.

Scagliare apertamente il Tigrè contro il sud, fornirlo di armi, di munizioni e di viveri è semplice cosa perché si favoriscono le aspirazioni quasi direi nazionali dei nostri vicini; ma saremo poi sicuri noi dell'avvenire quando avremo creata accosto a noi una Potenza, che per tante ragioni ci deve odiare? Questa è la prima maniera.

Io per me poi non vorrei peggiorare in apparenza e pel momento le relazioni fra i due rivali: io per esempio vorrei che Mangascià oggi, riconosciuto il momento non propizio, senza presentarsi a Menelik, in un certo modo cercasse di tranquillizzare l'imperatore; vorrei che guadagnasse tempo, la sola moneta che abbiamo noi e soprattutto vorrei che non si vedesse la mano che dà e che guida il Tigrè; insomma come le scrissi nella citata lettera del 29 marzo ridetto. Qui forse incominciano le mie idee a divergere da quelle degli altri; e vado anche più in là. Io ritengo condizione sine qua non che prima del Tigrè sia forte lo Scioa, ciò che spiega e giustifica la questione delle cartucce, che io con sincera convinzione sostengo in vista dell'inevitabile urto fra il nord e sud. V.E. non ha bisogno che io dica molte parole per dimostrare quanta e quale differenza sia fra il soldato del Tigrè e quello dello Scioa, il primo agguerrito, forte e risoluto, con un'idea relativamente grande del paese dove è nato e fiero delle sue origini e della sua storia.

Lo scioano agricoltore, ipocrita, fiacco, sommessa mescolanza di schiavi galla e di abissini. Il Tigrè forte pel primo, anche se inferiore per uomini e per armi, avrebbe presto ragione dell'esercito del nuovo padrone; debole e affamato come è, se noi lo tratteremo con accortezza senza fargli perdere la speranza dell'avvenire, sarà tranquillo e più nelle nostre mani.

Armato il re dei re, allora sarà il caso di pensare ai nostri vicini perché l'urto che, ripeto, ritengo inevitabile sia quale deve essere e perché noi lo possiamo guidare in modo che né l'uno, né l'altro se ne tirino con rumorose vittorie e con potenza nuova.

Se alle note miserissime condizioni dell'Abissinia tra vagliata dalla fame e dalle malattie si aggiungerà la guerra civile, preparata con larghe vedute e con conoscenza degli uomini e del paese, il problema etiopico sarà risoluto per sempre. I fucili in paese non mancano; sono le munizioni, che senza grave spesa (e per Menelik senza spesa di sorta) possiamo fornire ai rivali, che il giorno che s'incontreranno segneranno il finis Aethiopiae. E io non mi fermo al Tigrè, come fattore per smembrare l'Impero, ma vorrei vedere utilizzate le aspirazioni di tanti altri capi più o meno apparentemente amici di Menelik. Dalla parte deii'Aussa non si dovrebbe trascurare ras Micael, che trovasi in buone relazioni coll'Anfari e con il re del Goggiam, e al tempo stesso il ras Makonnen all'Harar, senza dimenticare che l'Ogaden ed in genere tutti i somali e tutti i galla possono favorire l'opera nostra per un'altra via.

Cosi facendo rimedieremo all'errore grandissimo della politica passata, che volle creare una sola e forte Potenza in Abissinia; torneremo, quando che sia, all'epoca dei ras e dei quali potremo avere sempre ragione.

II divide et impera, che fu la divisa dei nostri antichi speriamo che sia pure la nostra.

25 1 Per la risposta cfr. n. 28.

26 2 Non pubblicata.

26 3 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 706.

26 4 D. riservato 18802/173, non pubblicato con il quale era stato inviato a Baratieri un sunto del rapporto di Traversi del 4 aprile. 5 Non pubblicata nel vol. XXIV della serie Il.

27

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALV ANO, AL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI

D. 24273/138. Roma, 28 giugno 1892.

Le segno ricevuta e la ringrazio dei particolareggiati ragguagli fornitimi col suo rapporto del 19 corrente n. 599l 193 1 circa le crescenti difficoltà che vanno creandosi al Governo sceriffiano nella provincia di Angera per il continuo aumento dei ribelli a cui fa riscontro l'assottigliamento delle milizie imperiali. Apprezzo quindi l'importanza delle avvertenze e delle considerazioni fatte da V.S. sull'attuale situazione politica dell'Impero sceriffiano. Per quanto però ci riguarda noi non possiamo che mantenerci in quell'ordine d'idee che ci ha servito finora di guida nelle questioni marocchine inspirandoci al concetto della opportunità di adottare un atteggiamento ed una linea d'azione uniforme a quella dei Gabinetti di Londra e di Madrid. Circa poi l'eventuale invio di una nave da guerra nelle acque del Marocco, la informo che il Governo inglese ci troverebbe in tutto disposti a tempo opportuno a scambiare con esso le nostre idee su tale proposito; ciò nòn pertanto per i motivi che già ho fatti noti alla S.V. ritengo opportuno lasciare che il Governo della regina prenda in ogni caso l'iniziativa di siffatte aperture.

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. S.N. 1 Roma, 29 giugno 1892, ore 2,45.

Giungendo Roma trovo suo rapporto cifrato del 20 giugno 2 . Ringrazio. Mi riservo porgerle istruzioni quando ci sarà fatto formale invito di adesione. Prego intanto telegrafarmi da chi ed in quale forma le furono date le notizie da lei riferitemi 3 .

2 Cfr. n. 25.

' Per la risposta cfr. n. 32.

27 l Di tale rapporto si pubblica solo il seguente passo: «Conversando recentemente coll'incaricato d'affari britannico, accennai avere io scritto a V.E. affinché, in previsione di qualsivoglia evento, si scambiassero vedute fra Roma e Londra circa il da farsi se la sommossa dovesse effettivamente portare minaccia a questa città. Il signor White mi rispose in questi termini: "dopo l'ingiusta, malevola interpretazione data in Europa e nel Marocco alla venuta del 'Thunderer' nello scorso anno. quando ferveva la ribellione nella provincia stessa di Tangeri. non istimo che il Governo della regina prenderà questa volta iniziativa alcuna··. In relazione con somigliante linguaggio, e qualunque sia la piega che prenderanno gli avvenimenti, mi giova confermare quanto io scriveva a V.E., circa l'opportunità di intendersi con Londra; affinché, in caso si debbano inviare qua legni da guerra, siffatta misura abbia da parte nostra ed inglese carattere di cosa opportunamente concertata, e ne sia dato avviso ai Governi amici».

28 l La minuta del telegramma reca l'annotazione: «Spedito in francese».

29

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. 1134. Roma, r luglio 1892, ore 17.

Mi si annuncia da Costantinopoli 1 la morte del governatore del Libano. In contemplazione della scelta del successore mi parrebbe opportuno uno scambio confidenziale di idee tra i quattro Gabinetti aventi in Oriente maggiore identità di atteggiamento. Prego dire costà che a tale scambio di idee noi siamo fin d'ora dispostil.

30

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1254. Madrid, 2 luglio 1892, ore 16,30 (per. ore 18).

Rispondendo ad interpellanza rivoltagli circa la situazione del Marocco, il ministro di Stato ha jeri dichiarato alle Cortes essere molto esagerate le notizie messe in circolazione dalla stampa, e non esistere alcuna ragione d'allarme, essendo tutte le Potenze risolute a mantenere lo statu quo; in privato però Tetuan, menre si mostra assai soddisfatto di Salisbury, teme sempre più che la condotta del ministro britannico nel Marocco possa aver serie conseguenze. Tutto fa credere che la Francia sia intenta a pescare nel torbido: effettivamente giorni sono il signor Roustan, fingendo dar credito alla notizia telegrafata da Parigi ad un giornale di qua che una flotta francese era partita per Tangeri, non si peritò a esprimere l'opinione con Tetuan che quella misura era stata adottata perché l'Inghilterra inviava pure delle forze navali colà. Il duca poté rimbeccare l'ambasciatore di Francia ed assicurarlo che nessuna squadra inglese sarebbe mandata, avendogli Salisbury dato avviso, che si recherebbe un bastimento da guerra a Rabat per il trasporto del ministro britannico attualmente a Fez.

29 1 T. 1243 del 30 giugno, non pubblicato. 2 Per le risposte da Berlino e Vienna cfr. nn. 31 e 33. Non si è rinvenuta risposta da Londra.

31

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1258. Berlino, 2 luglio 1892, ore 19,26 (per. ore 20).

Segretario di Stato ringrazia per comunicazione relativa governatore Libano e è dispostissimo allo scambio d'idee confidenziale di cui nel telegramma di ieri sera 1• Essendo tale comunicazione prima notizia da lui ricevuta sull'argomento non trovasi però ancora in grado di esprimere parere.

32

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 3 luglio 1892, ore 6 (per. ore 10 ).

Les renseignements contenus dans mon rapport chiffré du 20 1 m'ont été fournis en premier lieu par le roi, et ensuite, avec plus de détails, par mon collègue austro-hongrois, et finalement confirmés par celui d' Allemagne. Aucun des deux ministres roumains ne s'est encore ouvert avec moi sur l'affaire en question, et je me garde bien de leur en parler le premier. La signature du traité d'alliance n'aura lieu qu'à la rentrée du roi, les pleins pouvoirs du ministre des affaires étrangères n'étant pas encore revètus de la signature royale. Une courte absence à la campagne pour combattre !es fièvres qui me tiennent est la cause du retard de ma réponse 2• J'en demande pardon à V.E.

33

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

Vienna, 5 luglio 1892, ore 14,50 (per. ore 16,50).

Kalnoky mi incarica di far sapere a V.E. che anche lui è disposto a scambio di idee relativamente alla nomina del nuovo governatore del Libano 2 , ma

32 l Cfr. n. 25. 2 Al. n. 28. 33 1 Il registro dei telegrammi in arrivo passa per errore dal n. 1259 al n. 1560. 2 Cfr. n. 29.

egli non ha ancora ricevuto corriere di Costantinopoli e quindi non è nel caso di mettere innanzi alcun nome. Si riserva di riparlare di ciò dopo ricevuto detto corriere.

31 l Cfr. n. 29.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 25020/587. Roma. 5 luglio 1892.

V.E. mi aveva recentemente intrattenuto 1 delle preoccupazioni che la venuta del signor Tricupis al potere, in Grecia, aveva suscitato presso la Sublime Porta, e delle dichiarazioni che questa aveva cercato di provocare, a tale riguardo, dalle Potenze amiche.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto, ieri, a darmi confidenziale notizia del carteggio testè scambiato in proposito tra l'ambasciatore austro-ungarico in Costantinopoli ed il ministro imperiale e reale degli affari esteri.

Said pascià non aveva nascosto al barone Calice che cagione di non lieve inquietudine gli riuscivano le precedenti mosse del signor Tricupis, quando questi, nello scorso anno, aveva visitato parecchi Stati balcanici, ed il linguaggio da esso tenuto in occasione delle elezioni che determinarono il suo ritorno al governo. Il ministro ottomano degli affari esteri aveva posto nettamente all'ambasciatore il quesito se, data l'eventualità di talun mqvimento da parte della Grecia, segnatamente verso Candia, le Potenze sarebbero disposte a rinnovare il blocco di parecchi anm or sono.

Al b::trone Calice, che gli riferiva in codesti termini il discorso di Said pascià, il conte Kalnoky ha risposto con apposito dispaccio. Il conte Kalnoky, senza rilevare la allusione al blocco, manifesta l'avviso che convenga ora attendere, da parte del signor Tricupis, la enunciazione del suo programma di governo; dopo di che sarà più agevole decidere quale atteggiamento Ile Potenze sollecite del mantenimento della quiete in Oriente abbiano da assumere. Intanto gioverebbe che la Turchia, già più forte della Grecia in fatto d'armamenti terrestri, curasse del pari le sue forze di mare. Per tal guisa la sua superiorità militare, e la simpatia delle Potenze amiche della pace, costituirebbero per essa quella guarentigia di cui si dimostra desiderosa.

Il linguaggio che il conte Kalnoky ha prescritto all'ambasciatore imperiale e reale in Costantinopoli sembra anche a me savio ed essenzialmente pratico. Epperò, nel darne conoscenza al r. incaricato d'amu·i 2 , lo autorizzo ad esprimersi nello stesso senso quante volte l'occasione opportuna gliene si presenti.

34 I T. 1447/544 del 24 giugno, non pubblicato. l D. 25021/213 pari data. non pubblicato.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 25438/245. Roma, 7 luglio 1892.

Accuso ricevuta e ringrazio la S.V. illustrissima del rapporto n. 742, in data 22 u.s. 1 .

Approvo le disposizioni da lei prese lungo la frontiera dei dervisci e mi compiaccio del successo riportato a Sarobeti dalle nostre armi. Quel brillante combattimento incutendo rispetto ai dervisci, gioverà alla sicurezza della regione ed allo sviluppo dei commerci verso il Sudan orientale, che è uno dei più immediati e principali obbiettivi della nostra politica coloniale nell'Eritrea 2 .

36

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. PARTICOLARISSIMO CONFIDENZIALE 678/222. Tangeri, 12 luglio 1892 (per. il 19).

Nel dispaccio che V.E. mi indirizzava il 2 corrente (n. 140) 1 , ella mi ricordava la convenienza che, presentandosi il destro, io non tralasciassi di richiamare l'attenzione di questi governanti sui pericoli ai quali espongono l'Impero la mala amministrazione ed il malcontento che ne deriva.

E tali sono appunto le condizioni del Marocco. V.E. se ne preoccupa; non sarà ch'io pretermetta valermi d'una circostanza qualsiasi, per tenere a Sid Mohammed Torres linguaggio consono alle sane idee del Governo del re.

Ella ha potuto, tuttavolta, signor ministro, giudicare come io mi sia ispirato fin qui a simile concetto. Ma, forse, V.E. non può capacitarsi di quanto profondo sia il male e quanto difficile la cura.

Pochi giorni or sono, il cavaliere Gentile intratteneva appunto, per ordine mio, il commissario degli affari esteri, delle cose correnti. Ed ecco in quali termini Sid Mohammed Torres rispondeva: «<l sultano regna effettivamente su una quarta parte soltanto dell'Impero; ma questa, a forza di spremerla, è già esausta di ogni risorsa. Un altro quarto è governato dai cristiani e dagli israeliti (Sid Torres allude all'uso ed all'abuso della protezione). Sull'altra metà dell'Impero il sultano non esercita autorità di sorta. Sua Maestà si immagina poter ridurre i ribelli alla

2 Si pubblica qui la parte finale del D. 593 di Baratieri al residente presso gli Habab, A. Pavoni, del 3 giugno: «conviene in ogni occasione e colla massima energia smentire presso gli indigeni come assurde le voci di tentativi di occupazione di Cassala per parte degli anglo-egiziani la quale può solo essere fatta dagli italiani quando lo vogliano e ne trovino il tornaconto». Cfr. anche quanto scriveva Baratieri a Salimbeni in una lettera del 2 agosto: «le conseguenze [della vittoria di Sarobeti] furono anche maggiori di ciò che in sulle prime io avevo creduto. A Cassala si fa apertamente voti per la nostra occupazione».

36 I Non pubblicato.

obbedienza senza spendere un soldo; provvedere a tutto diramando lettere sceriffiàne, ordini di pagamenti, a governatori e amministratori. È impossibile cambiare il Paese. Il sultano, dopo la sua malattia, non è più lo stesso. Tutti gli alti funzionari che gli stanno accanto, compreso il visir Garnit, sono corrotti e nascondono al sovrano la verità. L'ammassare ricchezze è l'unica preoccupazione di chi governa il Paese. Le popolazioni marocchine son fin troppo buone; qualunque altro popolo si sarebbe già rivoltato. Sua Maestà non dà più ascolto ai consigli di chicchessia. Ho un bel scrivere, nessuno mi dà retta».

Sono parole confidenziali; e come tali le comunico per esclusiva informazione di V.E.

A voce e per iscritto, ogni qualvolta se ne offrì l'opportunità, ho fatto udire a Sua Maestà consigli disinteressati, amichevoli, leali, perché desse mano a riformare l'intera amministrazione, mostrandone tutto il danno. Il sultano, in altra epoca accoglieva con deferenza i miei suggerimenti. In questi ultimi tempi, non pare se ne preoccupi, e non risponde nemmeno alle lettere che io gli indirizzo. Ugual sorte hanno le mie comunicazioni al visir Garnit.

Non possiamo farci illusioni, il male è profondamente radicato, alcuna cosa potrebbe ottenersi stando vicino all'imperatore o mandando presso di lui chi possa fargli sentire la voce della prudenza, della moderazione, risvegliandone il naturale senno politico. Da quasi tre anni, io non ho veduto il sultano; il cavalier Gentile, dal principio del 1891, non fu alla Corte. Niuno effetto può sperarsi oramai da quel che si scrive. Occorrerebbe parlare. Ogni altra cosa riesce inutile. Del rimanente, ed ho potuto accorgermene, nemici od amici, per iscopi politici o di personale successo, si sono adoperati a diminuire il nostro prestigio e l'influenza nostra alla Corte. È da rimpiangersi; non istà nelle mie mani il rimedio2 .

35 1 Non pubblicato, con cui Baratieri dava notizia di una vittoria militare contro i dervisci a Sarobeti.

37

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALV ANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, A TORINO

T. 1329. Roma, 14 luglio 1892, ore 23,40.

Bisio ritiene probabile sabato adunanza preliminare presso la Sublime Porta per il Libano 1 . Chiede istruzioni circa proposta inglese ridurre durata governatore a cinque anni. Se V.E. approva, telegraferei col suo nome a Bisio di dichiararsi senza istruzioni 2• Mi sembra infatti preferibile aspettare che la richiesta di appoggio ci venga da Londra ed intanto si vedrà l'atteggiamento delle altre Potenze.

2 Con T. 1336 bis del 15 luglio furono date istruzioni in tal senso a Bisio.

36 2 Brin rispose con D. confidenziale 277251158 del 22 luglio, di cui si pubblica il passo seguente: «È certamente rincrescevole per noi e per il Marocco dannoso, che il sultano non ci mostri l'antica fiducia e non accolga più con l'usata deferenza i consigli disinteressati, amichevoli e leali dell'Italia. Non sono alieno dal credere, siccome la S.V. fa supporre, che altri, scorgendo nella nostra influenza alla Corte un ostacolo alle loro proprie mire, siansi adoperati a scemarla, ma, ciò nondimeno, sarebbe, agli occhi nostri, grave errore cercare di esercitare come che sia presso l'imperatore o presso il suo Governo un'azione separata da quella delle altre due Potenze».

37 l T. 1643 del 14 luglio, non pubblicato.

38

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. 27059/266. Roma, 16 luglio 1892.

È qui giunto da parecchi giorni il dottor Traversi. Ebbi con lui lunghi colloquii2, nei quali non tralaséiai di avere ben presenti, circa i nostri rapporti con l'imperatore Menelik e coi capi tigrini, le considerazioni da lei svolte in più di una occasione. Ed ora mi giova di qui riassumere le conclusioni alle quali sono venuto dopo attento esame e matura riflessione.

Pongo come base fondamentale, rispetto alla quale non dubito di avere lei meco pienamente consenziente, che noi dobbiamo avere per scopo essenziale di assicurare solidamente rapporti pacifici coll'intera Abissinia, e che quindi a noi importi bensì di avere coi capi tigrini quella maggiore quiete e sicurezza di relazioni che le circostanze possano consentire, ma neppure convenga, d'altra parte, negligere le nostre relazioni con l'imperatore, sia per le conseguenze che possono derivarcene rimpetto alle altre Potenze europee, e sia sopratutto per l'effetto utile che da noi possa trarsene verso gli stessi capi tigrini. Nostro concetto direttivo nel regolare la nostra condotta verso l'imperatore Menelik è adunque questo: fare in modo che agli occhi delle Potenze europee l'imperatore sia, o quanto meno apparisca, nell'orbita dell'influenza italiana; e far pure in modo che dall'atteggiamento dell'imperatore verso di noi i capi tigrini siano trattenuti dallo assumere verso la colonia di Massaua un contegno meno corretto e meno deferente.

Traendo ispirazione da questi criterii, che la S.V. mi ha più d'una volta dimostrato d'apprezzare e praticare, e che furono costantemente la norma delle istruzioni ministeriali, io penso che alle domande ed entrature recatemi, in nome e con lettere di Menelik3 , dal dottor Traversi si debba rispondere nei termini che qui verrò esponendo.

Questione dei confini: tributi nel Saraè e nell'Oculè Cusai. Per ciò che riguarda i confini della nostra colonia, è nostro desiderio di piuttosto restringere, anzichè allargare, i possedimenti che gli avvenimenti ci hanno successivamente condotto ad occupare. Si era formolato il concetto di restringersi al triangolo Massaua-Asmara-Keren. l confini segnati nel Trattato di Uccialli pòrtavano i nostri possedimenti al di là di questo triangolo; eppure anche questi confini furono oltrepassati, avendoci spinti, debbo ritenere, la necessità creata dai fatti posteriori, che produssero una situazione tale che, senza un allargamento dei confini, sarebbe stato impossibile assicurare una condizione di tranquillità e di pacato svolgimento nella nostra colonia.

Anche la S.V. si dimostra compresa di questa necessità ed ha, a questo riguardo, svolto, nei suoi recenti rapporti, stringenti considerazioni. Io mi rendo conto delle circostanze accennate dalla S.V., che si imposero probabilmente ai miei predecessori, e posso tanto meno farne astrazione io che mi trovo in presenza di fatti

2 Non si pubblica una relazione, in data Roma 9 luglio, di Traversi a Brin, critica nei confronti delle idee espresse da Baratieri nel n. 26. La relazione è ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 265-267.

3 lvi, pp. 263-264.

compiuti, che portarono già tutte le loro conseguenze. Ma in questa questione dei confini non voglio andare al di là di ciò che ci è imposto dalla necessità; e se mi arrendo ad essa, lo faccio anche per la considerazione che il dottor Traversi mi afferma non essere punto intenzione dell'Jimperatore di riaprire la questione dei confini, della quale non è cenno alcuno nelle sue lettere. Quindi possiamo ottenere lo scopo di stringere e mantenere buoni rapporti coll'imperatore senza che occorra fare rinunzia al nostro dominio nel Saraè e nell'Oculè Cusai. Istruzione del dottor Traversi sarà adunque di astenersi dal toccare questo punto. Intanto, però, il dottor Traversi, senza aver avuto in proposito mandato o richiesta qualsiasi dall'imperatore, ritiene cosa poco prudente che, mentre egli starà negoziando, giunga allo Scioa la notizia di pubblici bandi per la levata dei tributi nelle due provincie. Sarebbe quindi spediente che, pur facendo figurare le due province nel decreto reale di riparto (al quale non sarà data pubblicità), ella differisca fino a momento più opportuno il bando pei tributi nel Saraè e nell'Oculè Cusai, motivando la sospensione, o per dir meglio la continuazione della sospensione, con le condizioni infelici di quelle regioni. Ridotto il provvedimento a questi termini, non mi pare che possa menomamente scapitarne il nostro prestigio, mentre d'altra parte si toglierà così ai nostri avversarii il modo di risvegliare i rancori e le suscettibilità di Menelik quando appunto ci conviene che l'animo suo ci sia propizio.

Vengono in secondo luogo i lagni di Menelik per gli accordi presi coi capi tigrini. Basta, secondo il dottor Traversi, alcuna amichevole spiegazione perché sia dissipata ogni nube. Nè occorre che si ottenga, da parte di Mangascià o di ras Alula, atto alcuno di sottomissione. Tutto al più potrà darsi assicurazione all'imperatore che, come in passato, così anche in avvenire, non tralasceremo mai di tenere, coi capi tigrini, corretto linguaggio circa i loro rapporti col re dei re, dando anche ad essi, all'evenienza, consigli di prudenza e di moderazione.

In terzo luogo sta la questione relativa all'art. XVII del Trattato di Uccialli. Su questo punto le lettere di Menelik chiariscono, a conferma delle assicurazioni datemi dal dottor Traversi, che il sovrano etiopico non pretende punto l'abrogazione pura e semplice di quel patto. Egli ammette che possa essere surrogato con altro patto di comune gradimento, ed insiste perché questo nuovo patto -la buona cosa -, come gli fu preannunciato, così sia ora nettamente formulato. Dopo avere attentamente studiato questo lato della questione, che ha importanza soprattutto dal punto di vista della nostra dignità e dei nostri rapporti con le terze Potenze, io mi propongo d'incaricare il dottor Traversi di presentare successivamente all'imperatore parecchie formole, includenti tutte il concetto che l'Etiopia rimanga entro la sfera d'influenza dell'Italia. Il dottor Traversi si ripromette di far accettare o l'una

o l'altra di codeste formole, delle quali naturalmente le farò conoscere il testo con le istruzioni di cui il dottore sarà munito 4 . Mi limito per ora a questo cenno, che le dà, io spero, sufficiente ragione del mio pensiero.

Ritengo di non andare errato presumendo che circa i tre punti finora trattati, e le soluzioni immaginate per ciascuno di essi, l'opinione di lei coincida con la mia. Rimane un ultimo punto: quello relativo alle cartucce.

Teme la S.V. che, con l'invio dei due milioni di cartucce, si vada incontro all'una od all'altra di queste due contingenze: o che i capi tigrini, per proprio sdegno, o per incitamento di Menelik, muovano ad aggredirci; ovvero che Menelik si giovi delle ottenute cartucce per impegnare coi capi tigrini un conflitto che avrebbe, in ogni ipotesi, conseguenze dannose per noi. Sono, queste, contingenze gravi e degne di pacata meditazione.

Che i capi tigrini, saputa la consegna delle cartucce, possano, in sul primo momento, riceveme sfavorevole impressione, non vorrò certo contrastare; però non ci mancherà il modo di far loro comprendere che codeste cartucce sono proprietà dell'imperatore Menelik, il quale le ha pagate, ed ha indubitato diritto di ritirarle; che il negarne la consegna, ora che l'imperatore Menelik dichiara di volersi rimettere in buoni rapporti coll'Italia, sarebbe atto arbitrario e contrario alle stipulazioni di un solenne trattato; che, in ogni modo, a nulla gioverebbe il nostro rifiuto, perché, dovendosi restituire da noi il denaro, con questo Menelik si procurerà tosto, con la più grande facilità, per le vie di Gibuti o di Obock, un'equivalente quantità di munizioni.

Mi sembra impossibile che i capi tigrini non si arrendano a così evidenti ragioni, qualora soprattutto queste siano suffragate dal fatto di mantenere la promessa di concedere loro delle cartucce quando si presenti la eventualità di dover respingere razzie od aggressioni di dervisci, e ciò nella misura corrispondente a questa eventualità.

D'altra parte, in quanto concerne Menelik, mentre a me non sembra, come non sembra neppure a lei, punto probabile l'ipotesi che l'imperatore si valga delle cartucce per muovere contro il Tigrè, è certo che il diniego delle cartucce avrebbe per effetto inevitabile ed immediato la rottura d'ogni rapporto con Menelik. Il dottor Traversi mi dichiara formalmente (ed il suo dire è suffragato da quanti, avendo avvicinato Menelik, ne conoscono l'animo) che, senza le cartucce, non vi è speranza di negoziare, e diventa addirittura impossibile il suo ritorno. L'assenza di ogni rapporto con Menelik non è tale un fatto che debba, per se stesso, ave fosse inevitabile, impensierirci; ma non conviene nemmeno dissimularcene la gravità se lo si considera dal punto di vista degli intrighi che potranno dai nostri avversarii ordirsi contro di noi nella Corte scioana, dal punto di vista del mutamento che ne deriverebbe alla posizione che rispetto alle cose etiopiche noi abbiamo assunto verso le Potenze europee, e più ancora dal punto di vista delle stesse nostre relazioni coi capi del Tigrè. Sciolti da ogni ritegno, avendo sicure le spalle, sapendo di far cosa gradita all'imperatore col recarci molestia, i capi tigrini non avranno più misura nelle loro pretese e nelle loro purtroppo abituali indiscrezioni; n è sarebbe da meravigliare se, dopo una annata di buon raccolto, muovessero alla riscossa contro gli italiani, esponendoci agli oneri ed all'alea di una grossa guerra.

Per questi riflessi, che mi sembrano decisivi, io sarei venuto nel divisamento di aderire alla consegna delle cartucce, e di farle pervenire all'imperatore, per mezzo del dottor Traversi, in buono stato e con piena lealtà di propositi. Però prima di tradurre in atto siffatto divisamento, e di far partire il dottor Traversi con le istruzioni segnate nel presente dispaccio, ho desiderato che la S.V. fosse informata del mio preciso pensiero sul grave problema. Imperocchè solo nel caso in cui da lei mi fosse presentata alcuna considerazione., sfuggita al nostro studio, che pur fu condotto costì ed a Roma colla massima diligenza, io potrei indurmi a mutare una conclusione che mi sembra additata e quasi imposta dall'esatto e ponderato apprezzamento dell'intera situazione.

Desiderando di assicurare alla politica del R. Governo in Etiopia la cordiale cooperazione di lei, annetto un particolare pregio alla sua adesione, nè posso credere che gravi ragioni di politica locale o considerazioni di responsabilità personale possano nella presente circostanza essere di ostacolo ad una piena concordia di intendimenti. Attendo quindi con fiducia la risposta di lei, che dovrà essere risposta telegrafica, affinchè senza indugio si possa procedere ai necessari apprestamenti 5 .

38 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 267-270.

38 4 Queste istruzioni, del 13 agosto (L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit, pp. 275-280), non si pubblicano in quanto analoghe al presente dispaccio. Ad esse erano allegate lettere del re e di Brin per Menelik. Per risolvere la questione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli Brin aveva suggerito un articolo aggiuntivo così concepito: <<alL'imperatore d'Etiopia manterrà l'indipendenza e l'integrità di tutti i suoi Stati. b) L'Etiopia non si metterà sotto il protettorato d'alcuna Potenza».

39

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, A LIVORNO

T. 1357. Roma, 18 luglio 1892, ore 17,15.

In previsione conflitto fra truppe e ribelli in vicinanza Tangeri Cantagalli prega 1 trattenere qualche giorno Gibilterra in attesa avvenimenti una delle due navi della squadra di istruzione. Se V.E. consente ne farò richiesta al ministro di marina con espressa intelligenza che niuna nave vada Tangeri senza ordine ministeriale2 .

40

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1 , ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 1363. Roma, 19 luglio 1892, ore 12,25.

L'incaricato d'affari a Costantinopoli telegrafa quanto segue 2 : «Nella seduta d'oggi Said pascià propose Selim effendi Melhamè per il posto vacante di governa

39 l T. 1658 del 18 luglio, non pubblicato. 2 Con T. 1661, pari data, non pubblicato, Brin approvò la proposta. 40 1 Il telegramma reca la firma di Brin il quale però si trovava a Livorno. 2 Con T. 1663 del 18 luglio.

34 tore del Libano. Tutti i rappresentanti delle Grandi Potenze presenti ne presero nota ad referendum. Ambasciatore d'Inghilterra accennò alla necessità di statuire nel protocollo di nomina del governatore l'osservanza rigorosa del regolamento, tema che l'ambasciatore di Francia svolse a lungo assicurando che gli articoli 6, 10, l l e ultimo paragrafo del 7 non sono osservati e propose che, prima di deliberare sulla scelta della persona, sia ridotta la durata dei poteri a 5 anni, e !imitarci riferire ai rispettivi Governi. Sir Clare Ford mi ha espresso il desiderio che il Governo del re si unisca a quello della regina nell'insistere per la inserzione nel protocollo della clausola incitante Sublime Porta a far osservare dal futuro governatore il regolamento, ed accetti la proposta di ridurre a 5 anni durata poteri. Prego V.E. di farmi conoscere prontamente istruzioni primo circa gradimento candidato, secondo circa proposta 5 anni, terzo circa clausola osservanza regolamento, seduta avendo luogo sabato prossimo».

(Per Vienna e Berlino) Prego telegrafarmi su questi tre punti il modo di vedere di codesto Governo 3 .

38 5 Per la risposta cfr. n. 71.

41

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1669. Londra, 19 luglio 1892, ore 19,29 (per. ore 21,05).

Candidato proposto dalla Turchia 1 non è gradito dall'Inghilterra perchè maronita. Lord Salisbury non ha obiezione alla riduzione dei poteri a cinque anni e crede opportuno il richiamo a migliore osservanza del regolamento.

42

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1670. Berlino, 19 luglio 1892, ore 20 (per. ore 20,30).

Cancelleria imperiale ha testè ricevuto da Costantinopoli notizie analoghe a quelle oggi telegrafatemi dall'E.V. 1 relativamente nomina governatore Libano. Germania non essendo direttamente interessata nella questione, manterrà contegno riservato; disposta, in massima, a conformarsi a quanto farà gruppo Potenze. amiche. Gabinetto di Berlino non ha obiezione contro inserzione nel protocollo di nomina della clausola relativa osservanza regolamento, nè contro riduzione durata

41 l Cfr. n. 40. 42 l Cfr. n. 40.

potere a cinque anni. Dopo morte ultimo governatore console generale Germania Libano si espresse anzi per riduzio~e durata attuale, come favorevole a buona amministrazione. Gabinetto di Berlino si riserva esprimere parere circa scelta di Selim effendi Melhamè, dopo averci alquanto riflettuto. Radowitz suppone Francia vorrebbe scartarlo, e appoggiare Nasri bey figlio di Franco pascià e attualmente consigliere presso l'ambasciata ottomana a Vienna. Esso fu già candidato di Francia nel 1883 per posto medesimo.

40 3 Per le risposte cfr. nn. 41, 42, 44 e 45.

43

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1684. Therapia, 20 luglio 1892, ore 11,55 (per. ore 17.20).

Temendo mio rapporto del 19 1 non giunga in tempo per avere la risposta prima di sabato, ne riassumo conclusioni telegraficamente: non mi sembra opportuno accettare Selim Melhamè, perchè maronita. La Francia esercita sul clero maronita la sua azione, e fa di quel clero una potenza che comanda ed agisce a piacere dei francesi. Credo utile d'insistere per inserzione clausola osservanza regolamento, per non lasciare fare alla Francia ed all'Inghilterra sole la bella figura di prendere la parte dei libanesi. In quanto a proposta di riduzione 5 anni non vedo inconveniente ad accettarla. Ambasciatore d'Austria-Ungheria mi ha detto consigliare a Vienna rifiuto Selim.

44

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1688. Vienna, 21 luglio 1892, ore 15 (per. ore 16).

Kalnoky mi prega comunicare a V.E. istruzioni che intende mandare a Costantinopoli che sono in sostanza seguenti: l) approvare inserzione per osservanza del regolamento; 2) ammettere durata dei poteri per cinque anni; 3) alla scelta di Selim Kalnoky fa le seguenti obbiezioni: l. che è maronita, quindi esoso ai drusi;

2. che il suo carattere non è sicuro nè integro; 3. che sposò una francese. Per tutte queste ragioni Kalnoky non sarebbe disposto ad appoggiare questa candidatura. Egli mi disse che Salisbury sarebbe nelle stesse disposizioni.

43 I Non pubblicato.

45

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1691. Pietroburgo, 21 luglio 1892, ore 17,10 (per. ore 19,05).

Libano. Reggente Ministero affari esteri sta studiando questione e mi ha fatto sperare risposta martedì prossimo. Solo punto sul quale si è pronunziato è poca simpatia che ispira alla ambasciata a Costantinopoli candidato indicato nel telegramma di V.E.l.

46

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1698. Therapia, 22 luglio 1892, ore 10,45 (per. ore 10,50).

Salisbury telegrafa a sir F. Clare Ford Selim Melhamè inaccettabile, ma non vuole che ambasciatore britannico prenda l'iniziativa del rifiuto, dovendo riservarla contro Nasri bey. Calice, invitato da sir F. Clare Ford, consente aprire il fuoco contro Selim Melhamè a condizione che io subito lo sostenga 1 . Prego istruzione 2 . Domani seduta.

47

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALV ANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, A LIVORNO

T. 1388. Roma, 22 luglio 1892, ore 16.

L'ambasciatore di Germania è venuto a chiedere qualche notizia circa le voci dei giornali che annunciano venuta della squadra francese a Genova. Gli dissi schiettamente come stanno le cose: che, cioè, esiste già da parecchio tempo il progetto di far sapere alle Potenze che durante la visita delle Loro Maestà a Genova vi si troverà la squadra italiana, e saranno pure le benvenute le navi degli Stati esteri che vi si trovassero in quella circostanza. Non erasi però finora dato seguito al progetto ignorandosi fino a quel momento l'epoca della visita reale. L'interrogazione di Solms mi sembra vieppiù consigliare una sollecita conclusione di questo affare 1•

45 l Cfr. n. 40. 46 l Con T. 1700 dello stesso 22 luglio Bisio comunicò: «Calice non vuole si sappia a Vienna aver detto che consentirebbe prendere iniziativa contro Selim». 2 Cfr. n. 48. 47 1 Cfr. n. 60.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, 1 ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

T. 1390. Roma, 22 luglio 1892, ore 16,30.

Ecco le istruzioni per la seduta di domani 2 : l) approvare la riduzione della nomina a cinque anni; 2) approvare l'inserzione nel protocollo di una espressa raccomandazione per la più esatta osservanza del regolamento; 3) riconoscere il valore delle obiezioni contro la candidatura maronita. Aggiungo confidenzialmente essere nostro criterio dominante rispetto alla candidatura il desiderio nostro di procedere d'accordo con le altre Potenze del nostro gruppo 3 .

49

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO URGENTE 707/384. Londra, 22 luglio 1892 (per. il 30).

Con rapporto del 5 corrente 1 , in risposta a quello da V.E. indirizzatomi il 2 dello stesso mese2 , ebbi occasione di far conoscere al R. Governo che, prima della fine delle elezioni generali politiche, non sarebbe stato possibile chiamare efficacemente l'attenzione di lord Salisbury sovra l'incorrettezza incorsa nella circolare del Foreign Office, relativa all'applicazione dell'art. 91 dell'Atto di Bruxelles a tutti i territori zanzibaresi. Contemporaneamente feci osservare che, nel caso le elezioni generali fossero riuscite in modo da lasciare prevedere un mutamento di Ministero, avrei procurato di trattare di questo affare con gli uffiziali del servizio permanente del Foreign Office non nascondendomi però le difficoltà che nascerebbero dalla loro naturale ritrosia ad ammettere gli errori dell'amministrazione della quale fanno parte.

Prima che il mio rapporto precitato avesse avuto il tempo di pervenire a mani di V.E., partiva da Roma il dispaccio del 7 corrente3 , con il quale ella mi ha fatto conoscere che, in seguito ad una comunicazione ricevuta dall'ambasciata inglese circa un provvedimento doganale nei paesi soggetti al protettorato inglese nello Zanzibar, comunicazione nella quale i porti della costa dei Benadir sono esplicita

2 Risponde al n. 46.

3 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna con T. 1389, pari data.

2 D. 24813/318, non pubblicato.

3 D. 25444/327, non pubblicato.

mente menzionati, ella avea indirizzato quel giorno stesso a lord Vivian una nota4 per chiedere la rettifica delle incorrette notificazioni.

Ricevetti questo dispaccio ministeriale il dì Il e mi recai tosto da sir Ph. Currie al quale domandai se dall'ambasciata inglese in Roma fosse già stata mandata a Londra la nota di V.E. Il sottosegretario di Stato permanente non ne avea ancora notizia, e, credo, che, sebbene non me lo dicesse, egli si affrettasse a chiedere a codesta ambasciata britannica delle spiegazioni telegrafiche, perchè due giorni dopo fui da lui invitato a recarmi al Foreign Office per discorrere di questa faccenda. Era pervenuto infatti a lord Salisbury un telegramma di lord Vivian riassuntivo della nota di V.E. e sir Ph. Currie teneva sul tavolino le due circolari del Foreign Office che aveano dato motivo alle nostre rimostranze. La circolare del 6 aprile poteva ricevere una interpretazione che escludeva il fondamento delle nostre osservazioni. Con un poco di buona volontà si potrebbe infatti ammettere che in essa si siano voluti designare solamente tutti i domini zanzibaresi situati nelle isole e sul continente, e collocati sotto il protettorato britannico. Ne sarebbero sempre stati esclusi i territori ai quali questo protettorato non si estende. Ma nella seconda circolare, quella a noi comunicata il 3 luglio, era chiaro che un'erronea indicazione avea considerato come inchiusi nel protettorato inglese i territori assegnati dal protocollo del 24 marzo 1891 5 alla zona di influenza italiana. Sir Ph. Currie premetteva a forma d'interrogazione la questione: consente il Governo italiano a che le disposizioni dell'art. lo dell'Atto generale di Berlino, modificato dalla dichiarazione annessa all'Atto generale di Bruxelles, siano applicate dal sultano dello Zanzibar nei quattro porti della costa dei Benadir sovra i quali la sua sovranità sussiste? In tal caso il sultano potrà di autorità propria e non più come protetto dell'Inghilterra, proclamare che dalle sue dogane nei porti anzidetti saranno applicate le menzionate disposizioni degli Atti di Berlino e di Bruxelles. L'ordinanza che il sultano emetterà verrà comunicata alle Potenze e la nuova notificazione distruggerà l'effetto della prima. Il sottosegretario di Stato desiderava che questo modus procedendi fosse raccomandato alla accettazione di

V.E. come il miglior modo di conseguire lo scopo al quale miravano le nostre rimostranze.

Risposi che avrei informato il mio Governo di questa proposta la quale metteva intanto in sodo che la designazione fatta nelle circolari inglesi dei porti dei Benadir come compresi nel protettorato britannico, era inesatta. Io avrei provocato da V.E. istruzioni speciali circa l'accettazione del propostoci modus procedendi.

Tale mia risposta lascia naturalmente il R. Governo nella piena libertà di accettare o di ricusare ciò che il Foreign Office propone. A parer mio però conviene a noi di accettare.

Secondo le maggiori probabilità, fra una quindicina di giorni il Gabinetto Salisbury sarà costretto di ritirarsi. A noi non conviene di aver a discutere con una nuova amministrazione una questione che tocca ad uno stato di cose per vari rispetti mal definito. Accettando ora la proposta del Foreign Office noi potremmo mettere

49 4 N. 25443/87, non pubblicata. 5 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 151.

in sodo che i porti zanzibaresi della costa dei Benadir non sono soggetti al protettorato inglese. Ciò parmi sia l'intento sostanziale da raggiungere ed a questo intento si arriva anche per la strada che sir Ph. Currie ci suggerisce. Quando questo punto sia chiaramente assodato in uno scambio di note fra l'Italia e l'Inghilterra, rimane esclusa la probabilità che esso possa venire più tardi rimesso in discussione. A me preme che, se V.E. entra in quest'ordine d'idee, mi siano date istruzioni sollecite, possibilmente per telegramma, perchè ritengo che sarà cosa savia il conchiudere questo affare prima che qui si compia il cambiamento di Ministero 6 .

48 1 Il telegramma reca la firma di Brin il quale però si trovava a Livorno.

49 l R. riservato 671/364, non pubblicato.

50

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1714. Parigi, 23 luglio 1892, ore 17,40 (per. ore 19,20).

Governo francese desidera inviare una squadra a Genova, per ossequiarvi nostro augusto sovrano, se Sua Maestà, come fu annunziato, si recherà colà. Tutta la stampa seria e l'opinione pubblica plaudono al progetto; le rare opposizioni vengono dai ribassisti e altri soliti fautori di discordia. Se la cosa si facesse, i nostri rapporti ne avrebbero giovamento, ma danno certo nel caso contrario; sopratutto se apparisse che l'atto cortese voglia da noi evitarsi. Perciò prego V.E. di dirmi confidenzialmente intenzione di Sua Maestà affinchè io sappia se debba incoraggiare un'entratura ufficiale o meno 1 .

51

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1715. Therapia, 23 luglio 1892, ore 18,30 (per. ore 20,40).

Nella seduta d'oggi per il Libano Austria-Ungheria, Inghilterra, Italia scartarono Selim perchè maronita. Francia, Russia non si pronunciarono. Said darà una lista di candidati, tra i quali le Potenze possano sceglierne uno prima della seduta di sabato prossimo. Unanime fu il voto dei rappresentanti presenti circa la convenienza dei cinque anni e la necessità della clausola per la osservanza del regolamento. Ambasciatore di Germania, invitato a Palazzo presentare lettera di richiamo, non intervenne alla seduta.

50 l Cfr. n. 61.

49 6 Per la risposta cfr. n. 65.

52

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1717. Londra, 23 luglio 1892, ore 19,25 (per. ore 21,45).

Questa mattina Foreign Office non sapeva ancora se Italia avrebbe appoggiato azione inglese nell'affare della scelta del governatore del Libano. Pare che la Francia non appoggerà vivamente candidatura del bey maronita, ma che si propone dare tutto suo appoggio alla scelta di Nasri bey, che, già proposto come successore di Rustem pascià, incontrò allora opposizione dell'Inghilterra. Sarebbe difficile dopo di avere obbiettato alla scelta di un primo candidato opporsi efficacemente alla nomina di Nasri epperciò Inghilterra ha desiderato ottenere che le obbiezioni contro il primo candidato della Turchia siano presentate dall'ambasciatore d'Austria-Ungheria, anzichè dal suo ambasciatore, il quale eventualmente riserverà sua opposizione alla scelta di Nasri candidato della Francia.

53

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 691/239. Madrid, 23 luglio 1892 (per. il 28).

Come V.E. avrà forse direttamente saputo da Tangeri, quel consolato inglese, obbedendo alle impressioni pessimiste che colà frequentemente prevalgono, rappresentò al suo Governo sotto un aspetto talmente grave l'attuale rivolta delle cabile, da non escludere la necessità di forze navali per la protezione dei sudditi della regina.

In pari tempo, il signor Figuera telegrafava al duca di Tetuan notizie completamente diverse. Secondo l'inviato spagnuolo, tanto le soldatesche imperiali che quelle degli insorti, manifestavano un sacro terrore di venire alle mani fra di loro, senz'alcuna minaccia di turbamento dell'ordine pubblico nella summentovata città.

Frattanto, quest'ambasciatore di Francia sollecitava una udienza dal ministro di Stato, ed andava nuovamente ad esporgli le preoccupazioni che a Parigi inspira il contegno serbato dall'inviato inglese alla Corte sceriffiana, di cui s'intrattiene oggi la stampa dell'Europa intera.

Lungo fu il discorso del signor Roustan. Prendendo le cose molto da lontano, accusò apertamente il Gabinetto di Londra di voler far nascere degli incidenti, per favorire i suoi reconditi disegni. Accusò egualmente sir Charles Euan Smith d'aver agito in guisa da offendere e menomare il prestigio sovrano di Muley Hassan, e di mettere a vero repentaglio lo sta tu quo dell'Impero. La natura stessa delle concessioni domandate da sir Charles Euan Smith veniva acerbamente criticata dal signor Roustan, il quale conchiudeva col tornar al suo proposito d'addimostrare l'urgenza che la Francia e la Spagna, quali principali interessate nella questione del Marocco, si pongano una buona volta d'accordo, allo scopo di studiare i mezzi di scongiurare i pericoli, di cui simile situazione di cose racchiude il germe sicuro, per un non distante avvenire.

Il duca di Tetuan rispose in termini altamente commendabili. Egli sostenne a spada tratta la correttezza delle vedute del Governo britannico, il quale con molta costanza gli forniva luminosissime prove delle sue leali intenzioni, e del suo fermo volere di conservare intatto l'attuale stato del Magreb. Essere, senza dubbio, a deplorarsi gl'incidenti creati dal modo in cui sir Charles Euan Smith aveva eseguito l'arduo compito affidatogli. Ma che tutti i Paesi avrebbero avuto campo a rallegrarsi del successo di quella missione, e che, innegabilmente, la Potenza che meno di ogni altra avrebbe avuto motivo di muovervi obbiezioni, era la Francia, la quale nel 1866 appoggiava presso il sultano l'adozione di quelle identiche proposte commerciali, state oggi ripresentate dall'Inghilterra.

In una parola, l'ambasciatore della Repubblica era evidentemente animato dal desiderio d'ingigantire le ultime complicazioni sorte al Marocco, ed attirare così la Spagna nell'orbita francese. I ragionamenti usati dal duca di Tetuan, invece, tendevano ad una meta diametralmente opposta.

Il risultato fu che il signor Roustan dovette prenderne atto, ed accomiatarsi con appena celato malcontento.

Il ministro di Stato mi ha ancora aggiunto che l'ambasciatore di Spagna a Londra si recò per ordine suo a dichiarare al sotto-segretario di Stato del Foreign Office, che realmente la destinazione di navi da guerra alle acque marocchine gli pareva superflua. Questa opinione divisa essendo pure da sir Ph. Currie, venne stabilito che il piroscafo sul quale sir Charles Euan Smith avrebbe fatto ritorno, non sarebbe rimasto che poche ore a Tangeri, per non offrir pretesto d'intervento alla Francia, giusta l'informazione da me tosto spedita ieri per telegrafo 1•

Nonostante queste previsioni, qualora le circostanze divenissero tali da esigere l'invio d'un bastimento spagnuolo, l'Italia e la Gran Bretagna ne riceverebbero subito avviso.

54

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Londra, 24 luglio 1892.

Con il corriere che parte oggi le mando un rapporto sovra la situazione parlamentare presente dell'Inghilterra 1• Vi faccio cenno della necessità per noi di prepararci ad affrontare le difficoltà che saranno inevitabilmente la conseguenza del cambiamento di Ministero in questo Paese. Nelle incertezze di oggi non si possono misurare tali difficoltà. Pure augurandoci non abbiano ad essere considerevoli, sarà prudente cosa lo averle prevedute in tutta la loro estensione per non esserne sorpresi e sopraffatti.

Con i di lei predecessori al ministero in carteggi ufficiali e particolari ho più volte fatto risuonare la nota ingrata del come l'Italia resterebbe a Massaua se gl'inglesi restituissero l'Egitto a se medesimo con o senza un preventivo concerto con la Francia. L'uffizio di un diplomatico non è sempre quello di dire cose gradite. In più di una circostanza sovra questo tema mi dovetti accorgere di essere molesto. Però ella non me ne voglia se anche quest'oggi ripeto che le dichiarazioni nostre unilaterali di essere a Massaua e di restarci non cambiano i termini della questione od almeno non li cambiano per gli altri Gabinetti. Non è probabile che una amministrazione Gladstone abbandoni l'Egitto nella forma di una restituzione di quel Vicereame alla Turchia. Mi pare anzi prevedibile che se la Porta rinnoverà a Londra, presso il nuovo Gabinetto, le sue insistenze per una convenzione relativa allo sgombro dell'Egitto, incontrerà qui un rifiuto altrettanto se non ancor più reciso di quelli che si ebbe finora. Il pericolo sta in un accordo con la Francia per dare all'Egitto una vita propria nella forma neutrale con certe guarentigie per la preponderanza inglese in avvenire. Naturalmente, se un accordo di questo genere venisse a stabilirsi, nessuna Grande Potenza europea vi contrasterebbe, fino al punto di correre il pericolo di alterare le sue relazioni internazionali con le due principali Potenze marittime. In vista di ciò potremmo noi risolutamente affrontare fin dai primi giorni della costituzione del Ministero Gladstone la questione della nostra posizione a Massaua? Prendendo il davanti, se pure già non precorsero intelligenze fra i liberali inglesi ed i francesi, non converrebbe a noi di tentare un accordo con il Gabinetto inglese in conseguenza del quale questi si impegnerebbe ad associarci a qualunque trattativa internazionale per l'Egitto in considerazione dell'azione parallela da noi spiegata all'epoca della occupazione? Mettendoci in questa via naturalmente noi riconosceremmo implicitamente che la nostra occupazione a Massaua può eventualmente cessare se l'occupazione inglese cessa a Suakin e nelle altre parti dell'Egitto. Si tratta di risoluzione grave assai che vorrebbe essere presa in tempo perchè questa strada non ci resterà aperta a lungo ed è, quanto più ci penso, la sola nella quale, data l'eventualità della evacuazione inglese, vedo il modo di cavarci fuori d'impiccio con dignità e fors'anche con qualche indiretto profitto, di pararci in tempo dalle conseguenze di una situazione che metterebbe quasi sicuramente all'isolamento ancorchè a parole e sul principio altri Governi ci incoraggiassero a resistenza.

Ad ogni modo è questa una situazione che vuol essere contemplata con calma e in tempo e sovra la quale mi occorre conoscere chiaramente il pensiero del nostro Governo2 .

Esistono, come ella sa, con il Gabinetto Salisbury, alcuni accordi non sanzionati da firma sovrana. Non credo che appartenga a noi il tastare il terreno circa il valore che una nuova amministrazione inglese vorrà riconoscere a quelle note le quali a me sembrarono sempre assai inconcludenti. È cosa questa sovra la quale converrà che c'intendiamo con Vienna e con Berlino. Ma anche sovra questo punto importa che io non resti senza istruzioni.

Prima che il Gabinetto Gladstone si formi, in ogni ipotesi, accorreranno almeno una ventina di giorni. Non abbiamo tempo da buttar via per prestabilire le nostre linee di condotta eventuale, profittiamo senza indugio di quello che ci rimane.

53 1 T. 1705 del 22 luglio, non pubblicato.

54 1 R. riservato 716/393 dello stesso 24 luglio, di cui si pubblica il seguente passo a proposito di Gladstone: «Non vi è dubbio che la polemica che si è fatta contro i giudizi da lui espressi in senso sfavorevole alla presente politica dell'Italia, ebbe per solo effetto di renderlo ostinatamente tenace nell'opinione sua. E quando pure egli, per necessità di Governo, inclinasse a più moderati consigli, la spinta in favore della Francia che gli verrebbe dai radicali inglesi, basterebbe ad allontanarlo da noi».

54 2 Cfr. n. 84.

55

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1727. Pietroburgo, 25 luglio 1892, ore 19,10 (per. ore 22,30).

Libano. Reggente Ministero affari esteri dichiara che la Russia non ha candidato per governatore generale. Istruzioni date a Costantinopoli sono: l) accettare decisioni maggioranza circa periodo 5 anni; 2) statuire osservanza rigorosa regolamento del 1883.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATO 28217/351. Roma, 25 luglio 1892.

Il r. console generale in Aden, mi telegrafa in data del 22 corrente1 che il colonnello Stace gli ha comunicato in via confidenziale che, dovendo il Governo della regina contraccambiare alcuni doni mandati dall'imperatrice Taitù a Sua Maestà britannica, molto probabilmente egli verrà incaricato di portarli all'Harar per rimetterli a ras Makonnen.

Quantunque il colonnello Stace abbia dichiarato al capitano Cecchi che la sua missione non ha carattere politico ma di semplice cortesia, pure non sfuggirà a V.E. quanto questo viaggio all'Harar del signor Stace sia inopportuno nel momento attuale, in cui l'Italia sta trattando con l'imperatore d'Etiopia per definire e regolare i reciproci rapporti, in seguito al Trattato di Uccialli. Tanto più che Menelik non uso a sottili distinzioni tra atti di cortesia ed atti politici, potrà apprezzare la missione Stace diversamente dalle intenzioni del Gabinetto di Saint James.

Prego pertanto V.E. di voler rappresentare questo stato di cose a lord Salisbury e di far sì che il Governo della regina anche questa volta come in passato, dacchè gli fu notificato l'articolo 17 del Trattato di Uccialli, si valga del Governo italiano per le sue relazioni con l'Etiopia. L'E.V. potrà assicurare quel primo ministro che i doni di Sua Maestà britannica saranno fatti pervenire e consegnare col cerimoniale d'uso all'imperatrice Taitù, per mezzo del dottor Traversi, il quale ritorna fra breve allo Scioa, latore di lettere reali.

56 1 T. 1704. non pubblicato.

57

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 26 luglio 1892 1 .

Le traité d'alliance a été signé hier. Le roi m'a demandé si j'avais déjà les pleins pouvoirs pour l'accession de l'Italie. l'ai répondu que je n'avais pas encore reçu des instructions à cet égard, et que, d'ailleurs, rien ne pressait car le ministre d'Allemagne n'est attendu ici de retour avant la fin du mois prochain. Plus amples détails, de vive voix, car je pars ce soir en congé pour l'Italie.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

T. 1455. Roma, 28 luglio 1892, ore 23,30.

Libano. L'ambasciatore d'Inghilterra mi fa conoscere che per gli stessi motivi del 1879 non potrebbe accettare la candidatura Nasri ed accetterebbe invece con questo ordine di preferenza le quattro seguenti candidature: l) Michael effendi Portocal; 2) Naum effendi; 3) Bedros effendi Comjundijan; 4) Danisch effendi.

(Per Vienna) Prego dirmi pensiero codesto Governo. Per conto nostro, non avrei obiezioni 1•

59

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1748. Berlino, 29 luglio 1892, ore 11,30 (per. ore 12,40).

Libano. Gabinetto di Berlino disposto aderire candidato sul quale cadranno d'accordo Italia, Inghilterra, Austria-Ungheria. Mi riferisco al rapporto del dì 26 corrente'.

58 l Analogo telegramma venne inviato a Berlino in pari data col n. 1454. 59 l Non pubblicato.

57 1 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA, E ALLE LEGAZIONI A LISBONA E W ASHINGTON

T. 1462. Roma, 29 luglio 1892, ore 20.

Le Loro Maestà recansi a Genova negli ultimi giorni di agosto o ai primi di settembre per visitarvi esposizione colombiana. Si troverà in quel momento a Genova una nostra squadra, essendo volere del sovrano che la r. marina partecipi ai festeggiamenti in onore di Cristoforo Colombo. Facendo conoscere quanto precede a codesto Governo, prego significargli, in forma officiosa, che sarebbe gradita la presenza a Genova di navi di marina militare 1 .

61

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 1461. Roma, 29 luglio 1892, ore 20,10.

A complemento del mio telegramma di poco dianzi 1 debbo aggiungere che Sua Maestà si è particolarmente compiaciuta nello apprendere da V.E. 2 l'intenzione di codesto Governo circa l'invio della squadra francese a Genova 3 .

62

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 29 luglio 1892.

Col ritorno del corriere ausiliario rispondo ora alla domanda contenuta nella ultima sua del 10 corrente 1• E prima di tutto mi preme di ringraziarla di avermi

2 Cfr. n. 50.

3 Si pubblica qui il seguente passo di una lettera personale di Crispi a Ressman del 31 luglio: «Non vi parlo di politica. So le difficoltà, e vi auguro buona fortuna, quantunque non posso sperarla. Le pretese della Francia sono tali da non poterla contentare, ed il marchese di Rudinì rese impossibile per sei anni di discutere il grave argomento. Non dirò che, se pur fosse possibile il distaccarci dai due Imperi, la Francia ci tratterebbe peggio. Nessun indizio io vedo all'orizzonte che accenni ad un raggio di amore. Ci detestano; e con l'odio non si invitano i popoli ad un accordo».

fatto l'onore di interrogarmi in una materia di così grave importanza, com'è quella della rinnovazione degli accordi colla Rumania.

Se si trattasse di cosa nuova, de jure constituendo, come dicevano i giureconsulti romani, confesso che in questo momento io esiterei a darle un consiglio affermativo. Ma nel caso nostro si tratta di rinnovare o non rinnovare un accordo esistente, il quale per certi lati si collega colla Triplice Alleanza. Anzi, propriamente si tratta di una proroga pura e semplice, giacchè sembra inteso (e in questo dobbiamo insistere, se occorre) che nulla sarà innovato dell'antica stipulazione, nè quanto alla sostanza nè quanto alla forma. Ciò posto, il rifiuto per parte nostra costituirebbe un passo indietro, e sarebbe interpretato, malgrado ogni protesta contraria, come un primo passo fatto dall'Italia per rallentare, se non per sciogliere, l'alleanza coi due Imperi. Il fatto sarebbe dunque grave, e accennerebbe a una modificazione nella politica estera dello Stato, che non parmi essere nel pensiero del Gabinetto. La mia risposta non può quindi essere dubbia. Se il Governo del re persiste, come credo, nel concetto che la Triplice Alleanza costituisce per ora il solo sistema possibile di politica estera dell'Italia, è indispensabile l'evitare di fare un passo che abbia per effetto di indebolire, sia in realtà, sia nell'opinione degli alleati (il che torna poi allo stesso), il vincolo federale.

Ma conviene esaminare la questione anche indipendentemente dall'effetto che sarebbe prodotto da un rifiuto. Io non ho ora sotto gli occhi il testo dell'accordo. Parmi però, se la memoria non mi falla, che con quella stipulazione il Governo italiano si impegna, non già ad un'azione comune, nel caso previsto, bensì a procedere ad un'intesa per un'azione comune quando occorrerà. In altri termini noi ci siamo impegnati non già ad agire, ma ad intenderei, quando sarà il caso, per agire. Ora io non voglio certo sostenere, che, presentatosi il caso, quel nostro impegno potrebbe essere eluso. Ma è certo che noi non siamo ipso facto impegnati ad agire, e ad agire nella penisola balcanica. Il nostro impegno è di intenderei, a suo tempo, per un'azione comune. Ora chi dice intendersi, dice porre le condizioni dell'intesa, e queste condizioni sono appunto l'affare importante, perchè esse implicano il tempo, il luogo e le modalità dell'azione. Supponiamo che la guerra scoppii nella penisola balcanica, cioè fra la Russia dall'un lato, e la Rumania dall'altro. È chiaro che l'Austria-Ungheria e la Bulgaria saranno in ballo fin dal primo aprirsi delle ostilità. Ora sarà appunto un po' prima delle ostilità che l'Italia sarebbe chiamata, colla Germania, all'esecuzione del preso impegno. La risposta dell'Italia si può prevedere fin d'ora. Siccome senza alcun dubbio la Francia o entrerebbe subito in lotta in favore della Russia, o si preparerebbe ad entrarvi, la guerra diventerebbe forzatamente generale, e l'Italia dovrebbe prendervi parte in forza dell'alleanza cogl'Imperi centrali. In tale condizione di cose, la sola intelligenza che l'Italia potrebbe prendere colla Rumania in forza del presente accordo sarebbe di contribuire colla sua attitudine o colla sua azione a tenere in rispetto la Francia, e a distrarne una parte delle forze di terra e di ma_re. Nessuno penserà, in caso di guerra generale (e questo sarà necessariamente il caso) a invitare l'Italia, minacciata dalla Francia per terra e per mare, a mandar truppe nei Balcani, o bastimenti nel Mar Nero (a meno che, in quest'ultimo caso, le flotte francesi fossero già paralizzate o vinte dalle inglesi). Adunque, o non vi sarà guerra affatto, e in tal caso il nostro impegno non dovrà tradursi in effetto. O vi sarà guerra, e allora dovendo questa senza alcun dubbio diventar generale, l'azione dell'Italia sarà necessariamente determinata da altri più gravi impegni (non però inconciliabili con quelli presi colla Rumania) e diretta nello scopo della difesa comune e dell'azione comune di tutte le Potenze alleate.

In sostanza l'effetto dell'accordo non potrà condurre praticamente l'Italia a mandar forze nei Balcani in nessun caso. Ma per contro avrà per effetto di assicurare in ogni caso alla Triplice Alleanza il concorso tutt'altro che insignificante della Rumania.

Per tutte queste ragioni io sono d'avviso che noi non dobbiamo mutare l'attuale stato di cose, rifiutando la proroga.

P.S. Suppongo che ella starà occupandosi della scelta dell'arbitro per la pesca di Behring. Mi permetto di rammentarle, per ogni buon fine, ciò che ella saprà probabilmente di già, che nel fatto le discussioni avranno luogo principalmente in lingua inglese. Ora non le sarà facile trovare in Italia un magistrato o giureconsulto di gran vaglia che parli correntemente l'inglese, eccettuati nemmeno il Vigliani, il Tabarrini, il Zanardelli, che vedo menzionati nei giornali. Ella sarà quindi nel caso di aggiungere possibilmente al giureconsulto, senza voto però, qualcuno che parli speditamente e scriva correttamente quella lingua. In tal caso prendo la libertà di suggerirle lo Zannini, che ora deve trovarsi in Roma, e che oltre al sapere il suo mestiere di diplomatico, è famigliare colla lingua inglese, che parla e scrive bene, e fu negli Stati Uniti per un certo tempo. E anzi sulla grande Repubblica americana, di cui traversò tutto l'immenso territorio, scrisse un libro che non è senza valore. Prenda, la prego, questo suggerimento per quel che vale; ella probabilmente avrà già a quest'ora provveduto per il meglio.

Esco in questo punto dal conte Kalnoky, il quale mi ha detto che il trattato tra l'Austria e la Rumania è stato firmato. Esso non ha la forma di una proroga. Ma riproduce testualmente l'antico trattato; perfino i pieni poteri sono redatti colle stesse parole con cui erano redatti i precedenti.

Quanto al candidato per il Libano, Kalnoky accetta l'uno o l'altro dei quattro proposti dall'Inghilterra, che ottenga il consenso delle altre Potenze. Non ha ohbiezioni, nè preferenze 2•

Ho poi annunziato a Kalnoky la presenza a Genova del re e della regina per le feste colombiane 3 . Egli ne riferirà all'imperatore, che andrà a vedere a Ischl. Ma non dubita che si manderà in quella circostanza una nave austriaca, forse più a Genova.

60 1 Analogo telegramma fu inviato in pari data a Costantinopoli, Atene, Bruxelles, Copenaghen, L'Aja e Stoccolma col n. 1463. Con T. 1221 del 6 agosto le rappresentanze furono avvertite che la visita reale era stata fissata per il 7 e 8 settembre.

61 1 Cfr. n. 60.

62 1 A questa lettera di Brin si riferisce il seguente appunto, conservato nell'Archivio di Gabinetto: «Lettera particolare, di cui non fu tenuta minuta. In essa si accenna alle obbiezioni che poterono essere fatte alla adesione dell'Italia al Trattato di alleanza austro-ungarico, ed in vista della rinnovazione del Trattato medesimo si chiede l'avviso del r. ambasciatore circa la nuova eventuale adesione dell'Italia».

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 28885/282. Roma, 30 luglio 1892.

Mi pregio ringraziare la S.V. illustrissima per la relazione che ella mi ha inviato in data del 9 corrente n. 90 R.A. 1 relativamente alle trattative in corso per addivenire ad un accomodamento tra il Governo della Colonia ed i padri lazzaristi.

3 Cfr. n. 60. 63 l Non pubblicata.

Certo il contegno di monsignor Crouzet e le sue tergiversazioni danno poca speranza che con lui si possa riuscire ad un'intesa soddisfacente e sarebbe, come ella ben avvisa, accettabile la soluzione proposta dall'Associazione cattolica di Firenze, se per questa si ottenesse che la missione lazzarista fosse composta di missionari italiani e che ad essa fosse preposto un prelato italiano.

Il r. ministero concorda con lei nei concetti che ella gli ha esposti ed è d'avviso, con la S.V., che oramai dopo tante dubbiezze si debba esigere che la missione abbia un carattere spiccatamente italiano. Che se poi la soluzione desiderata non si potesse in alcun modo ottenere, convengo pure con lei che sarà d'uopo allora prendere la decisione cui ella accenna sostituendo con cappellani militari i lazzaristi francesi.

Faccio quindi senz'altro conoscere al presidente dell'Associazione cattolica lo stato attuale della questione affinché egli veda di affrettare una conveniente soluzione di essa, non nascondendogli che, ove questa non potesse aver luogo, mi vedrei mio malgrado obbligato dalla necessità delle cose a prendere quei provvedimenti che stimerò più atti a tutelare gli interessi italiani nella nostra Colonia, non escluso quello della soppressione della missione lazzarista.

62 2 Nigra comunicò il contenuto di questo capoverso con T. 1758 del 30 luglio, non pubblicato.

64

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 757/249. Tangeri, 31 luglio 1892 (per. il 7 agosto).

Ho letto con profonda attenzione il dispaccio confidenziale delli 22 luglio n. 27725/158 1 , che V.E. si compiacque indirizzarmi commentando le notizie da me trasmessele circa le condizioni interne del Marocco.

V.E. può avere intera fiducia che nulla verrà fatto da questa legazione onde possa il sultano, od alcuno dei suoi ministri, argomentare da parte nostra ad un'azione separata dalle altre due Potenze, colle quali noi abbiamo identità di atteggiamento. Per queste, voglionsi intendere, è ovvio, la Gran Bretagna e la Spagna.

L'insuccesso della missione inglese, l'agitazione prodotta nell'opinione pubblica della penisola iberica da artificiose insinuazioni intorno agli scopi di quella missione; hanno creato tuttavolta una situazione assai nuova, assai diversa, mi sembra, da quella che stava nel nostro concetto, allorquando il Gabinetto presieduto dal marchese di Rudinì e quello di Madrid caddero d'accordo e decisero di appoggiare le domande del commercio inglese alla Corte sceriffiana2 . Nel nostro concetto, principalissima stava la mira di porgere impressione di una comunanza di propositi

64 I Cfr. n. 36. nota 2. 2 Cfr. in proposito serie II, vol. XXIV, nn. 730, 732, 740.

fra le tre Potenze medesime, riguardo ai modi pei quali l'assetto politico dell'Impero possa ricevere un valido sostegno. Venivano in seconda linea i vantaggi, che la conclusione di un trattato avrebbe a conferirci.

Apparentemente, il fine precipuo delle trattative del mio collega d'Inghilterra, la direzione dello sforzo e dell'opera sua, ebbero per obbietto il trattato. Della quistione politica, poco o nulla si parlò. La condotta del sultano, per ciò che tocca al Tuat, indicava, fino a certo punto, il desiderio di riserbare a sè la soluzione di tale affare. Della Spagna, e ciò dico ripetendo le parole stesse di sir Charles Euan Smith, non fu nemmeno fiatato nei lunghi colloqui con Sua Maestà. Soltanto, fu detto, ed in termini di positiva asseveranza, della stretta amicizia dell'Italia col Regno Unito, delle vedute che i due Stati hanno in comune. Oggi, che l'insuccesso si complica di uno screzio cagionato da offese che le due parti reciprocamente s'imputano, il rappresentante della regina reggente nulla sa da quello d'Inghilterra del vero stato delle cose. Spiccano, in contrasto, l'acrimonia del linguaggio dell'inviato britannico e le ardenti sollecitazioni ch'egli mi rivolge perchè il Governo italiano sia mosso a sposare la causa del suo mal esito diplomatico, non solamente, ma quella, eziandio, dell'amor proprio e della dignità nazionale feriti dal contegno dell'imperatore.

Veda V.E. quanto noi siamo lontani da ciò che dalla prima mossa era lecito sperare. Dovrà mettersi ogni studio, ne convengo, a ristabilire l'intesa; dico ristabilire, inquantochè, qui almeno, non esiste più che di nome. A tale effetto non giungeremo se non mercè chiare e leali, reciproche spiegazioni fra i Gabinetti interessati.

In aggiunta a queste considerazioni che suggerisce il già citato dispaccio di lei, valgami richiamare, signor ministro, la sua attenzione sul fatto di certe dicerie corse per i giornali riflettenti un supposto solenne accordo fra le tre Potenze rispetto all'azione di esse nelle cose marocchine. Un comunicato ufficioso nei fogli di Madrid ne ha smentito di recente la notizia. Ne intrattenni il signor Figuera. Per lui, siffatta smentita è ben fondata. Niuna specie di convenzione ci lega da quella infuori, se può chiamarsi tale, che tutti e tre obbliga ed a tutti e tre conferisce determinate facoltà, in virtù della nota indirizzata al Governo del sultano il dì 11 marzo 1887. Quanto ai recenti scambi d'idee che precedettero l'andata di sir Charles alla Corte, il mio collega di Spagna non mostra ravvisarvi, dal Iato suo, se non l'intento di favorire le aspirazioni commerciali dell'Inghilterra, e di trame indirettamente qualche vantaggio3.

64 3 Si pubblicano qui tre passi del R. riservato 77lbis/424bis del 10 agosto con cui Tornielli commentava i documenti pubblicati nel Blue Book relativo alla missione di Euan Smith alla Corte del sultano marocchino (Correspondence respecting Sir C. Euan-Smith's Mission to Fe:, Marocco n. l, 1892): «Questa pubblicazione, destinata a giustificare la condotta del Gabinetto Salisbury davanti l'opinione pubblica inglese, ha uno speciale interesse anche per l'Italia la quale, per aver dato illimitato appoggio alla politica inglese in questa occasione, subisce, in certa guisa, le conseguenze dell'insuccesso della medesima ... L'appoggio nostro fu conceduto all'Inghilterra ancor prima di aver avuto conoscenza delle proposizioni che questa si accingeva a presentare al sultano ... Anche nei giornali italiani si può prevedere che la pubblicazione di cui parlo non darà motivo ad osservazioni. Ma ciò non attenua le sostanziali conseguenze dell'insuccesso al quale l'Italia si trova associata in prima linea con l'Inghilterra nella politica d'influenza al Marocco, insuccesso derivante da un atto non abbastanza ponderato nel periodo di preparazione, inabilmente condotto nel periodo di esecuzione».

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1182 bis 1. Roma, r agosto 1892, ore 11,30.

Benadir. Accetto espediente rapporto 22 corrente2 purché assolutamente chiarita nostra situazione mercè scambio note proposto.

66

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1741/672. Vienna, 2 agosto 1892 (per. il 5).

Allo scopo di smentire le voci corse sul richiamo del conte di Revertera dal suo posto di ambasciatore austro-ungarico presso il Vaticano, il Fremdenblatt contiene nell'odierno numero un articolo che io credo dover indicare all'attenzione di V.E.

Le difficoltà a cui l'articolo allude sono principalmente quelle che la Curia romana sollevò nella questione dei battesimi in Ungheria; ma non sono le sole. Risulta evidente dal linguaggio dell'organo ufficioso di questo Ministero imperiale e reale degli affari esteri, che l'attitudine del Vaticano verso l'Austria-Ungheria non è da qualche tempo molto benevola. Questa attitudine andò via via mostrandosi meno amichevole, a misura che le relazioni della Corte pontificia col Governo francese diventavano più strette.

L'articolo è così concepito:

«L'ambasciatore imperiale e reale presso la Santa Sede, conte Revertera, ritornerà prossimamente a Roma, dopo un breve soggiorno in patria, necessitato dal suo stato di salute, e non prenderà il suo congedo regolare che fra qualche settimana. In presenza delle voci più volte sparse, in questi ultimi tempi, sul prossimo ritiro di questo eminente diplomatico, noi siamo in grado di far nuovamente osservare che tali voci non sono per nulla giustificate e debbono essere qualificate come tendenziose. Il conte Revertera gode, in luogo competente, dell'intera fiducia e non vi è motivo perché questo diplomatico, il quale è perfettamente all'altezza di sue difficili funzioni, ceda il suo compito, in questi ultimi tempi a vero dire assai ingrato, ad un successore il quale certo troverebbe in Vaticano le medesime correnti, meno amiche all'Austria-Ungheria, e le medesime difficoltà, contro le quali oggi l'ambasciatore austro-ungarico presso la Santa Sede deve lottare più sovente che non il suo predecessore».

65 1 Per errore il registro dei telegrammi in partenza ritorna dal n. 1478 al n. 1179. Si è apposto il bis al secondo gruppo di documenti compresi fra il n. 1179 e il n. 1478. 2 Cfr. n. 49.

67

L'AMBASCIATORE A VI ENNA, NIGRA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1743/674. Vienna, 3 agosto 1892 (per. il 13).

Col dispaccio in margine citato del 26 luglio scorso 1 l'E.V. mi fa l'onore di chiedere il mio parere intorno alla questione della protezione che il Governo austro-ungarico sembra volersi arrogare sui cattolici di ogni nazionalità in Albania. Mi pregio di rispondere senza ritardo alla domanda.

Ho letto gli annessi al dispaccio predetto, nonché gli altri documenti daii'E.V. indicati. Da essi mi sembra risultare quanto segue.

Il Governo austro-ungarico, per mezzo del console austro-ungarico a Scutari, è presunto di esercitare la sua azione sui cattolici in Albania nei casi seguenti:

l) nella domanda del berat d'investitura dei vescovi cattolici in Albania, la quale sembra sia stata finora fatta dal Governo austro-ungarico e non già dalla sede pontificia, quale che sia la nazionalità dei vescovi nominati;

2) nella protezione e nella giurisdizione che sarebbe esercitata dal console austro-ungarico verso il Collegio pontificio albanese, composto di ecclesiastici italiani, mantenuto dalla Congregazione pontificia della Propaganda, ma sussidiato dal Governo austro-ungarico, e verso le scuole cattoliche in Albania, tenute da ecclesiastici in tutto o in gran parte italiani ed egualmente sussidiate dal Governo austro-ungarico;

3) nella supposta protezione (dico supposta, perché dai documenti da me visti non risulta evidente) del console austro-ungarico verso altri istituti religiosi, composti di italiani, ma non sussidiati dal Governo austro-ungarico;

4) nella supposta protezione dello stesso console verso missionari, o altri ecclesiastici italiani, considerati individualmente. Quale è la situazione giuridica che si presenta per questi quattro punti?

La questione toccata nel primo punto parmi posta all'infuori di ogni azione del Governo italiano. Certo sarebbe più naturale che la domanda del berat d'investitura dei vescovi fosse fatta dalla Santa Sede, e non dal Governo austro-ungarico. Ma la cosa riguàrda dall'un lato il Vaticano dall'altro la Sublime Porta.

Quanto al secondo punto, si deve considerare, se istituti, composti bensi di italiani, ma costituiti in paese estero, da Governi, società o individui esteri, e da questi mantenuti e sussidiati, non riconosciuti dal Governo italiano e da esso non sussidiati, debbano cadere sotto la giurisdizione italiana.

Il mio avviso è che, in questo caso, bisogna distinguere l'istituto come personalità morale dagli individui che lo compongono. Sugli istituti il Governo italiano non può invocare alcuna giurisdizione, a meno che questa gli sia consentita da stipulazioni internazionali, e quando vi sia, per parte del Governo italiano, il riconoscimento espresso, a termine di legge, della personalità morale. Il Governo italiano può far dichiarare per legge decaduti dalla nazionalità italiana quei cittadini che senza il suo consenso formano all'estero istituti, associazioni, scuole, e si mettono sotto la protezione di uno Stato estero. Ma non può avocare a sè la

67 I D. 28297/679, non pubblicato.

giurisdizione e la protezione di corpi morali che esso non riconosce ed i quali d'altronde rifuggono dall'invocare la sua azione.

Eliminato il diritto del Governo italiano, poco giova il chiedere se la Sublime Porta agisca nel suo interesse ammettendo nella fattispecie l'ingerenza d'un altro Governo, come l'austro-ungarico, o della Sede pontificia.

Ma per contro i singoli individui che formano tali sodalizii cadono, se italiani, sotto la giurisdizione italiana, quale è determinata dal diritto internazionale, sem1Jre che si tratti della loro individualità e non dell'istituto a cui appartengono.

Ho detto giurisdizione e non protezione. I due termini devono essere ben distinti. La giurisdizione può esercitarsi da chi vi ha diritto, voglia o non voglia il soggetto; per contro è praticamente difficile esercitare la protezione in favore di chi non la chiede e non la vuole.

La cosa può dimostrarsi con un esempio. Si supponga una questione di proprietà. L'istituto composto di italiani, possiede una casa. L'autorità ottomana crede utile di occupare quella casa per un uso pubblico, poniamo transitorio. Rifiuta ogni indennità. L'istituto ricorre al Governo austro-ungarico che lo sussidia. In tal caso, qual'è il diritto del Governo italiano? La legge italiana non riconosce quell'istituto. Esso non esiste agli occhi del Governo italiano. Se dunque la casa è dell'istituto, il Governo italiano non ha alcun diritto d'ingerenza. Si potrebbe, è vero, cavillare e dire: la casa appartiene ai singoli membri, e questi essendo italiani, il Governo italiano ha il diritto d'ingerenza. Ma io dubito se l'argomento sarebbe giuridicamente valido; diplomaticamente sarebbe contestato. D'altra parte non vedrei come la protezione potrebbe esercitarsi in favore dell'istituto, il quale non solo non la chiede, ma la respinge, e ricorre ad altri.

So bene che la distinzione sovraccennata non è sempre facile a stabilirsi, specialmente nei paesi mussulmani. Tuttavia, nella più parte dei casi, la giurisprudenza comune agli Stati europei potrà fornire i criterii applicabili alla materia.

La difficoltà sarebbe più grave se, per un caso poco probabile ora, ma che potrebbe presentarsi in un avvenire più o meno remoto, l'istituto cattolico ricorresse alla protezione italiana. In tal caso, la questione di diritto rimarrebbe pur sempre la stessa. Ma le circostanze di fatto, che ora non possono né apprezzarsi né anche prevedersi, potrebbero allora suggerire al Governo del re altre conclusioni.

Una risposta identica deve essere fatta sul terzo punto.

Quanto al quarto punto, non può far dubbio che il Governo italiano ha pieno e intiero il diritto di giurisdizione, quale è consentito dalle capitolazioni, sopra ogni suddito italiano, preso individualmente, che si trovi in Albania. Il Governo italiano avrebbe perciò ogni ragione di reclamare contro chiunque volesse, in questo diritto, sostituirsi ad esso.

Se adunque il Governo austro-ungarico, per mezzo del suo console a Scutari, si arrogasse la giurisdizione sopra un suddito italiano, soltanto perché questi è un prete cattolico, oltrepasserebbe ogni suo diritto, a meno che esso provi che questo diritto gli è concesso da stipulazioni internazionali in vigore.

Ma, come già accennai di sopra, dai documenti che sono in mio possesso non risulta che il console austro-ungarico abbia esercitato la sua giurisdizione in simili casi. Risulterebbe bensì che abbia tentato di farlo, fino ad un certo punto, se è vero che, nel caso citato dal r. console cav. Maissa, egli abbia scritto due volte al governatore di Scutari per l'affare concernente il sequestro di un cavallo a danno del padre Flaminio da Rocca di Papa.

Risulta per contro indubitatamente che nel caso predetto l'autorità del r. console italiano si esercitò liberamente ed efficacemente e senza che sia stata fatta la menoma osservazione dal console austro-ungarico o dal Governo austro-ungarico.

Tale mi sembra essere la questione di diritto e tale la posizione di fatto. Ora che cosa il Governo del re potrebbe legittimamente desiderare o tentar di ottenere?

Siccome in Turchia la protezione dei culti non mussulmani deve essere esercitata da Potenze estere, e siccome in Albania gl'istituti cattolici sono composti di italiani, il Governo italiano può formare il desiderio di sostituirsi all'austro-ungarico nella protezione e nei sussidii al Collegio pontificio albanese, alle scuole tenute da italiani in Albania, ai gesuiti etc. Ma è egli possibile che tale desiderio, dato che esistesse, possa essere soddisfatto? Ci vorrebbe per ciò il consenso dell'Austria-Ungheria, quello del papa, quello della Turchia, e infine quello degl'istituti medesimi. Di tutti questi consensi il solo forse che in dati casi sarebbe possibile ottenere, è quello della Turchia. Ma questo, anche se fosse certo, sarebbe ben !ungi dal bastare. E si avrebbe per contro, e sicuramente l'ostilità decisa, su questa questione. dell'Impero austro-ungarico. L'insuccesso sarebbe completo e il danno certo. Credo ozioso il proseguire su questa tesi.

Quello che l'Italia ha ragione di chiedere, e ciò senza far torto a nessuno, e quindi senza andar contro all'ostilità di nessuno, si è ciò che le spetta secondo giustizia, e a cui non può né deve rinunziare; cioè che sia mantenuto intatto il proprio diritto di giurisdizione sui suoi nazionali. Dico giurisdizione, perché, ripeto, la protezione, in quanto non sia giuridica, non si può imporre a chi non la vuole. Ma, se chiesta, anche la protezione, spetta di diritto al Governo italiano. Ben inteso, la parola giurisdizione è qui presa nel suo più largo significato, e si applica anche alla giurisdizione volontaria e alla penale (in quanto questa sia consentita dalle capitolazioni), agli atti di stato civile, ai passaporti, alle carte di legittimazione e simili, e naturalmente agli atti contenziosi, contrattuali ed altri derivanti dall'esercizio dei diritti civili secondo la legge.

Questo diritto giurisdizionale (e di protezione, se chiesta) dell'Italia sui propri nazionali in Albania non essendole contestato, almeno apertamente, si può chiedere se convenga porre adesso in campo la questione e in che modo.

Il mio avviso sarebbe di aspettare che si presenti un fatto qualsiasi che autorizzi il Governo italiano a porre chiaramente in sodo il proprio diritto, sia rimpetto alla Turchia, sia rimpetto all'Austria-Ungheria, sia rimpetto ai nazionali italiani residenti in Albania.

Che se la cosa fosse giudicata più urgente che a me non paja, nulla impedisce, credo, che delle sue intenzioni circa l'esercizio dei proprii diritti in Albania, il Governo italiano informi fin d'ora la Sublime Porta e lo faccia comunicandole la sostanza delle istruzioni che impartirebbe al r. console a Scutari e che dovrebbero essere chiare, precise e concise. Queste stesse istruzioni dovrebbero ad un tempo essere lealmente comunicate in via ufficiosa, al Governo i. e r. austro-ungarico.

Eccole, signor ministro, il mio avviso sulla questione, quale mi fu suggerito dall'esame dei documenti mandatimi. A proposito dei quali documenti io non posso tuttavia trattenermi dal far osservare come sarebbe desiderabile che si trovasse nei medesimi una messe maggiore di fatti concreti. Le do naturalmente questo mio parere per quel che vale. La questione, come V.E. vede, è complessa, e deve essere considerata sotto due aspetti diversi, cioè dal lato giuridico, per stabilire il rigoroso diritto, e dal lato diplomatico, per giudicare come e quando questo diritto si possa e si debba far valere, ove sia contrastato. Per questa seconda parte della questione, codesto R. Ministero degli affari esteri non dovrebbe aver bisogno di ricorrere, per farsi un retto giudizio, ad altre competenze. Ma per la parte giuridica, se esso non si crede sufficientemente illuminato, potrebbe invocare un parere dall'onorevole guardasigilli di Sua Maestà, o dal Consiglio del Contenzioso diplomatico. Ma siccome si tratta di materia altamente confidenziale, essa dovrebbe in ogni caso essere trattata con tutte quelle precauzioni che siano efficaci per escludere qualsiasi pubblicità in proposito 2 .

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. 1209 bis. Roma, 5 agosto 1892, ore 11,30.

Solms fecemi annunziata comunicazione 1 . Lo pregai ringraziare codesto Governo. Faccio a lei identica preghiera. Sarebbe certamente inopportuno insistere per invio di più d'una nave. Se però addetto navale potesse accertarsi possibile invio almeno seconda nave, dovrebbe egli stesso insinuarne il pensiero, discorrendo accademicamente della cosa, e facendo sapere verrà Genova una divisione francese composta almeno tre navi 2 .

69

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1767/687. Vienna, 5 agosto 1892 (per. il 20).

Ringrazio l'E.V. di avermi comunicato il rapporto del r. ministro a Bucarest, del 24 luglio scorso, relativo alle manifestazioni che continuano a prodursi nelle principali città di Rumania in favore dei rumeni di Transilvania 1•

2 Alla manifestazione di Genova partecipò una sola nave tedesca.

Le notizie contenute in quel documento sono difatti interessanti, ed io ne ho preso debita nota. Esse constatano in Rumania una situazione d'opinione abbastanza seria, che può anche aggravarsi in avvenire. Io credo che il Governo austro-ungarico si renda sufficientemente conto di questa situazione. Il conte Kalnoky è troppo oculato perché gli sfugga quanto vi può essere nel movimento di opinione in Rumania e in Transilvania di pericoloso. Non credo quindi che egli abbia bisogno di avvertimenti da Berlino o da Roma; avvertimenti del resto che da parte nostra potrebbero dar luogo in questo Paese ad interpretazioni di natura diversa.

67 2 Istruzioni conformi all'avviso di Nigra furono inviate al console a Scutari con D. 35036/70 del l T settembre e comunicate in pari data all'ambasciatore a Costantinopoli. Si pubblicano qui alcuni passi del R. 19/7 da Scutari del 20 gennaio 1893: «Gli ultimi corrieri ci hanno portato la notizia che alle sedi vescovili di Scopia (Uskub) e di Sappa, già da qualche tempo vacanti, è stato ora provveduto mediante la elevazione di don Pasquale Troski, un parroco albanese, alla prima, e di padre Gabriele Neviani, un missionario italiano, alla seconda. Queste nomine sono riuscite generalmente gradite ed hanno acquetato i malumori sorti dal modo in cui era stato provveduto alle anteriori vacanze ... Le nomine che oggi si annunziano sono un atto di giustizia e nello stesso tempo un provvedimento sagace; all'Austria non poteva convenire di alienarsi gli animi dei sacerdoti albanesi e dei missionari italiani; mentre poi è cosa sicura che vescovi albanesi od italiani non le saranno meno docili di qt!elli scelti fra i suoi sudditi».

68 1 T. 1784 del 4 agosto, non pubblicato: invio a Genova di un incrociatore tedesco.

69 l Con R. 803/128 del 24 luglio, Curtopassi aveva riferito che Lahovary gli aveva detto, a proposito dell'agitazione transilvana: «Siffatto eccitamento che tende a spandersi persino nelle sfere ufficiali, potrebbe creare serie difficoltà al Governo, il quale, ad evitarle, sarebbe ben grato se i Gabinetti di Roma e di Berlino volessero far sentire a Vienna la gravità dell'attuale situazione».

70

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 752/413. Londra, 6 agosto 1892 (per. il 13).

Ringrazio V.E. di aver preso nota, nel carteggio di questa r. ambasciata, della dichiarazione che lord Salisbury ha fatta all'incaricato d'affari di Germania nel senso di escludere la verisimiglianza che il futuro Gabinetto liberale inglese possa essere propenso allo sgombro dell'Egitto 1 . Le mie previsioni non sono così assolute. Le ho scritte quando era ancora incerto l'esito che avrebbero le elezioni generali inglesi. Le ho ripetute per ultimo nel mio rapporto del 24 luglio n. 716/3932 al quale mi riferisco.

Che lord Salisbury possa essere persuaso che la politica di evacuazione dell'Egitto non avrebbe l'appoggio della pubblica opinione in Inghilterra, stimo fosse cosa che si poteva supporre ed indovinare prima che egli la affermasse in un colloquio con l'incaricato d'affari di Germania. Ma, se le notizie che ne ebbe il pubblico hanno qualche fondamento, si dovrebbe anche credere che della sconfitta toccata al partito conservatore-unionista nelle elezioni, la maggiore responsabilità pesa appunto sovra lord Salisbury che, vincendo la opposizione fattagli nel Gabinetto, principalmente dall'on. Balfour leader nella Camera dei comuni, volle affrontare la prova tenendosi sicuro di vincere.

Oggi l'opinione di lord Salisbury sovra ciò che una nuova amministrazione inglese che ha bisogno dell'appoggio dei radicali, potrà essere costretta di fare, non mi pare di tale autorità da potersene esagerare l'importanza.

Al presente, dopo due giorni che il Parlamento è riunito, regna ancora la massima incertezza, affatto insolita per questo Paese, del come gli uffizi pubblici saranno distribuiti fra gli aderenti del signor Gladstone. Fra costoro non regna armonia né di idee, né di intenti, né di interessi. Il poco che ne trapela basta ad indicare che è appunto la difficoltà di trovare una base comune d'intelligenza sovra la questione egiziana, che tiene lontano lord Rosebery da Londra. È possibile, è

2 Cfr. n. 54, nota l.

56 desiderabile prevalga presso il capo del futuro Gabinetto il partito voluto da lord Rosebery di introdurre nessuna novità per l'Egitto. Ma di ciò, finché egli non sia stato insediato al Foreign Office, non si può avere la certezza. E certamente quella parte dell'opinione pubblica sovra la quale si appoggia il Morley, che permise la rientrata di sir Ch. Dilke nella Camera, spinge vigorosamente in questo momento nel senso che la questione egiziana debba cessare di essere pomo di discordia fra l'Inghilterra e la Francia.

70 1 D. del 3 agosto (29278/392 per Berlino, 29279/366 per Londra), non pubblicato. Sull'atteggiamento della diplomazia tedesca circa l'andata al potere di Gljdstone cfr. Die Grosse Politik der Europiiischen Kabinette, 1871-1914, vol. VIII, Berlino, 1924, pp. 80 sgg.

71

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARA TIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

T. 1815. Massaua, 9 agosto 1892, ore 10 (per. ore 12,20).

Mi persuado convenienze internazionali addotte da V.E. 2 . Mi studierò mantenere posizione rispetto capi Tigrè malgrado consegna cartucce. Diedi sempre consigli moderazione verso imperatore. Conformemente intendimenti V.E., sospenderò bando tributi per l'altopiano abissino, avvertendo però capi tutti del loro debito, affine di evitare malcontento in tribù tassate, paura abbandono in tribù esenti Oculè-Cusai, provincia più ricca Eritrea. Saraè risorge grazie coltivazione. Venuto Saganeiti inaugurare lapide ufficiali caduti, ebbi entusiastico ricevimento dimostrante fiducia attaccamento Governo italiano, funzionari. Imponente intervento bande, rappresentanze armi, missioni. Domani vado Godofelassi. Banda Gabaianè, rinforzata molti briganti, venne razziare destra Belesa, ove ebbe, giorno quattro, incerto combattimento con banda Tesfù Mariam. Assalito, nella sera, da fitaurari Tesfanchiè, fu fugato lasciando molti morti e feriti. Nostri ebbero parecchie perdite, ma si comportarono brillantemente. Menelik scrisse clero Tigrè perché persuada ras Mangascià pace. Mangascià vinse capi Uoggerat. Tigrè festante.

72

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 9 agosto 1892.

Le mando qui unito il rapporto sulla protezione dei cattolici in Albania 1 .

In tali questioni, l'ostilità del Vaticano verso l'Italia ci pone in una situazione difficilissima. Noi possiamo rivendicare da per tutto la giurisdizione che ci compete sui preti nostri nazionali. Ma come possiamo proteggerli contro la loro volontà?

2 Cfr. n. 38. 72 1 Cfr. n. 67.

57 Essi obbediscono al papa e non a noi, e quindi ci mettono nell'impossibilità di esercitare in loro favore la protezione italiana, alla quale preferiscono, secondo i luoghi, la francese o l'austriaca.

Per quanto spetta all'Albania, pare a me che noi dobbiamo esigere la giurisdizione sui nostri ecclesiastici italiani presi individualmente, e possiamo anche pretendere a proteggerli quando invochino la nostra protezione. Ma non possiamo pretendere di più. Questo è il mio avviso. Ma naturalmente non mi do per infallibile.

Ho ringraziato, secondo il di lei telegramma 2 , per la decisione di mandare una squadra austro-ungarica a Genova. A questo proposito ho creduto bene di dire a Kalnoky, come amico ad amico, in via privata, che sarebbe conveniente che i legni da mandarsi a Genova non portassero nomi ricordanti eventi dolorosi per l'Italia. Per mala ventura le migliori navi austro-ungariche sono appunto il «Tegethof», «Lissa», «Custoza». Ad ogni modo ho creduto mio dovere di dare quest'avvertimento, giacché non sono poi tanto sicuro che non accada a Genova qualche incidente sgradevole. Caveant consules perché ciò non avvenga.

P.S. Confido il pacco a persona che lo imposterà a Pontebba.

71 1 Ed in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 273-274.

73

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. 1248 bis. Roma, 10 agosto 1892, ore 13,30.

Lieto suo pensiero concordi col mio dispongo tosto Traversi riparta con lettere ed istruzioni concepite nel senso ormai convenuto. Mi congratulo per buone notizie contenute nel suo telegramma 1 .

74

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1827. Tangeri, 10 agosto 1892, ore 16,30 (per. ore 19,15).

Terminato ora sanguinoso combattimento senza vantaggio truppe imperiali. Mio collega d'Inghilterra ha telegrafato suo Governo considerare situazione delle cose peggiorata; pericoloso ritardare invio nave da guerra1•

72 2 T. 1238 del 9 agosto, non pubblicato.

73 l Cfr. n. 71.

74 1 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Madrid con T. 1253 bis dello stesso l O agosto.

75

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1830. Therapia, 10 agosto 1892, ore 19,30 (per. ore 22,05).

Oggi Said, in seduta ufficiale, propose Naum effendi a governatore del Libano. Proposta accolta favorevolmente da tutti i rappresentanti esteri presenti. Io accettai ad referendum. Scelta migliore non poteva farsi. Prego V.E. di dare gradimento telegraficamente 1 , sabato avendo luogo seduta definitiva.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E AL CONSOLATO A BEIRUT

T. 1256 bis. Roma, 11 agosto l 892, ore 12,15.

La candidatura di Naum effendi essendo stata proposta dalla Porta ed i varii rappresentanti essendosi alla medesima mostrati favorevoli ho autorizzato il r. incaricato d'affari1 ad accettarla ufficialmente. La riunione per la nomina si terrà domani sabato 2 .

77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

T. 1262 bis. Roma, 11 agosto 1892, ore 23,30.

Gli ambasciatori di Spagna e d'Inghilterra mi hanno oggi comunicato telegrammi dei rispettivi ministri in Tangeri. Il ministro di Spagna conchiude in questi tennini: «La città è tranquilla salvo le agitazioni degli allarmisti che invocano la venuta di legni da guerra. Io non la credo fino a questo momento necessaria». Il ministro d'Inghilterra è invece d'avviso che in vista sopratutto delle imminenti ostilità non potrebbesi con sicurezza differire l'invio di navi inglesi per proteggere vite e proprietà, che infine la presenza di navi da guerra estere affretterebbe probabilmente la fine delle ostilità. Io mi sono limitato a dire all'ambasciatore d'Inghilterra che se il Governo della regina manda navi a Tangeri lo preghiamo di farcelo sapere, acciocché da noi possa farsi altrettanto. In caso diverso noi non manderemo nave alcuna.

75 l Cfr. n. 76, nota l. 76 l Con T. 1260bis, pari data, non pubblicato. 2 Bisio comunicò con T. 1867 del 15 agosto, non pubblicato, che era stato firmato il protocollo di nomina di Naum effendi.

78

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA

T. 1266 bis. Roma, 12 agosto 1892, ore 11,30.

Il ministro di Germania a Tangeri telegrafa 1 non crede situazione nei dintorni dia luogo ad inquietudine per gli europei, né egli considera sicurezza degli stranieri menomata dai combattimenti tra truppe sultano e ribelli. Ciò mi conferma nel pensiero che non convenga mandare navi.

79

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1848. Londra, 12 agosto 1892, ore 12,40 (per. ore 14,30).

Je trouve suspccte l'opposition exagérée de l'Espagne à l'cnvoi de forces navales devant Tanger. Elle s'est beaucoup démenée ici aussi dans ce sens; peut-ètre ayant en ce moment quelques navires armés à Cadix elle pense ètre en mesure d'arrivcr toute seule à mettre ses hommes à terre au moment où dans la ville de Tangcr se produiraient une paniquc ou des désordres. Ce serait un fort mauvais calcule dc la part dc l'Espagne. Les Cabinets de Paris et de Londres se mettraient aussitòt d'accord pour aviser en commun et on lcur offrirait une première occasion de concerter leur action dans une grosse affaire africaine au préjudice de nos intérèts.

80

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1851. Tangeri, 12 agosto 1892, ore 16,25 (per. ore 19,30 ).

Situazione truppa e dei ribelli non cambiata. Città tranquilla. Soldati tengono, ormai, contegno rispettoso. Defezione buona parte ribelli, se vera, aumenterebbe

probabilità pacificazione. Presenza nave da guerra potrebbe affrettare soluzione, ma col rischio complicazioni, se nascessero o si provocassero pretesti sbarco truppe. In ogni caso perché venuta nostra nave da guerra contemporaneamente nave da guerra inglese non rivesta agli occhi sultano significazione speciale, stimerei prudente nave da guerra italiana fosse preceduta da spagnuola, quando le tre navi non venissero nello stesso tempo.

78 1 T. 1837 da Berlino dell'Il agosto, non pubblicato.

81

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

T. URGENTE 1850. Londra, 12 agosto 1892, ore 16,40 (per. ore 18,25).

Portai annunzia al suo Governo che i termini della concessione dei porti del Benadir all'Italia furono da lui concertati con il console d'Italia; che egli si è assicurato della accettazione dei medesimi per parte del sultano; e che la concessione sarà valida soltanto dopo che avrà ricevuto l'approvazione dei Governi italiano e inglese. Portai chiede autorizzazione di firmare come rappresentante della Potenza protettrice, perché console d'Italia sarebbe premuroso di mandare a Roma la concessione completa con vapore che parte domani. Foreign Office che vorrebbe telegrafare subito istruzioni al suo agente, mi chiede se il R. Governo desidera sia firmata la concessione nella forma proposta, la quale apparirebbe essere ad referendum. Siccome il termine per dare le istruzioni è brevissimo, siccome mi sembra opportuno che la questione di massima sia risoluta prima che la nuova amministrazione si insedi al Foreign Office, così rispondo subito al Foreign Office che, non potendo, infatti, la concessione essere fatta altrimenti che nella forma ad referendum, ritengo utile che Portai riceva istruzioni di approvarla 2 .

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA

T. 1273 bis. Roma, 12 agosto 1892 1.

Marocco. Mi riferisco ai precedenti telegrammi 2 che precisamente confermo. Ma facciamo preciso assegnamento che se, circa l'invio di navi a Tangeri, codesto Governo mutasse pensiero, ne saremmo immediatamente informati 3 .

2 Brin rispose con T. 1275 del 13 agosto: «Approvo».

2 Cfr. nn. 77 e 78.

3 Per la risposta cfr. n. 86.

81 l Ed in LV 89, p. 97.

82 l L'ora di partenza è illeggibile.

83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI 1

D. 30378/376. Roma, 12 agosto 1892.

Facendo seguito al mio dispaccio n. 28217/351 del 25 luglio u.s. 2 , comunico a

V.E. altre notizie pervenutemi con rapporto del 28 luglio3 , dal r. console generale in Aden, circa la p.çobabile missione del colonnello Stace all'Barar.

Il cav. Cecchi è d'avviso che non si tratti di una missione di pura cortesia, ma che abbia un nesso con l'istituzione del nuovo governo coloniale a Berbera, circa la quale ho trasmesso a V.E. il rapporto n. 137/56 dello stesso console generale con dispaccio del 12 corrente n. 30377/3754 .

Infatti da Berbera l'Inghilterra va a poco a poco conquistando tutta la vasta regione interna, su cui potrà col tempo dichiarare il suo protettorato; onde non è improbabile che il signor Stace voglia trattare direttamente con Makonnen la questione dei confini. E sebbene il colonnello Stace abbia dichiarato al capitano Cecchi che il suo Governo non aveva alcuna intenzione di estendere da Berbera la sua sfera d'azione al di là dei territori attualmente occupati dalle tribù Somali, soggette o protette dall'Inghilterra, di non avere aspirazioni sull'Ogaden, e di ritenere come limite necessario alla zona commerciale di Berbera il 9° parallelo, compresi i Dolbohanta, nondimeno importa di conoscere il fine di questo risveglio dell'attività inglese nel paese dei Somali, principalmente per quanto può avere attinenza coi nostri interessi.

Quanto ai doni che l'imperatrice Taitù mandò alla regina Vittoria, il colonnello Stace dichiarò che consistevano in un paio di vecchi tappeti persiani e in due pelli di ghisilà (leopardo nero), mancanti di testa, così povera cosa, che lo Stace ebbe a credere fossero stati cambiati lungo la via. La regina Vittoria manda all'imperatrice alcune ricche stoffe, oggetti di valore e profumerie. Il capitano Cecchi avendo ragione di credere che i doni della sovrana d'Etiopia siano stati portati in Aden da un tal Mussaia, negoziante, amichevolmente osservò al signor Stace non sembrargli il caso che della restituzione s'incaricasse lui, alto funzionario inglese; ma questi gli rispose che accettava la missione per vaghezza di visitare il paese e per desiderio di caccia.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

L. PERSONALE. Roma, 12 agosto 1892.

Mi accingevo a scriverle in risposta alla importante sua lettera particolare del 24 luglio 1 quando, essendomisi presentata oggi l'opportunità di discorrere libera

2 Cfr. n. 56.

3 R. 142/61, non pubblicato.

4 Non pubblicato.

mente ed intimamente di quanto formava il tema principale della lettera medesima con l'ambasciatore d'Inghilterra, ho potuto, in certo modo, tradurre senz'altro in atto, nella misura del presentemente possibile, i suggerimenti di lei. Ed ora io penso che col riferirle le cose detteci, tra lord Vivian e me, avrò fatto la migliore e la più pratica risposta che ella possa da me desiderare.

Del mutamento ministeriale in Inghilterra entrò a parlare lo stesso lord Vivian, dicendomi avere egli ricevuto da sir Philip Currie lettera recentissima che gli dava oramai la certezza dell'ingresso di lord Rosebery nel nuovo Gabinetto, come segretario di Stato per gli affari esteri. Lord Vivian mi osservava, a questo proposito, che, se poteva essere oggetto di legittima preoccupazione il dubbio che alla direzione degli affari esteriori, nel Gabinetto Gladstone, fosse per essere assunta persona non abbastanza risoluta, o soverchiamente distratta dalla cura delle questioni interne e parlamentari, ogni pericolo svanisce con la presenza, al Foreign Office, di un uomo, come lord Rosebery, che conosce ed apprezza tutta l'importanza, per l'Impero britannico, d'una politica precisa, ben definita e coerente ai procedimenti di questi ultimi tempi. Secondo lord Vivian, con lord Rosebery agli affari esteri potrà bensì avvenire che il Governo della regina cerchi di attenuare gli attriti con la Francia, e di procacciarsi con essa più cordiali rapporti, ma non saranno certamente alterate le linee generali della politica britannica, segnatamente in quanto concerne l'atteggiamento dell'Inghilterra verso la Triplice Alleanza.

A questo punto, credetti non inopportuno di ben chiarire, col mio interlocutore, quale è precisamente il valore ed il pregio grandissimo che da noi si attribuisce alla amicizia dell'Inghilterra ed alle intelligenze che con essa furono pattuite nel 1887. Se noi dovessimo -notai -tenere esclusivamente conto della materialità, per dir così, dei nostri interessi, è evidente che questi trovano nella Triplice Alleanza, una guarentigia ampiamente sufficiente, tanto sufficiente che, qualora si potesse prescindere da ogni altra considerazione, potrebbe convenirci, quando che sia, di profittare della Triplice Alleanza per far prevalere senz'altro quei nostri interessi. Tuttavia ci sta molto a cuore che alla Triplice Alleanza si aggiunga la salda e manifesta amicizia dell'Inghilterra, e ciò perché questa amicizia, sopratutto se palesemente dimostrata, giova ad attribuire alla nostra situazione nella Triplice Alleanza ed in Europa quel carattere eminentemente pacifico che è nostro desiderio di imprimere alla nostra politica. È da questo punto di vista che noi non cesseremo mai di adoperarci, per quanto da noi possa dipendere, a che l'amicizia dell'Inghilterra e gli accordi del 1887, che ne sono la pratica espressione, abbiano quella maggiore saldezza ed efficacia che le circostanze possano consentire.

Ho ragione di credere che questi miei concetti saranno da lord Vivian fedelmente riferiti a Londra. Saranno acconcio addentellato a quelle ulteriori dichiarazioni e spiegazioni che costì si stimerà di scambiare con noi, entrato che sia m funzione il nuovo Gabinetto, circa il grave tema a cui ho qui accennato.

Si passò indi alle cose di Egitto.

A vendo io alluso alla mozione Dilke ed alla possibilità che questi, entrando a far parte del Gabinetto, cerchi di far prevalere quelle sue idee, lord Vivian mi rispose molto recisamente che, anche per ragioni elettorali, era da considerarsi come inverosimile l'ingresso di Dilke nella nuova amministrazione. Lord Vivian ebbe pure parole di recisa incredulità rispetto alle voci corse di anticipate intelligenze tra certe personalità del partito liberale inglese e del partito liberale in Francia; di che presi nota con piacere. Proseguii, allora, a ricordare come negli accordi del 1887 l'Italia si fosse formalmente impegnata ad appuyer l'oeuvre de l'Angleterre en Egypte, e come tale impegno sia stato da noi fedelmente mantenuto. Le proposte dell'Inghilterra, in Egitto, trovarono sempre, da parte del Governo italiano, sollecita, immediata adesione, anche in taluni casi nei quali potevano essere cagione di esitazione il dubbio di far cosa meno conforme ai nostri particolari interessi, o la opinione contraria, personalmente, dei nostri agenti. Se ora l' oeuvre de l' Angleterre, l'azione politica dell'Inghilterra in Egitto avesse a mutare, io pensavo che non sarebbe indiscreto il nostro desiderio di esserne avvertiti, acciocché da noi si sappia quello che precisamente saremmo chiamati, eventualmente, a sostenere ed appoggiare.

A questa mia osservazione l'ambasciatore rispose con un sorriso di manifesta adesione. E così ebbe termine il colloquio. Non ho creduto che mi convenisse di spingere più oltre le cose. E ritengo che ella sia pure, a questo riguardo, del mio avviso. Non ho d'uopo di aggiungere che ella è perfettamente autorizzata a tenere, all'evenienza, un linguaggio analogo al mio.

83 1 Ed in L'Italia in Afì"ica. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 274-275.

84 1 Cfr. n. 54.

85

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. 30461/312. Roma, 13 agosto 1892.

Già le significai, col telegrafo 2 , quanto mi sia riuscita gradita la certezza recatami dal suo telegramma del 9 di questo mese 3 , di trovarmi con lei pienamente concorde sul miglior modo di risolvere le questioni suscitate dalla missione affidata dall'imperatore Menelik al dottor Traversi.

Incalzando oramai la stagione, dispongo d'urgenza ogni cosa acciocché il dottor Traversi possa senza indugio ripigliare la via dello Scioa. Probabilmente dovrò ancora telegrafarle, dopo che questo mio dispaccio sarà spedito, sia per indicarle con maggior esattezza la data di partenza del dottor Traversi, sia per richiederla della sua cooperazione per gli apprestamenti del viaggio. A questo riguardo, però, rimane ben inteso che ella ha piena facoltà di regolare ogni particolare col dottor Traversi. Ciò segnatamente in quanto concerne la consegna delle cartucce.

Qui acchiudo copia delle istruzioni di cui il dottor Traversi è da me munito 4 ; ad esse vanno allegati parecchi documenti, e soprattutto la copia delle lettere dirette da Sua Maestà e da me all'imperatore Menelik.

2 Cfr. n. 73.

3 Cfr. n. 71.

4 Cfr. n. 38, nota 4.

Com'ella vede, le istruzioni del dottor Traversi sono esattamente modellate sui concetti da me espressi nel dispaccio a lei diretto il 16 luglio5 , ed in alcuni punti ne sono anzi la riproduzione letterale. Mi sta a cuore che il dottor Traversi tenga un atteggiamento conforme a quei criteri che, da me svolti, ebbero, da parte di lei, piena adesione.

In fine delle istruzioni accenno al desiderio, anzi al mio fermo proposito che, salva sempre l'alta direzione e responsabilità del Governo centrale, si avvii tra la S.

V. ed il nostro agente presso l'imperatore una regolare e reciproca corrente di comunicazioni. Questo mi pare utilissimo coefficiente di quella unità d'azione che, rispetto all'Abissinia, è manifestamente indispensabile. Vorrei che, approfittando della presenza costì del dottor Traversi, ella potesse con quest'ultimo concordare i particolari di attuazione di sitTatto disegno, a cui annetto particolare importanza. E mi sarà grato ricevere, a tale riguardo, uno speciale rapporto.

Non è mestieri che io aggiunga come, anche nella presente circostanza, io faccio pieno assegnamento sulla valida cooperazione di lei.

85 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 281-282.

86

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1864. Madrid, 14 agosto 1892, ore 22,40 (per. ore 6 del 15).

Marocco. Te tua n interpellato 1 telegrafa informandomi che, in conformità all'offerta da lui fatta anteriormente al Governo del re a mezzo del marchese Maffei, possiamo far assegnamento che in caso considerasse necessario mandare nave a Tangeri, ce ne darebbe notizia immediata, desiderando di procedere di comune accordo con il R. Governo.

87

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALV ANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 30595/380. Roma, 15 agosto 1892.

Mi pregio ringraziare I'E.V. per il suo rapporto in data del 1 o corrente n. 739/404 1 con il quale ella mi dà conto della conversazione avuta con lord Salisbury relativamente all'invio dei doni di S.M. la Regina alla Corte etiopica per mezzo del colonnello Stace.

86 1 Risponde al n. 82. 87 l Non pubblicato.

Non ho che a approvare il linguaggio che ella ha tenuto con il primo ministro per persuaderlo a rinunciare all'invio di quella missione e a valersi, anche in questa circostanza, della intromissione di messi italiani. Ma, come ella mi riferisce, lord Salisbury non ha creduto poter arrendersi a questo nostro desiderio; onde, nello stato attuale delle cose, sono io pure d'avviso con lei che a noi per ora non convenga andare più oltre: Converrà a noi invece, a tempo opportuno, riprendere se sarà possibile le pratiche per la delimitazione delle zone d'influenza in quella regione che circonda i possedimenti inglesi verso Berbera e Zeila.

85 5 Cfr. n. 38.

88

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

L. PERSONALE. Roma, 15 agosto 1892.

Le sue previsioni circa allo scioglimento della crisi ministeriale inglese 1 si vanno svolgendo e le riflessioni che ella mi ha esposto nella sua lettera particolare 2 sono molto serie, e poco liete per un ministro degli esteri. Quelle riflessioni mi spinsero a cogliere l'occasione di una conversazione con lord Vivian per manifestargli i pensieri che le di lei considerazioni mi hanno inspirato.

Le mando il sunto di questa conversazione3 .

Quando questa le giungerà si saprà se lord Rosebery farà si o no parte del Gabinetto come ministro degli esteri, e la soluzione che si darà alla crisi per questo portafoglio ci farà vedere se le previsioni di lord Vivian sono esatte.

A me pare che gli accordi del 1887 dell'Inghilterra con noi e l'Austria sieno molto favorevoli alla politica della prima e che l'avere provocato e mantenuto quegli accordi sia la prova più sicura del nostro vivo desiderio della pace. Se il nuovo Gabinetto vuole abbandonare quegli accordi fondandosi sulla teoria che impegnano solo i predecessori, spero che deve disdirli altrimenti si arriverebbe al risultato che coll'Inghilterra gli altri sono legati dai patti e l'Inghilterra no. Se li disdice (e mi pare che dovrebbe pensarci due volte) si saprà che la sua politica prende un'altra orientazione, e se ciò si avverasse è certo che i pericoli di vedere turbata la pace aumenterebbero molto.

Quanto all'Egitto poiché noi abbiamo preso l'impegno di appuyer l'oeuvre dell'Inghilterra e che abbiamo mantenuto l'impegno e lo manterremo finché non siamo avvertiti che si disdice questo patto, mi pare molto legittimo che ci si dica quale oeuvre dobbiamo secondare.

Se l'Inghilterra si decidesse allo sgombro dell'Egitto sarebbe un caso che meriterebbe tutta la nostra considerazione. Mi pare che ella inclini in tale caso al

88 I Cfr. n. 54, nota l.

2 Cfr. n. 54.

3 Cfr. n. 84.

partito di sgombrare anche noi Massaua. Se si trattasse di Massaua solo, la cosa si potrebbe giustificare al momento in cui l'Egitto tornasse a sé e fosse in caso di rioccupare i suoi antichi possessi nel Mar Rosso che noi occupammo quando furono abbandonati dall'Egitto. Ma oramai per quanto riguarda la così detta colonia Eritrea, Massaua è il meno ed il più sono i territori abissini ed altri dei quali Massaua è lo scalo indispensabile. Abbandonando Massaua bisognerebbe abbandonare tutto. Sarebbe una risoluzione gravissima. Vuole l'Inghilterra spingerei a ciò? Se mai ciò si avverasse non si tratterebbe più di più o meno di freddezza o simpatia per noi, ma si tratterebbe di una politica ostile che niente da parte nostra avrebbe giustificato.

Io non sono africanista e credo che non lo fosse nemmeno il Rudinì. Eppure quando questi per un momento agitò in crocchi molto riservati l'idea di restringerei a Massaua l'opinione pubblica reagì tanto vivamente che anche il Rudinì rinunciò subito a tale idea che aveva appena adombrata.

Certo sarà cosa della più alta importanza di poter prevedere in tempo se realmente dobbiamo, non dico risolverei ma discutere una simile prospettiva.

E per questo contiamo su lei abilissimo esploratore, poiché non mi so rassegnare al pensiero che il Governo inglese possa ridurci a questa estremità senza nemmeno avvertirci in tempo, e venendo ad accordi a nostra insaputa che non ci lasciano però alcuna alternativa.

Ho veduto nel discorso del Chamberlain un'allusione ad un discorso del Morley ostile all'Italia. Potrebbe ella indicarmi quando fu tenuto questo discorso? Questa indicazione mi servirebbe per farne ricerca nel Times dell'epoca4 .

P.S. L'affare dell'archivista a Bucarest è aggiustato con Curtopassi che fu a Roma. Egli piglierà a suo carico la differenza fra l'antico ed il nuovo stipendio dell'Olivotto.

89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

L. PERSONALE. Roma, 15 agosto 1892.

Profitto del corriere per scriverle due righe.

Le notizie che ho mi fanno sperare che le cose a Genova andranno bene, benché purtroppo le speranze di un pacificamento da parte dei francesi sieno molto dubbie. Da Tolone mi mandano delle escandescenze dei giornali a proposito dell'invio della squadra a Genova, che fanno nascere molta incertezza se ogni tentativo di buon procédé non faccia più male che bene. Legga se va a Parigi il Républicain du Var. Gli italiani di quelle regioni si sono commossi, ho raccomandato al console

che li preghi di calmarsi. Per Chambéry la data che si vuole festeggiare dà da pensare se sia il caso di mandare a salutare il Carnot, tanto più che, messo il precedente, si arriverebbe a continui saluti e restituzioni quando il nostro re va a Torino, ciò che arriva soventi. Se a Chambéry si festeggiasse la data della annessione della Savoia per libero reciproco consenso, la cosa andrebbe bene, ma festeggiandosi la data del 92 sarebbe dignitoso da parte nostra associarvisi, e non vi sarebbe il pericolo di assistere a discorsi e che nascessero incidenti che producessero effetti contrari allo scopo del pacificamento? Siccome abbiamo tempo la prego di riflettere e dirmi il suo parere.

Noti che la restituzione si farà a Genova dopo Chambéry di modo che alla data di questa venuta del Carnot noi saremo ancora in credito 1•

88 4 Per la risposta cfr. n. 99.

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. RISERVATA. Roma, 15 agosto 1892.

Profitto del corriere per scriverle due righe. Sua Maestà la ringrazia delle fotografie che ella le ha fatto pervenire per mezzo mio.

Nel corpo diplomatico alquanta incertezza e preoccupazione per taluni a riguardo della soluzione della crisi ministeriale inglese. Vi è ancora contraddizione circa a lord Rosebery se perderà o no il portafoglio degli esteri. Quando ella riceverà questa sapremo a cosa attenerci a questo riguardo, e la risoluzione che si prenderà ci potrà illuminare circa la tendenza del nuovo Gabinetto in fatto di politica estera.

Tornielli vede le cose con colore scuro, è un po' la sua tendenza. Crede probabile lo sgombro e la neutralizzazione dell'Egitto 1 , e quindi fa previsioni pessimiste sulla nostra posizione a Massaua e mi pare che propenda alla soluzione di sgombrare anche noi Massaua quando gli inglesi sgombrassero l'Egitto. Sarebbe una decisione gravissima e da meditarsi molto prima di prenderla.

Lord Vivian non crede che il nuovo Gabinetto decida lo sgombro dell'Egitto 2 . La ringrazio della sua lettera3 così ben ragionata. Il conte Curtopassi crede che saremo interpellati nella prima quindicina di settembre.

Crede lei che l'incertezza della politica inglese non introduca un nuovo elemento e possa modificare le sue conclusioni? Però se questo nuovo fatto non muterà le decisioni della Germania e dell'Austria sarà difficile che convenga a noi anche di mutare le nostre4 .

89 I Non si è trovata la risposta a questa lettera.

90 I Cfr. n. 54.

2 Cfr. n. 84.

3 Cfr. n. 62.

4 Non si è trovata la risposta a questa lettera.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

L. PERSONALE. Roma, 15 agosto 1892.

Sono molto lieto di avere potuto arrivare al risultato di adottare per l'Africa una linea di politica completamente d'accordo con lei, una politica né scioana, né tigrina.

Questa benedetta o meglio maledetta Africa è una delle mie spine più pungenti nel posto che mi è toccato ad occupare.

Ho cercato di farmi una idea per quanto poteva precisa delle nostre condizioni, e nel prendere una risoluzione anziché inspirarmi alle idee preconcette e contradittorie dei scioani e dei tigrini ho cercato di adottare una linea di condotta che meglio corrispondesse all'idea fondamentale che io ho e che ha il Governo che dobbiamo sempre cercare che a riguardo della Colonia Eritrea l'Italia incontri le minori responsabilità possibili, non cerchi nessuna espansione che ci imponga nuovi obblighi essendo già abbastanza gravi quelli attuali, evitando tutto ciò che possa crearci complicazioni. Dobbiamo tanto più inspirarci a questo concetto e rimandare all'avvenire ogni aspirazione quando si rifletta alle condizione delle nostre finanze che ci impediscono di largheggiare nel bilancio coloniale e che ci consigliano anzi di cercare di restringere le spese tanto più se si riflette all'ingente spesa che facciamo per questa colonia rispetto a quelle di altri paesi per colonie molto più vaste e proficue.

La situazione politica europea ci impone tanto più la prudenza.

Pensiamo a cosa potrebbe succedere se qualche avvenimento ci obbligasse a improvvisi e nuovi sforzi militari! Dato questo concetto che io sono certo ella divide con me io mi affido pienamente a lei per la sua attuazione. Io penso poi che bisognerebbe arrivare gradualmente ad un sistema che ci portasse al risultato che il Governo dell'Eritrea si svolgesse nell'Eritrea stessa salvo l'indirizzo generale concertato col Governo centrale. Come si può andare avanti col sistema attuale per cui per ogni piccola cosa si scrive al Ministero esteri il quale deve domandare il parere a tutti gli altri ministeri, e così si arriva a nessuna conclusione. Spero che promulgato un codice, un ordinamento della pubblica sicurezza e simili, insomma tutto quanto ha carattere essenzialmente legislativo la vita si potrà svolgere a Massaua. Forse a tale fine per coprire la di lei responsabilità converrebbe che ella avesse sotto di sè una specie di consigliere come vi è in tutte le colonie e poi promulgare le sue ordinanze coll'apparenza almeno di qualche cosa di collettivo. Ma sono cose da studiare.

Bisognerebbe poi come le dico nelle istruzioni 1 che ella organizzasse un modo di essere informato di cosa succede in Abissinia senza aspettare che le notizie vengano a Roma e da Roma vadano a lei. Queste informazioni le servirebbero a conformare le sue disposizioni a prendere decisioni pronte. Ho raccomandato al Traversi si concertarsi con lei a tale riguardo.

91 I Cfr. n. 85.

Traversi mi disse che si potrebbe organizzare un modo di rapide notizie attraverso l'Abissinia che da Menelik arriverebbero a lei molto più presto. Ma per questo come pel resto mi affido a lei.

P.S. Ho sempre un po' di timore che quella compagnia distaccata a Godofelassi possa un giorno o l'altro essere causa di guai se per caso fosse attaccata. Pensi lei cosa succederebbe se si ripetesse qualche Dogali!

Non so bene inteso che chiamare la sua attenzione su ciò, ella conosce pienamente lo scopo finale che ha in vista il Governo per i dettagli mi affido a lei. Se quella compagnia è assolutamente necessaria che sia sicura, se no veda Iei2 .

92

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 816/270. Tangeri, 15 agosto 1892 (per. il 21).

Il tenente colonnello G. Bregoli, capo della missione militare italiana presso il sultano, è giunto qui sabato scorso, 13 corrente, dall'Italia.

Ho avuto già col nostro ufficiale due lunghe conferenze e ne avrò ancora prima che egli si metta in viaggio per Fez, il che avrà luogo fra brevissimo tempo. Egli mi ha confermato il tenore delle conversazioni avute, dapprima, col commendatore Malvano, e, poscia, con V.E. a Torino. Ne rilevo il concetto del R. Governo già espostomi nei dispacci di V.E. nn. 112 e 116 1 per ciò che attiene agli scopi della missione medesima ed al modo di raggiungerli conservando e, bisogna pure aggiungere, ristabilendo la legittima influenza da noi già occupata alla Corte, e purtroppo scossa dagli ultimi avvenimenti e da ostili maneggi.

Il compito del colonnello .Bregoli sarà assai scabroso. Debbo quindi fare assegnamento sulla prudenza e sulla perizia di lui. Egli trova Sua Maestà alquanto indisposta verso di noi che accomuna, per quanto scrive il maggiore Ferrara, coll'Inghilterra e coll'Austria nel considerare siccome a lui poco amici. Trova in pieno rigoglio la preponderanza dei consigli e del nome francese. In questo stato di cose, ella intende di leggieri, signor ministro, quanto debba riuscire malagevole al capo della missione di tenere il suo posto nelle anteriori condizioni di stima e fiducia e di certo ascendente sull'animo di Sua Maestà. Questa, non parlerà forse di subito del progetto che principalmente pareva starle a cuore,-dopo quello della

fabbrica d'armi già in via d'esecuzione-cioè, la coniazione della moneta d'argento e d'oro. Non è da credere che l'imperatore voglia in giornata, e prima che le sue idee abbiano a modificarsi in senso più propizio a simpatia verso di noi, riprendere quel progetto la cui realizzazione non sarà certo per attirargli il buon volere della Francia. A questo punto di vista, ho raccomandato al colonnello la maggiore circospezione. E la stessa cosa ho fatto per ciò che riguarda l'intenzione del sultano di affidare a lui la costruzione d'un tronco di via ferrata, costruzione che per essere stata domandata da molti altri, non andrebbe senza provocare risentimenti, lagnanze e gelosie.

Per ciò che concerne i miei rapporti colla missione medesima, l'indirizzo comune dei nostri sforzi, la necessità d'una concorde direzione dei medesimi, ho parlato chiaro col colonnello Bregoli. Gli ho mostrato le istruzioni di V.E., onde emerge ch'egli debba in ogni circostanza domandare e ricevere dalla r. legazione le indicazioni opportune per averne regola alla sua condotta. Tutto questo è fra noi perfettamente inteso. Ritengo che, nella pratica, non avranno a verificarsi né differenze né screzi.

Rimetterò al nostro ufficiale, perché la consegni in mani proprie del visir Garnit, la lettera da V.E. indirizzata a quest'ultimo che andava annessa al dispaccio delli 2 giugno u.s. n. 1172 .

91 2 Si pubblica qui il seguente passo del R. riservato 1073 di Baratieri del 18 agosto: «Io ho esposto francamente le mie idee nella relazione del 20 giugno avvalorandole con considerazioni che reputo assolutamente spassionate e serene. L'E.V., guardando alla situazione generale e specialmente mossa dal desiderio di impedire al negus di gettarsi capofitto in un'alleanza assolutamente contraria agli interessi di Italia in Etiopia ed al prestigio nostro di fronte alle Potenze europee, crede di prendere una determinazione diversa: a me non resta che adoprarmi con tutto zelo perché la missione ond'è incaricato il dottor Traversi riesca felicemente».

92 1 D. 20052/112 del 26 maggio e D. riservato 21019/116 del 2 giugno, non pubblicati.

93

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN

L. PERSONALE. Roma, 16 agosto 1892.

Je vous suis profondément reconnaissant de l'idée que vous avez de rapporter à v otre Gouvernement si fidèlement n otre conversation du 12 courant1 , et je suis

très sensible pour la preuve de confiance que vous avez bien voulu me donner en me demandant si vous aviez exactement résumé mes paroles. La conviction que vous exprimez de notre sincère et profond désir de voir conservée la paix est pour nous un bien précieux témoignage.

Les efforts que nous avons toujours faits et que de notre part nous ne cesserons de faire pour ètre en mesure de pouvoir nous associer à la ligne de conduite de votre Gouvernement dont la politique pacifique est admise de tout le monde, sont la meilleure preuve et le meilleur contròle de la sincérité de nos déclarations.

S'il y avait la moindre arrière-pensée d'embrouiller les cartes, ce n'est avec l'Angleterre qu'il faudrait chercher de marcher de conserve.

92 2 D. 21072/117 del 2 giugno, non pubblicato. Con successivo R. riservato 828/277 del 17 agosto, Cantagalli comunicò le impressioni del maggiore Ferrara, in missione presso il sultano, il quale riferiva che, secondo i governanti marocchini, «l'aggruppamento delle Potenze europee di fronte al Marocco è così distinto: Inghilterra, Austria, Italia, loro nemici, perché noi e l'Austria abbiamo sostenuto le domande dell'Inghilterra, nemico principale. Francia, amico vero e fidato. Germania amica perché ha consigliato di resistere alle pretese inglesi. Della Spagna non se ne dan per intesi».

93 1 Cfr. n. 84. Vivian aveva comunicato a Brin la sua seguente lettera confidenziale a Salisbury, dello stesso 16 agosto: «In connection with the position of affairs in M o rocco, signor Brin, Ministcr for Foreign Affairs, has spoken to me with undisguised anxiety of the possibility of the impending change of Ministry in England, involving a modification of our foreign policy, especially in regard to the 'status quo' in the Mediterranean. His Excellency repeated the assurance, which I believe to be thoroughly sincere, that the policy of Italy is wholly an d solely directed to the preservati an of peace, baised on the maintenance of that 'status quo'. To promote this object, and as an insurance against aggression, Italy had, with some hesitation, renewed her engagements to the Triple Alliance, but she had no selfish nor ambitious object in doing so, and she relied on this sincerely peaceful, unselfish policy commending itself to the approvai of Her Majesty's Government. The Italian Government had also sought by every means in their power to conciliate France, and so long as they felt assured that, in carrying out this policy in conjunction with their allies, they might count on the sympathy and mora! support of England to discountenance any aggressive act tending to disturb it, they felt safe. But what the Italian Government apprehend is that the change of Ministry in England and thc prevailing opinion that it indicates some

94

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. CONFIDENZIALE. Parigi, 16 agosto 1892.

Nel suo foglio del 14 luglio u.s. il Figaro pubblicava sotto il titolo «Flirt ou alliance» un articolo attribuito all'ex ministro Flourens che tendeva a mettere la Russia appiè del muro ed a convincerla dell'urgente necessità di passare dal platonismo al matrimonio. Ho poc'anzi saputo da fonte sicura che l'ambasciatore di Francia a Pietroburgo, conte di Montebello, diede la caccia al signor di Giers, recatosi per ragioni di salute in un suo possedimento in Finlandia, e avendolo finalmente raggiunto Io assalì con una formale e stringente proposta di trattato. Il signor di Giers avrebbe risposto dichiarando recisamente che un qualsiasi impegno scritto era superfluo.

Si capisce il tentativo dell'ambasciatore, giacché qui l'entusiasmo russofilo è in evidente decrescenza.

Ringrazio l'E.V. d'avermi consentito qualche giorno di congedo e partirò posdomani per Londra. Ma le mie assenze da Parigi saranno brevissime e non mancherò d'essere al mio posto durante la visita di Genova, per ogni buon fine.

changc of foreign policy may encourage France to count on being allowed a freer hand in the Mediterranean, and that England s'y désintéresserait in which case signor Brin foresees that serious trouble might arise. He instanced the possibility of any attempt to interfere with the actual 'status quo' either in Tunis. Tripoli, or Morocco as disturbing causes which, without necessarily leading lo war, would certainly destroy ali mutuai confidence and existing good relations, and might even compel Italy, in self-defence, to adopt another line of policy, while, as regards Egypt. His Excellency expressed the hope that in view of the loyal and cordial suppor! which the Italian Government has always given to our Egyptian policy, they might receive timely warning of any intention to modify it, if it should be contemplated. I told signor Brin that, in my personal opinion, his apprehensions were groundless, and that, in any case, I could positively assure him that the policy of every English Ministry would be directed to the preservation of peace and would strongly discountenance any attempt to disturb it, from whatever quarter it might come».

95

IL CONTE DE' BOJANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIOLITTI

L. PERSONALE. Roma, 18 agosto 1892.

Durante l'assenza dell'E.V. dalla capitale, ebbi occasione di vedere due volte il

signor cardinale segretario di Stato. Nei colloqui avuti, debbo dirle subito che trovai

Sua Eminenza alquanto turbato e di non lieto umore.

Il cardinale mi ha ripetuto: che purtroppo, da tutto l'insieme, gli sembra come

nel Governo esista uno spirito di ostilità verso la Santa Sede, mentre essa d'altro

non si occupa che d'interessi religiosi, e non di politica. Egli quindi parlò dell'edizione

dei discorsi del Lemmi, in cui si domanda la soppressione del pontificato, della legge

delle guarentigie ecc. ecc.; si lagnò del Ministero della pubblica istruzione per la

chiusura dei seminari di Osimo e di Lacedonia; lamentò il fatto del 7 agosto, trovando

che le autorità potevano far più rispettare i cattolici, mentre alla testa della controdi

mostrazione stavano redattori di giornali ufficiosi; accennò alla dimostrazione nella

stessa serata, contro il Vaticano ed il «ciociaro di Carpineto» ecc., osservò che ai

giornali liberali si lascia ogni libertà di scritti e caricature contro il pontefice, mentre

si sequestrano i giornali cattolici: alluse all'aumento di congrua ai parroci, che, per

le vessazioni del fisco, si riduce al nulla ecc., ed una volta Sua Eminenza concluse il

suo dire, o meglio i suoi lamenti, quasi riflettendo fra se stesso, con soggiungere:

«no, si vede bene che è impossibile, ed il Governo sarà il primo ad accorgersi del

male che riceverà mostrandosi ostile alla S. Sede ed alla religione».

Cercai del mio meglio di difendere il Governo, scartando assolutamente l'idea

preconcetta di offendere la S. Sede e la religione, spiegando quei fatti che erano a mia cognizione. E conclusi che certamente non sarà tutto ottimo, ma che il Governo era da poco tempo alla direzione della cosa pubblica; che esso è obbli. gato di navigare nelle acque che ha trovato, e di valersi degli elementi che gli si mostrano propizi, e soggiunsi: «la S. Sede fa nulla per mostrarsi disposta a

secondare il Governo?» Ma il cardinale non mi seguì su questo terreno.

È mia convinzione che la S. Sede vorrebbe entrare in una nuova via verso

l'Italia, ma non sa trovare il destro, vivendo sempre nel sospetto che la si vuole

distrutta, e con essa la religione. Non credo che la S. Sede ritirerà il non expedit ai

cattolici per andare alle urne politiche; ma penso che, se richiesta, essa non rifiuterà

il proprio concorso ad eliminare elementi che si presenterebbero come radicali e

framassoni.

Il cardinale poi a meglio compiere la sua dichiarazione che la S. Sede, mai

come ora, si è occupata più di religione che di politica, mi spiegò la condotta di

essa in Francia ed in Austria attualmente, lagnandosi che invece si voglia darvi

carattere politico.

95 I Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, Quarant'anni di politica italiana, vol. I, L'Italia difine secolo 1885-1900. a cura di P. D'Angiolini, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 77-79 e in F. FONZI, Documenti sul conciliatorismo e .sulle trattative segrete fra Governo italiano e Santa Sede dal 1886 al 1897, in Chiesa e Stato nell'800, vol. l, Padova, Antenore, 1962, pp. 204-205.

Debbo quindi aggiungere che, se Sua Eminenza sembra ancora alquanto incerta nell'indirizzo del Governo attuale, ha piuttosto fiducia nell'opera dell'E.V.

P.S. Riferendomi ad un mio promemoria antecedente, ho l'onore di avvisare

V.E. che l'on. ministro Martini non ha ancora risposto alle lettere del molto reverendo abate di S. Paolo; volevo recarmi io stesso, ma sono incerto se posso farlo.

La questione del patriarcato di Venezia è entrata in una nuova fase. Dalla S. Sede si abbandonò la bolla di Pio IV, e mi si incaricò di presentare la bolla di Pio VII del 1817, con la quale, ex novo, si concede all'Austria la presentazione dei vescovi del Veneto e della Dalmazia, compreso il patriarca, senza far più cenno di

r. patronato. Ho dato già cenno di questa bolla a S.E. l'on. ministro Bonacci.

96

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO· 811/446. Londra, 20 agosto 1892 (per. il 26).

Ieri il conte di Rosebery tenne al Foreign Office il suo primo ricevimento ufficiale dei capi di missione del corpo diplomatico. È un ricevimento formale al quale i rappresentanti esteri intervengono in uniforme, in seguito ad un invito tradizionalmente concepito nel senso che i medesimi abbiano ad esporre i loro affari in conformità delle istruzioni dei propri Governi.

Non si suole infatti parlare di checchessia in questa occasione ed il breve colloquio si aggira intorno a complimenti d'uso.

Lord Rosebery si scostò però ieri con me alquanto da questa consuetudine e me ne dispiacque, perché egli non fece prova di molto tatto. Scambiate alcune parole di reciproca cortesia, lord Rosebery che io già personalmente conosceva, mi disse: «L'avvenimento al potere del signor Gladstone sarà certamente accolto con favore in Italia dove egli gode di grandi simpatie». Pronunciata in tuono interrogativo, seguita da una pausa, questa osservazione richiedeva una risposta da parte mia e questa fu nel senso che antiche e universali erano infatti le simpatie degli italiani per la grande personalità dell'onorevole Gladstone; alcune pubblicazioni relativamente recenti, attribuite a lui, aveano alquanto diminuita la sua popolarità nel mio Paese il quale però avea forse in grado eminente, più di tant'altri, la virtù della gratitudine e della memoria dei benefici antichi.

Non andò oltre la conversazione sovra questo soggetto, male scelto dal nuovo ministro per gli affari esteri, poiché era troppo evidente che se la mia risposta fosse stata banalmente adesiva, io gli avrei lasciato credere ad una indifferenza apatica, contraria all'indole degli italiani.

Il ministro si disse, e credo intenzionalmente, digiuno ancora completamente di notizie sovra lo stato degli affari spettanti al suo Dipartimento. Egli consacrerebbe qualche settimana di lavoro con i capi del servizio permanente per mettersi a giorno della situazione. Mi limitai a rispondere che molte cose infatti s'erano cambiate ed altre fatte dacché egli era uscito l'ultima volta d'ufficio. L'Italia ad esempio era divenuta limitrofa dell'Inghilterra in Africa e ne erano nati molti affari di comune interesse che davano ai due Paesi frequenti occasioni di darsi reciproche prove di stretta ed efficace amicizia. Anche di questo soggetto non fu detto dippiù ed io non avrò l'occasione di intrattenere in questi primi giorni lord Rosebery di alcuna cosa urgente, sembrandomi preferibile il non dimostrare ansia, fretta od inquietudine nei rapporti del mio Paese con il nuovo Governo dell'Inghilterra 1 .

97

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 813/448. Londra, 20 agosto 1892 (per. il 26 ).

Allorché comparve nella Contemporary Review dell'ottobre 1889 l'articolo intitolato «La Triplice Alleanza ed il posto che in essa occupa l'Italia», molti si ricusarono ad ammettere che ne potesse essere l'autore l'onorevole Gladstone, sia perché quell'articolo contiene spiccati e chiari pensieri, mancanti però di connessione logica, sia perché la severità dei giudizi, inasprita da una parola scortese e più volte insolente contro il Governo italiano, pareva in completa discordanza con l'opinione generalmente ammessa che inalterate fossero rimaste le simpatie del grande statista inglese per l'Italia. L'egregio commendatore Catalani, allora incaricato d'affari a Londra, pur non negando in modo assoluto che l'articolo fosse opera di Gladstone, non vi prestava fede (rapporto del3 ottobre 1889 n. 2361/961) 1; ma oggi il dubbio non sarebbe per me più possibile, sia perché conosco persona alla quale l'articolo fu mandato, quando comparve, con a fianco le iniziali del

nome di Gladstone scritte di sua mano; sia perché è pervenuto a mia notizia sicura che, quando già era conosciuto l'esito delle elezioni generali che dovevano portarlo al Governo, l'onorevole capo del presente Gabinetto, parlando dell'Italia, non solo non negò la paternità dell'articolo anzidetto, ma disse che in esso erano espresse le idee che egli professa ancora al presente.

Sarebbe superfluo e mancherebbe di scopo pratico qualunque digressione sul valore dell'articolo firmato «Outidanos». Bisogna piuttosto averlo presente; epperò ne mando qui unito un sunto che feci io stesso in occasione di una recente lettura del testo del medesimo 2•

Non bisogna aspettarsi che la polemica fatta intorno all'articolo in discorso, le pubblicazioni comparse successivamente in periodici inglesi per confutarne le affetmazioni, abbiano potuto modificare il pensiero del signor Gladstone. Inclinerei anzi a credere che la polemica l'abbia ancora più tenacemente legato al suo concetto, se è vero, ciò che anche da intimi amici suoi si ammette, che l'illustre uomo dia non dubbi segni di quella ostinazione nelle preconcette idee e di quella irritabilità senile che rendono quasi impossibile la discussione con le persone che raggiungono la tarda sua età.

Non è probabile che a me si presenti l'opportunità di discutere con il signor Gladstone direttamente delle ragioni della politica estera dell'Italia negli ultimi anni. Ma se l'occasione se ne dovesse presentare, o meglio se con gli aderenti suoi io dovessi trattare di questo soggetto, Io aver presenti le linee generali dell'articolo della Contemporary Review, mi gioverà assai. Ciò che l'autore di esso contemplava come una ipotesi nel 1889, cioè l'unione della Francia alla Russia, è oggidì un fatto ammesso come compiuto. Non gioverebbe la ricerca se di tal fatto la condotta

politica dell'Italia abbia in grado maggiore o minore la responsabilità. L'indirizzo della politica esteriore di una grande Nazione non può essere determinato da siffatti apprezzamenti i quali appartengono alla storia. L'Inghilterra ha davanti a sé oggi il fatto che l'«Outidanos» prevedeva: l'equilibrio cioè quasi completo delle forze dei due gruppi che comprendono l'uno le tre Potenze centrali, l'altro la Francia e la Russia. Questa situazione di equilibrio costituiva, nel 1889, agli occhi del signor Gladstone, non una condizione di pace, ma una preparazione di guerra, poiché lega di pace non potrebbe essere, a parer suo, altra che quella che schierando preponderanti forze rendesse impossibile a chicchessia il fare la guerra. La deduzione logica di questi pensieri dovrebbe essere che gli interessi maggiori dell'Inghilterra al mantenimento della pace dovrebbero affrettare la sua accessione all'alleanza deUe Potenze centrali di Europa; o per lo meno dovrebbero inspirarle il concetto della formazione di un gruppo al quale potrebbero orientarsi tutti gli Stati sinceramente vogliosi di pace. Ma non è in quest'ordine che si muove tutta la maggioranza parlamentare che portò il signor Gladstone di nuovo al Governo. Altri fattori si agitano intorno al capo della nuova amministrazione. Della influenza loro non è ancor tempo di dare la misura. Si può stare contenti che nel Gabinetto non abbiano fin qui voce diretta 3 .

96 l Si pubblicano qui due passi del R. riservato 809/445 di Tornielli dello stesso 20 agosto: «Il conte di Rosebery non seguì a Londra il capo del suo partito. E quando qui giunse, due giorni prima che il nuovo Gabinetto si costituisse, egli veniva da Parigi. Eravi andato, dissero gli amici del signor Gladstone, per consultare i medici sovra un 'insonnia nervosa che lo affligge. Inclinerei però a prestare maggior fede a coloro che andavano dicendo ch'egli, prima di prendere una risoluzione circa l'accettazione od il rifiuto del Segretariato di"Stato per gli affari esteri, abbia voluto sentire gli oracoli del mercato finanziario parigino per conoscere fin dove si sarebbe potuto cedere alle domande di evacuazione dell'Egitto senza portare una perturbazione gravissima sul mercato stesso e per riflesso sovra gli altri d'Europa. Non è questa la sola cosa nella quale le antiche tradizioni della politica britannica sembrano essere state alterate nella ultima crisi ministeriale. Ma è per certo singolarissimo il fatto di questo viaggio a Parigi del personaggio che ora è entrato a far parte del Gabinetto come ministro per gli affari esteri. Non volendosi perdere nel campo delle congetture, si dovrebbe pur sempre ammettere che il nuovo capo del Foreign Office non avrebbe in sè quella rigidità di opinione propria che lo ha fatto considerare fin qui come una guarentigia che la politica esteriore dell'Inghilterra non soffrirebbe mutamento se egli ne assumesse la direzione ... Benché non ottenesse lo scopo suo, la mozione relativa allo sgombro dell'Egitto, presentata dal Dilke prima che il Gabinetto si costituisse, resta tuttavia, anche dopo l'entrata di lord Rosebery nel Gabinetto, nel programma del partito al potere. Se il dissidio si dovesse manifestare sovra questioni di politica esteriore, non è nelle previsioni sicure che esso basterebbe a condurre la caduta del Governo ed il rimaneggiamento del Gabinetto, attesa la presente composizione sua, si farebbe certamente nel senso radicale».

97 1 Non pubblicato nel vol. XXIII della serie II.

97 2 Di questo sunto si pubblicano solo i seguenti passi: «Con parole di singolare veemenza nega l'autore all'Italia qualsiasi ragione di prendere posto fra i querelanti [cioè fra le due alleanze degli Imperi centrali e franco-russa]. Egli dice che, secondo le previsioni della natura, l'Italia avrebbe dovuto essere una forza conservativa in Europa. E, caricando il quadro di tetri colori, nega all'Italia qualunque margine nella potenza sua finanziaria che le permetta di fare qualsiasi politica follia senza arrivare alla bancarotta. Accusa la politica italiana nelle sue manifestazioni militari marittime e nei suoi viaggi a Berlino di teatralità e dice che l'entrata dell'Italia in un'alleanza con la Germania o con la Francia può soltanto significare il trionfo della mente forte sovra la debole ed essere precursore di decadimento e di miseria. L'Italia non ha, afferma l'autore. nemici al di là delle Alpi. Con l'unirsi all'alleanza i suoi recenti Governi hanno invece dimostrato di ritenere di avere un nemico e che questo nemico è la Francia. Egli qualifica questa querela come quella di cani e gatti non meritevole di maggior rispetto ... Condanna per l'Italia, formata ad unità per volontà di popolo, la politica che la espone a combattere con i suoi alleati contro la Francia nel caso in cui ascoltando l'appello dell' Alsazia-Lorena, questa s'impegnasse in una guerra di rivendicazione. Ritiene che la Francia, la quale ha promosso l'emancipazione di tanti popoli in Europa non possa essere sospettata di disegni ostili contro l'Italia, senza imputarle la massima malvagità e la massima follia. Passa poscia l'autore a considerare in quali condizioni è l'Italia per fare una politica che qualifica di spavalda. Riconosce i grandi bisogni di interno sviluppo che aveano lasciato dietro di loro i mali Governi della Penisola e ne deduce l'impossibilità di provvedere a tali necessità simultaneamente alle esigenze dei grandi armamenti terrestri e marittimi. S'impressiona della gravezza e della estensione dei tributi sotto il peso dei quali il popolo barcolla e si meraviglia che una siffatta politica abbia potuto essere fatta dal paese che ha in casa un nemico il quale dispone dei cuori ed in tempi critici potrebbe forse anche disporre del braccio di una frazione rispettabile degli italiani. Conchiude ascrivendo alla categoria di coloro che chiudono gli occhi gli uomini di Stato italiani i quali, in tale condizione intollerabile di cose che giornalmente si aggrava, s'adoperano a creare pericoli assolutamente gratuiti. Premesse alcune considerazioni generali circa le imperfezioni del sistema rappresentativo e principalmente rispetto a ciò che si attiene agli interessi esteriori di un paese. l'autore pone a se stesso la questione se il Governo in Italia rappresenti il popolo nella direzione data alla politica estera? Non si pronuncia in modo assoluto: crede tuttavia vedere segni manifesti per una risposta negativa nelle tendenze della gioventù universitaria, in quelle della parte della stampa da lui chiamata letteraria, negli scritti di Alfieri di Sostegno e di Iacini».

98

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. RISERVATO 816/449. Londra, 20 agosto 1892 (per. il 26).

Mi pervennero regolarmente i dispacci ministeriali del 12 e 15 agosto2 , relativi al progetto di missione del colonnello Stace all'Harar. Sovra questo argomento io avea avuto una conversazione con lord Salisbury della quale V.E. ebbe il resoconto nel mio rapporto del l o corrente3 .

Memore dell'impegno preso durante quel colloquio, il primo ministro, or uscito di carica, m'indirizzò il 16 di questo mese una lettera della quale V.E. troverà qui unito copia. Conformemente alle previsioni mie, essa contiene dichiarazioni, circa la nostra posizione in Etiopia, delle quali dobbiamo tenerci paghi. Ma nella sostanza le mie insistenze ottennero non che il Governo desista dall'invio di un suo ufficiale aii'Harar, ma eh~ questo viaggio venga aggiornato fino al compimento della missione che noi abbiamo qui dichiarato di essere in procinto di mandare al re Menelik.

98 I Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 287-288.

2 Cfr. nn. 83 e 87.

3 R. 739/404, non pubblicato.

Di questo aggiornamento io sarei d'avviso convenga a noi di profittare seriamente, non solamente con l'inviare senza indugio il nostro rappresentante allo Scioa, ma disponendo anche le cose in guisa che il residente italiano all'Harar si trovi colà nel momento in cui l'ufficiale britannico portatore dei doni della regina vi giungerà. Il nostro residente potrebbe spiegare così presso Makonnen un'azione effettiva in appoggio di ciò che l'ufficiale stesso potesse essere incaricato di esporre nel senso di mantenere il buon vicinato fra l'Harar e le tribù protette dall'Inghilterra. La presenza di quel nostro rappresentante all'Harar riuscirebbe sotto ogni rispetto ad effetti di pratica efficacia.

Ritengo pertanto che, senza maggiormente insistere perché l'amministrazione delle Indie rinunzi all'invio all'Harar di un suo ufficiale per portarvi i doni della regina, il nostro intento dovrebbe ormai restringersi a combinare con l'amministrazione suddetta le cose in guisa che quel viaggio abbia il carattere che le comunicazioni scambiate fra questa r. ambasciata ed il Foreign Office gli assegnano. Perché ciò avvenga, gioverà che io sia in grado di qui informare della partenza del nostro residente per lo Scioa, partenza che dovrebbe aver luogo il più presto possibile e, appena le cose saranno avviate come debbono esserlo, bisognerà che io sia messo in grado di far conoscere al Gabinetto di Londra che noi non vediamo più inconvenienti a che l'ufficiale incaricato di portare all'Harar i doni della regina, compia il suo viaggio nelle condizioni stabilite dallo scambio di comunicazioni avvenuto fra i due Governi.

Aspetterò dunque che V.E. mi trasmetta le informazioni sovra le quali le mie comunicazioni anzidette dovranno essere fondate, se pure queste incontrano la di lei approvazione.

Nel dispaccio delli 15 di questo mese, in risposta al mio rapporto del 1°, l'E.V. mi ricorda il desiderio del R. Governo di ripigliare, a tempo opportuno, se sarà possibile, la trattativa per la delimitazione delle zone d'influenza nella regione che circonda i possedimenti britannici di Berbera e Zeila. Dubito che la opportunità prossima di riprendere questo negoziato si presenti ed è questo un soggetto sovra il quale, sebbene io abbia già manifestato talune mie idee nel precitato rapporto del lo agosto, mi pare tuttavia utile precisare ancora meglio il nostro pensiero. E ciò si potrà fare assai bene quando si conoscerà l'esito della missione che siamo in procinto di far partire per lo Scioa.

ALLEGATO

IL PRIMO MINISTRO E SEGRETARIO DI STATO

AGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY, 4

ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

L. Foreign Office, august 16, 1892.

I have been in communication with Her Majesty's Secretary of State for India on the subject of the representation which Your Excellency made t o me on the 31th ultimo

with regard to the deputation of a British Officer to Harrar with presents to the Queen of Abyssinia. I have now the honour to inforrn Your Excellency that Her Majesty's Governmennt will be happy, in deference to the wishes of the Italian Government, to give order that the departure of the British Officer at Aden should be postponed unti! after the return of the more important Italian mission which they understand is about to be sent to Harrar. Viscount Cross is however of opinion that as a matter of etiquette, the presents which are sent in return for presents received direct from Queen Taitou should be forwarded directly by a British Officer and not through the intervention of another Government.

It is not intended that the British Officer should in his communications with the Abyssinian Authorities in any way throw doubt on the position of Italy as the Protecting Power.

97 3 Brin rispose con D. 32503/401 dei 28 agosto: «Una sterile polemica sull'articolo in parola sarebbe certamente fuori di posto. Sta però nel fatto che gli appunti più gravi di "Outidanos" contro l'Italia, consistono nel preteso eccesso delle sue spese militari e nell'ingresso suo nella Triplice Alleanza. E' invece facile il dimostrare che il nostro bilancio militare sta notevolmente al di sotto di quello delle altre Potenze, anche serbate le debite proporzioni, e che la insufficienza delle nostre risorse militari a procacciarci una posizione assolutamente sicura, non è tra i meno importanti coefficienti della politica di alleanza a cui l'Italia ha dovuto appigliarsi».

98 4 Il 16 agosto avvenne il passaggio da Salisbury a Rosebery nella direzione del Foreign Office.

99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Londra, 20 agosto 1892.

La mia corrispondenza che parte questa sera con il corriere di Gabinetto, è troppo voluminosa perché io vi aggiunga ancora una lunga lettera particolare. Me ne astengo anche perché mi pare che nel carteggio ufficiale ella troverà tutto quello che per ora avrei potuto scriverle con sicurezza di non trarla in errore con precipitati giudizi.

La mia prima conversazione con Rosebery 1 è una seccatura. Non credo che egli abbia intenzionalmente toccato lo scabroso soggetto. Si accorse di aver fatto una maladresse ed io mi sono perfettamente avveduto del suo tardivo pentimento. Forse è da attribuirsi alla noia che ne ha provato, il non aver pronunciato una sola parola di simpatia per l'Italia. Non ritengo però che di questo incidente di linguaggio occorra tener conto. Ne ho preso nota nella corrispondenza ufficiale perché lord Rosebery ieri fra le visite che gli ambasciatori gli fecero, prendeva nota dei colloqui che avrebbero invece dovuto essere di semplice cortesia. Le manderò con il prossimo corriere, fra una quindicina di giorni ciò che potrò raccogliere di più concludente circa il programma degli attuali ministri inglesi nella questione egiziana. La presenza di lord Rosebery, assicurandoci contro il pericolo di una sorpresa, ci lascia tempo di prepararci. Mi scusi se le rinnovo la preghiera di farmi mandare dal ministero un memorandum o meglio gli atti relativi a ciò che seguì fra l'Italia e l'Inghilterra quando abbiamo occupato Massaua. Non mi sarebbe possibile servire efficacemente l'interesse italiano nelle difficoltà che qui potessero nascere, con l'incerta notizia che io ho delle cose di quel momento. Non ho trovato nel discorso di Chamberlain l'allusione ad un discorso di J. Morley ostile all'Italia 2• L'allusione di Chamberlain, volontariamente od involontariamente inesatta, si riferiva all'articolo «0utinanos»3 . Gladstone inter

2 Risponde al n. 88.

3 Cfr. n. 97.

79 ruppe smentendo aver trattato il soggetto nei suoi discorsi e Chamberlain passò oltre senza insistere. Ho però fatto cercare nei discorsi di Morley, pronunciati nelle riunioni elettorali, e non ho finora trovato ch'egli si sia espresso in un senso qualsiasi circa la politica italiana.

Spero che ci troviamo d'accordo nel considerare che, attese le circostanze presenti, per la politica nostra con l'Inghilterra ora più che mai è necessario muoverei con molta circospezione e con calcolata lentezza. Sebbene il modo con il quale lord Rosebery è entrato e sta nel Gabinetto, ci dia, a parer mio, una sicurezza transitoria, tuttavia le lunghe vacanze parlamentari ci assicurano il beneficio del tempo. Bisognerebbe però che tutti i nostri agenti, e principalmente quelli che sono in Africa, fossero avvisati di tenersi quieti e di non suscitarci incidenti con l'Inghilterra sovra tutto in quei luoghi dove, come per esempio nell'Harar, la Francia potrebbe voler mettere il naso. A cose incamminate si vedrà più chiaro la direzione che gioverà prendere.

99 1 Cfr. n. 96.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AI MINISTRI A BUENOS AIRES, ANFORA, E A RIO DE JANEIRO, TUGINI

Roma, 21 agosto 1892.

La S.V. è già informata dal mio dispaccio dell'Il corrente (per Buenos Aires 30192/71, per Rio de Janeiro 30194/109) 2 dell'arrivo costì delle rr. navi «Bausan» e «Dogali», che sono destinate a rinforzare la nostra stazione navale in cotesti mari.

Questa stazione resta cosi composta di quattro navi, ed il Governo del re ha voluto in tal modo che i rr. rappresentanti nell'America meridionale avessero facilmente a disposizione i mezzi di tutelare i diritti dei nostri connazionali e di mantenere il prestigio della nostra bandiera. D'altronde la presenza di quei legni varrà altresì ad inspirare moderazione nelle autorità locali, e contribuirà a rendere più facili gli amichevoli componimenti. Infatti spedire navi dall'Italia per ogni singolo incidente che, per mala ventura, ne reclamasse la presenza, darebbe al fatto maggior gravità che per sé non avrebbe, e potrebbe talvolta sortire l'effetto contrario a quello proposto.

La saggezza della S.V., cui interamente m'affido, apprezzerà al loro giusto valore queste considerazioni, onde non ho bisogno di aggiungere che del sussidio delle navi ella si deve valere con cauto accorgimento e prudenza e solo quando altra maniera non vi fosse per guarentire un diritto.

100 1 Il dispaccio venne inviato a Buenos Aires col n. 31520/74 e a Rio de Janeiro col n. 31486/114. 2 Non pubblicato.

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1333 bis. Roma, 24 agosto 1892, ore 15,30.

Il presidente del Consiglio mi segnala in base ad insistenti rapporti dei prefetti la grave agitazione che l'ordinanza del l O agosto 1 suscita in Puglia ed in Sicilia. Temo che costì non si abbia un concetto adeguato della situazione. All'infuori del danno materiale per il quale sarà, nel momento opportuno, da enunciare protesta necessariamente pubblica, che farà deplorevolissima impressione, è certo che il sentimento dell'ingiustizia inflittaci dal Gabinetto di Vienna avrà, sopratutto in questo periodo di preparazione elettorale, una funesta ed indelebile influenza. Lo ripeto ancora e la prego di costì dichiararlo: alla vigilia estrema del 27 agosto non vedo che un rimedio solo: sospendere l'applicazione dell'ordinanza, attenerci al regime del 1888, e studiare amichevolmente, di comune accordo, il regime definitivo.

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1340 bis. Roma, 25 agosto 1892, ore 10,55.

Il suo telegramma di ieri 1 mi lascia poca speranza. Ritengo tuttavia mio preciso dovere insistere acciocché si adotti prima del 27 un equo temperamento. Dopo avere, nella questione dei tre mesi, senza averne punto l'obbligo per trattato, deferendo ad appello fatto alla nostra amicizia e ad un sentimento di buon vicinato, consentito al desiderio dell'Austria-Ungheria, sarebbe per noi oggi ben doloroso il dover constatare, a nostro danno, una patente violazione del trattato. Confido ancora che una eventualità così funesta per i nostri reciproci rapporti possa essere evitata. In ogni modo la prego di lealmente prevenire fin d'ora il conte Kalnoky che, se giunge il 27 senza che siasi provveduto, V.E. ha istruzione di presentare a codesto Governo la dichiarazione seguente, che dovremo necessariamente rendere pubblica anche in Italia: «Il Governo del re considera parecchie delle prescrizioni contenute nell'ordinanza del 10 agosto come non autorizzate dal trattato e quindi contrarie al trattato medesimo. Esso deve quindi, a scarico della propria responsabilità, enunciare in proposito le pi4 ampie riserve salvo a presentare, nelle debite forme, i singoli reclami, per danni diretti od indiretti, man mano che dagli interessati saranno prodotti». Questa dichiarazione dovrà da V.E. essere presentata con nota officiale se niun provvedimento, nel senso da noi indicato, ci sarà significato prima della mezzanotte del giorno ventisei.

\01 1 Allude a un provvedimento preso dalla dogana austriaca contro l'ingresso dei vini italiani. \02 l Con T. 1925 del 24 agosto, non pubblicato, Nigra aveva comunicato che Kalnoky avrebbe appoggiato i desideri del Governo italiano, ma prevedeva di incontrare molte difficoltà.

103

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIOLITTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 25 agosto 1892 1.

Mi credo in dovere di richiamare la più seria attenzione sua sulle conseguenze politiche che può avere il contegno dell'Impero austro-ungarico nella questione dell'applicazione della clausola pei vini. L'opinione pubblica delle province meridionali eccitatissima costringerà Governo ad usare le più gravi rappresaglie e prendere gravi misure, e Governo, convinto che interpretazione data dall'Austria-Ungheria costituisce vera prepotenza, è deciso a non subirla a qualunque costo. La prego di agire subito ed energicamente presso codesto Governo, poiché sarebbe doloroso che Governo italiano dovesse fare atti d'aperta ostilità contro Potenza alleata.

104

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1932. Vienna, 25 agosto 1892, ore 17,10 (per. ore 18,30).

Ho comunicato a Kalnoky telegramma del presidente del Consig!io 1 ed i due della E.V. 2 . Kalnoky fu un poco sorpreso dell'ultimo; egli ha il miglior volere di assecondarci. Ha raccomandato ai ministri competenti, qui ed a Pest, la memoria sui vini. Ha appoggiato la proposta dello spediente provvisorio. Egli spera ottenere che si usino almeno dalle dogane le maggiori larghezze pei bastimenti già in viaggio e si permetta travaso e ciò si continui fino a che in settembre si sia riunita conferenza internazionale al riguardo. Altra risposta non potrebbe dare nemmeno per domani mancandone la materiale possibilità poiché i ministri competenti sono molti e non a Vienna; quindi sarà forse bene attendere per presentare dichiarazione. Ad ogni modo aspetterò ulteriori istruzioni dell'E. V. 3 .

105

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

R. RISERVATO 835/456. Londra, 25 agosto 1892 (per. il 13 settembre).

Mi recai ieri da lord Rosebery e gli chiesi se fosse passata sotto i suoi occhi una singolare notizia comparsa nel Daily Telegraph circa certi rapporti fra la

partenza. Si inserisce qui poiché anteriore al n. 104. 104 l Cfr. n. 103.

2 Cfr. nn. 101 e 102. 3 Cfr. n. 106, nota 2. 105 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 290-291.

Russia e la Francia allo scopo di favorire la propaganda politico-religiosa che la prima avrebbe deciso di voler esercitare in Abissinia sotto la forma di una protezione di quelle popolazioni cristiane contro le musulmane che le circondano. M'importava sapere se il Foreign Office fosse in possesso di qualche informazione a tale riguardo. Lord Rosebery parve assolutamente digiuno di qualsiasi notizia relativa alla situazione che si è venuta svolgendo in quelle regioni negli ultimi anni. Egli nulla avea veduto che si riferisse alle trattative franco-russe delle quali egli non avrebbe neppure potuto comprendere lo scopo. Non vedeva infatti quale scopo la Russia avrebbe potuto avere nell'immischiarsi delle faccende abissine. Replicai brevemente accennando ai viaggi di certi emissari moscoviti e cosacchi che, dopo di avere perlustrato taluni paesi abissini, erano ritornati a Pietroburgo ed aveano cercato di eccitare colà lo spirito di propaganda religiosa e pareva avessero ottenuto qualche effetto. Sembravami che non potesse essere nell'interesse dell'Inghilterra che alle spalle dei suoi possedimenti della costa orientale dell'Africa s'infiltrasse un'influenza religiosa o politica la quale si eserciterebbe in ogni caso in un senso non amichevole per gli interessi britannici in quella regione. L'Italia avea in quest'ultimi anni acquistato in Etiopia una speciale posizione che il Trattato di Uccialli avea determinato. L'Inghilterra avea avuto notificazione dei patti di quel trattato del quale avea preso atto senza riserve. Gl'interessi dei due Paesi erano identici per vegliare a che nessuna influenza russa od altra si espandesse in quella contrada. Si connetteva con gli interessi risultanti da questa situazione una trattativa che io avea avuto con lord Salisbury, negli ultimi giorni del suo ministero, per ottenere che il Dipartimento delle Indie rinunciasse al suo divisamento di mandare un uffiziale a portare all'Harar i doni che S.M. la Regina Vittoria destina all'imperatrice di Etiopia. Io non avea ottenuto che quel dipartimento rinunciasse completamente all'invio dell'uffiziale latore dei regali, ma la missione era stata aggiornata2 . Siccome era a mia notizia che nel servizio indiano vi era chi avrebbe spinto all'esecuzione del progettato viaggio all'Harar, così io stimava opportuno il far conoscere ancora una volta quali interessi il mio Governo avea in questo affare acciocché a pregiudizio dei medesimi non avvenisse qualche sorpresa.

Mi duole di non essere in grado di riferire a V.E. qualche parola del nuovo ministro britannico degli affari esteri, la quale indicasse almeno il desiderio suo di nulla fare contro gli interessi nostri da me segnalatigli o che suonasse riconoscimento da parte sua della identità d'interessi esistente fra il suo ed il mio Paese. Lord Rosebery si mantenne nella più assoluta riserva ed il suo silenzio fu interrotto soltanto per chiedermi chi fosse l'imperatrice d'Etiopia alla quale erano destinati i regali dei quali io parlava. Non saprei dire se nella ignoranza, professata da Sua Signoria per questi affari africani, non vi fosse calcolata affettazione. Propenderei per crederlo non sembrandomi ammissibile che la persona che nel 1886 avea occupato il posto di ministro degli affari esteri ed ha continuato d'allora in poi ad essere designata per riprendere lo stesso ufficio nel Ministero Gladstone, abbia potuto disinteressarsi siffattamente degli affari da trovarsi oggi ignara delle cose conosciute da qualsiasi lettore mediocremente attento dei giornali.

Sarebbe, io credo, prematura l'investigazione del vero significato di questo contegno di lord Rosebery. Egli è persona d'indole taciturna, fredda, riservata. Non so se naturale od affettato sia un certo modo suo distratto di ascoltare senza che ne soffra la cortesia altera del suo contegno nella conversazione. Chi di queste cose non fosse informato potrebbe avere da quelle esposte in questo mio rapporto una impressione esagerata che è mio dovere prevenire.

Studiatamente ho scelto per la mia prima visita d'affari un tema che mi permetteva di parlare della identità e della intimità dei rapporti nostri con l'Inghilterra nelle cose d'Africa. Il mio linguaggio non provocò l'espressione di sentimenti reciproci. Non è questa cosa che io possa non registrare nel mio carteggio; ma, lo ripeto, non credo sia ancora il tempo di pronunciarmi se ciò sia accaduto per istudiato calcolo di Sua Signoria.

103 l Il telegramma, tratto dall'archivio dell'ambasciata a Vienna, non reca l'indicazione dell'ora di

l 05 2 Cfr. n. 98.

106

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1941. Vienna, 26 agosto 1892, ore 14,45 (per. ore 16 ).

Ho ancora insistito oggi presso Kalnoky sospensione dell'ordinanza sino a che non si sia proceduto ad un accordo. Kalnoky ha ripetuto che sospensione è resa materialmente impossibile dall'assenza dei ministri, però che domenica sarà riunita una commissione coll'intervento di Glanz, richiamato dal congedo, la quale esaminerà la nostra memoria nel preciso intento di soddisfare, per quanto è possibile, i nostri reclami; in seguito potrà riunirsi una conferenza internazionale, per la seconda metà di settembre. Kalnoky crede che nel fatto, attese le istruzioni impartite alle dogane, gli inconvenienti saranno minori di quanto si teme. lo annunziai aver istruzione presentare ufficialmente dichiarazione 1 , di cui feci conoscere termini, se prima 27 corrente Governo non ricevesse notizia provvedimenti favorevoli; Kalnoky rispose riceverà dichiarazione e risponderà in senso conciliante. Prego V.E. di farmi conoscere se debbo presentare tale dichiarazione2 , essendo certo non riceveremo altra risposta fino lunedì o martedì. Kalnoky parte oggi per Ischl tornerà lunedì sera. Mi ha assicurato rendersi conto della importanza politica della questione, ma che anche in Austria-Ungheria la questione solleva eguali difficoltà politiche.

2 Con T. 1352 dello stesso 26 agosto Brin rispose: «Tutto quello che posso fare, per deferire al desiderio del conte Kalnoky e nulla negligere di quanto possa risparmiare ai due Paesi la pubblicità di un conflitto, si è di sospendere per alcuni giorni la presentazione della dichiarazione nella fiducia che, riservato ad intelligenze internazionali lo studio del regime definitivo, possa intanto tosto attuarsi il temperamento provvisorio da noi suggerito, il ritorno, cioè. al regime del 1888».

l 06 1 Cfr. n. 102.

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIE NNA, NIGRA

T. 1361 bis. Roma, 26 agosto 1892, ore 19,40.

Mi fa senso, nel suo telegramma d'oggi 1 , che ministro degli affari esteri possa ammettere che suoi colleghi per proteggere interessi che non discuto Violino un trattato senza tenere alcun conto dell'altro contraente. Il fatto che al termine di una proroga la quale era stata chiesta come prova di amicizia e buon vicinato si emana una ordinanza e la si rende fatto compiuto senza nemmeno interrogarci onde potessimo presentare in tempo nostre osservazioni producendo danni irreparabili è qui interpretato giustamente atto di indubbia ostilità al quale eravamo lontani dall'essere preparati.

108

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1947 bis. Vienna, 27 agosto 1892, ore 11,50 (per. ore 13,20 ).

Prego V.E. di farmi conoscere se il suo telegramma di ieri sera 1 è destinato a essere messo sotto gli occhi di Kalnoky. Io credo che le recriminazioni sono inutili, ma le farò altrettanto vive che vorrà, se me ne darà ordine. Kalnoky naturalmente nega che vi sia stata violazione intenzionale del trattato e dichiara assolutamente che, senza concorso dei suoi colleghi, non può di sua autorità sospendere ordinanza. Credo superfluo esaminare, principalmente per telegrafo, se ciò che accade avrebbe potuto prevedersi in parte, ed evitarsi, quando si fece trattato. Bisogna affrontare situazione qual'è. Io ho reso fedelmente ciò che Kalnoky mi disse e le ho annunziato riunione di una commissione coll'intervento di Glanz. Farò conoscere a Kalnoky, che ora è ad Ischl, il fatto delle spedizioni sospese, segnalatemi dal primo telegramma di jeri2 , ma, in seguito al suo secondo telegramma, da cui appare che Governo del re sembra convinto che ordinanza costituisca violazione intenzionale trattato da parte dell'Austria-Ungheria, preparo nota ufficiale con dichiarazione, e la farò rimettere al primo suo cenno 3 .

2 T. 1352, non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. IlO.

l07 l Cfr. n. 106. 108 l Cfr. n. 107.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1365 bis. Roma, 27 agosto 1892, ore 12,15.

Le trasmetto telegramma che ricevo dal mio collega dell'interno: «Contegno Governo austro-ungarico nella questione dei vini dispensa il Governo italiano da eccessivi riguardi che mi ero fin qui piegato ad usare per la birra proveniente di costà. Risulta da analisi chimiche che la massima parte della birra fabbricata nell'Impero austro-ungarico è composta in modo vietato dai regolamenti sull'igiene. Perciò a contare da martedì, come misura di polizia sanitaria, ne impedirò entrata nel Regno. Firmato ministro dell'interno Giolitti». Io la informo di questa disposizione. Il mio collega crede che ciò possa servire a lei come mezzo per fare rientrare codesto Governo in un giusto apprezzamento gravità conseguenze ingiustificate disposizioni prese nostro riguardo. Lascio al di lei prudente giudizio se convenga darne cenno fin d'ora nelle sue conversazioni con codesto ministro, oppure lasciare che la disposizione del ministro interno abbia suo corso e discutere dopo i reclami che sorgeranno.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1374 bis. Roma, 27 agosto 1892, ore 19,30.

Col mio telegramma di ieri sera 1 volli soltanto farle conoscere l'intimo mio pensiero, lasciando a lei la cura di esprimersi con Kalnoky nel modo che le paresse più appropriato alle circostanze ed al nostro scopo. *Dal canto mio, pregherei

V.E. di farmi conoscere suo parere circa provvedimento per le birre progettato dal presidente Consiglio 2 . Prego pure V.E. considerare che miei telegrammi si risentono ambiente in cui ci troviamo e li trasmetto perché possono dare a V.E. un'idea esatta della situazione* 3 .

IlO l Cfr. n. 107.

2 Cfr. n. 109.

3 Il passo fra asterischi è stato sostituito da Brin al seguente, minutato da Malvano: «Quanto alla dichiarazione, io penso che, essendosi entrati ormai nel periodo di esecuzione del nuovo regime, sarà meglio attendere l'esito della conferenza di domani e le prime notizie da Trieste e da Fiume sui modi pratici di attuazione del regime medesimo».

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIOLITTI, A LIVORNO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, MALMUSI, E AL CONSOLE A FIUME, ROGERI 1

T. 1383 bis. Roma, 29 agosto 1892, ore 11,30.

L'incaricato d'affari di Austria-Ungheria mi comunica che per soddisfare il nostro desiderio relativamente ad un provvedimento transitorio per l'applicazione dell'ordinanza del 10 agosto, il Governo i. e r. ha dato ordine alle sue autorità doganali di applicare la tariffa ridotta a tutti i vini italiani spediti dall'Italia prima del 27 agosto, ancorché non muniti di certificati d'origine per poco sia dimostrata la loro provenienza ed ancorché si presentino in vagoni serbatoi o navi cisterna.

(Meno Vienna) Intanto continua il negoziato tra i due Governi.

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

D. 32756/199. Roma, 30 agosto 1892.

Il rapporto n. 839/280 del 21 corrente 1 mi informa della mediazione che ella ha creduto di esercitare fra i capi militari degli angerini rivoltosi, e codesto commissario degli affari esteri, rappresentante del sultano. I suoi uffici non furono coronati da successo a cagione della incerta sorte che, sottomessi i ribelli, sarebbe toccata al Himan dalla cui causa gli angerini non vogliono separare la propria. Ella ritiene tuttavia la sua azione non del tutto perduta. L'idea della pacificazione se ne è certamente avvantaggiata e se le ostilità dovessero riprendersi, non sarebbe piccolo frutto lo averle ritardate ed allontanate da Tangeri. Di quanto è avvenuto, ella ha scritto al sultano in una lettera, della quale mi trasmette copia.

L'iniziativa da lei presa, essendo un fatto compiuto, sarebbe superfluo il giudicare ormai della sua opportunità nelle circostanze presenti. Non le dissimulo, tuttavia, che, in questione così delicata e di così grave momento, una diretta e non richiesta intromissione, poteva forse sembrare opera meno consigliata dalla stretta prudenza2 . Era difficile infatti il prevedere sin dove potessero giungere gli impegni

Ili l Il telegramma fu inviato anche al Ministero dell'agricoltura, al prefetto e al presidente della Camera di Commercio di Bari. 112 I Non pubblicato.

2 Un giornale spagnolo aveva commentato negativamente l'iniziativa di Cantagalli (R. 700/273 da Madrid del 26 agosto, non pubblicato).

che la sua ingerenza le avrebbe fatto assumere, e quale interpretazione verrebbe data all'opera sua dai suoi colleghi esteri. Ad ogni modo, attendo con interesse di conoscere ciò che il sultano crederà di farle comunicare, in risposta alla lettera che ella gli ha diretto3 .

113

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1347 ter 1. Roma, 31 agosto 1892, ore 11,25.

L'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria deve già avere telegrafato che la mia ultima proposta 2 è un minimum, e che, in caso di mancata accettazione divenendo illusorie le concessioni fatteci per i recipienti ed i certificati d'origine, la questione risorgerebbe in tutta la sua gravità. lo confido che il conte Kalnoky, come rende giustizia alla calma del mio linguaggio 3 , così saprà attingere, nel suo sentimento di amichevole equità, quanta energia occorra per far prevalere, in seno alla commissione, la nostra discreta e amichevole domanda. Desidero che V.E. gli faccia lealmente conoscere, prima che la commissione si riunisca, che se non si rimuove, come noi gliene indichiamo il mezzo, la causa di inevitabile e permanente attrito, le conseguenze saranno necessariamente quelle che concordemente si vengono additando da quanti sono solleciti dei buoni rapporti fra i due Paesi.

114

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1993. Vienna, 1° settembre 1892, ore 5,30 (per. ore 7).

Ho letto a Kalnoky il telegramma di V.E. di oggi 1 . Egli mi ha detto che, al pari di noi, riconosce gravità questione; che è disposto come già lo ha dimostrato

113 1 Per errore il registro dei telegrammi in partenza dopo il n. 1385bis (cfr. n. 65, nota l) ritorna al

n. 1336. A questo terzo gruppo di telegrammi compresi fra il n. 1336 e il n. 1385 è stata apposta la numerazione ter. 2 Con T. 1384bis del 29 agosto, non pubblicato, Brin aveva suggerito che le dogane austro-ungariche si limitassero «alla semplice ispezione» dei vini importati.

3 T. 1976 di Nigra del 30 agosto, non pubblicato. 114 l Cfr. n. 113.

a fare il suo possibile per risolverla purché non gli si chieda di sacrificare interessi del suo Paese. Egli non può dare alcuna assicurazione salvo che nel fatto si useranno le più grandi facilità finché possa riunirsi la conferenza nella seconda metà di settembre. Mi ha letto risposta a nostra memoria che le sarà comunicata da codesta ambasciata austro-ungarica e che sarà inutile riferirmi per telegrafo. Essa ribatte giuridicamente varii punti della nostra memoria. Kalnoky ha fatto conoscere a ministro delle finanze nostro desiderio di aver comunicazione della quantità di vino ammessa Trieste. Egli concluse dicendomi che insistenza, principalmente della stampa, e minaccia di rappresaglie non farebbero che rendere più pericolosa una situazione già abbastanza tesa. Raccomanda tranquillità e fiducia. Io dal mio lato, mentre purtroppo devo confessare mia incompetenza rispetto a parte tecnica della questione, mi dichiaro nell'impossibilità di poter ottenere altro. A me pare che sarebbe utile, senza attendere riunione conferenza, di mandare qui fin d'ora un nostro delegato che amerei fosse Malvano. Di questa mia idea non ho parlato a Kalnoky 2•

112 3 Cfr. n. 121.

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A MADRID, MAFFEI

D.' Roma, l° settembre 1892.

L'ambasciatore di Spagna, per istruzione avutane dal suo Governo, mi ha fatto conoscere la sostanza di un colloquio che l'ambasciatore della regina reggente ha avuto con lord Rosebery, circa le cose del Marocco, in occasione della prima visita fatta al nuovo segretario della regina Vittoria per gli affari esteri.

Dalla comunicazione fattami dal conte di Benomar si trae che lord Rosebery vorrà continuare puramente e semplicemente, rispetto al Marocco, la politica del suo predecessore. Egli ha, tra le altre cose, dichiarato all'ambasciatore di Spagna che il Governo britannico nulla farà, per il Marocco, senza averne prima informato il Gabinetto di Madrid e preso accordi con esso.

Le dichiarazioni di lord Rosebery, quantunque rivolte al rappresentante d'altra Potenza, hanno, però, anche per noi valore e pratica efficacia, non potendosi dubitare che, rispetto alle cose marocchine, il Governo britannico, conti-• nuando la politica finora seguita, avrà, verso l'Italia come verso la Spagna, identico atteggiamento.

Di che mi giova pigliar nota nel mio carteggio con codesta ambasciata.

115 I Il dispaccio venne inviato a Londra col. n. 33010/408 e a Madrid col n. 33011/251.

114 2 Della risposta (T. 1363 del 2 settembre) si pubblica solo l'ultima parte: «Assecondando la proposta di V.E. partirà subito per Vienna, in attesa della conferenza ulteriore, il commendatore Miraglia, che ha competenza tecnica speciale. Dovendo io andare a Genova, l'assenza del cavalier Malvano presenterebbe inconvenienti».

116

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 166/73. Aden, l o settembre 1892 (per. il 13).

Mi pregio di segnare ricevuta all'E.V. del dispaccio 15 agosto u.s. n. 30598/65 1 .

L'asserzione del Foreign Office, essere la missione del colonnello Stace atto di mera cortesia, mi pare inesatta, quando pure non ci si voglia trovare un poco di ironia.

Il fatto materiale di una comunicazione diretta fatta dal Gabinetto inglese all'imperatore d'Etiopia, senza usare il nostro intermediario ha, a mio avviso, carattere e significato politico decisivo nella nostra posizione rispetto all'Etiopia, indipendentemente dall'oggetto della comunicazione stessa, poiché viene a contraddire e distruggere l'accettazione del nostro intervento necessario nelle relazioni dell'Etiopia con le Potenze europee: intervento cui l'Inghilterra ha già aderito con le dichiarazioni e con gli atti.

Un siffatto carattere politico assumerebbe poi speciale significato coll'essere inviato il colonnello Stace, personaggio politicamente il più importante nei possedimenti inglesi in questa regione, con una missione, il cui apparente motivo è certo troppo futile per giustificare la sua andata.

L'invio di una missione inglese all'Barar e fors'anche allo Scioa, oltre al manifestare un radicale mutamento della politica inglese a nostro riguardo sulla questione etiopica, sarebbe specialmente dannoso, in questo momento, in cui il dottor Traversi si avvia allo Scioa per ristabilire un po' della nostra perduta influenza e salvare quel tanto dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli, che è indispensabile per non pregiudicare l'avvenire e per escludere le altre Potenze dal campo di azione, che l'articolo 17 era destinato a riservarci, e potrebbe nuocere all'azione del nostro inviato.

A me sembra che il Foreign Office potrebbe difficilmente opporre obbiezioni alle cunsiderazioni precedenti, senza contradire al carattere cordiale ed amichevole delle sue relazioni generali con l'Italia.

Ho inoltre motivo di ritenere che, così la progettata missione all'Barar, come il disegno per l'impianto di un Governo coloniale a Berbera, non risponde ad un concetto della politica generale del Gabinetto inglese, ma bensì alle tendenze ambiziose ed intraprendenti di questa autorità, e principalmente a quelle del colonnello

~ Stace. Se il Governo inglese non annette importanza politica alla missione Stace, si concilia male con la cordialità delle sue relazioni con noi l'insistenza in un disegno sgradito al Governo italiano, tale da dare un nuovo colpo al nostro prestigio, già tanto scosso, nello Scioa; e che verrà certamente interpretato in Etiopia come atto non benevolo per l'Italia. Non dipende dal Governo inglese il far sì che la missione Stace non abbia carattere politico agl'occhi degli abissini. Ricevo in questo momento notizie dal

116 I Non pubblicato.

l'Harar, che la voce di quella missione, pervenuta non si sa come a Makonen, lo ha posto in grande pensiero. Egli si prepara a fargli, se andrà, un ricevimento eccezionalmente solenne.

Il prestigio degli inglesi e il timore dai medesimi ispirato, è tale, che se essi con l'invio di una missione danno segno di volere direttamente esercitare la loro influenza nello Scioa, ciò solo basterà per distruggere quel tanto d'influenza italiana che ancora ci rimane, e che l'E.V. cerca adesso di coltivare e di rinvigorire.

Il primo effetto della missione Stace, sarà di fare assistere, come spettatori estranei, ad onoranze quali non furono mai fatte a rappresentanti italiani, quegl'inviati d'Italia, la quale pure ha diritto di occupare il primo posto fra le Potenze europee presso il Governo etiopico. E questa condizione d'inferiorità, atta a colpire efficacemente le immaginazioni indigene, sarà dovuta alla nostra migliore alleata in Africa.

Le dichiarazioni amichevoli degl'inglesi, le loro proteste di non volere esercitare azione politica in Etiopia, non impediscono le conseguenze necessarie dei fatti. E la missione Stace potrebbe sostituire alla politica di appoggio amichevole verso l'Italia dell'Inghilterra, una politica ostile ai nostri interessi o alla nostra influenza.

D'altra parte il Governo della regina non può più addurre, per giustificare il suo intervento, il raffreddamento delle relazioni amichevoli fra l'Italia e lo Scioa. La liquidazione del prestito etiopico testè conclusa con Makonnen, la missione Traversi, avranno per effetto di ristabilire una cordialità di rapporti, almeno temporanea, fra i due Paesi, e di concedere un'influenza relativa ai rappresentanti italiani presso Menelik e Makonnen.

Per altro, qualora la missione Stace fosse disgraziatamente inevitabile, i danni ne verrebbero, a mio avviso attenuati, se venisse ritardata finché il dottor Traversi abbia migliorate le nostre relazioni con Menelik, e se d'accordo col Governo inglese, i nostri inviati allo Scioa e all'Harar, verranno incaricati di annunziare, preparare e raccomandare la missione stessa, in modo ch'essa si presenti a Makonnen ed eventualmente a Menelik, sotto gli auspici del Governo italiano. E cedendo sul punto essenziale dell'invio della missione, sarà più facile ottenere dal Foreign Office la promessa che il contegno dell'inviato inglese debba essere assolutamente riguardoso e cordiale verso gli inviati italiani.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI E VIENNA E AL CONSOLATO GENERALE A TRIPOLI

T. 1391 bis. Roma, 6 settembre 1892, ore 18,25.

In base a rapporti del r. agente consolare in Gabes, il r. agente in Tunisi telegrafa1 che in seguito a conflitto colla tribù tripolina dei N alut per la proprietà di terreni situati nella zona contrastata lungo la frontiera, l'autorità militare francese

ha occupato con milleduecento uomini tra arabi e spahis la località di Uazzen a tre giornate oltre il confine. L'autorità militare turca avrebbe semplicemente protestato

. .

senza opporsi come si supponeva.

(Per Parigi) Quanto precede è solo per notizia di V.E.

(Per Tripoli) Prego telegrafarmi se e quali notizie costì siano giunte in proposito.

(Per le quattro altre ambasciate) Prego telegrafarmi se è giunta ulteriore notizia del fatto e che cosa se ne pensa 2 .

117 l T. 2018 del 5 settembre, non pubblicato.

118

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO S.N. Londra, 7 settembre 1892 1.

Il cambiamento di Ministero avvenuto recentemente in Inghilterra, la presenza nel Gabinetto e nelle file della maggioranza delle persone che, durante le ultime sessioni parlamentari, più insistentemente si affaticarono a provocare smentite circa la esistenza di impegni della Gran Bretagna con gli Stati della Triplice Alleanza, ci costringono, a parer mio, a porci davanti la questione del valore che può ancora avere l'accordo segreto risultante dallo scambio di note avvenuto in febbraio 1887 fra questa r. ambasciata ed il Foreign Office.

Una considerazione preliminare deve essermi a tale riguardo permessa.

In questi atti, né certamente senza studio, fu omessa la identità di dicitura la quale afferma il perfetto consenso; sicché la forma estrinseca sembra denotare uno scambio di idee piuttosto che un accordo fra i due Governi. In una nota del 24 marzo 1887, diretta da lord Salisbury al conte Karoly, allora ambasciatore di Austria-Ungheria a Londra, si legge infatti ciò che segue: «lt is a mattcr of thc liveliest satisfaction to Her Majesty's Governmcnt that the exchange of views which has passed betwecn England and Italy. and which has bcen communicated to the Cabinet of Vienna, has met with their approbation, and has been recognised by them as tending to the preservation of European peace and the maintenance of public right».

Non apparisce che da parte nostra, allora e dippoi, si sia attribuito alle note scambiate nel 1887 un valore così ristretto. Comunque quegli atti fossero stati concepiti, essi potevano essere considerati come costituenti l'impegno dei due Paesi di non deviare da certe linee generali nella loro condotta in vista di talune questioni interessanti l'equilibrio delle forze del Mediterraneo. Ed, entro tali limiti, come pure avuto riguardo all'indirizzo che, nella politica generale della Gran Bretagna, ne derivava, quello scambio di note ebbe incontestabilmente, quando avvenne, e potrebbe conservare ancora qualche valore.

Fu manifestamente un errore nostro lo avere specificato in quattro punti, determinati nella nota delli 12 febbraio 1887, le basi dell'accordo che eravamo pronti a stabilire coll'Inghilterra, senza esserci preventivamente assicurati che i quattro stessi punti sarebbero riprodotti nella risposta inglese. Ne deriva che la massima parte delle cose scritte nella nota italiana sembrano avere il valore di dichiarazioni unilaterali, o peggio ancora, di proposte dall'Inghilterra non accettate. Sono di questo numero la dichiarazione contenuta nella seconda parte del primo punto relativa all'impegno di sorvegliare ed, al bisogno, di impedire qualunque cambiamento nella situazione territoriale, quella espressa nel terzo punto concernente l'azione inglese in Egitto e l'italiana nella Tripolitania, e finalmente quella compresa nel quarto punto, intesa a stabilire il mutuo appoggio nel Mediterraneo in qualunque caso di contestazione che sorgerebbe fra l'una delle due Potenze ed una terza.

Neppure sovra la prima parte del primo punto e sovra il secondo della nota italiana si può sostenere che l'accordo si sia formato, poiché, mentre da parte nostra si è scritto: «On maintiendra autant que possible le statu quo dans la Méditerranée, ainsi que dans l'Adriatique, la Mer Egée et la Mer Noire»; nella risposta di lord Salisbury si legge che, nell'interesse della pace e della indipendenza dei territori adjacenti al Mediterraneo, il Governo britannico desidera agire nel più stretto concerto ed accordo con l'italiano: « Both Powers desire that the shores of the Euxine, the Aegean and the Adriatic and the northern coast of Africa shall remain in the same hands as now». E mentre noi, nella previsione della impossibilità di mantenere lo statu quo, proponevamo di fare in guisa «qu'il ne se produira une modification quelconque qu'à la suite d'un accord préalable entre les deux Puissances», lord Salisbury ci rispondeva che, in tale ipotesi «both Powers desire that there shall be no extension of the domination of any other Great Power over any portion of those coasts».

Se a tutto ciò si aggiunge che nella nota inglese è espressamente dichiarato il carattere della cooperazione dell'Italia e dell'Inghilterra nelle questioni di comune interesse dover essere dalle medesime deciso «when the occasion for it arises, according to the circumstances of the case», troppo chiaro apparisce lo scarso valore obbligatorio degli atti fin qui esaminati. Questo nasceva piuttosto dalla opinione che ne aveano allora e che, credo, abbiano conservato almeno apparentemente finora, le due Potenze centrali nostre alleate. È naturale da parte loro. la tendenza ad esagerare agli occhi nostri l'importanza degli impegni dall'Inghilterra assunti verso di noi e con l'Austria Ungheria nel 1887. Tutto ciò che può contribuire a mantenerci saldi e fiduciosi nella posizione che abbiamo preso nella Triplice Alleanza non può essere negletto principalmente da parte del Gabinetto di Berlino. Ciò è nella indole naturale delle cose e noi dobbiamo saperne tener conto. Quando già da tutti si pronosticava il cambiamento di Ministero in Inghilterra, il mio collega di Germania qui diceva di non credere alla eventualità della venuta al potere del signor Gladstone; poi egli ripose una fiducia illimitata nella continuazione della politica estera di lord Salisbury per parte del suo successore il conte di Rosebery. Egli credeva anzi sapere, così mi diceva poco prima che il Gabinetto si costituisse, che fra i due uomini di Stato fossero corse certe intelligenze relativamente alle note scambiate nel 1887. Ed ora non solamente si ricrede sovra questo punto, ma per parecchie ragioni opina che il momento non sia venuto di portare con il nuovo ministro degli affari esteri il discorso sovra quei documenti e sovra la situazione che ne deriva.

Anch'io stimo il momento presente come inopportuno per chiarirci circa il pensiero e le intenzioni della presente amministrazione inglese. È troppo evidente che in essa lord Rosebery è entrato a malincuore e vi sta presentemente a disagio. Egli evita studiatamente, nello scopo di guadagnare tempo, qualunque cosa possa avere per conseguenza di mettere in evidenza dissidii di idee esistenti fra i componenti del Gabinetto. L'interesse nostro sta nell'indugio poiché potrebbe avvenire che, per effetto di circostanze varie, la posizione dell'attuale ministro degli affari esteri si consolidasse e la di lui presenz~ nel Gabinetto è la migliore delle guarentigie che presentemente possiamo sperare.

Intanto però non gioverebbe dissimulare a noi stessi la realtà delle cose e certamente ora più che mai qualunque occasione di mettere a prova il valore dell'intesa risultante dalle note del 1887, deve essere con ogni cura evitata.

117 2 Non si pubblicano, perché interlocutorie. le risposte (T. 2033 da Berlino, T. 2036 da Vienna, T. 2040 da Londra, T. 2043 da Tripoli del 7 settembre e T. 2051 da Costantinopoli del 9 settembre). 118 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

119

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. SEGRETO S.N. Londra, 10 settembre 1892, ore 20 (per. ore 21,10).

Bien que le comte Hatzfeldt eùt exprimé avec moi, à plusieurs reprises, l'opinion qu'il ne fallait pas courir après lord Rosebery, qu'il fallait le laisser venir à nous, et surtout ne pas le presser à se prononcer au sujet des rapports du nouveau Cabinet anglais avec l'Italie, cet ambassadeur d'Allemagne s'est procuré un entretien avec Sa Seigneurie le jour avant le départ de celle-ci pour l'Ecosse. De cet entretien plusieurs choses ressortent sur lesquelles j'aurai à revenir dans un rapport à expédier par courrier 1 et qu'en attendant il me parait utile de résumer dans !es trois points suivants:

l) Lord Rosebery, qui a prétendu n'avoir pas encore pris connaissance des notes échangées entre l'Angleterre et l'Italie, pense que dans le cas d'agression évidente de celle-ci par la France, l'opinion publique anglaise forcerait tout Gouvernement, ici, à porter secours à l'ltalie dans la Méditerranée qu'il y ait eu, ou qu'il n'y ait pas eu d'engagement préalable par écrit. Ce courant d'opinion ne se formerait pas si l'Italie par des querelles secondaires s'attirait une brouille avec la France; et en ce cas, si un engagement écrit existait, personne ici ne pourrait le maintenir.

2) Lord Rosebery ne veut pas etre amené à s'exprimer autrement qu'à titre tout-à-fait personnel parceque, pour parler au nom du Gouvernement dont il fait partie, il lui faudrait consulter préalablement le Cabinet et il s'ensuivrait probablement une divergence d'opinions pouvant créer des difficultés sérieuses au sein meme du Ministère.

119 I Cfr. n. 125.

3) Lord Rosebery s'attend à ètre _attaqué vivement au Parlement au sujet de ce que l'on appelle la continuation par lui de la politique de lord Salisbury, et il veut pouvoir nier d'une manière absolue l'existence, pour le Gouvernement anglais, de tout lien l'obligeant à secourir une autre Puissance quelconque.

Afin de préciser !es termes dans lesquels le comte Hatzfeldt aura à relater le premier de ces trois points à son Gouvernement, ce diplomate a demandé à lord Rosebery de lui en fournir lui-mème la rédaction écrite. Cette rédaction a été renvoyée en Ecosse à Sa Seigneurie, car mon collègue d'Allemagne a jugé qu'il conviendrait y introduire quelques modifications. Il est expressément entendu que cette rédaction ne peut pas avoir la valeur d'une pièce écrite. Je pense que V.E. ne tardera pas à ètre informé de tout ceci par Berlin 2; car il m'est avis que l'ambassadeur d'Allemagne ici ne peut s'ètre subitement décidé à avoir cette conversation avec lord Rosebery qu'à la suite d'instructions pressantes de son Gouvernement qui voudra avoir quelque chose pour calmer ce qu'il appelle !es inquiétudes de l'Italie au sujet du changement de Ministère en Angleterre. Je pense toutefois qu'il aurait mieux valu que le comte Hatzfeldt eùt suivi sa première idée de ne rien dire pour le moment à lord Rosebery. Les déclarations personnelles de ce dernier n'ont présentement qu'une bien mince valeur pratique. Le secret le plus absolu nous est imposé à ce sujet, car on comprend aisément que la moindre indiscrétion de notre part, en compromettant la personnalité du ministre actuel des affaires étrangères, lui enlèverait toute chance de consolider sa position, qui est pour nos intérèts la meilleure des garanties dans la situation actuelle. Aussi mon collègue d'Allemagne a-t-il beaucoup insistè pour que le secret de cet entretien soit par moi recommandé à mon Gouvernement, en répétant avec insistance que, si mème par le simple langage des journaux, nous venions à créer quelque difficulté à lord Rosebery, nous irions contre l'intérèt commun, qui est de conserver ce ministre tout au moins pour la durée du Cabinet Gladstone dont la durée parait à mon collègue devoir ètre limitée à quelques mois.

120

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TUNISI, SAVINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2071. Tunisi, 11 settembre 1892, ore 13,25 (per. ore 16,45 ).

Agenti consolari Gerba e Gabes, assunte più precise informazioni, telegrafano che occupazione Uazzen venne minacciata, ma non eseguita. Assicurano inoltre che truppe franco-tunisine si ritirarono Medenin, lasciando irresoluta questione pagamento tasse e contestazione frontiera. Residente francese, interpellato, smentisce gravità torbidi, confermando trattarsi divergenze fra tribù limitrofe, ora deferite tribunale indigeno 1•

120 l Questo telegramma venne comunicato alle ambasciate a Berlino. Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna e al consolato generale a Tripoli con T. 1994, pari data.

119 2 Cfr. n. 122.

121

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 916/313. Tangeri, Il settembre 1892 (per. il 19).

Ho l'onore di trasmettere qui unito in copia a V.E. un rapporto testè pervenutomi dal colonnello Bregoli 1 col quale egli annunzia alla legazione di essere stato ricevuto in udienza dal sultano la mattina del 2 corrente, e la ragguaglia degli argomenti intorno ai quali si aggirò la conversazione in quella circostanza.

È un importante documento. V. E. ne rileverà con soddisfazione la lieta accoglienza fatta dall'imperatore al capo della nostra missione militare e sentirà particolare compiacenza nello scorgere dalla lettura delle cose narrate dal nostro ufficiale come già cominci a dissiparsi alla Corte sceriffiana l'impressione a noi poco favorevole che vi si era formata in seguito agli ultimi avvenimenti ed al lavorio di influenze a noi ostili.

V.E. rileverà altresì come, durante il colloquio, il sultano abbia espresso il suo gradimento per l'interessamento preso dal commendator Cantagalli in prò della pacificazione dell'Angera 2 , e come Sua Maestà si fosse dimostrata propensa a por termine all'ostilità. È da sperare che l'imperatore rimanga fermo in queste buone disposizioni3.

122

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, A GENOVA

L. PERSONALE. Roma, 12 settembre 1892.

È venuto stamane l'ambasciatore di Germania con un dispaccio scritto e un telegramma del suo Governo. Il dispaccio è del 7; il telegramma, di jeri sera.

Nel dispaccio è detto, con molti particolari, che il conte Tornielli si era mostrato, col conte Hatzfeldt, molto preoccupato per l'atteggiamento eventuale del nuovo Gabinetto inglese verso l'Italia; che la preoccupazione del conte Tornielli derivava dal silenzio con lui serbato da lord Rosebery, nel primo convegno, circa gli impegni segreti, e dalla oramai accertata paternità gladstoniana del noto articolo della Contemporary Review 1• Anzi, su questo punto, il conte Tornielli argomenta essere immutate le idee del Gladstone, espresse in quell'articolo, non solo dalla lettera sua allo Schilizzi, ma anche da sue recenti ed espresse dichiarazioni. Mal

2 Cfr. n. 112.

3 Brin rispose con D. 35813/219 del 23 settembre: <<Ella vorrà partecipare all'egregio ufficiale la mia approvazione per il linguaggio che ha tenuto nel suo colloquio coll'imperatore. Ad evitare poi la possibilità di apprezzamenti meno esatti intorno alle cose dette in quel colloquio dall'una parte e dall'altra sarà bene che delle medesime la S.V. dia opportuna notizia ai rappresentanti di Inghilterra e di Spagna». 122 l Cfr. n. 97.

grado tali preoccupazioni, era stato riconosciuto, tra il conte Tornielli ed il conte Hatzfeldt, che non conveniva provocare una spiegazione da lord Rosebery. Questi si sarebbe trovato imbarazzato verso i colleghi, e soprattutto in vista di già annunciate interpellanze del Labouchère. D'altra parte, tale è il consiglio del sotto-segretario permanente sir Ph. Currie, il quale lo esprime in termini così accentuati, da lasciar supporre che egli ne abbia, in certa guisa, la consegna dallo stesso lord Rosebery. Oltre di che, è da presumere che questi, elemento giovane ed indispensabile nel nuovo Gabinetto presieduto dal vecchio Gladstone, acquisterà rapidamente tanta autorità da poter liberamente operare secondo i nostri convincimenti. In tale stato di cose può bastare la dichiarazione di lord Salisbury che lord Rosebery sarà il continuatore della sua politica. E si rimase quindi intesi, tra Tornielli e Hatzfeldt, che questi, tranne istruzione diversa del suo Governo, si sarebbe astenuto da ogni iniziativa presso lord Rosebery, ed avrebbe lasciato che questi spontaneamente manifestasse il desiderio di una spiegazione. Tale è il sunto del dispaccio scritto.

Il telegramma riproduce, in termini pressochè identici pei punti sostanziali, ma molto più succintamente, il resoconto, come lo ha fatto Tornielli2, della conversazione tra Hatzfeldt e Rosebery. Anche nel resoconto di Hatzfeldt è notata, in tono che mi è sembrato alquanto incredulo, la affermazione di lord Rosebery non avere egli ancora preso notizia delle note scambiate; e vi è pure quasi testualmente riprodotta la importante frase sul contegno dell'Inghilterra nel caso in cui l'Italia fosse, da parte della Francia, oggetto di evidente aggressione. Nel telegramma, però, è detto che la conversazione sopra codesto tema fu per iniziativa di lord Rosebery; il conte Hatzfeldt era andato a parlargli di affari correnti, dopo i quali lord Rosebery portò spontaneamente il discorso sopra l'altro terreno. È singolare che Hatzfeldt abbia taciuto questa notevole circostanza a Tornielli, !asciandogli così supporre di avere egli, Hatzfeldt, contravvenuto alle intelligenze prese in seguito ad istruzioni del Gabinetto di Berlino.

Ho promesso al conte Solms di riferire ogni cosa a V.E. Ho però creduto opportuno di dirgli, in tono molto semplice, che V.E. non aveva mai avuto inquietudine od impazienza circa l'eventuale politica del nuovo Gabinetto inglese verso l'Italia. Ed il conte Solms fece eco al mio dire, rammentando un colloquio avuto in proposito con V.E.

121 l Non si pubblica.

123

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

R. RISERVATISSIMO 1049. Massaua. 13 settembre 1892 (per. il 27).

In questi ultimi tempi le notizie del Tigrè non sono gran fatto rassicuranti. Ras Sebath e ras Alula in un convegno ad Axum hanno tenuto propositi minacciosi

122 2Cfr. n. 119. 123 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso. tomo IX. cìt .. pp. 297-299.

per ras Mangascià e pare abbiano convenuto di volgere, secondo le circostanze, le armi sia verso il sud sia verso il nord per dividersi le spoglie dei paesi conquistati. Ora tuttavia pare si siano avviati a Macallè al solito convegno con ras Mangascià, forse per indurlo a far causa comune con loro o meglio per agire secondo i bisogni e le circostanze.

Ras Mangascià frattanto trema così da parte dell'imperatore come da parte dei grandi feudatari e manda da Macallè ad Adua, in grande segretezza, al nostro residente De Martino, un grido di dolore, nel quale rammenta come al Mareb il patto siasi giurato colla formula: «i miei nemici sono tuoi nemici, i miei amici sono tuoi amici».

Profittando di questa situazione, che svolgerò in altra mia relazione speciale, io do l'incarico a De Martino 2 di insinuarsi abilmente presso ras Mangascià, del quale il nostro residente gode la stima e la fiducia, di accentuargli i pericoli della situazione e di cercare di indurlo nel modo più opportuno a chiedere la mediazione del Governo dell'Eritrea, per trattare intorno al riconoscimento di Menelik, imperatore di Abissinia.

Da oltre tre mesi io studio la quistione anche da questo punto di vista: ora la credo matura ed ora sembra a me e sembra al dott. Traversi che un incarico simile potrebbe giovare assai alla di lui missione presso l'imperatore Menelik, il quale sarebbe lieto di vedersi liberato dai fastidi e dai timori che gli cagiona il Tigrè e scosso nella sua diffidenza dal vedere che il ramoscello di pace che aspettava dal clero tigrino gli venga ora portato dal rappresentante del Governo italiano.

La condizione principale che secondo me porrebbe Mangascià sarebbe il di lui riconoscimento a negus del Tigrè con un certo allargamento di territorio e col grado medesimo che occupava Menelik rispetto a Giovanni dopo l'escursione di questo ultimo alla frontiera dello Scioa. E di questa condizione sine qua non io ho avuto notizie così dai nostri residenti De Martino e Mulazzani, come da amici intimi di Mangascià, cioè da fitaurari John e dal signor Schimper. Ora pare anche al dott. Traversi che Menelik aderirebbe a questa domanda, vista l'ambizione sua di essere finalmente riconosciuto negus neghesti da tutta l'Abissinia, visto il timore che ha dei tigrini per domare i quali, malgrado il suo gran numero di soldati, non è ancora entrato in campagna, visto il contegno di lui nell'anno passato, quando mostrava intenzione di dare a Mangascià in moglie una sua figliuola e di nominarlo negus del Tigrè, vista la speranza o la sicurezza di togliere di mezzo i capi tigrini intransigenti e suoi implacabili nemici, visto infine l'impellente bisogno di salvare colla pace il paese dalla fame.

De Martino dovrebbe ottenere da ras Mangascià col massimo segreto, per evitargli i sospetti, che finirebbero in congiure, una lettera suppergiù del tenore seguente:

«Condiscendendo alla suprema volontà di S.M. il Re d'Italia ed alle premurose istanze del signor governatore dell'Eritrea, io dichiaro di essere pronto a riconoscere Menelik re dello Scioa a negus neghesti ed imperatore di Abissinia ed a fargli omaggio come a capo supremo, a patto che egli mi riconosca solo negus del Tigrè entro i seguenti confini ...

Prego poi il governatore dell'Eritrea a volersi incaricare delle trattative, affinché io possa, sotto l'egida del gran re d'Italia, condurre a bene la cosa senza pericolo mio, a maggior gloria dell'Altissimo e della prosperità e pace dell'Abissinia.

I miei amici etc ... ».

Il dottor Traversi recherebbe direttamente la lettera allo Scioa ovvero questa lo seguirebbe: in ogni modo essa sarebbe una prova diretta della lealtà, franchezza ed amicizia del Governo di Massaua, fino ad ora sospetto a Menelik; servirebbe a rafforzare nel Tigrè un principe pacifico, benevolo a noi e bisognoso di protezione; corrisponderebbe ai precedenti politici ed alle intenzioni del Governo di Sua Maestà facendo anche nel migliore e più efficace modo «agli occhi delle Potenze europee, apparire l'imperatore nell'orbita della influenza italiana»; infine preparerebbe una situazione meno torbida dell'attuale tra l'Eritrea ed il Tigrè e porgerebbe per avventura modo di domare i riottosi ed infidi ras tigrini.

A fine di regolare nel modo più sollecito e sicuro una reciproca corrente di comunicazioni fra il governatore dell'Eritrea e l'agente italiano presso l'imperatore, ho dato istruzioni al nostro residente in Adua affinché cerchi modo per stabilire un servizio di corrieri a traverso l'Abissinia per lo Scioa, servizio che ora dovrebbe essere un segreto per tutti tranne che per Mangascià e che potrebbe svolgersi poi da Adiquala dove abbiamo un residente e dove fa capo la linea telegrafica.

Tutto ciò è ancora in fieri; e quantunque il mio edifizio sia studiato con ogni diligenza nelle sue parti già da qualche settimana, quantunque si fondi sopra gli interessi reciproci, sopra la natura del cuore abissino e sopra le costumanze secolari di qui, quantunque corrisponda all'ambiente, può sfumare prima di sorgere. Molto dipenderà dall'accorgimento del capitano De Martino.

Ma credo opportuno di tentare la prova la quale in ogni caso mostrerà a ras Mangascià la premura nostra di trarlo d'imbarazzo ed agli altri potrà servire di ammonimento nel loro contegno avvenire.

Per ora il servizio di corrispondenza col dott. Traversi si farà per la via lunga di Aden e dell'Harar, valendoci del corriere settimanale or ora ristabilito e non essendo prudente corrispondere per via dell'Aussa. Il conte Salimbeni sarà intermediario e, quando sia compiuta la di lui missione, potrà servire egregiamente all'uopo il cav. Felter, che è già con me in corrispondenza di notizie e che è già favorevolmente conosciuto da codesto dicastero. Per ogni caso ho combinato col dott. Traversi un cifrario speciale. Ho scritto pure ufficialmente al conte Salimbeni 3 per pregarlo di inviarmi qualsiasi notizia interessante non solo la Abissinia ma eziandio i territori circostanti all'Harar. Come ho già scritto altra volta all'E.V. le mie relazioni con ras Makonnen sono cordiali.

La carovana frattanto si viene allestendo ad Assab, molto lentamente a dir vero, per la difficoltà di raccogliere in numero sufficiente cammelli atti al grosso trasporto e per le spinose trattative col sultano d' Aussa le cui apprensioni di attacchi abissini, vere o simulate, già da me segnalate alla E.V., sembra vadano crescendo. Per vincerne la ritrosia col mostrargli fiducia e per dargli modo di meglio guardare la carovana, rabbonendolo decisamente, dietro le proposte pressanti del cav. Pestalozza, ho creduto indispensabile accordargli una cinquantina di fucili Remington

da lui da tanto tempo agognati. il nostro agente Abdelrahman, amico di lui ed, a quel che pare, fedele a noi per antichi e nuovi interessi, parte oggi per l' Aussa con ritardo essendo stato negli ultimi giorni indisposto. A tutti questi inconvenienti si aggiunge ora il colera che per la quarantena rende più difficili le comunicazioni con Assab, mentre si segnalano non pochi casi di colera o di malattia somigliante al colera a Beilul ed a Gubbi, specialmente in quest'ultima località, mentre Assab è completamente immune, e le località infette sono isolate.

Il dott. Traversi andrà prossimamente ad Assab a fine di sollecitare i preparativi e di partire colla carovana. D'accordo con lui ed affine di corrispondere il meglio che per me si possa all'alto incarico che V.E. dimostra volermi affidare nell'ultima parte delle sue lettere scritte a me ed al dott. Traversi il 13 agosto4 , credo opportuno di scrivere una lettera con semplici complimenti d'uso all'imperatore d'Etiopia, a fine di avere in ogni caso, anche se andasse fallita la mediazione progettata, una via di amichevoli accordi che valgano a togliere di mezzo le diffidenze ed i sospetti concepiti da Menelik contro il Governo dell'Eritrea e manifestati in tutte le di lui ultime lettere.

123 2 Baratieri aveva dato le istruzioni a Dc Martino con D. riservatissimo 1172 dell'li settembre, non pubblicato.

123 3 D. 1175 del 12 settembre, non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

T. 2145. Livorno, 18 settembre 1892, ore 10,10 (per. ore 11,20).

Ho letto telegramma Miraglia del 17 1 . Sarebbe bene telegrafare ambasciata Vienna, che si comprende come delegati si ispirino al concetto di tutelare interessi economici, e quindi ricorrano ad ogni mezzo che loro pare raggiunga scopo, sollevando difficoltà introduzione vino. Invece dovrebbe ministro degli affari esteri esaminare questione diritto, e non permettere che ministeri tecnici ricorrano mezzi per violare trattati. Conviene far osservare ministro degli affari esteri come sarebbe molto più efficace, per calmare nostra opinione pubblica, qualche giusta concessione, circa ordinanza, che le disposizioni, date solo in via di fatto, anche fossero più larghe, per non ostacolare introduzione vino, come secondo telegramma Miraglia, sono disposti accordarci. Se, invece, contro ogni buon diritto, si tiene a mantenere rigidamente ordinanza, noi saremo obbligati protestare e dichiarare violato trattato: ciò che avrebbe deplorabili effetti, anche sotto aspetto politico. Disposizioni amministrative, quasi segrete, benchè efficaci, sotto aspetto economico, non raggiungerebbero scopo politico, che dobbiamo avere in mira, e che dev'essere interesse comune raggiungere. Ambasciata e Miraglia possono, nelle loro conversazwm, sviluppare questi concetti 2•

123 4 Cfr. n. 85. 124 I T. 2140, non pubblicato. è Le istruzioni di Brin furono inviate da Malvano a Vienna con T. 2083 dello stesso 18 settembre.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO S.N. Londra, 19 settembre 1892 1.

Nel mio rapporto delli 7 corrente 2 , ho manifestato a V.E. il mio parere circa il valore intrinseco dell'intesa stabilita fra l'Italia e l'Inghilterra con le note scambiate in febbraio 1887 e, nel tempo stesso, ho espresso l'avviso che sarebbe stato inopportuno e, sotto certi aspetti contrario all'interesse nostro, il provocare in questo momento le dichiarazioni del nuovo Gabinetto inglese sovra gli intendimenti suoi in riguardo a quelle preliminari intelligenze. Mi permisi, a conclusione del citato rapporto, di raccomandare si evitassero le occasioni di mettere a prova quanto oggi valessero ancora gli atti del 1887.

Io avea trovato consenziente nel pensiero che per ora non convenisse provocare alcuna dichiarazione di lord Rosebery, il mio collega di Germania il quale, al pari di me, stima che la posizione di questo ministro non è consolidata abbastanza perché egli possa affrontare fin d'ora le opposizioni che sorgessero nel Gabinetto stesso di cui fa parte e come me ritiene che gli interessi comuni delle Potenze alleate nulla avrebbero da guadagnare se la persona che attualmente presiede al Foreign Office si trovasse costretta da difficoltà interne a rassegnare l'ufficio. A queste considerazioni che s'imponevano nella situazione esistente qui, bisognava aggiungere che al conte Hatzfeldt, come pure a me, il sottosegretario di Stato permanente avea, benché non richiesto, dato il consiglio di non pressare lord Rosebery a pronunciarsi sovra cose per le quali occorressegli interrogare il Gabinetto. Tutto rimaneva inalterato fintanto che la nuova amministrazione non si fosse altrimenti pronunciata e giovava il lasciare largo margine di tempo al nuovo ministro per immedesimarsi delle necessità inerenti alla presente situazione politica dell'Europa. Queste cose erano state dette a me in termini velati da sir Ph. Currie. Ma dappoiché egli le avea ripetute anche al conte Hatzfeldt, era logico di credere che tale linguaggio fosse stato dettato da lord Rosebery ed esprimesse il desiderio suo di non essere provocato a dichiararsi.

Perciò, in privati colloqui, seguiti negli ultimi tempi, io avea detto al mio collega di Germania che, senza ordini del mio Governo, mi sarei astenuto dal muovere qui interpellanze in merito agli atti diplomatici del 1887; ma avrei saputo grado a lui di tenermi esattamente informato delle conversazioni che sovra questa materia, e principalmente sovra le presenti disposizioni del Gabinetto Gladstone verso l'Italia, egli avesse l'occasione di avere con lord Rosebery.

A prendere questo atteggiamento mi parvero consigliare le due considerazioni che sto per esporre.

Nel sistema germanico delle alleanze la previsione del contegno eventuale dell'Inghilterra nelle questioni del Mediterraneo, è una delle chiavi di volta che sostengono l'edificio. Il Gabinetto di Berlino non avea pigliato direttamente parte agli atti diplomatici seguiti in febbraio e dicembre 1887 fra l'Italia l'Austria Un

125 I Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Cfr. n. 118.

gheria e l'Inghilterra, ma ne era stato il Deus ex machina ed il conte Hatzfeldt che già in quel tempo ne era qui l'ambasciatore, dell'intesa risultante da quegli atti era stato principalissimo negoziatore. Non era da attribuirsi a lui od al suo Governo che non si fosse ottenuto dippiù nel senso degli interessi italiani. Nessuno certamente meglio di quell'illustre diplomatico tedesco era in grado di conoscere il pensiero che avea guidato i Governi alleati ed il Gabinetto di Londra nello accostarsi reciprocamente e di parlarne con l'autorità che gli viene dal Governo da lui rappresentato non meno che dalla sua persona.

Inoltre se al conte di Hatzfeldt era lecito lo spingersi innanzi nella esplorazione degli intendimenti di lord Rosebery senza nulla pregiudicare della situazione esistente, lo stesso non avrebbero potuto fare, a mio modo di vedere, i rappresentanti d'Italia o d'Austria Ungheria senza che, per il solo fatto dell'indagine, sembrasse presupporsi da loro che gli atti del 1887 abbiano perduto valore in seguito all'avvenuto cambiamento del Ministero inglese. Il conte Deym, ambasciatore di Austria-Ungheria a Londra era partito in congedo appunto nei giorni ne' quali si stava costituendo il nuovo Gabinetto Gladstone. Egli era allora nell'idea che non convenisse agli interessi del suo Governo il rimanere lungamente in forse circa il valore che il Ministero Gladstone riconoscerebbe alle note del 1887. Egli si proponeva anzi di chiamare sovra di ciò l'attenzione del conte Kalnoky tosto che lo vedrebbe in Vienna. Ma dippoi né io avea avuto sentore del pensiero del Gabinetto austro-ungarico a questo riguardo, né dal mio collega di Germania ne avea udito far menzione. La posizione del conte Hatzfeldt in questo affare era pertanto assai diversa dalla mia; egli avea una libertà di movimenti che a me mancava poiché, sebbene fosse più specioso che efficace l'argomento di sir Ph. Currie che le situazioni non mutavano finché i nuovi ministri non palesavano intenzioni nuove, tuttavia l'Italia non avrebbe servito alcun suo vero interesse pigliando spontaneamente, nei suoi rapporti con il Gabinetto di Londra, un contegno che indicasse la supposizione che un mutamento sostanziale già si fosse verificato.

Io era rimasto però nella convinzione che il conte di Hatzfeldt, a meno che vi fosse sollecitato da istruzioni speciali, avrebbe procrastinato assai più nello esplorare gli intendimenti di lord Rosebery. Mi aveva confermato in questa opinione lo avermi egli stesso, dopo un colloquio avuto con quel ministro il 31 di agosto, scritto in questi termini: «Dans ma conversation d'hier le su jet don t vous m'avez parlé n'a pas encore été touché. Mon interlocuteur ne semblait pas très disposé à causer de la situation générale et j'ai cru devoir m'abstenir de prendre l'initiative. Philip Currie, que j'ai vu ensuite, m'a renouvelé ses instances de ne rien presser, en donnant les raisons que vous connaissez».

In una situazione che io giudico delicatissima per gli interessi nostri che ne potranno dipendere in tempo più o meno prossimo, mi pare di non scarsa importanza la ricerca dei motivi che hanno potuto indurre il conte di Hatzfeldt ad uscire così presto e repentinamente dal contegno di aspettativa che egli stesso con me avea ripetutamente delineato dicendo non essere cosa spediente all'interesse de' nostri Governi lo affaccendarci attorno al nuovo ministro degli affari esteri e sovra tutto poi lo spingerlo anzi tempo a pronunciarsi circa le relazioni del nuovo Gabinetto inglese con il Governo italiano. Meglio gioverebbe lo aspettare che lord Rosebery venisse verso di noi, ciò che di certo avverrebbe quando della sua posizione nel Ministero egli si sentisse più sicuro.

Inclinerei ad escludere la supposizione di una iniziativa inaspettata presa da lord Rosebery nella sua conversazione del giorno 6 di settembre con il conte Hatzfeldt. Di questa iniziativa non fece cenno il mio collega nel riferirmi ciò che in quella occasione era stato detto dalle due parti.

Sarei dunque piuttosto disposto a credere che a rompere gli indugi siano venute speciali istruzioni da Berlino. M'induce anzi in questa opinione ciò che lo stesso conte di Hatzfeldt mi narrò del punto di partenza del suo colloquio il quale avrebbe preso le mosse dalle inquietudini palesatesi in Italia per la formazione del Gabinetto Gladstone, inquietudini per le quali lord Rosebery avrebbe espresso dispiacere. Alla osservazione che le opinioni palesate dal signor Gladstone od a lui notoriamente attribuite circa la linea di condotta adottata dall'Italia nella sua politica internazionale, giustificavano le apprensioni, lord Rosebery avrebbe risposto notando che si trattava di articoli di riviste non firmati e che la posizione oggi presa dal primo ministro nel Gabinetto, fors'anche a ragione della diminuzione della sua fisica vigoria, non poteva essere paragonata a quella da lui tenuta nelle precedenti sue amministrazioni durante le quali tutto si inspirava e quasi si faceva da lui solo. Presentemente il signor Gladstone avea innanzi a sè un solo obbiettivo da raggiungere, un solo grande impegno da mantenere, quello di dare assetto alle cose irlandesi. Non conveniva introdurre, nelle discussioni di un Gabinetto appena costituito in vista di un così vitale interesse interno, questioni che avrebbero potuto produrre, fra i componenti di esso, pericolose divergenze. Il linguaggio di lord Rosebery, così come mi fu riferito dall'ambasciatore germanico, avea lasciato qua e là trasparire il convincimento in cui sarebbe Sua Signoria di essere persona non gradita a talune frazioni del partito ora in maggioranza, ma necessaria al partito stesso per conservare il potere. Egli aspetta il consolidamento della sua posizione dall'esito della battaglia che gli impazienti impegneranno in febbraio venturo tosto che il Parlamento sarà aperto. Gli sarà allora imputato di essere nel Gabinetto liberale il guardiano della politica del Ministero conservatore. Attribuiva alla propria influenza nel partito suo il rispetto in cui era stata tenuta, durante le ultime sessioni parlamentari la politica internazionale di lord Salisbury. Da ciò era nata e si era propagata la opinione che, nei punti sostanziali, da quella politica egli non dissentiva. Delle note scambiate con l'Italia egli non avea ancora preso conoscenza. Non dagli impegni presi da un ministro, o da un altro, lascerebbesi condurre la opinione pubblica inglese, senza l'appoggio della quale nulla si potrebbe mai fare da qualsiasi Governo. Ma questa stessa opinione imporrebbe presentemente a chiunque fosse al potere in Inghilterra di sostenere l'Italia nel caso di evidente, non provocata aggressione per parte della Francia nel Mediterraneo. Soggiungeva però lord Rosebery che in tale senso l'opinione pubblica inglese non si pronuncerebbe invece se per querele di secondaria importanza l'Italia s'impigliasse in difficoltà gravi con la Francia. Queste cose erano dette però a titolo esclusivamente personale perchè lord Rosebery non avrebbe potuto parlare in nome del Governo altrimenti che interrogando i suoi colleghi del Gabinetto ciò che presentemente egli troverebbe inopportuno di fare.

Il conte di Hatzfeldt avea suggerito al suo interlocutore di dare maggiore precisione alle sue parole scrivendole in forma di appunto da avere valore strettamente verbale. Lord Rosebery vi avea consentito, e, dopo uno scambio di altre comunicazioni delle quali sir Ph. Currie fu intermediario, essendo Sua Signoria partita intanto per la Scozia, tale appunto risultò del tenore seguente:

«My personal view was this but it must be held to be nothing more, that in the event of France groundlessly attaching Italy, the interests of England as a Mediterranean and Indian Power, would bring her naturally to the rescue of Italy, while her sympathy as having so long and ardently cooperated in the cause of Italian freedom, would lead her in the same direction. That was my personal conviction, but beyond that I could say nothing and in any case I could not make an authoritative communication as from the British Cabinet to the Italian Gouvernment. My belief was simply this that in the eventuality that was dreaded and contemplated, the natura) force of things would bring about the defensive cooperation they desired».

Queste parole mi furono rimesse dal conte di Hatzfeldt il 14 di questo mese e dal mio telegramma di quel giorno 3 e da un altro precedente del dì 104 , V.E. ebbe diggià notizia di tutto ciò che precede.

Nel telegramma del 10 corrente ho espresso a V.E. l'avviso che sarebbe stato per noi preferibile che l'ambasciatore tedesco a Londra, seguendo le sue prime ispirazioni, non avesse provocato la dichiarazione che oggi ci troviamo posta dinanzi. Era impossibile illudersi circa l'esito che si sarebbe conseguito impegnando l'azione diplomatica con un ministro che nel Gabinetto non ha ancora posizione che gli permetta di affrontare con i suoi colleghi la discussione delle linee generali della politica estera da seguire. Tale posizione potrà consolidarsi? Potrà diventare preponderante? Che lord Rosebery Io pensi, è cosa che va da sé. Ma probabilmente nel Gabinetto vi sarà anche chi la pensa diversamente.

Fra quanche mese, forse anche prima della riunione del Parlamento la quale avverrà soltanto in gennaio o febbraio dell'anno prossimo, la situazione fattasi più chiara e sicura, avrebbe potuto dare norma a pratiche di maggiore efficacia. In sostanza la dichiarazione che lord Rosebery ha consentito a fare oggi, ha soltanto un valore dipendente dalla posizione che quel ministro confessa di non possedere ancora nel Gabinetto e che egli conta di guadagnarsi più tardi.

Delle disposizioni personali di colui che presiede agli affari esteri d'Inghilterra non ci è neppure lecito valerci in qualunque più riservata misura. Se questo già non si comprendesse da sé, ce ne renderebbero avvertiti le insistenti premure fattemi dal conte di Hatzfeldt perché io raccomandi al mio Governo il segreto il più assoluto sovra ciò che seguì in questi giorni fra lui ed il conte di Rosebery. Noi agiremmo contro l'interesse comune nostro e della Germania se anche soltanto nel linguaggio di giornali amici del Governo trasparisse cosa che potesse contrariare il lavoro di consolidamento della posizione sua personale al quale pare, in questo momento, intento l'attuale ministro degli affari esteri d'Inghilterra. A noi conviene che egli riesca nell'opera sua poiché noi ignoriamo le tendenze degli avversari che egli ha nelle mal connesse file della maggioranza ministeriale. Né a noi gioverebbe che ci si potesse addebitare qui od altrove di avere in qualche modo attraversata,

125 3 T. s.n .. non pubblicato. 4 Cfr. n. 119.

per impazienza nostra, la via che lord Rosebery sembrava proporsi di seguire. Una situazione politica che né da noi, né dagli alleati nostri può essere dominata, vuoi essere contemplata con animo calmo. Importa non avere illusioni e mantenerci, senza palesare inquietudini, nel contegno che ci permetta di aspettare le occasioni di ricondurre le cose in migliore via.

Benché l'azione diplomatica della Germania a Londra sia stata dettata manifestamente da un alto interesse politico suo proprio, noi dobbiamo tuttavia, a parer mio, dimostrarle gratitudine; ma non darle motivo di credere che vi siano in noi altre apprensioni da calmare. V.E. mi consenta in proposito un suggerimento e questo è che per ora si lasci svanire la memoria di queste pratiche intempestive, si aspettino gli effetti della lotta intestina del partito al quale lord Rosebery è ascritto e quando questi saranno chiari e sicuri, verrà il momento di esaminare le indicazioni che per l'indirizzo della nostra azione diplomatica in Inghilterra ne potremo ricavare. Il muoverei prematuramente ci fa correre il pericolo di agitarci nel vuoto.

Non era mestieri della testimonianza di lord Rosebery per sapere che le tendenze della pubblica opinione s'impongono in Inghilterra al Governo di qualunque partito. Ma l'autorità della persona investita attualmente dell'ufficio di ministro degli affari esteri, ci deve far avvertiti che, guadagnando agli interessi italiani il favore della opinione pubblica inglese assicuriamo ai medesimi il più saldo sostegno in questo Paese. Dal canto mio veglierò con la massima attenzione acciocché non avvenga che per mancanza di informazioni date in tempo, il Governo di Sua Maestà abbia ad ignorare in quale senso si manifesta l'opinione dell'Inghilterra nelle cose che più ci toccassero da vicino.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI

D. RISERVATO 35472/81. Roma, 20 settembre 1892.

Ho ricevuto il rapporto della S.V. n. 167/74, in data del 1° corrente'. L'intervento di monsignor Taurin nell'aggiustamento che il conte Salimbeni credette di accettare relativamente al prestito etiopico era stato esplicitamente richiesto dal nostro rappresentante, e quell'egregio sacerdote, dopo aver prestato i suoi buoni uffici, firmò l'atto come semplice testimonio, al pari del signor Tian. Debbo aggiungere che nell'attuale nostra situazione all'Barar importa al R. Governo che i suoi agenti si tengano in buoni rapporti con quel distinto prelato, mentre il Ministero scrivente ha potuto convincersi che l'azione e l'influenza da lui esercitata presso Makonnen è del tutto estranea ad intrighi politici.

126 I Non pubblicato, nel quale Cecchi esprimeva la sua avversione alla partecipazione di monsignor Taurin de Cahagne all'atto di liquidazione del prestito all'Etiopia.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2211. Vienna, 23 settembre 1892, ore 21,30 (per. ore 23,15).

Nel colloquio che ho avuto col conte Kalnoky, ho esposto le considerazioni contenute nel telegramma di V.E. del 18 1 , insistendo perché si adoperasse a far accordare dai suoi colleghi opportune concessioni circa ordinanza IO agosto. Kalnoky mi ha risposto che la questione era attualmente sottoposta all'esame di persona speciale e che dopo tale esame soltanto avrebbesi potuto vedere se eravi modo di fare concessione. S.E. ha aggiunto che ammetteva ordinanza potesse forse essere suscettibile di qualche modificazione, ma non si poteva disconoscere nel Governo austro-ungarico il diritto di stabilire certe prescrizioni per introduzione vini italiani. Kalnoky mi ha detto, si rendeva conto delle difficoltà esistenti in Italia, ma che non si doveva ignorare che uguali difficoltà esistevano in Austria-Ungheria. Egli aveva da trattare e mettere d'accordo tre ministri austriaci e tre ungheresi aventi opinioni proprie. Numerose continue erano le domande rivoltegli da sudditi austro-ungarici per impedire che concessioni fossero fatte all'Italia circa ordinanza. Quanto al lato politico della qurstione mi disse non scorgere come tassa in questione riguardante interesse puramente materiale, potesse aver influenza sulle relazioni reciproche, ed accennò frequenti conflitti economici che sorgono tra l'Austria e la Germania senza che i rapporti dei due Paesi se ne risentanto. Mi permisi a questo proposito far osservare a S.E. come opinione pubblica in Italia fosse abbastanza agitata a motivo interessi che si rannodano a questione di cui aspettasi con viva impazienza soluzione, ma Kalnoky, senza volermi dare alcuna assicurazione in proposito, concluse col promettermi avrebbe continuato col maggior impegno ad occuparsi della questione, ed adoperarsi presso i ministri competenti perché si addivenisse ad un accordo.

128

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 24 settembre 1892, ore 19.

Le roi Charles, qui compte se rendre vers la mi-octobre en Allemagne pour régler le mariage du prince héritier, désirerait, avant son départ, de voir signés et ratifiés !es actes d'adhésion de l'Italie et de l' Allemagne au traité d'alliance austro-roumain. A cet effet, par l'entremise de mon collègue d'Autriche-Hongrie,

127 I Cfr. n. 124, nota 2.

il a fait, hier, prier le comte Kalnoky d'intervenir, le plus tòt possible, à Rome et à Berlin pour l'expédition des instruments et des pleins pouvoirs relatifs. Les pleins pouvoirs roumains seront, cette fois aussi, expédiés à Vienne pour surcroit de prudence. Je ne voudrais pas me présenter à Sa Majesté sans un mot rassurant de V.E. 1

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA

Roma, 24 settembre 1892, ore 22,20.

Ricevo il telegramma relativo al suo colloquio con conte Kalnoky 2 e ne la ringrazio. Per ben chiarire la cos~ e per norma del suo linguaggio desidero però mettere in sodo questi due punti: l) che noi non domandiamo punto concessioni oltre il trattato e desideriamo solo che questo sia integralmente rispettato nonostante la pressione dei contrarii interessi; 2) che il cattivo effetto politico deriverebbe non già dalla esistenza di un dissidio economico di cui abbondano esempi anche tra Stati amici, sibbene dal convincimento del torto che ci si farebbe venendo meno, verso di noi, alla puntuale osservanza di un trattato3 .

130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. S.N. Roma, 24 settembre 1892, ore 23.

Si le roi vous interroge 1 vous pouvez dire que le Gouvernement de Sa Majesté continue d'ètre animé, envers la Roumanie, des sentiments les plus amicaux, mais qu'aucune ouverture ne nous ayant été faite jusqu'ici pour notre accession éventuelle, on n'a pas eu l'occasion d'étudier la question, ni par conséquent de vous donner, sur ce sujet, une instruction spéciale.

129 l Il registro dei telegrammi in partenza passa per errore dal n. 2145 al n. 4146.

2 Cfr. n. 127.

3 Si pubblicano qui alcuni passi del T. 2261 del 29 settembre con cui A varna riferiva su un colloquio con Kalnoky. Questi «gli aveva dichiarato che era d'accordo con V.E. non doversi sacrificare importanti interessi politici per alcuni barili di vino ... Ma S.E. dichiarò non poter ammettere che ordinanza violasse trattato giacché Governo austro-ungarico aveva pieno diritto prescrivere quei provvedimenti, che credeva necessarii a tutela proprii interessi ... Nell'accomiatarmi, avendogli io vivamente raccomandato questione, Kalnoky mi pregò assicurare nel modo più formale V.E. del suo miglior volere, e che egli si adopererebbe col massimo impegno a Vienna e Pest per accelerare la cosa e perché si addivenga ad una intesa».

128 l Per la risposta cfr. n. 130.

130 l Risponde al n. 128.

131

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1944/838. Parigi, 25 settembre 1892 (per. il 27).

La France militaire, che qui si pubblica, è un giornale notoriamente sussidiato dal Ministero della guerra, il quale, a quanto si crede, esprime sovente idee personali del signor de Freycinet, ed anche, in recenti occasioni, non si espresse in termini simpatici verso l'Italia. Importa perciò che non passi inosservato dall'E. V. un articolo che, sotto il titolo «insinuation perfide», esso inserisce oggi circa le fortificazioni del porto di Biserta e l'atteggiamento della stampa inglese relativamente a tale fatto. Tutta la portata dell'articolo sta appunto in una «insinuazione», in quella, cioè, di lodare la moderazione delle apprezziazioni dell'Italia rispetto a quel fatto, mettendo in vista la eventualità d'un'alleanza dell'Italia e della Francia nel Mediterraneo, per tema della quale soltanto l'Inghilterra ora agiterebbe davanti a noi lo spauracchio di Biserta.

V.E. troverà qui unito l'articolo della France militaire 1•

132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO

D. 36144/310. Roma, 25 settembre 1892.

Nel rapporto del 14 corrente1 , V.E. mi ha riferito che il barone Calice, prima di partire in congedo per Vienna, ha avuto una lunga udienza dal sultano, il quale, esprimendo vivo desiderio di mantenere relazioni di cordiale amicizia coll'Austria-Ungheria e colle Potenze a questa alleate, avrebbe anche manifestato la speranza di ottenere il benevolo appoggio delle Potenze stesse, qualora la questione dell'occupazione dell'Egitto, da parte dell'Inghilterra, venisse ad essere messa di nuovo sul tappeto.

Sono grato a V.E. di queste interessanti notizie. Non ho d'uopo di aggiungere che non spetta certamente a noi di prendere, rispetto alla questione di cui trattasi, una iniziativa qualsiasi. L'atteggiamento che, almeno per ora, a noi conviene, è quello di un assoluto riserbo.

131 1 Non si pubblica. Brin rispose con D. 36789/830 del 30 settembre di cui si pubblica il passo seguente: «Ella sa, d'altra parte, con quale diligente oculatezza il R. Governo segue lo sviluppo delle fortificazioni francesi in Biserta; può quindi giudicare qual conto io faccia delle idee svolte nell'articolo di cui è parola. Né il signor de Freycinet può supporre che la conversione di Biserta in porto militare, quando si effettuasse, potrebbe !asciarci menomamente indifferenti». Dell'articolo della France militaire venne data notizia «per sua particolare informazione» all'ambasciatore a Londra con D. 36542/440 del 29 settembre. 132 1 R. 673117. non pubblicato.

133

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1975/851. Parigi, 28 settembre 1892 (per. il 2 ottobre).

Alcune parole essendo state scambiate nell'odierna mia udienza da questo signor ministro degli affari esteri tra lui e me intorno al reciproco voto di veder perdurare e svilupparsi rapporti amichevoli fra i due Paesi, S.E. si compiacque di constatare che in questo momento tutto era calmo in Europa e permetteva di credere assicurata la pace.

Epperò, anche per ciò che riguarda i nostri rapporti, il signor Ribot tirava un buon augurio dalla situazione generale e si felicitò in ispecie che nessuna nuova difficoltà, nessun incidente sia sorto in Tunisia e sia ridivenuto, come già avvenne, oggetto di preoccupazione o di amarezza. Egli ne attribuiva in gran parte il merito alla saviezza e prudenza del signor Massicault, facendone un grande elogio e compiacendosi anche della splendida situazione finanziaria ottenuta nella Reggenza mediante una buona amministrazione. Accennò poi, ed è per ciò principalmente che ricordo questa parte del nostro colloquio, alle recenti notizie sparse circa qualche fatto avvenuto al confine tripolitano 1 e si querelò di esagerazioni ed invenzioni diffuse in mala fede o per ignoranza e leggerezza o con secondi fini. Così menzionò ciò ch'erasi racc0ntato a proposito di qualche contestazione tra tribù finitime e mi parlò pure di tre soldati francesi che, secondo un telegramma emanato, diss'egli, da fonte italiana, sarebbero entrati sul territorio tripolitano e sarebbero stati ricondotti al confine, invenzione questa ch'era la ripetizione pura e semplice d'altra informazione identica telegrafata da un ignoto corrispondente due anni addietro.

Il linguaggio del signor Ribot tendeva evidentemente a mostrare che la Francia non pensava per nulla a Tripoli2.

134

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 936/506. Londra, 29 settembre 1892 (per. il 14 ottobre).

I rapporti che codesto r. ministero ha ricevuti e che a me furono comunicati coi dispacci del 17 e 19 corrente 1 , tolgono ogni importanza a ciò che è

2 Si pubblica qui il seguente passo del R. 1116/490 del 29 settembre di Beccaria: «Feci notare al segretario di Stato --il .quale convenne in questo apprezzamento --che se le prime notizie relative all'incidente di Uazzen ne avevano esagerato l'importanza, sta però fermo -secondo riferisce il r. consolato generale in Tripoli -il fatto grave e caratteristico che l'autorità francese in Tunisi mantiene la sua pretesa di prelevare imposte fondiarie da una tribù stabilita sovra un territorio appartenente alla Reggenza, ponendo in pratica in quella regione lo stesso sistema di graduale invadimento adoperato dal Governo della Repubblica verso il Marocco». 134 l D. 34983/421 del 17 settembre e D. 35266/425 del 19 settembre, non pubblicati.

accaduto sulla frontiera tripolo-tunisina. E noi dobbiamo esserne tanto maggiormente lieti, in quanto che le condizioni presenti in Inghilterra non sarebbero state favorevoli per interessare questo Governo a fissare la sua attenzione sovra simile faccenda.

Non avrei motivo di ritornare, in questo mio carteggio, sovra siffatto incidente se non istimassi opportuno richiamare alla memoria di V.E. una circostanza che mi pare degna di particolare attenzione.

Allorché io parlai delle notizie che per la via di Tunisi erano pervenute a V.E. circa l'occupazione di Uazzen da parte di un corpo di qualche migliajo di soldati franco-tunisini2 , sir Ph. Currie mi disse che uguali informazioni erano pervenute al Foreign Office e che le medesime pervenivano dall'agente italiano a Gabes che ne affermava l'autenticità. Ora che si avranno avute anche qui notizie che non solo attenuano grandemente, ma quasi distruggono totalmente l'importanza dell'accaduto3, mi pare certo che al Foreign Office, già portato a credere che da noi, di proposito deliberato, si esagerino le cose di quei Paesi, sarà rimasta l'impressione che dalle relazioni degli agenti italiani convenga stare in guardia. Oltre al danno presente ne potrebbe risultare uno molto maggiore quando veramente si producessero fatti di seria importanza che, riferiti qui, incontrassero l'incredulità del Foreign Office. Non mi sembrerebbe pertanto fuori di proposito che gli agenti nostri fossero ammoniti di meglio assicurarsi della realtà delle cose sovratutto prima di darne notizia ai loro colleghi inglesi 4 .

133 l Cfr. nn. 117 e 120.

135

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 30 settembre 1892, ore 20,30.

Mon collègue d'Autriche-Hongrie est venu me dire au nom de Kalnoky, que la notification concernant le renouvellement du traité austro-hongrois -roumain sera faite incessamment à V.E. Pour ce qui est des instruments relatifs à notre adhésion éventuelle, Kalnoky est tout prèt !es faire dresser à Vienne, ainsi qu'il a été pratiqué la dernière fois; mais, pour ce faire, ne voulant pas avoir l'air de s'imposer, il lui suffirait un mot de notre part. Je me suis exprimé avec le roi que j'ai vu hier à Sinaia, dans !es termes de votre télégramme du 25 1 . Il voudrait toujours que notre accession et celle de l'Allemagne soient signées avant son départ, afin d'engager plus que jamais ses deux ministres. Mon collègue d'Allemagne a sollicité, lui aussi, envoi des instruments et des pleins pouvoirs.

134 2Cfr. n. 117.

3 Cfr. n. 120.

4 Per la risposta di Brin cfr. n. !51.

135 l Cfr. n. 130.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. RISERVATISSIMO 36805/377. Roma, 30 settembre 1892.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare la S.V. illustrissima dell'importante suo rapporto n. 1049 protocollo riservato 2 . Approvo di gran cuore il progetto d'una nostra mediazione fra l'imperatore d'Etiopia e i ras tigrini, e confido potremo riuscirvi. Prego la S.V. di voler considerare se a viemeglio assicurare il nostro successo non fosse opportuno evitare nella lettera di ras Mangascià al nostro residente dott. De Martino, che sarebbe destinata a mostrarsi a Menelik, le espressioni «suprema volontà di S.M. il Re d'Italia, sotto l'egida del gran re d'Italia», le quali potrebbero suonare alle orecchie del negus come un nostro protettorato e rinfocolare i suoi antichi sospetti contro l'Italia, abilmente sfruttati dagli agenti stranieri allo Scioa. E tale pericolo esisterebbe forse pure nel fatto che la traduzione amarica esatta di simili frasi può ben di rado attenersi.

Ad ogni modo si tratta d'un semplice scrupolo che non dovrebbe intralciare o differire il negoziato se la lettera di Mangascià all'arrivo del presente dispaccio fosse già in viaggio per lo Scioa. Ho creduto utile però di chiamare l'attenzione della S.V. illustrissima su questo punto e di raccomandarle, anche per l'avvenire, la maggiore cautela, rimettendomi del resto intieramente al suo illuminato giudizio.

137

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 707/329. Therapia, r ottobre 1892 (per. 1'8).

Ieri dopo il selamlik il sultano mi ricevette in udienza particolare.

Sua Maestà m'intrattenne a lungo, chiedendomi prima notizie delle Loro Maestà ed esprimendosi in termini di molta cordialità verso S.M. il Re. Mi disse quindi che apprezzava la politica del R. Governo. Entrato così sull'argomento esposi a Sua Maestà i principì ben noti che guidano la nostra politica e quella dei nostri alleati ed il vivo desiderio dell'Italia di veder mantenuta la pace.

Sua Maestà rispose confidare che il R. Governo tenesse anche giusto conto per parte sua della politica da egli seguita, la quale pur tende al mantenimento della pace e dello statu quo.

Il sultano poi mi disse contare sulla benevolenza del R. Governo nelle trattative che si faranno coll'Inghilterra per la questione d'Egitto. Risposi che avrei comunicato questo suo desiderio, ma essere necessario per ciò l'accordo del suo Governo· coll'Inghilterra.

Sua Maestà mi assicurò che in questo senso appunto considerava la questione e si tornò a parlare della politica generale ed accennando il sultano alle voci talvolta messe in corso dalla stampa sulle intenzioni dell'uno e dell'altro Gabinetto, ed alle diffidenze che ne risultano, profittai dell'occasione per esporgli come egli non debba formare il suo criterio su certe notizie pubblicate dalla stampa con tendenze ed intenzioni di ostilità fra un Governo e l'altro. Dissi che l'Italia più d'ogni altra Nazione vedeva le cose che la concernono svisate da certa stampa, e che Sua Maestà doveva stare molto in guardia su questo argomento.

Il sultano mi parlò infine del suo desiderio di avere un'esposizione nazionale a Costantinopoli e desiderare di avere informazioni sul modo col quale erano state ordinate le esposizioni di Milano, Torino e Palermo, di conoscere i piani e i regolamenti, avendo sentito parlare con molto favore di queste mostre.

Credetti opportuno di cogliere questa prima occasione all'iniziarsi della mia missione per ben chiarire al sultano il concetto della nostra politica e delle nostre alleanze. In un primo colloquio col gran vizir avevo già esposto questi sentimenti, affermando la nostra ferma intenzione di mantenere la pace e lo statu quo. Ciò mi appariva necessario per dissipare le diffidenze che molte volte si fecero sorgere nell'animo del sultano circa agli intendimenti dell'Italia.

Nella lotta d'influenze fra le diverse Nazioni che qui sempre esiste, rinfocolata talvolta da eccessi di zelo degli agenti, l'Italia fu sovente rappresentata agli occhi del sultano come Potenza che cerca ingrandimenti a danno dell'Impero.

Il gran vizir riferì le mie parole al sultano, il quale se ne compiacque meco, e se mi verrà dato in avvenire di fare entrare sempre più il sultano nel concetto vero e reale della nostra politica, credo avrò compito opera proficua.

Circa alle cose d'Egitto il sultano ripetè, con minori particolari, le cose dette al barone Calice, e la mia risposta fu evasiva e conforme a quella dell'ambasciata austro-ungarica1• N o n credetti del resto prudente di protrarre la conversazione sull'argomento. Il sultano è spinto dalle influenze musulmane a tener viva la questione per non perdere il prestigio del Califfato.

Sua Maestà personalmente fu assai cortese per me e mi disse congedandomi «aver molta fiducia nell'ambasciatore che Sua Maestà aveva accreditato presso la sua persona».

136 l Ed. in L'Italia in Aji-ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 299-300. 2 Cfr. n. 123. Brin comunicò la sua approvazione anche con t. riservatissimo 4194 dello stesso 30 settembre, non pubblicato.

138

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI1

D. 37122/83. Roma, 3 ottobre 1892.

Accuso ricevuta e ringrazio la S.V. del pregevole suo rapporto n. 177/79 in data del 22 u.s. 2 relativo alle incursioni abissine nell'Ogaden. Le raccomando, al

138 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 306-307

2 Non pubblicato.

pari dei miei predecessori, la massima cautela allorquando la S.V. abbia occasione di tener discorso con coteste autorità britanniche relativamente a quella regione, ed alle razzie sopradette. Giacché mentre i nostri agenti in Etiopia hanno istruzione di dissuadere Makonnen da siffatte operazioni di guerra, ed in ogni caso di raccomandare sempre il rispetto delle tribù vicine alla costa che stanno sotto il protettorato inglese, è evidente che l'Italia non potrebbe riconoscere pretesa alcuna da parte dell'Inghilterra sui territori dell'Ogaden, altrimenti diverrebbe derisoria la delimitazione sancita col protocollo 24 marzo 1891 3 se la sfera d'influenza riconosciutaci alla sinistra del Giuba venisse ridotta ad una striscia sottilissima di territorio dall'espansione britannica dalla parte del golfo d'Aden. Sarebbero intempestive però delle discussioni su tale argomento e dobbiamo contentarci di essere sempre molto cauti e di fare le opportune riserve nel caso solo che divenissero necessarie.

137 l Cfr. n. 132.

139

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

Roma, 5 ottobre 1892.

Lord Vivian mi ha fatto comunicazione verbale d'un telegramma del suo Governo che dichiara che in seguito al nostro desiderio ha dato ordine che l'invio dei regali alla regina di Abissinia sia ritardato di qualche giorno fino dopo eseguita la missione Traversi e che questi regali anziché inviati con missione speciale lo sieno con corriere ordinario.

Lord Rosebery nell'informare lord Vivian di questo ordine soggiunge che lo ha dato per secondare i desideri del Governo italiano e per dimostrargli i sentimenti amicali che nutre per esso.

Ho risposto pregando di ringraziare il Governo inglese non solo per il fatto in sé che risponde al nostro vivo desiderio di mantenere le cose tranquille in Abissinia ma anche più per lo spirito che aveva informato la disposizione data da lord Rosebery e per il pensiero di averci informato dei sentimenti che ispirano il Governo inglese 1 .

138 3 Cfr. serie Il, vol. XXIV, n. 151.

139 l Annotazione a margine: «Comunicare disposizione interessati in Africa (Baratieri, Cecchi, Traversi) e poi fare comunicazione ambasciate Vienna, Parigi, Berlino, Londra, Costantinopoli». Il dispaccio inviato a Berlino, Londra e Parigi il 7 ottobre (ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo lX, cit. pp. 307-308) faceva la storia della questione e concludeva: «La decisione suddetta del Governo britannico ed il modo gentilissimo col quale mi venne comunicata, oltre all'importanza speciale che risponde al nostro vivo desiderio di conservare intatta la nostra posizione politica in Abissinia. costituisce una prova evidente che il Gabinetto liberale inglese intende di perseverare in quella politica di stretta amicizia coll'Italia che fu seguita dal Gabinetto presieduto dal marchese di Salisbury. E su questo mi preme di chiamare tutta l'attenzione di V.E.».

140

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 958/519. Londra. 5 ottobre 1892 (per. il 12).

Ringrazio V.E. di avermi comunicato con il suo dispaccio delli 29 settembre1 , il sunto di un articolo della France militaire relativo alla diversa intonazione di linguaggio che si è notata negli ultimi tempi fra la stampa inglese ed italiana circa i lavori di Biserta.

Sta in fatto che, in alcuni giornali inglesi che riflettevano le idee del Gabinetto Salisbury e che altre volte osservavano un linguaggio moderatissimo e riservato circa il consolidamento progressivo della posizione presa dai francesi in Tunisia, sono comparsi articoli che in quelle colonne non avrebbero avuto ospitalità se quel Gabinetto fosse tutt'ora al potere. Ma io non sono inclinato ad attribuire al linguaggio di quella parte della stampa inglese lo scopo assegnatole dalla France militaire. Non credo che il partito che ha rassegnato il potere in agosto ultimo si proponga di agitare agli occhi degli italiani lo spauracchio di Biserta per tema di un accordo franco-italiano per la questione del Mediterraneo. Scorgo piuttosto nel linguaggio odierno dello Standard, del Morning Post, ecc., uno di quegli effetti naturali che si producono tutte le volte che un partito, cessando di essere governo, non esita a profittare di qualunque cosa gli sembra poter dare imbarazzo agli avversari divenuti governanti. Se, come taluni credono, il Gabinetto Salisbury dovrà rientrare in ufficio fra pochi mesi, per certo quei giornali smetteranno subito di farsi eco degli articoli dei diari tedeschi e viennesi relativi a Biserta.

Non è che in Francia manchino menti lucide che comprendono che della competizione malauguratamente suscitata fra quel Paese e il nostro per la questione tunisina, profittano soltanto gl'interessi dell'Inghilterra nel Mediterraneo. Mi rammento che, trovandomi io a bordo della corazzata «Italia», in rada di Barcellona, con il signor Paolo Cambon, allora ambasciatore di Francia a Madrid, quel mio collega, vedendo a breve distanza da noi le poderose squadre del suo Paese e dell'Inghilterra, esclamava «eppure in questo mare vi è posto per voi e per noi se una fatalità non ci sospingesse gli uni e gli altri a far il vantaggio dei terzi». Onde se nella France militaire come V.E. mi scrive, si riflettono spesso le idee personali del signor di Freycinet, quell'articolo che a me fu da lei segnalato, potrebbe avere una certa importanza, ma più dal punto di vista del pensiero francese che non da quello degli scopi supposti della politica britannica.

140 l Cfr. n. 131, nota l.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

Roma, 6 ottobre 1892, ore 22, 45.

Difficoltà con Governo austro-ungarico per applicazione trattato anziché appianarsi, si aggravano. Austria ha proibito transito ferrovie austriache vagoni cisterne con uve pigiate diretti a piazze di Germania basandosi su convenzione filosserica Berna 1881 che prescrive che uve pigiate non possono trasportarsi che in fusti di almeno cinque ettolitri di capacità. Capacità indicata fu prescritta per meglio assicurare fermentazione e morte filossera e questo risultato si ottiene meglio con grandi recipienti. Difatti Germania e Svizzera che fanno parte convenzione Berna ammettono trasporto uve pigiate in vagoni cisterna. Si è fatto conoscere a Vienna che questione ha gravità immensa per noi, poiché proibendo persino il semplice transito si cerca danneggiarci annullando un patto del nostro trattato con la Germania. Difatti molti contratti furono stipulati con negozianti Francoforte ad altre piazze per uvi pigiate con consegna a Monaco da dove negozianti tedeschi dovrebbero farle proseguire. Malgrado nostri reclami, Governo austro-ungarico ha inviato nota confermando proibizione transito e invitandoci a pubblicare avviso proibizione transito, ciò çhe faremo. Facile prevedere impressione che produrrà una misura così ostile e che contrasta con quanto si è sempre praticato e continua a praticarsi da Svizzera e Germania. Siccome sono implicati anche interessi negozianti e fabbricanti vino germanici, la informo di quanto sopra. Veda se codesto Governo crede sia il caso di unire i suoi ai nostri reclami 2 .

142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL DIRETTORE GENERALE PER L'AGRICOLTURA NEL MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, MIRAGLIA, A VIENNA

T. 4253 1 . Roma, 7 ottobre 1892, ore 9,45.

Oramai conviene considerare il caso possibile che trattative da lei condotte con tanta intelligenza non approdino, in tale caso vorrei avere suo apprezzato parere se per parte nostra converrebbe adottare misura denunzia trattato. Ad ogni modo, in presenza quanto avviene circa interpretazione trattato, conviene essere molto oculati nello stabilire ed accettare accordi 2 .

2 Per la risposta cfr. n. 145. 142 l Minuta autografa.

2 Per la risposta cfr. n. 143.

141 1 Minuta autografa.

143

IL DIRETTORE GENERALE PER L'AGRICOLTURA NEL MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, MIRAGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2333. Vienna, 7 ottobre 1892, ore 19,40 (per. ore 22).

Posso assicurare V.E. che ho sempre riservati ed affermati nostri diritti ed ho detto che se ci prestavamo a discutere proposte di modus vivendi, ciò era per solo buon volere da nostra parte, ed ho soggiunto sempre che se ad equi accordi non si fosse giunti il Governo avrebbe adottato i provvedimenti necessari per salvaguardare i propri diritti; e questa dichiarazione se appena opportuna ripeterò nella probabile conferenza di domani, e sempre che occorrerà. Ringrazio vivamente V.E. per richiestomi parere pel caso in cui non si giungesse ad un accordo. Ho pensato più volte a questo caso. Consenta però che di questo gravissimo argomento faccia ancora esame e le sottometta per lettera mio parere. Se domani avremo conferenza tra due o tre giorni potremo fare previsione abbastanza fondata risultato finale, salvo nuove sorprese come quella delle uve pigiate.

144

L'ADDETTO NAVALE A BERLINO E VIENNA, VOLPE, AL MINISTRO DELLA MARINA, DE SAINT-BON1

R. RISERVATISSIMO 166. Vienna, 7 ottobre 1892 (per. il 9).

In ordine ad un argomento comunicatomi a Roma, in via riservata e confidenziale, dal tenente di vascello conte Soltyk, addetto navale austro-ungarico, credo dover inoltrare a cognizione dell'E.V. il riassunto di alcune dichiarazioni, fattemi ieri, egualmente in via riservata e confidenziale, dal capitano di vascello Lehnert, capo della cancelleria (Gabinetto) alla sezione di marina del Ministero della guerra; e nel contempo fiduciario personale e segretario di ufficio di S.E. l'ammiraglio Sterneck.

Non trasmetterei alla E.V. una tale nozione se non fossi mosso dal convincimento che, in proposito, è bene, da parte mia, evitare possibilità di equivoci presso i due ministeri interessati nella quistione; e non necessarie perdite di tempo alla

E.V. da cui dipendo.

Il capitano di vascello Lehnert, facendo punto di partenza una lettera confidenziale del Soltyk, datata 30 settembre u.s., mi ·disse sapere del colloquio avvenuto in Roma fra lo indicato addetto navale ed il sottoscritto, della successiva udienza che quell'ufficiale avrebbe dovuto avere con l'E. V.

Negli schiarimenti che il comandante Lehnert credette convenevole affidarmi; ne' suoi prolungati preamboli, innanzi di concretare, nelle sue stesse esitanze, sopra un punto importante; e, finalmente, nella severa affermazione che il Soltyk avea oltrepassate (parole del Lehnert) le proprie istruzioni con lo indicarmi -ufficiosamente -una intenzione vera, ma non facilmente attuabile di S.E. l'ammiraglio Sterneck, compresi che il Soltyk venne messo in una posizione temporaneamente penosa, per una imprudenza del Lehnert medesimo; comunque lodevole possa essere stato, da parte di questo distinto funzionario, il primo impulso di giovare al proprio ammiraglio ed alla propria marina.

Non posso forzare l'attenzione dell'E.V. sugli argomenti ausiliari e secondari svoltimi dal Lehnert; ma, indico immediatamente -per linee generali -genesi della cosa; tendenze; e fatto principale.

Il Lehnert dichiarò che è desiderio vivissimo dell'ammiraglio Sterneck rappresentare alle delegazioni dello Impero la necessità di una sostanziale modifica nel programma da lui stesso tracciato circa il compito difensivo della marina imperiale e reale; e confessò che da lunga pezza è nutrito in segreto dal detto ammiraglio il disegno di uno scambio di idee, da persona a persona, con la E. V. Però, a queste asserzioni significative fa seguito una filza di obbiezioni e di difficoltà, tutte di indole locale le quali cerco riassumere:

l) la subordinazione dello Sterneck, a grado eguale, dal ministro della guerra; 2) la dipendenza della intiera marina imperiale e reale dal detto ministro, il quale è considerato legalmente responsabile, in pari grado, ad un tempo, e dell'esercito e della marina; 3) la circostanza che non esiste di dritto un proprio e vero Ministero della marina; ma una semplice sezione di marina; emanazione diretta ed immediata del Ministero della guerra; 4) la circostanza che ministro della guerra, in persona; e capo di Stato Maggiore dello esercito, in persona, non sono disposti a favorire un ingrandimento della marina; e molto meno una indipendenza della marina dallo esercito; e finalmente 5) la condizione singolare che l'ammiraglio Sterneck ambisce proprio e l'uno e l'altro risultato finale; ingrandimento, cioè, ed indipendenza, come corona di decennale indefesso lavoro.

Posto un tale stato complicato di cose, il Lehnert, dicendosi interprete di un sentimento intimo del propio capo, faceva notare:

l) l'ammiraglio Sterneck, a malgrado il suo buon volere, non può fare il primo passo. Egli non potrebbe lusingarsi di accaparrare, in ciò e con tal metodo, la indispensabile autorizzazione speciale e l'appoggio palese del proprio sovrano;

2) doversi quindi trovar mezzo che, prendendo a base un interesse presente ed immediato della r. marina italiana, partisse da Roma il primo cenno, di una intesa

o di una disposizione iniziale ad intendersi fra' due Governi o direttamente; od in via preliminare fra il ministro della marina in Italia ed il comandante superiore della marina in Austria. Lo interesse presente ed immediato dovrebbe essere il tema od il bisogno di cooperazione delle due marine da guerra, italiana ed austro-ungarica, in caso di conflagrazione europea, durante il periodo di alleanza.

Questo il sunto e la sintesi del colloquio Lehnert.

Compio, con la presente, al dovere di avanzare allo apprezzamento della E. V. quanto seppi.

Nella molto difficile e delicatissima esposizione del Lehnert ravvisai esplicitamente più una quistione di ordine interno alla marina imperiale e reale; che una di carattere generale per la Monarchia austro-ungarica; e più la tendenza -mi sia concesso dire -ad un vantaggio unilaterale che uno comune a' due Paesi.

Nondimeno, un beneficio potrebbe pure derivarne, a malgrado il giuoco visibile del voler cavare le castagne dal fuoco, come indica il proverbio. La E.V. voglia perdonare e la grande ispidezza del soggetto; e la maniera cruda con cui mi esprimo; e la chiusa. Quale parziale attenuante alla mancanza di forma, invoco la premura da cui muovo. Nel lungo discorso Lehnert mi limitai ad ascoltare, non esternando considerazioni di sorta. Non credetti, più tardi, necessario sondare terreno, in proposito, presso S.E. il vice ammiraglio Eberan.

144 1 Da Ufficio storico della marina militare.

145

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2339. Berlino, 8 ottobre 1892 (per. stesso giorno) 1.

Comunicato e raccomandato verbalmente segretario di Stato contenuto telegramma di V.E. di avanti ieri sera 2 . Egli mi ha assicurato avrebbe preso a cuore questione. Tosto telegrafato Vienna per spiegazioni, essendo anche implicati interessi negozianti tedeschi. Spero aver presto risposta.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 9 ottobre 1892, ore 12,35.

·Poiché vedo con piacere codesto Governo interessarsi nella questione transito delle uve pigiate', ringraziando, prego fare presente la politica importanza della questione poiché apparendo ormai evidente la ostilità del Governo austriaco contro i nostri interessi legittimi e deliberato proposito di eludere trattato porterà gravissime conseguenze politiche 2 .

145 1 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. 2 Cfr. n. 141. 146 1 Cfr. n. 145. 2 Con T. 2372 bis del 19 ottobre Lanza comunicò che il segretario di Stato si rendeva conto dell'importanza politica della questione e avrebbe cercato di farla comprendere a Vienna.

147

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest. 13 ottobre 1892, ore 20.

Mon collègue d'Allemagne vient de recevoir l'instrument et les pleins pouvoirs relatifs à l'adhésion au traité austro hongrois ~roumain, mais on ne procèdera à la signature qu'après le retour du roi de l'étranger, c'est à dire vers la mi ~ novembre, vu que l'échange des ratifications doit avoir lieu dans les trois semaines qui suivront la signature. Le roi part le 16 courant.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. S.N. Roma, 14 ottobre 1892 1.

Ambassadeur austro-hongrois m'a fait communication 2 dimanche dernier. Absence du roi rendait difficile décision dans délai si restreint comme on désirait. Je vois avec plaisir par votre dépèche 3 qu'il n'existe plus cette difficulté.

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO

D. 38556/333. Roma, 14 ottobre 1892.

Rimetto qui unita a V.E. copia di un rapporto del r. agente e console generale a Tunisi in data del 6 di questo mese 1 , relativo all'azione francese alla frontiera tripolina.

Come vedrà V.E. il comm. Machiavelli conferma, per informazione avutane dal r. agente consolare a Gerba, la notizia precedentemente comunicata circa il tentativo di occupazione, da parte di cinquecento fra arabi tunisini e spahis al servizio francese, della località detta Uazzen, e circa l'opposizione fatta con esito favorevole dalla popolazione appoggiata dal presidio turco di Nalut. Fatte alcune

2 Cfr. n. 135.

3 Cfr. n. 147.

osservazioni circa la maniera in cui la Francia esercita la sua azione invadente verso la Tripolitania, quel r. agente esprime quindi l'avviso che il solo mezzo pratico di far argine all'avanzarsi della Francia nei possedimenti ottomani sia quello già altra volta suggerito alla Sublime Porta, di stabilire cioè nei punti maggiormente esposti e più facilmente minacciati dei presidi militari, anche di pochi uomini.

Su questa parte del rapporto del cav. Machiavelli credo di dover chiamare, in modo speciale, l'attenzione di V.E. Presentandoselene l'occasione favorevole, sarebbe forse opportuno che con tutta riservatezza e colla maggiore prudenza ella facesse notare alla Sublime Porta la pratica utilità e, in pari tempo, la facile applicazione di quel suggerimento.

Le informazioni che qui le comunico, essendo state dal cav. Pariente, che è anche agente consolare d'Inghilterra a Gerba, partecipate al Foreign Office per mezzo del signor Drummond Hay, è probabile che qualche istruzione in proposito sia dal Gabinetto di San Giacomo impartita a codesto ambasciatore britannico.

Se così fosse, e se il suo collega ricevesse dal suo Governo istruzioni analoghe, il linguaggio di lei riuscirebbe certamente più efficace.

148 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

149 l R. 2314/466, non pubblicato.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

D. 38817/129. Roma, 15 ottobre 1892.

Codesto signor presidente della società «Drita», direttore del giornale Squipetari e della scuola normale albanese, dimorante a Bukarest, via Zumino n. l, ha diretto, in data 27 luglio u.s. (vecchio stile), una lettera a S.M. il Re nostro augusto sovrano.

In essa, dopo un accenno agli ostacoli che i pascià greci e slavi oppongono all'incremento nazionale del popolo albanese dei Balcani, si fa parola della istituzione di una scuola normale albanese, sorta in Bukarest, per iniziativa della società «Drita». Scopo di quella scuola è di istruire nella lingua e nelle tradizioni nazionali i giovani albanesi, preparandoli, per tal modo, a controbilanciare, in seguito, le correnti degli invasori greco-slavi in Albania e in Macedonia.

Nel sottomettere al nostro sovrano il programma di detta scuola, l'istante esprime la fiducia che il Governo del re voglia «chiamare l'attenzione della Turchia sui diritti santi ed immutabili dei popoli di dare incremento alla propria nazionalità», e sulla politica slavofila favorita nell'Impero da Dervish pascià, politica che esso afferma pregiudizievole all'Albania tendendo alla conquista dei Balcani per parte degli slavi e alla distruzione dell'Impero ottomano.

Qualora le qualità dell'istante, che alla S.V. potranno essere note non ostino a ciò fare prego la S.V. di voler far conoscere al medesimo che la lettera indirizzata a

S.M. il Re venne rimessa, per ragione di competenza, a questo ministero e di significargli come il R. Governo non abbia veste per prendere ingerenza in simili questioni di ordine esclusivamente interno della Turchia.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 38962/468. Roma, 16 ottobre 1892.

In risposta al rapporto 506 del 29 settembre scorso 1 , mi do premura di portare a conoscenza dell'E.V. che a suo tempo feci pervenire per mezzo del r. console in Tunisi agli agenti consolari da lui dipendenti i dovuti avvertimenti perchè non si facessero con troppa facilità a commentare e riferire sovra supposti movimenti dei francesi verso i confini della Tripolitania, e ciò precisamente allo scopo di non menomare per notizie talvolta esagerate la importanza di seri movimenti che potessero colà effettivamente prodursi in avvenire.

Per quanto però concerne le voci corse sull'occupazione di Uazzen, dal rapporto del r. console in Tunisi che qui unito le accludo in copia2 , risulterebbe che siasi in fatto verificato un tentativo per tradurla in atto, e che quello sia rimasto frustrato per opposizione fattavi dal presidio turco di Nalut.

Mi preme a tale proposito d'informare V.E. che in seguito al detto rapporto del

r. console in Tunisi per il quale veniva chiamata la mia attenzione sulla convenienza di moltiplicare, sui confini della Tripolitania i presidi militari turchi, comunque composti di pochi soldati, io non dubitai di dare incarico, col dispaccio di cui le unisco qui copia 3 al r. ambasciatore in Costantinopoli perchè, presentandogliesene propizia l'occasione, con tutta prudenza faccia intendere al Governo ottomano la pratica utilità di ciò.

152

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1004/541. Londra, 18 ottobre 1892 (per. il 31).

Mi pervennero regolarmente per posta i due dispacci ministeriali delli 4 e 12 di questo mese 1 relativi alle cose di Tunisi. Al primo di essi va unita copia del rapporto della r. ambasciata a Berlino, nel quale sono esposte le idee di quel Gabinetto circa l'incidente di Uazzen2 . Nel secondo V.E. mi comunica la notizia del viaggio dell'incrociatore inglese «Amphyon» a Biserta ed alla Goletta e dell'esplorazione che sarebb~ stata fatta recentemente in quei luoghi dal colonnello direttore del genio a Malta.

Queste notizie furono accolte da V.E., in modo dubitativo, come sintomi di un maggiore interessamento dell'Inghilterra per gli interessi che le costruzioni militari francesi sovra il litorale tunisino mettono in pericolo.

lo non ho mai creduto, neppure quando lord Salisbury mi annunziò che l'ammiraglio inglese opinava dover il porto militare di Biserta essere causa di

2 R. 2314/466 del 6 ottobre, non pubblicato.

3 Cfr. n. 149. 152 l D. 37335/451 e D. 38334/456, non pubblicati.

2 R. 1116/490 del 29 settembre, non pubblicato.

indebolimento della potenza marittima della Francia 3, che qui si vedessero sorgere, senza inquietudine per gl'interessi britannici del Mediterraneo, le opere militari che, a Biserta non solo, ma lungo tutto il litorale algerino e tunisino, ha edificate e sta compiendo il Governo francese. Lord Salisbury che, durante i negoziati di Berlino nel 1878, ebbe tanta parte nella fatale concessione fatta alla Francia di occupare la Tunisia, non è certamente in Inghilterra la persona che possa avere sovra questa questione uno spregiudicato giudizio. Ma io farei torto all'intelligenza sua se lo avessi stimato sincero nella noncuranza apparente, con la quale, durante gli ultimi anni del suo Ministero, dimostrò accogliere le frequenti nostre pratiche per indurlo ad entrare, con il Gabinetto di Parigi, in ispiegazioni per le fortificazioni di Biserta.

Dal voluminoso carteggio che io ho avuto l'onore di avere con il r. ministero sovra questo soggetto, è risultato chiaramente che il Governo inglese non crede di avere dagli atti internazionali esistenti titolo ad opporsi alla costruzione di arsenali e fortilizi sulla costa tunisina, e che il medesimo non ritiene cosa seria per se stesso il fare a Parigi a tale riguardo delle pratiche che, nella forma dell'amichevole invito, non sarebbero ascoltate, e, nella forma del divieto, dovrebbero essere seguite dalla coercizione.

Il pensiero del Gabinetto attuale non può essere sostanzialmente diverso. Certamente lord Rosebery ed il signor Gladstone potrebbero liberamente esprimere l'opinione che ciò che lord Beaconsfield consentì alla Francia e lord Salisbury lasciò compiere, costituisce per l'Inghilterra un madornale errore. Ma sul modo di ripararvi l'amministrazione presente non penserebbe sicuramente in modo diverso dalla precedente. Ritengo anzi che, ancora prima che questa si costituisse, il Governo inglese era venuto nell'opinione che Io stato di difesa militare della costa algerina e tunisina era pervenuto a tale grado di sviluppo da non poter più essere distrutto per forza di armi avversarie, e che la Francia potrebbe soltanto esserne spossessata nel caso di una guerra per lei disastrosa sul continente europeo.

Così stando le cose, i viaggi e le esplorazioni, che da Tunisi furono ancora recentemente segnalati a V.E., hanno evidentemente Io scopo di informarsi esattamente dei lavori che si eseguiscono, dello sviluppo dei medesimi, dell'alacrità con la quale si procede. Ma a me pare chiarissimo che le notizie sono raccolte più ad uso dell'Intelligence Department che non degli uffizi del Foreign Office.

151 l Cfr. n. 134.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. 4363 1 . Roma, 19 ottobre 1892, ore 11,05.

Può assicurare codesto ministro esteri che accetteremo proposta perché nostra legazione e nostri consolati in Grecia assumano senza indugio protezione sudditi e interessi rumeni in Grecia 2 . Saremo lieti corrispondere a questa prova di fiducia e che per nostra parte si presenti occasione dare prova viva nostra amicizia a Rumenia.

152 l Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 24, nota l, p. 20. !53 I Minuta autografa. 2 La richiesta del Governo rumeno era stata trasmessa da Curtopassi con T. 2364 del 18 ottobre, non pubblicato.

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 4324Bis1. Roma, 22 ottobre 1892, ore 11,30.

Prego telegrafarmi se da codesti ministri le fu fatto motto delle recenti manifestazioni occorse al Congresso cattolico di Siviglia2 .

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 4342bis. Roma, 23 ottobre 1892, ore 16,45.

Io speravo e spero tuttora che ci venga per iniziativa di codesto Governo una dichiarazione a riguardo dei sentimenti che esso prova circa le manifestazioni e propositi che si svolsero nel congresso dei vescovi a Siviglia. Questa speranza è fondata sui rapporti amichevoli anzi intimi dei due Governi. Coiwiene troncare subito ogni ragione di malintesi e raffreddamenti e la spontaneità delle dichiarazioni contribuirebbe molto a questo risultato anziché essere obbligati a provocare dichiarazioni. V.E. conosce quanto la nostra opinione pubblica sia facile a commuoversi per le questioni sollevate nel congresso di Siviglia.

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 39960/411. Roma, 24 ottobre 1892.

Mi pregio d'informare la S.V. illustrissima che ho potuto concludere direttamente con monsignor Crouzet un accordo circa la questione religiosa nell'Eritrea. Le basi di esso si trovano consegnate nella corrispondenza da me scambiata con

154 I Per errore il registro dei telegrammi in partenza ritorna dal n. 4389 al 4320. Si è apposto un bis alla seconda serie di telegrammi 4320-4389.

2 Maffei rispose con T. 2420 del 23 ottobre che avrebbe cercato di ottenere dal presidente del Consiglio spagnolo, di ritorno a Madrid l'indomani, una dichiarazione di disapprovazione di quanto detto nel Congresso contro l'Italia.

quel vicario apostolico, e qui acclusa in copia 1• L'accordo ha semplice carattere di modus vivendi. Monsignor Crouzet ha preso l'iniziativa delle trattative, ed ha presentato ed accettato proposte più larghe di quelle che fece al generale Gandolfi, e che incontrarono successivamente l'approvazione della S.V. illustrissima. Il compromesso stipulato ha vantaggi evidenti. Viene inf~1tti allontanata una ca usa di possibili dissidii ed incidenti, non solo interni, ma benanche nel campo diplomatico. incidenti questi ultimi pei quali sarebbero mancate al Governo ragioni sufficienti e plausibili per !asciarvisi trascinare; la missione francese, alla quale si trova affidata la propaganda cattoiica in Abissinia, comer,,ando la sua sede nell'Eritrea, non potrà esercitare nel presente e nell'avvenire influenza contraria ai nostri interessi ed alla nostra politica, e qualora lo face~se. saremmo sempre in grado di sorvegliarla e frenarla; il prestigio del Governo coloniale guadagnerà senza dubbio moralmente agli occhi degli indigeni dal riconoscimento formale e dagli onori che le l'autorità civili e militari c la nostra bandiera riceveranno nelle chiese della colonia; e final;:nente le clausole relative alla ricompo~izione graduale della missione a profitto dell'elemento italiano ed al servizio religioso presso la colonia europea e presso le truppe, che dietro nostra richiesta verrebbe affidato esclusivamente a missionarii italiani. conferiscono una giusta soddisfazione al nostro amor proprio.

L'associazione di Firenze aveva dato al Governo gli stessi aftìdamenti che diede alla S.V. illustrissima. di riuscire nelle sue trattative. Leggendo però le basi di tale negoziato non ritenni troppo fondate quelle speranze. Infatti sarebbe stato forse possibile a monsignor Crouzet ed all'ordine ìazzarista d'impegnarsi ad una graduale sostituzione d'un personale esclusivamente italiano ai missionari francesi; ma non si sarebbe potuto pretendere ragionevolmente da loro di riconoscere all'associazione di Firenze ad al vescovo di Piacenza le facoltà di mandare quanti missionari volessero nell'Eritrea, perché l'autorità gerarchica di monsignor Crouzet ne sarebbe stata infirmata. e perché quei religiosi sarebbero sbarcati a Massaua collo scopo evidente di soppiantarvi la missione francese.

Venuta meno tale negoziazione. il R. Governo ha preferito di approfittare delle entrature fatte da monsignor Crouzet anziché ricorrere a misure estreme. Giacché questo secondo partito oltre agli inconvenienti sopra enunciati, avrebbe avuto anche quello di farci accusare ingiustamente monsignor Crouzct di mancare agli affidamenti dati al generale Gandolfi, mentre quegli affidamenti, come risultano dalla relazione sulle cose scolastiche e religiose dell'8 gennaio 1890. trasmessa al r. ministero con rapporto n. 139 del 14 del mese suddetto=, appaiono molto diversi dalle pretese posteriormente affacciate dal sodalizio fiorentino.

Io comprenderei certamente i vantaggi che verrebbero dalla sostituzione dei lazzaristi con un ordine prettamente italiano; ma la Curia romana. che sarebbe la sola autorità competente per farlo, non si mostra per nulla disposta a prendere un tale provvedimento; comprenderci pure che il R. Governo avesse assunto le parti d'un ordine religioso italiano, qualora se ne fosse trovato uno regolarmente istallato

156 1 Non si pubblica. Per il contenuto dell'accordo cfr. n. 157. 2 Non pubblicato nel vol. XXIII della serie II.

nella Colonia e che fosse venuto in dissidio coi lazzaristi. Ma per quanto all'incidente del padre Piscopo fosse data, da una parte della nostra stampa, l'importanza di un conflitto fra lazzaristi e francescani, è evidente che a tale dissidio l'ordine dei minori osservanti era completamente estraneo, non possedendo una sede a Massaua, e non avendo intenzione o facoltà di piantarvela. Nella impossibilità di seguire le alternative suddette, la strada che sarebbe rimasta al Governo, se si fosse deciso a sfrattare la missione francese, sarebbe stata quella di sostituirla con sacerdoti in posizione gerarchica assolutamente irregolare, e perciò appunto chi sa come scelti, che l'associazione di Firenze avrebbe mandato a Massaua. Avremmo avuto in tal modo una specie di scisma italiano nell'Eritrea, e per giunta uno scisma ridicolo.

Dallo studio accurato di tutta la corrispondenza conservata in archivio, mi è risultato assai chiaramente che la missione francese non ordisce intrighi a nostro danno nell'Eritrea e in Abissinia, e questa soddisfacente conclusione trova piena conferma nei rapporti della S.V. illustrissima e anche nel recentissimo del 18 agosto

p.p. n. 1079 3 . Desidero quindi che da parte nostra si osservino lealmente le clausole del modus vivendi, ed occorrerà a tal fine che questo ministero e la S.V. vadano molto cauti nei loro rapporti coll'associazione di Firenze, che desidererà senza dubbio inviare missionarii e provocare dissidii; e bisognerà che la S.V. illustrissima perseveri nel contegno riservato che saviamente si è prefisso finora nella faccenda della costruzione della chiesa italiana. Qualora poi l'associazione volesse promuovere subito la cerimonia di collocamento della prima pietra di quell'edificio, valendosi del padre Bonomi per la celebrazione dei riti religiosi, ad esclusione della missione francese, converrà persuadere quel sacerdote a non prestarsi a simili combinazioni. E sarà pure necessario di raccomandargli con buon garbo di attenersi alle norme disciplinari nei suoi rapporti col vicariato apostolico d'Abissinia. Giacché se il R. Governo si riserva piena libertà d'azione allorché fossero messi a cimento i suoi interessi politici, non intende davvero di lasciarsi prendere la mano dal sodalizio fiorentino e dal padre Bonomi con incidenti che cercassero di provocare a Massaua.

Resta infine la questione del servizio religioso presso le truppe, contemplata dall'art. 2 dell'accordo. Tale questione essendo lasciata intieramente nelle mani della

S.V. illustrissima, ella potrà deciderla dopo aver preso i concerti opportuni direttamente col Ministero della guerra. L'altra questione dell'ufficiatura delle chiese da costruirsi dal R. Governo è troppo prematura per farne oggetto di comunicazioni nel presente dispaccio.

Gradirò dalla S.V. illustrissima un cenno di ricevuta di queste istruzioni, che sono conformi alle precedenti intelligenze. Anche sul terreno religioso la pace e la calma subentreranno oramai alle agitazioni e ai dissidii, e cotesto Governo avrà una questione di meno che lo distragga dal compito difficile del riordinamento amministrativo della Colonia, dell'avviamento dei commerci col Sudan e della nostra politica coll'Abissinia e coi dervisci. Questo solo vantaggio sarebbe sufficiente a giustificare l'accordo concluso colla missione francese.

156 3 Non pubblicato.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE PER SOCCORRERE I MISSIONARI CATTOLICI ITALIANI, RIDOLFI

D. CONFIDENZIALE 39961/523. Roma, 24 ottobre 1892.

Mi pregio di segnare ricevimento della lettera della S.V. illustrissima, dell'Il corrente n. 93/s.s. 11 e la ringrazio di quella comunicazione e di quanto mi dice relativamente alla sostituzione del padre Bernardino da Carasco.

Debbo parteciparle che il vicario apostolico d'Abissinia venne da me negli scorsi giorni e mi fece proposte per un modus vivendi, ancora più larghe di quelle che aveva fatto nel 1889 al governatore Gandolfi. Ho potuto quindi venire ad un accordo con lui, ed il compromesso, risultante dallo scambio di due lettere, può riassumersi come segue:

l) A richiesta del governatore, la missione farà disimpegnare da personale italiano il servizio religioso presso l'esercito e presso la colonia europea nelle località dove si trovano riunite colonia europea e truppe.

2) Il personale che a richiesta del governatore disimpegnerà il servizio religioso presso l'esercito riceverà lo stesso onorario dei cappellani militari.

3) A richiesta del governatore le chiese latine costruite dal Governo nella Colonia saranno ufficiate da personale italiano, e così pure le colonie europee cattoliche, stabilite nell'interno dell'Eritrea. I missionari impiegati in questi servizi riceveranno un onorario che verrà fissato dal governatore e dal capo della miSSIOne.

4) Gli anniversari delle nascite, matrimoni, funerali, etc. dei principi della Casa reale, saranno celebrati in tutte le chiese della Colonia. Per le feste puramente civili la missione s'impegna a seguire le regole imposte a tale riguardo al clero italiano, in Italia e all'estero.

5) Monsignor Crouzet è disposto e procurerà di far entrare nella missione un certo numero di missionarii italiani, via via che potrà avere a sua disposizione religiosi atti al servizio affidato alla missione stessa.

Questo modus vivendi soddisfa il nostro amor proprio, allontana cause di dissidii, e provvede convenientemente ai bisogni religiosi della Colonia. Il R. Governo ha ferma intenzione di osservarne lealmente le clausole. Ed essendo nostro interesse che si faccia da monsignor Crouzet il rinnovamento promesso della missione, sì che il personale italiano diventi più numeroso, chiara apparisce la convenienza di tradurre in atto le disposizioni dei paragrafi l, 3 e 5.

157 I Non pubblicata.

La S.V. illustrissima comprenderà dunque che non sarebbe opportuno l'invio a Massaua di missionarii italiani di altri ordini religiosi, come era nell'intenzione di cotesta benemerita associazione d'attenerne piena autorizzazione dal vicario apostolico. Tali missionarii impedirebbero di conseguire i risultati che il compromesso si propone e potrebbero suscitare incidenti che il R. Governo desidera di evitare. È perciò che non volli toccare quell'argomento nelle mie trattative col vicario apostolico. Veda dunque cotesta benemerita associazione se, nell'interesse della pace religiosa e degli stessi ideali che guidano i suoi nobili sforzi, non le sembri il caso di rinunciare all'idea di mandare nuovi missionarii nell'Eritrea, e di accontentarsi che la Chiesa italiana, da costruirsi a Massaua dietro sua iniziativa, venga a suo tempo ufficiata dal personale italiano della missione. Giacché facendo questo, non mancheranno alla attività dell'associazione altri campi, all'infuori dell'Eritrea, nei quali potrà rendere preziosi servigi alla nostra patria.

158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 40221/415. Roma, 26 ottobre 1892.

Appena ricevuto il rapporto della S.V. illustrissima, n. 975, in data del 5 agosto

p.p. 1 , feci presente a questo ambasciatore d'Inghilterra l'opportunità che il suo Governo consigliasse le autorità egiziane ad impedire le razzie contro le tribù Beni Amer della nostra frontiera settentrionale, e contro gli Habab. E gli riferii le notizie datemi dalla S.V. sulle incursioni ultimamente avvenute.

Lord Vivian mi partecipa adesso che tali consigli vennero dati in via ufficiosa al Cairo, e che il Governo kediviale ha ordinato un'inchiesta. Desidererebbe però che maggiori particolari fossero forniti riguardo alle razzie sopradette, alle località precise ed alle circostanze nelle quali ebbero luogo, al numero del bestiame rubato ecc. ecc. Indicazioni queste che la S.V. illustrissima potrebbe mandare al dicastero scrivente o meglio ancora, dietro quanto suggerisce lord Vivian, direttamente al funzionante governatore di Suakin.

La risposta del Governo inglese alle nostre pratiche è stata certamente cortese, e dobbiamo tenerne il debito conto. Non credo però che le autorità egiziane spiegheranno troppo zelo nella questione, mentre è chiaro il loro interesse ad impedire che la nostra influenza si consolidi lungo la frontiera del Sudan, sia dalla parte di Tocar che da quella dell'Atbara. Confido tuttavia che mediante l'organizzazione delle tribù protette, saviamente avviata dalla S.V. illustrissima, e mediante i servizi di sorveglianza da lei affidati ai capi più valorosi, riusciremo a poco a poco a far rispettare i nostri confini.

158 1 Non pubblicato.

159

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1041/560. Londra, 27 ottobre 1892 (per. il 14 novembre).

Ieri il Times ha pubblicato, nella sua corrispondenza da Parigi, la dichiarazione che il signor Barthélemy St-Hilaire avrebbe fatta ad un redattore del Gaulois circa una conversazione che avrebbe avuto luogo, fra lord Lyons ambasciatore d'Inghilterra e lui stesso, relativamente al progetto di costrurre un porto militare francese a Biserta.

Ho veduto nel pomeriggio lord Rosebery. Sua Signoria, in occasione di un recente suo discorso, avea detto che il migliore ministro per gli affari esteri sarebbe, secondo l'opinione sua, un uomo muto. Presentandomi io ieri a lui, gli dissi che un antico ministro degli affari esteri della Repubblica francese non sembrava professare tale sua opinione e finalmente anche il pubblico era informato di ciò che fra i Gabinetti di Parigi e di Londra era seguìto in ordine alle opere militari che si stanno costruendo a Biserta. Più volte io ne avea conversato con lord Salisbury dal quale non era mai riuscito a sapere in quali precisi termini stessero le cose. Ora avevamo fitentem reum e, quel che più era, avevamo una confessione pubblica che metteva ciascuno in grado di sapere che l'Inghilterra non era rimasta inattiva davanti la eventuale minaccia per gl'interessi suoi maggiori nel Mediterraneo.

Lord Rosebery mi interruppe per ossservare che la dichiarazione di Barthélemy St-Hilaire era infatti una cosa singolare e sorprendente (étonnante) dalla parte di un antico ministro per gli affari esteri. Sua Signoria si farebbe portare dagli archivi il rapporto che certamente lord Lyons dovea aver fatto al Foreign Oftìce sovra le dichiarazioni rassicuranti da lui avute da quel ministro per gli affari esteri della Repubblica. Le notizie che però tìnora si avevano a Londra escludevano che i lavori di Biserta avessero diggià preso uno sviluppo bastante per determinare il carattere militare delle opere che si eseguivano. Ancora recentemente erano passati sotto i suoi occhi i rapporti degli uftìzi militari inglesi dai quali risultava ciò che egli stava dicendomi. Sembrava poi che per la costruzione di opere militari importanti, sarebbe stata indispensabile una spesa troppo considerevole nelle condizioni attuali del bilancio francese, documento nel quale ciascuno poteva studiare ciò che effettivamente la Francia era in grado di fare per le fortificazioni della costa tunisina.

Risposi che il mio Governo avea saputo con piacere che, nello spazio di non molti mesi, l'autorità militare e marittima britannica avea a più riprese fatto visitare Biserta. Se pure i lavori, ai quali presentemente si attende, non avessero spiccato carattere militare, era visibile che la destinazione tìnale dei medesimi non poteva essere altra che quella di convertire il lago di Biserta in un arsenale marittimo. Nessun interesse di commercio sufficiente avrebbe potuto dare la spiegazione dei lavori in corso, tanto più dopo che si erano simultaneamente cominciati i lavori del porto di Goletta. Era questa, soggiunsi, una questione che non avea mai cessato di preoccupare in grado eminente non solamente i nostri uftìzi militari e governativi, ma il pubblico italiano. La nuova condizione fatta all'Italia dalla presa di possesso della Tunisia per parte della Francia e lo squilibrio a danno nostro che ne era derivato, aveano costretto il tesoro italiano a sacrifizi considerevoli nelle opere strettamente difensive fatte in qualche punto della Sardegna. Ma la Sicilia reclamava essa pure delle difese le quali, nelle condizioni finanziarie presenti. erano per l'Italia un peso eccessivo. Lasciai sottintendere che non bisognava che in Inghilterra si credesse che alla protezione e tutela degli interessi nel Mediterraneo l'Italia provvederebbe indefinitamente a carico suo. Vi era un limite nelle forze del Paese, dell'impiego delle quali nessun censore avrebbe potuto fare addebito al Governo quando la necessità della difesa, resa indispensabile dallo squilibrio che gli altri permettevano, ampiamente lo giustificava. E quando mi accorsi che lord Rosebery avea afferrato il concetto che io gli avea lasciato intravvedere, conchiusi, senza maggiormente insistere, col dire che io udiva con molto piacere che egli si proponeva esaminare la corrispondenza di lord Lyons del tempo in cui quell'ambasciatore riceveva dal Governo francese le dichiarazioni rassicuranti delle quali il signor Barthélemy St-Hilaire avea parlato. Di questo interesse gravissimo sotto vari rispetti ed importantissimo per la Gran Bretagna avrei avuto probabilmente prossima occasione di riparlargli.

Da alcune parole del mio interlocutore ho capito che egli sarebbe disposto ad esaminare le informazioni che noi abbiamo sovra i lavori di Biserta. Non gli offrii di comunicargli le notizie che il r. ministero mi ha altre volte fornito perchè, se le medesime, a me non predisposto ad attenuare l'importanza del pericolo e della minaccia, parvero non abbastanza concludenti per lo scopo al quale avrebbero dovuto servire qui, io debbo ritenere che un'uguale impressione esse produrrebbero sovra l'animo di un ministro britannico.

Sarei d'avviso che, con la massima solerzia possibile, fosse preparata dalle nostre autorità militari una succinta relazione delle opere in corso a Biserta. Converrebbe che apparissero chiaramente, in una sobria esposizione di fatti, gli scopi di dette opere, lo sviluppo che hanno già al presente e quello che logicamente dovranno ricevere. Questa parte della relazione dovrebbe essere coordinata con opportune notizie circa i mezzi finanziari che la Francia vi applica, o direttamente con gli stanziamenti del bilancio, od in altri modi indiretti. Attesa l'indole tecnica che questo lavoro informativo dovrebbe avere, stimerei opportuno che fosse redatto in lingua inglese. Conoscendo io l'indole delle persone che dovrebbero esaminare tale relazione, non posso omettere di raccomandare con insistenza di esporre soltanto considerazioni di fatto, escludendo le supposizioni e le ipotesi discutibili e ciò in una forma piana e senza alcuna enfasi.

Ritengo che uno dei maggiori argomenti che qui si adducono per non credere prossimo il pericolo nascente dalla costruzione del porto militare di Biserta, essendo ricavato dalla spesa che per esso la Francia dovrebbe sostenere, questo lato della questione dovrebbe essere specialmente esaminato nei modi c nello stile anzi detti. Nè mi sembrerebbe fuori di luogo che, nel rapporto stesso. o in una memoria separata, fosse esposto il fa bisogno della difesa imposto all'Italia dallo squilibrio che l'occupazione della Tunisia e le fortificazioni delle sue coste hanno creato. Nel sistema politico europeo odierno, del quale l'andata dei francesi a Tunisi è una delle chiavi di volta, gli inglesi, di qualunque partito, sono inclinati a credere che dei sacrifizi imposti all'Italia in conseguenza dello squilibrio delle forze nel Mediterraneo, essi avranno soltanto a raccogliere i benefici. Ora io credo che, per ottenere che, almeno nella via diplomatica, l'Inghilterra faccia qualche cosa per impedire un peggioramento nelle condizioni già presentemente molto gravi, non possa essere inutile il far conoscere qui le esigenze della difesa nostra create da quello squilibrio e l'insufficienza dei mezzi con i quali noi possiamo provvedere tt:<nendo conto naturalmente anche della rapidità che allo sviluppo dei lavori noi possiamo dare in confronto della Francia.

È da notarsi che il rumore suscitato in Francia ed in Italia dalle rivelazioni relative alla occupazione francese della Tunisia, ha trovato eco nei grandi giornali inglesi soltanto nelle rubriche delle informazioni di fatto. Non ho ancora letto un solo articolo che apprezzi la posizione fatta al Governo britannico dalla dichiarazione del signor Barthélemy St-Hilaire. Questa astensione nella polemica e questo silenzio sono indizi dei quali bisogna tener conto poichè in questo Paese, ancor più che altrove, è quasi impossibile che l'attenzione del Governo possa a lungo fissarsi sovra questioni delle quali l'opinione pubblica si disinteressa1 .

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 4397. Roma, 29 ottobre 1892, ore 18.

Come V.E. mi avevà preannunziato1 l'ambasciatore di Spagna è venuto per incarico del suo Governo a annunciarmi ciò che intorno al Congresso di Siviglia è stato telegrafato dal ministro di Stato presente nel luogo a codesto sottosegretario di Stato. Il duca di Tetuan dice che dopo avere attentamente letto gli atti del Congresso si è convinto della inesattezza delle versioni che ne furono pubblicate da certi giornali e che diedero luogo alle note polemiche. Dichiara che se alcunché di irregolare fosse avvenuto, il Governo spagnuolo non avrebbe mancato di stabilire le responsabilità secondo la legge tanto più trattandosi dell'Italia con la quale alla Spagna preme di mantenere amichevoli intimi rapporti. A vendo io particolarmente alluso alle pubblicazioni secondo le quali nel Congresso si sarebbe pronunziato voto per la distruzione dell'unità italiana e per la creazione di un Comitato internazionale destinato ad agire in tale senso, l'ambasciatore non ha esitato a dichiarare che il telegramma del duca di Tetuan implica la più assoluta smentita di tali notizie, ripetendo che se qualcosa di simile fosse avvenuto il Governo spagnuolo avrebbe indubbiamente provveduto secondo le leggi così come nel telegramma è detto. Dopo queste spontanee dichiarazioni e spiegazioni, ho riconosciuto che l'incidente poteva considerarsi come soddisfacentemente ed amichevolmente esaurito.

159 1 Per la risposta di Brin cfr. n. 171. 160 1 T. 2443 del 25 ottobre, non pubblicato.

161

L'ONOREVOLE CRISPI

A ... l

L. PERSONALE. Napoli, 31 ottobre 1892.

Ebbi la relazione parlamentare del bilancio di codesto Ministero della guerra, e ve ne ringrazio. Leggendola ho provato un vero senso di ammirazione per codesto Paese. E perché nell'Italia nostra non è tanto patriottismo e tutto il sentimento del dovere, di che la Francia dà continue prove?

Non senza ragione siamo stati schiavi per lunga serie di secoli.

I giornali riferiscono una vostra intervista sulle cose di Tunisi, alla quale io non presto fede. A smentire il Ferry ci vuoi poco; ma non devo nascondervi, che nella corrispondenza segreta, che ricuperai e che lasciai alla Consulta, vi è molto per rilevare, che Cairoli fu avvertito a tempo del colpo sulla Reggenza, ma non seppe capirlo, e non ebbe la forza di evitarlo. Egli si era inoltre alienati gl'Imperi centrali, isolandosi dal mondo.

162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 41084/489 1. Roma, 3 novembre 1892.

Mi reco a premura di accusarle ricevuta dell'interessante rapporto n. 1004/541 in data del 18 ottobre u.s. 2 , e di ringraziare l'E.V. per le informazioni e le avvertenze fattemi sul delicato argomento, al quale si riferisce il precitato rapporto.

Purtroppo sono indotto a condividere l'opinione espressa dall'E.V. che l'Inghilterra sia poco disposta ad agire per ciò che riguarda le fortificazioni che la Francia ha eretto o voglia erigere sulla costa della Tunisia. Finora queste fortificazioni non hanno grandissima importanza. Così pure i lavori che si stanno eseguendo a Biserta sono tali che occorrerà assai tempo prima che quel porto sia ridotto a porto mercantile di grande importanza e tanto più prima che acquisti un'importanza di porto militare. Il Barthélemy St-Hilaire nelle sue recenti conversazioni disse che la Francia aveva preso impegni di non ridurre Biserta a porto militare, ma solo coll'Inghilterra 3 .

Credo che la Francia oramai non ammetta questi impegni, ma il Governo francese, ed anche il suo ambasciatore presso di noi nelle sue conversazioni, pur riservando sempre la question du droit, affermano sempre che non si fa alcun lavoro per ridurre Biserta a porto militare, e quasi non si dissente dall'ammettere che, ove

è stato trovato. Il testo che si pubblica è una copia fatta fare a suo tempo da Salata. 162 l Minuta autografa.

2 Cfr. n. 152.

3 Cfr. n. 159.

questa trasformazione di Biserta da porto mercantile a porto militare avesse luogo, essa avrebbe un indiscutibile carattere di opera offensiva verso l'Italia. Ma si soggiunge sempre che ora la Francia non eseguisce nulla di simile.

Sarebbe un utile risultato per la conservazione dello statu quo nel Mediterraneo, se la Francia avesse realmente questo proposito, od almeno continuasse il più a lungo possibile in questi intendimenti. Se codesto Governo volesse incoraggiare il Governo francese a mantenersi in questa linea di condotta la sua opera sarebbe utile.

Le espongo queste idee non già per provocare un'azione in tale senso da codesto Governo ma per sua norma nelle conversazioni che l'occasione portasse ad avere su tale questione 4 .

161 l Il destinatario manca. Si tratta probabilmente di Ressman. L'originale di questo documento non

163

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2540. Vienna, 8 novembre 1892, ore 14,30 (per. ore 15,50).

Principe ereditario Russia da Brindisi arriverà a Vienna fra tre giorni e vedrà l'imperatore d'Austria. Credo molto importante che il re trovi modo di usare verso Sua Altezza imperiale qualche cortesia, nel suo viaggio, o almeno gliene mostri l'intenzione. Kalnoky mi ha incaricato delle sue congratulazioni per le elezioni.

164

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIIN

T. S.N. Vienna, 9 novembre 1892, ore 14 (per. ore 16).

Kalnoky, dovendo far preparare i documenti per l'accessione italo-rumena, vorrebbe sapere se ella approva la redazione dell'atto che le fu sottomesso da Briick. Nel caso affermativo i documenti saranno compilati e spediti a Bukarest, in attesa che ella mandi a Curtopassi i pieni poteri necessari. Prego telegrafare 1•

162 4 Della risposta di Tornielli IR. riservato 1098/589 del 20 novembre) si pubblica il passo seguentt>: «Inclinava lord Salisbury ad approfittare delle disposizioni, nelle quali sembrava perdurare il Gabinetto di Parigi di non procedere per ora a costruzioni d'indole militare. Ed io ritengo che. se tale era il proposito dell'antico primo ministro inglese. non può essere dissimile, nella per noi migliore ipotesi, la disposizione prevalente nell'animo di lord Rosebery e dell'attuale Gabinetto Gladstone».

164 l Cfr. n. 167.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

D. 41936/221. Roma, 9 novembre 1892.

Ringrazio la S.V. del pregevole suo rapporto n. 428/235, in data del 28 u.s. 1• Certamente sta molto a cuore del R. Governo di evitare il ritorno in Abissinia del signor Maskoff con una missione ufficiale, e la minacciata sua nomina a console. Siccome perciò le dichiarazioni fatte nello scorso anno dal signor de Giers al r. ambasciatore2 furono chiare e precise, sarò grato alla S.V. se vorrà entrare sull'argomento col signor Sciskin, limitandosi a riferirgli i rumori che circolano a Pietroburgo, e chiedendogli quali siano le intenzioni del Governo imperiale. Le dichiarazioni del signor de Giers potranno essere utilmente ricordate alla Cancelleria imperiale, il giorno solo che le risposte del signor Sciskin fossero vaghe e poco soddisfacenti. In queste pratiche conto sul tatto ben noto della S.V. e non dubito che farà le sue comunicazioni con garbo, senza troppa accentuazione, e che saprà cogliere l'occasione propizia.

166

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 289. Massaua, 9 novembre 1892 (per. il 22).

Ho ricevuto il dispaccio dell'E.V. 1 intorno all'accordo concluso col vicario apostolico dell'Abissinia ed ho meditato sopra le convincenti considerazioni che l'accompagnano. A me non resta che conformarmi interamente alle istruzioni datemi dall'E.V. E ciò non mi sarà difficile grazie alle buone relazioni che ho sempre mantenuto, anche in quest'ultimo periodo, coi religiosi della missione e grazie all'evidente interesse loro di procedere d'accordo col Governo eritreo.

Cercherò di prevenire qualsiasi attrito mentre gli articoli del modus vivendi si andranno svolgendo secondo i bisogni religiosi. E cercherò pure che l'articolo 5, relativo ai missionari italiani, venga applicato mano mano da monsignor Crouzet (che mi ha scritto da Roma una lettera premurosa e cortese) nel senso più favorevole alla nazionalità italiana 2•

2 Cfr. serie li, vol. XXIV, nn. 68 e 80. 166 l Cfr. n. 156.

2 Si pubblica qui un passo della L. 254 di Ridolfi a Brin del 22 marzo 1893: «Mi viene oggi confermato che è espressa intenzione del Santo Padre e del cardinale prefetto di Propaganda che il vicario apostolico di Abissinia sia conciliante ed arrendevole col r. comando in tutte le questioni concernenti gli interessi religiosi nell'Eritrea».

165 l Se ne pubblicano i passi seguenti: Maskoff «afferma gli sarebbe stato fatto intravedere la possibilità d'andare in Abissinia come console ... Ciò posto, V.E. giudicherà dell'opportunità o meno d'interrogare, presentandosene propizia l'occasione, il signor Scisckin sulle intenzioni eventuali del Governo imperiale verso il tenente Maskoff».

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 10 novembre 1892, ore 19,20.

Vous pouvez dire à Kalnoky 1 que j'accepte le projet de traité d'accession qu'il m'a fait communiquer par Briick. Le roi ne revenant à Rome que vers le 20 du mois, je ne serai en mesure de vous expédier le paquet contenant les pleins pouvoirs pour Curtopassi qu'après cette date. J'imagine que ce paquet pourra ètre transmis de Vienne à Bucarest par le courrier austro-hongrois.

168

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2251/988. Parigi, 11 novembre 1892 (per. il 14).

L'opinione pubblica e la stampa francese essendosi abituate a giudicare tutto ciò che succede nella vita politica ed economica del Regno d'Italia dal punto di vista esclusivo dell'influenza che possa avere sulla durata della Triplice Alleanza e sull'orientazione futura della nostra politica estera, il risultato delle recenti elezioni generali italiane fu pure qui esaminato e apprezzato principalmente sotto quest'aspetto e in molti circoli si va ripetendo che gli amici della Francia furono battuti. Le professioni di fede della grande maggioranza dei candidati che s'erano apertamente pronunziati in favore delle esistenti alleanze già avevano scoraggiate qui alquante speranze che s'erano singolarmente riaccese dopo le feste di Genova. Se il risultato delle elezioni non basta a distruggerle, esso le rende certamente meno ardite e meno fiduciose. Non manca però chi tenta di reagire contro un giudizio troppo sfavorevole alle aspirazioni ed all'interesse francese, senza cercare consolazioni nella prospettiva della poca consistenza della maggioranza nella nuova Camera italiana e fondare calcoli sopra prossime scissioni, come lo fa pure taluno dei più autorevoli giornali parigini. V'è anzi chi afferma che d'ora innanzi, invece di cercare un debole appoggio presso l'estrema sinistra, la politica dei rapporti cordiali tra Francia ed Italia ne troverà uno più forte presso quella maggiore unità parlamentare che è la sinistra della quale la Francia deve tendere a farsi una definitiva alleata e che necessariamente gl'interessi finanziari del Regno attireranno di più in più verso I'occidente.

Meglio informato delle vere condizioni del nostro Paese e meno abbagliato da troppo impazienti desiderii il Governo della Repubblica giudicò più pacatamente e

167 I Risponde al n. 164.

più saviamente l'esito delle elezioni e nell'ultima conversazione che con lui ebbi, il signor Ribot, accennando alla grande maggioranza ottenuta dal Gabinetto presieduto da S.E. Giolitti, mi disse che i buoni rapporti finora con esso avuti gli facevano ravvisare con soddisfazione il suo consolidamento 1 .

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. RISERVATO 42328/439. Roma, 13 novembre 1892.

Accuso ricevuta e ringrazio la S.V. illustrissima del pregevole suo rapporto n. 1339, in data del 22 u.s. 1 Approvo le savie considerazioni in forza delle quali ha rinunziato all'intervista desiderata da ras Mangascià, e vedo con sincero compiacimento in questa sua decisione una nuova prova dell'uniformità di vedute che esiste fra il r. ministero e la S.V. illustrissima relativamente alla politica che dobbiamo seguire verso Menelik e verso il Tigré.

170

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. Roma, 14 novembre 1892 (per. il 16).

In accordance with instructions which I have received from Her Majesty's Secretary of State for Foreign affairs, I have the honour to communicate to your Excellency the accompanying copies of despatches which His Lordship has addressed to Her Majesty's Ambassador at Constantinople authorizing him to cooperate whith his Italian colleague in the representations he has been instructed to make to the Porte respecting the position of affairs on the frontier of Tripoli and Tunis.

ALLEGATO l

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, ROSEBERY, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A COSTANTINOPOLI, CLARE FORD

N. 227. Foreign Office, november 2nd, 1892.

The Italia n Ambassador has informed me 1 that his Government have represented t o the Porte the desirability of sending some troops to the frontier of T ripoli and Tunis, where it is said the French have made incursions.

His Excellency stated that a few soldiers had been sent, and had proved effective2 for the purpose. Representations were being made by those holding similar views at Costantinople that more troops should be sent, and the Italian Ambassador there had been instructed to come to an understanding with you upon the subject.

If your Italian colleague should speak to you in this sense, you are authorized to use language of similar import to the Turkish Government.

ALLEGATO Il

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, ROSEBERY, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A COSTANTINOPOLI, CLARE FORD

N. 228. Foreign Office, november 7th, 1892.

I have read with interest the Report from Her Majesty's Consul-General at Tripoli as to the state of affairs on the frontier between Tunis and T ripoli which was inclosed in Your Excellency's despatch E. 322 of the 21st ultimo.

I have to rcquest Your Excellency to take an opportunity of bringing the facts reported by Mr. Moore to the knowledge of the Sultan. as well as of your Italian colleague, with whom i t would be well that, as instructed by my despatch N. 227 of the 2nd instant. you should cooperate gencrally on this question.

168 1 Si pubblica qui il seguente passo del R. 2959/1087 di Ressman del 15 dicembre: «Nell'udienza di jeri mi resi presso il signor Ribot interprete della soddisfazione dell'E.V. e di quella del Governo di Sua Maestà per la sua permanenza alla direzione degli affari esteri nel nuovo Gabinetto di cui egli assunse la presidenza. Il signor Ribot mi pregò di esprimere all'E. V. ed al R. Governo i suoi ringraziamenti per tale lusinghiero attestato al quale si mostrò sensibilissimo. Rendo per parte mia volentieri a questo signor ministro degli affari esteri la giustizia di riconoscere che nelle nostre conversazioni egli fa costante prova di intenzioni concilianti, di buon volere e d'uno spirito di moderazione che, in caso di qualche maggiore difficoltà internazionale, farebbe meno temere risoluzioni avventate e pericolose».

169 1 Con tale rapporto, ed. in L'Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 308-311, Baratieri aveva riferito di aver rifiutato un incontro con ras Mangascià per non insospettire Menelik.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 43022/51 I. Roma, 17 novembre 1892.

Ho ricevuto il rapporto del 27 ottobre n. 1041/5601 , nel quale V.E., riassunto un suo colloquio con lord Rosebery circa la questione di Biserta, mi indica quale sarebbe, a suo avviso, il modo migliore di influire sul convincimento ed anche

sull'atteggiamento di codesto Governo a tale riguardo. Mi gioverò opportunamente del suggerimento di lei e provvederò a raccogliere in una memoria, compilata nella forma da lei additata, gli elementi di fatto che, circa la questione di Biserta, possano efficacemente illuminare il giudizio, salvo a concordare indi il modo ed il tempo in cui di siffatto documento sia da farsi uso.

In questi ultimi giorni, è venuto da me l'ambasciatore d'Inghilterra e mi ha intrattenuto di Biserta in base ad un dispaccio che lord Rosebery deve avergli diretto appunto dopo il colloquio da V.E. riferitomi col rapporto del 27 ottobre. Il linguaggio di lord Vivian mi lasciava supporre che lord Rosebery non avesse per avventura esattamente interpretato ciò che V.E. aveva avuto occasione di esporgli. Epperò ho creduto utile di ben chiarirgli a tale proposito l'animo mio. Non è già (dissi all'ambasciatore) che Biserta sia, proprio in questo momento, oggetto di particolare ansietà per il R. Governo, o che io intenda di pigliare, ora, circa Biserta, l'iniziativa di una azione qualsiasi. La possibilità che Biserta abbia a diventare un porto militare a disposizione della marina francese costituisce da gran tempo, per noi, oggetto di legittima preoccupazione. A noi premeva, essenzialmente, di far sapere al Governo britannico che quante volte esso stimasse opportuno di fare, rispetto a Biserta, alcun officio diplomatico, noi saremmo sempre disposti ad associarci ad esso, ritenendo che nella questione l'interesse nostro coincida col suo. In quanto concerne la necessità in cui noi potremmo trovarci, avverandosi la creazione di un porto militare a Biserta, di meglio provvedere alla difesa della Sicilia, stimai conveniente avvertire che non si tratta finora di progetto concreto, bensì di contingenza reputata in tale ipotesi inevitabile, rispetto alla quale già ci si impone lo studio del miglior sistema da adottarsi, se cioè sia preferibile la erezione di fortificazioni costiere od invece la formazione di un campo trincerato nell'interno dell'isola.

A vendo lord Vivia n preso nota delle mie parole, che egli si proponeva di riferire al principale segretario della regina per gli affari esteri, desidero che anche V. E. ne abbia precisa notizia per norma del suo linguaggio con lord Rosebery.

170 1 Non risulta che Tornielli abbia riferito a Brin su questo colloquio con Rosebery. 2 Qy ineffective [nota del documento]. 171 1 Cfr. n. 159.

172

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. CONFIDENZIALE 43040/513. Roma, 18 novembre 1892.

Ho il pregio di trasmettere, qui unito, copia di una nota 1 colla quale lord Vivian mi comunica due dispacci diretti dai ministro inglese degli affari esteri all'ambasciatore di Sua Maestà Britannica in Costantinopoli. Si dà in essi istruzione a sir Clare Ford di procedere d'accordo coll'ambasciatore d'Italia negli eventuali richiami che la situazione politica alla frontiera tripolo-tunisina rendesse necessario di fare al sultano.

172 I Cfr. n. 170.

Non isfuggirà certamente a V.E. quanto sia notevole la presente dimostrazione per parte di codesto Governo, del suo desiderio di procedere di pieno accordo coll'Italia in questo importante argomento, nel comune proposito di curare il mantenimento dello statu quo nella Tripolitania.

173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

D. 43167/955. Roma, 18 novembre 1892.

Nel corso della conversazione da me avuta coll'ambasciatore di Francia circa la polemica dei giornali francesi per il giornale franco-arabo di Tunisi, alla quale si riferisce un altro mio dispaccio d'oggi 1 , il signor Billot osservava che per tutto ciò che tocca Tunisi l'opinione pubblica è molto suscettibile nei due Paesi. Alla quale osservazione stimai, dal canto mio, dover aggiungere come per parte nostra questa suscettibilità fosse ben giustificata dal momento che, tra le altre cose, punto non si dissimula, in Francia, che la creazione di un arsenale a Biserta avrebbe uno scopo di offesa verso di noi. Citai, in appoggio del mio dire, le recente intervista del signor Barthélemy St-Hilaire, il quale, alludendo al tempo in cui sarà costrutto quell'arsenale, non esitava ad esclamare: «Alors pauvre Sardaigne!».

Il signor Billot, pur declinando, come già altra volta fece, ogni discussione sul diritto di creare quell'arsenale, mi ripeteva ancora quanto a più riprese mi aveva già detto, che cioè i lavori che si stanno eseguendo a Biserta hanno un carattere commerciale.

Replicai, a mia volta, che non intendevo neppur io discutere ora la questione di diritto, ma non potevo, anche solo di sfuggita, tralasciare di notare che la creazione di un arsenale a Biserta avrebbe mutato la condizione territoriale di quel paese. E non volendo il signor Billot ciò ammettere, poiché l'arsenale sarebbe del bey, il quale come sovrano indipendente aveva facoltà di crearlo, mi fu facile dimostrare che, quando l'arsenale, pel suo sviluppo e per l'ampiezza delle fortificazioni, non corrispondesse ai mezzi militari di cui può disporre il bey, ne risulterebbe evidente la creazione di una base di offesa a beneficio di un'altra Potenza; il che sarebbe un vero mutamento nello stato territoriale di Tunisi. Ed in appoggio del mio dire chiesi, a titolo di esempio, se, prima del 1860, sarebbesi dalla Francia ammesso che la Sardegna potesse creare a Monaco un arsenale militare.

Ciò premesso a titolo di semplice osservazione, conchiusi però che sarebbe già cosa importante per noi se io potessi ritenermi autorizzato, quando fossi interpellato in Parlamento, a fare conoscere l'assicurazione del Governo francese che i lavori a Biserta avevano un carattere commerciale. In tale caso verrebbe meno, per ora, ogni ragione di discussione, la quale potrebbe solo rinascere quando il Governo francese mutasse di intenzioni; e questa sarebbe contingenza riservata all'avvenire, di cui avremmo potuto intanto non preoccuparci.

Il signor Billot non poteva, mi disse, autorizzarmi a fare eventualmente una tale dichiarazione, occorrendo; ma avrebbe tosto scritto al suo Governo per sapere se poteva significarmi tale autorizzazione, e mi avrebbe poi fatto conoscere la risposta.

Credo utile che di quanto precede l'E.V. sia tosto informata 2 .

173 1 D. 43168/956, non pubblicato, nel quale si comunicava che alcuni giornali francesi avevano accusato il Governo italiano di aiutare un giornale anti-francese di Tunisi.

174

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2619. Vienna, 19 novembre 1892, ore 14,40 (per. ore 16,15).

Prego telegrafarmi se codesto ministero autorizza scambio delle note relative alla clausola dei vini convenuta con Miraglia 1 .

175

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 19 novembre 1892, ore 18 (per. ore 20).

Le roi et le prince héritier viennent de rentrer à Bucarest. L'acte d'accession de l'Allemagne sera signé ces jours-ci. Quel doit-ètre mon langage? 1

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. S.N. Roma, 20 novembre 1892, ore 11,55.

Vous pouvez dire que n otre accessi o n est décidée 1• Je vais vous expédier l es pleins-pouvoirs. Les instruments à signer vous arriveront de Vienne. Notre formule d'accession est identique à celle de 1888.

174 l Brin autorizzò lo scambio di note con T. 4518 dello stesso 19 novembre, non pubblicato. 175 l Per la risposta cfr. n. 176. 176 l Risponde al n. 175. Era stata preparata per Umberto I una memoria riassuntiva della questione con parere favorevole all'accessione alla rinnovata alleanza austro-rumena. In calce a tale memoria è scritto: «21 novembre 1892. Letto da Sua Maestà e approvato, Brin».

173 2 Per il seguito cfr. n. 182.

177

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2629. Berlino, 21 novembre 1892, ore 22,35 (per. ore 6 del 22).

Ieri l'altro, poco dopo arrivato granduca ereditario, imperatore di Russia faceva pregare imperatore di Germania volere destinare generale Werder ad ambasciatore Pietroburgo, nel posto generale Schweinitz, che ritirasi. Imperatore di Germania aderì subito e ricevè telegrafo ringraziamenti imperatore di Russia prova amicizia data. Segretario di Stato pregommi poco fa recarmi suo ufficio per darmi tale notizia, alla quale questo signor ministro degli afTari esteri annette molto peso. Generale Werder fu infatti lungamente addetto militare a Pietroburgo godendo speciale fiducia czar che lo tratta tuttora come amico personale, invitandolo ogni anno presso lui. Nella domanda dell'imperatore di Russia questo signor ministro degli affari esteri crede scorgere intenzione czar camminare d'accordo Germania e non seguire corrente francese cui politica interna deve ispirargli preoccupazione per interessi dinastici. Ad ogni modo il fatto è buon augurio per interessi pace.

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 4531. Roma, 22 novembre 1892, ore 19,25.

Ringrazio V.E. per interessante suo telegramma 1• Prego ringraziare segretario Stato per la sua premura di comunicarci tale notizia che ha significato come indizio di avviamento ad una migliore situazione tra la Germania e la Russia, del che nell'interesse della pace vivamente ci compiaciamo.

179

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CIFRATO S.N. Madrid, 22 novembre 1892 (per. il 27).

J'ai une mauvaise nouvelle à vous donner. Le Gouvernement français est parvenu à connaìtre l'existence d'un accord secret entre I'Italie et l'Espagne pour le

maintien du statu quo dans la Méditerranée, mais je crois qu'il ne sait les choses qu'à moitié et qu'il ne soupçonne pas le principe de rapprochement de ce Royaume à l'alliance. C'est l'ambassadeur à Paris qui a écrit ce qui précède au due de Tetuan après une conversation avec M. Ribot. Celui-ci n'avait pas l'air d'y attacher une grande importance, et cela prouverait que ses informations sont incomplètes et en partie erronées. Il s'est borné à dire qu'il n'ignare pas que l'accord a été renouvelé et communiqué à d'autres Puissances, notamment à l' Angleterre et au Maroc; que cela est une mesure hostile à la France, dont elle se moque cependant, car le statu quo dans la Méditerranée forme aussi la base de sa propre politique. L'ambassadeur d'Espagne termine sa relation, dont le ministre d'Etat m'a donné lecture, en exprimant sa conviction que c'est le comte d'Aubigny qui a envoyé ces renseignements de Fez. Le due de Tetuan ne me parait pas trop alarmé de ces révélations. Si on m'accorde maintenant le court congé que j'ai demandé, je dannerai de vive voix de plus amples détails.

178 1 Cfr. n. 177.

180

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1105/591. Londra, 23 novembre 1892 (per. il ] 0 dicembre).

Il corriere di Gabinetto, arrivato qui ieri sera, mi ha portato il dispaccio di V.E., del giorno 17 corrente1 , relativo ai lavori in corso a Biserta. Di questo stesso oggetto scrissi, il 20 di questo mese (n. 1098/589) 2 , ed il r. ministero riceverà quel mio rapporto con lo stesso corriere al quale questo sarà affidato. Le cose che ebbi l'onore di esporre, prima che pervenisse a mie mani il dispaccio al quale ora rispondo, serviranno a dimostrare che io ho procurato in ogni tempo di contenere le pratiche mie presso il Governo inglese, nella misura che la conoscenza delle circostanze locali mi suggeriva. V.E. ora mi rende avvertito che lord Rosebery sembra aver attribuito al colloquio da me avuto con lui il 26 ottobre, un carattere diverso da quello che esso avrebbe dovuto avere per corrispondere agli intendimenti del Governo di Sua Maestà.

Lo aver io prese le mosse, in quella conversazione, da pubblicazioni fatte il dì medesimo dal Times e da altre gazzette inglesi, toglieva, nella mia intenzione, alle cose da me dette in quell'occasione, il colore di una comunicazione ufficiale prescrittami da speciali istruzioni del mio Governo. In verità queste non mi sarebbero mancate; soltanto io aveva sempre indugiato a valermene in attesa appunto di una circostanza la quale mi permettesse di riprendere qui lo scambio di idee circa i lavori di Biserta in una forma che, escludendo l'intenzione nostra di suscitare un incidente grave nelle relazioni con la Francia, non conducesse il Gabinetto di Londra a rinnovare le da noi già subìte ripulse. Il linguaggio tenuto da V.E. a lord

180 l Cfr. n. 171. 2 Cfr. n. 162, nota 4.

Vivian, avrà giovato a ristabilire le cose nella proporzione consigliata dalle presenti circostanze. In affare che, per vari rispetti, io ritengo delicatissimo, non è superfluo certamente il dare, di quando in quando, uno sguardo retrospettivo.

Dopo che, nel gennaio 1891, lord Salisbury ci fece conoscere l'opinione dell'ammiragliato inglese che il porto militare di Biserta diminuirebbe la forza aggressiva della marina francese (telegramma 29 gennaio e rapporto 7 febbraio 1891), lo scambio di idee fra Roma e Londra pervenne ad una pausa in seguito alla comunicazione fatta il 30 di quello stesso mese al R. Governo per il tramite di lord Dufferin3 . Una espressione di quella comunicazione fu chiarita in un colloquio da me avuto al Foreign Office il 18 febbraio successivo (rapporto 20 febbraio 1891, n. 174/96)4 . Intanto un importante colloquio avea avuto luogo al Ministero degli affari esteri a Roma5 e le dichiarazioni fatte in quell'occasione dal signor Billot aveano tanto maggior valore in quanto che esse risultavano identiche a quelle del signor Waddington a Londra. Il Governo del re ne traeva motivo di ordinare a me di non insistere oltre misura sovra le osservazioni qui ripetutamente presentate e si riservava di ripigliare in esame la questione tecnica dell'importanza dei lavori di Biserta, questione sovra la quale appariva che le autorità competenti d'Italia e d'Inghilterra aveano cessato di trovarsi d'accordo.

In relazione con questo divisamento, mi fu mandata la memoria elaborata dal real corpo di Stato Maggiore circa gli effetti che dalla creazione di un porto militare a Biserta potrebbero risultare (dispaccio ministeriale 22 marzo 1891)6 . Io avea istruzione di rimettere a lord Salisbury un esemplare di quel documento. Non mi parve di poter ciò fare con opportunità senza introdurvi qualche variazione. Ne esposi i motivi e ne chiesi l'autorizzazione al r. ministro (rapporto 5 aprile 1891 n. 3311186)7 , il quale me l'accordò. Il memoriale fu consegnato a lord Salisbury nei primi giorni di giugno. Tale comunicazione fu fatta mantenendole il carattere che essa dovea avere. Si trattava di confutare l'opinione dei tecnici inglesi circa gli effetti della costruzione del porto militare di Biserta. In questo senso fu infatti ricevuta la comunicazione stessa dal Foreign Office (rapporto 6 giugno 1891 n. 568/298) 6. .

Ma la pausa nello scambio d'idee con l'Inghilterra circa l'azione da esercitare verso la Francia, non dovea essere di lunga durata. Non saprei d'onde venissero gli eccitamenti a nuovi sospetti di pericoli urgenti. Il 15 d'aprile di quest'anno io ricevetti l'ordine di chiamare nuovamente l'attenzione di lord Salisbury sovra la questione dei lavori militari di Biserta. Sua Signoria era in quel tempo assente da Londra. Ne profittai per rappresentare al Governo del re la probabilità dell'esito negativo delle pratiche ordinatemi (rapporto 21 aprile 1892 n. 424/228) 7 . Il r. ministero insistette tuttavia nelle sue istruzioni che praticamente io non mi trovai in grado di eseguire anche per le circostanze nelle quali non tardò a trovarsi il Gabinetto presieduto da lord Salisbury. Da queste ultime comunicazioni, pervenutemi da Roma, risultava che il Governo nostro non avea alcun dubbio circa il

4 lvi, n. 41.

5 lvi, n. 51.

6 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie II.

7 lvi, n. !92.

carattere militare dei lavori di Biserta e stimava necessario di segnalare l'alacrità con la quale essi erano condotti. Ciò che io udiva qui non confermava siffatte notizie, epperò io pensai convenisse aspettare che una circostanza speciale mi permettesse di chiamare l'attenzione del nuovo ministro degli affari esteri d'Inghilterra sovra l'importanza che aveano, dal punto di vista degli interessi di equilibrio nel Mediterraneo, i lavori di Biserta. Mi parve che le dichiarazioni pubbliche del signor Barthélemy St-Hilaire mi dessero appunto tale opportunità. Naturalmente, nel parlare con lord Rosebery di quei lavori, della loro indole e dell'attività con la quale si proseguivano, io non avea altra guida che quella che mi era data dal dispaccio del 15 aprile ultimo

n. 14500/1878 . Ora certamente non mi dolgo di sapere, dall'ultima comunicazione di V.E., che i lavori suddetti non formano, in questo momento, oggetto di particolare ansietà per il R. Governo. Me ne rallegro anzi e vorrei che l'opinione che qui hanno che i lavori in corso non offrono pericolo dal punto di vista militare, fosse la vera e sovra tutto avesse base sicura nelle intenzioni del Governo francese. Se mi permisi di fare la breve rivista retrospettiva dello scambio di idee e di comunicazioni avuto con la Gran Bretagna sovra questo soggetto, ciò feci precipuamente perché mi sembra che essa possa giovare a mantenere il nesso che è elemento importantissimo di riuscita nell'azione diplomatica che mira a scopi precisi ancorché lontani 9 .

180 3 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 24 e nota l, p. 20 allo stesso.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO DELLA GUERRA, PELLOUX

D. CONFIDENZIALE 43987/714. Roma, 24 novembre 1892.

Per rispondere adeguatamente alle note che V.E. mi diresse il 10 ed il 18 di questo mese nn. 7759, 7940 e 7944 1 , divisione Stato Maggiore, sezione Africa, mi conviene premettere alcuna considerazione intorno all'indirizzo generale della nostra occupazione nell'Eritrea; su di che l'E.V., con le predette sue note, richiama in particolar modo la mia attenzione.

V.E. avverte che l'ordinamento della Colonia Eritrea, quale si venne concretando nell'anno 1891 e segnatamente le relative proposte di bilancio spettanti alla competenza di codesto ministero, avevano per caposaldo che l'occupazione militare non si estendesse oltre i forti di Asmara e di Keren, i quali dovevansi considerare, non già come centri di azione diretta e protettrice da estendersi sino ai possedimenti periferici, sibbene come fortezze di confine, atte ad impedire l'occupazione altrui ed a servire come luogo di rifugio in caso di soverchianti invasioni. Consultando gli atti di questo ministero, io trovo che un siffatto programma, il così detto

9 A questo rapporto e a quello di cui alla nota 2 Brin rispose con D. 45282/525 del 5 dicembre, del quale si pubblica qui il seguente passo: «Al punto in cui sono le cose pare a me che giovi presentemente il soprassedere ad ogni ulteriore ufficio, salvo a determinare in seguito il da farsi, a seconda delle circostanze». 181 l Non pubblicate.

programma del triangolo Massaua-Keren-Asmara, ha potuto bensì in sulle prime essere stato considerato come tema di studio, però non fu mai attuato ed anzi, la rigidezza della formola venne tosto attenuata. Ho sotto gli occhi un dispaccio del marchese di Rudinì, in data dell'8 aprile 189!2, diretto al generale Gandolfi, le conclusioni del quale, in quanto concerne questo punto, pongono apertamente in sodo che l'occupazione militare effettiva e permanente, limitata al triangolo Massaua-Asmara-Keren potesse avere quelle appendici che fossero stimate necessarie per la libertà dei nostri movimenti e per i rapporti con le popolazioni indigene. Ed una prima applicazione del principio tosto si ebbe con la mantenuta occupazione di Agordat, nella direzione del Sudan orientale, alla quale si riferisce la nota del Ministero esteri al Ministero della guerra del 31 maggio 1891 n. 20742/375 3 , e che dipoi si è chiarita, effettivamente, di non dubbia utilità pratica.

Il concetto medesimo riconfermavasi in un dispaccio 4 luglio 1891 4 , nel quale erano riassunte dal marchese di Rudinì le sue istruzioni al colonnello Baratieri, governatore interinale della Colonia. «Il nuovo organico militare, imposto dal programma di economie seguito dalla presente amministrazione (così ivi si legge) ha reso necessario di limitare l'occupazione militare diretta al noto triangolo, salvo le appendici ritenute assolutamente indispensabili. Ciò non toglie che, col mezzo delle bande assoldate, e con l'opera di ufficiali accuratamente scelti, debbano conservarsi sotto la nostra influenza il Saraè e l'Oculè Cusai, non che i territori occupati dalle tribù sudanesi che ottennero il nostro protettorato. Anche le truppe indigene potranno mostrarsi a giusti periodi in quelle regioni ... ». Nuova efficacia, per quanto posso argomentare dagli atti d'ufficio, codesto concetto traeva dal voto, altamente espresso dalla Commissione parlamentare d'inchiesta, e segnatamente dal generale Driquet (nota di codesto ministero del 29 settembre 1891, n. 5347)3, che si dovesse mantenere il confine di fatto al Mareb, e dalla notevole circostanza che un siffatto voto principalmente giustificavasi con la necessità, per ragioni di economia, di tener raccolto il maggior nerbo delle nostre forze militari in pochi punti fortificati come Asmara, Massaua e Keren.

Pigliava, per tal modo, forma concreta il programma che la precedente amministrazione fecesi ad attuare nell'Eritrea. Bandita l'idea, che forse per un solo istante ha potuto balenare alla mente, di un completo disinteressamento per quanto potesse avvenire al di là del triangolo, fu invece ammesso che l'occupazione militare permanente del triangolo Massaua-Keren-Asmara potesse avere alcuna appendice, alcun complemento nella zona circostante a sud ed a ovest se ciò si stimasse necessario per il mantenimento di quel predominio che ivi sarebbesi esercitato con l'opera di residenti, di bande assoldate e di truppe indigene periodicamente percorrenti il Paese. E debbo necessariamente presumere che con codesto programma coincidessero anche le proposte dei bilanci militari di Africa per gli esercizi 1891-92 e 1892-93.

Tale è lo stato di fatto che trovai in pieno vigore nell'assumere la direzione degli affari esteri. In quel momento, all'infuori del triangolo, stavano i presidi o i distaccamenti di Agordat, di Godofelassi, di Arafali e di Mahio, dei quali i due

3 Non pubblicata nel vol. XXIV della serie II.

4 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 127-129.

ultimi vennero tolti quando g1a 10 reggevo questo ministero, come è ben noto a

V.E. con cui <;bbi a trattarne con le note scambiate nello scorso luglio.

Per parte mia, stimai di nulla innovare al programma di cui codesto stato di cose era l'espressione. Innovare mentre l'innovazione da niuna parte invocavasi, e mentre non ci si additava lagno od inconveniente alcuno, mi sarebbe sembrata opera ingiustificata e grave responsabilità. E sarebbe stato innovare, non già il lasciar sussistere una occupazione di fatto e talun presidio oltre il triangolo, sibbene il ritorno alla formola rigida ed assoluta del triangolo, con esclusione di ogni azione al di là del triangolo medesimo. Messo pertanto in sodo l'esistente statu quo, nel mio carteggio col colonnello Baratieri, e segnatamente in un mio dispaccio del 16 luglio scorso 5 relativo alla missione Traversi (di cui, ad ogni buon fine, qui accludo copia) non ebbi neppure l'opportunità di discutere della maggiore o minore bontà del vigente programma. Solo mi parve di dover dare un'accentuazione più marcata a questo concetto complementare: che, rispettate le linee generali del programma medesimo, e rispettati sopratutto i limiti del bilancio si avesse a lasciare, per i particolari di esecuzione, una ragionevole larghezza al governatore, essendo giusto che questi abbia mezzi d'azione corrispondenti alla responsabilità che gli incombe. Così, dopo aver segnalato all'attenzione del governatore se fosse conveniente e prudente di mantenere la inoltrata posizione di Godofelassi, punto non insistetti di fronte alle concludenti spiegazioni dal colonnello Baratieri fornitemi.

Tutto ciò premesso, e venendo ora ai due punti speciali su cui conviene oggi deliberare, io penso che, senza menomamente deviare dal programma che trovai in pieno vigore, e che fino a ragione contraria ritengo doversi lasciare immutato, si possano accogliere entrambe le proposte del governatore.

Come non ho creduto di nulla obiettare nello scorso luglio alla soppressione dei posti di Arafali e Mahio, così oggi non credo potersi ragionevolmente eccepire contro la istituzione del posto di Halai, che, evidentemente rientra nelle linee generali del programma più sopra ricordato, e che il colonnello Baratieri espressamente dichiara potersi tradurre in atto senza nuovo onere di bilancio.

In quanto poi si riferisce alla restaurazione dei comandi di zona, a Keren e ad Asmara, non credo dover spendere molte parole per dimostrare che, ben !ungi dallo scostarsi dal vigente programma, ne riesce quasi un corollario, essendo desiderabile che più agevolmente e più efficacemente si irradii da Keren e da Asmara l'influenza che, sulle regioni circostanti vuolsi mantenere. Qui si affaccia solo la questione di bilancio, la quale però, in vista dei vantaggi additati dal colonnello Baratieri, non apparisce di malagevole soluzione. lmperocché, come già gravitano sul bilancio civile gli assegni dei due capitani addetti per i servizi civili ai due comandi, così basterà elevare, nel bilancio stesso, le cifre di tali assegni, in guisa che bastino per i due ufficiali di maggior grado designati per il nuovo ufficio; ed io non avrei difficoltà di regolare direttamente questo punto col colonnello Baratieri, senza che occorra fare variazione alcuna al bilancio od all'organico militare.

Vorrei confidare che V.E. sia per assentire a queste mie considerazioni e conclusioni; per guisa che, analogamente scrivendone al colonnello Baratieri, io possa presentargli le considerazioni e conclusioni medesime come espressione del nostro comune pensiero.

181 s Cfr. n. 38.

180 8 Cfr. serie Il, vol. XXIV, n. 725.

181 2 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 204.

182

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2315/1019. Parigi, 24 novembre 1892 (per. il 27).

Ringrazio l'E.V. di avermi, col suo dispaccio in margine ricordato', reso consapevole della conversazione da lei avuta con codesto ambasciatore di Francia intorno alle recenti polemiche per il giornale franco-arabo di Tunisi ed intorno alla creazione di un arsenale a Biserta.

V.E. avendomi informato che il signor Billot le promise di scrivere al suo governo per sapere se ella potesse considerarsi autorizzata dal medesimo a far conoscere eventualmente in Parlamento l'assicurazione che i lavori a Biserta avevano un carattere commerciale, io stimai utile d'intrattenere di ciò, nell'udienza di ieri, questo signor ministro degli affari esteri, cui anzitutto ricordai che quella assicurazione era stata a più riprese nelle conversazioni diplomatiche ripetuta già al mio predecessore ed a me stesso, come lo fu pure costì dal signor Billot. Dissi al ministro che I'E.V., nel chiedere una tale autorizzazione in previsione d'un'interpellanza che le polemiche corse anche recentemente sui giornali rendevano probabile, era animata dall'amichevole desiderio di eliminare ogni causa di nuove recriminazioni e ogni discussione irritante, al che avevamo un comune interesse.

Il signor Ribot aveva già poco prima ricevuto il rapporto dell'ambasciatore di Francia a Roma che gli rendeva conto di quella sua conversazione coll'E. V. 2 Egli mi dichiarò che i lavori a Biserta si facevano apertamente, in modo che era facile di rendersi conto della loro natura ed importanza. Si stava scavando il canale che dovrà dar accesso alle navi nel porto. Furono tracciati e riservati i terreni sui quali batterie potranno essere collocate a difesa del porto; ma per ora nessuna fortificazione nè altra opera militare si erigeva. I lavori del canale saranno compiuti alla fine del 1894. Tutto ciò il signor Ribot poteva dirmi amichevolmente e confidenzialmente, ma egli non poteva, nè ammettere in noi il diritto d'interrogarlo ufficialmente sui propositi del Governo francese, come non crederebbe egli stesso di avere il diritto d'interrogarci sopra lavori militari che noi facessimo, per esempio, alla Maddalena, nè aveva facoltà di autorizzarci ad una dichiarazione pubblica, la quale si potesse interpretare come un impegno del Governo francese che non era in poter suo di prendere. Che se in avvenire la Francia facesse opere militari a Biserta, incombendole come Potenza protettrice la difesa della Reggenza, nessuno avrebbe il diritto di obbiettarvi.

Risposi al signor Ribot ripetendogli le assennatissime considerazioni colle quali già l'E.V. aveva replicato all'ambasciatore di Francia ed insistendo sul punto che non v'era per parte nostra né intenzione di strappare con un'insidia un impegno al Governo della Repubblica, né proposito d'intavolare ora una discussione della questione di diritto, ma che anzi si cercava da lei il mezzo d'impedire che questa sia sollevata. Il ministro non volle rimuoversi dalla sua prima abbiezione, anch'egli dovendo prevedere interpellanze, se alcuna dichiarazione fosse fatta in suo nome nel Parlamento italiano, le quali potrebbero gravemente esporre la sua responsabilità verso il Paese.

182 I Cfr. n. 173.

2 Cfr. il telegramma di Ribot a Billot del 23 novembre, in risposta al rapporto del 18 novembre con cui l'ambasciatore aveva riferito sulla sua conversazione con Brin, in Documents Diplomatiques Français ( 1871-1914), Jre Série (1871-1900), tome X (21 aout 1892-31 décembre 1893), Paris, lmprimerie Nationale, 1935, n. 54.

Quantunque la Francia non sia nella Reggenza di Tunisi che Potenza protettrice e non abbia per ora intenzione di mutare questo stato di cose in dominio diretto, non giova dissimularsi che essa si considera a Tunisi come in casa propria e che veglia gelosamente a non lasciare menomare nessuno dei diritti, anche più estremi, che può dal protettorato e dalla forza delle cose rivendicare. La sua azione in questa tendenza sarà ferma, continua, inflessibile, e, per ora, noi possiamo soltanto augurarci che sia rallentata un poco e moderata da un desiderio di conciliazione e da quella qui pur sempre persistente speranza di ricondurci a sè che sopravvive in molti uomini che ora sono al potere. Ad impedire ch'essa, in un non lontano avvenire, faccia di Biserta un formidabile arsenale militare, dubito che bastino rimostranze, a meno forse che alle nostre l'Inghilterra voglia fare eco più energicamente che finora non l'abbia fatto, e tutto fa presumere che la eventualità da noi preveduta si avvererà un dì, se prima gravi sconvolgimenti in Europa non muteranno la condizione presente delle cose.

183

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Bucarest, 30 novembre 1892, ore 14 (per. ore 16).

lnstruments signés avant hier et expédiés hier à Vienne, avec lettre réservée 1 et indications voulues. Je remercie V.E. bons souhaits 2 . J'espère pouvoir demander congé au plus tòt. En tout cas je serai ici pour l'échange des ratifications.

184

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO S.N. Londra, 2 dicembre 1892 1 .

Il giornale la Tribuna ha pubblicato nel suo numero 332 del 30 novembre ultimo, ciò che segue:

«Italia ed Inghilterra (nostro telegramma particolare) Parigi 29 ore 10 antimeridiane (Jacopo). Il Petit Parisien riceve da Londra una curiosa notizia. L'ambasciatore italiano, conte Tornielli, avrebbe cercato, a nome dell'an. Giolitti di ottenere

2 Con T. s.n. del 29 novembre, non pubblicato, Malvano aveva inviato gli auguri suoi e di Brin per l'imminente matrimonio di Curtopassi. 184 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

da lord Rosebery, capo del Foreign Office, la conferma della promessa e degli impegni assunti da Salisbury verso l'Italia, date certe eventualità, pur accompagnando le sue domande di assicurazioni precise intorno ai sentimenti pacifici dell'Italia stessa. Lord Rosebery avrebbe categoricamente dichiarato che l'Inghilterra non intende legarsi in alcun modo tanto più che è persuasa che nessuna Potenza pensa ad attaccare l'Italia ammenochè non provochi essa un conflitto».

È appena necessario che io opponga a tale notizia la smentita la più assoluta. Dopo lo scambio di idee, avvenuto in settembre, fra il conte Hatzfeldt e lord Rosebery, per iniziativa del Gabinetto di Berlino (rapporto del 19 settembre) 2 ed il colloquio che questo ministro britannico ha avuto con l'ambasciatore austro-ungarico (rapporto 8 novembre) 3 non ho saputo che qui vi sia stata altra occasione per Sua Signoria di manifestare i suoi personali intendimenti e quelli del Gabinetto di cui egli fa parte, circa i rapporti speciali dell'Inghilterra con l'Italia. Ho troppe volte espresso la mia opinione assolutamente negativa intorno alla opportunità di provocare, da parte nostra, delle dichiarazioni sovra questo delicato soggetto, perché il R. Governo possa credere che io abbia di esso direttamente od indirettamente toccato nelle mie conversazioni con il principale segretario di Stato per gli affari esteri della regina. Stimo anzi che di tale mia scrupolosa riserva, in un argomento troppo chiaramente imbarazzante per lord Rosebery, questi mi sia personalmente grato e ne ho l'indizio nella premurosa accoglienza che egli fin qui ha fatto alle varie speciali comunicazioni che per istruzione della E. V. ho avuto l'occasione di fargli. Tali comunicazioni si riferivano ad affari di non grandissima importanza per l'Inghilterra i quali però ci interessavano assai ed io debbo riconoscere che, per essi, ho trovato, nell'attuale ministro per gli affari esteri, una premura che, in varie circostanze, non avea incontrato presso il di lui predecessore. È per me evidente che lord Rosebery si propone di mantenere in noi la persuasione delle favorevoli ed amichevoli disposizioni dell'Inghilterra verso l'Italia, sia perché egli personalmente propende per la politica che le suppone, sia perché egli ritiene che le medesime esistono nell'opinione pubblica del suo Paese. Però la posizione del Gabinetto Gladstone e quella che egli ha nel Gabinetto stesso, non gli consentono di andare più in là presentemente. Ed a me pare scorgere che egli apprezzi giustamente il riguardo da noi usatogli di non suscitare intempestivamente delle difficoltà che egli forse non sarebbe in grado di affrontare.

Colgo l'occasione che mi porge la singolare pubblicazione del Petit Parisien, riprodotta dalla Tribuna, per segnalare al R. Governo la perduranza della situazione più volte da me descritta la quale sconsiglia, a parer mio, qualunque pratica diretta od indiretta, da parte nostra, per accertarci del valore che l'Inghilterra presentemente sarebbe pronta ad accordare agli impegni suoi a riguardo nostro.

La stampa francese, od almeno quella porzione che sembra attribuirsi la parte di agente provocatore, può avere interesse a suscitare in Italia e qui delle polemiche sovra siffatto tema. Ma l'interesse nostro è in una direzione assolutamente opposta. Dovrebbero comprenderlo per i primi i giornali che appoggiano la politica del

184 2 Cfr. n. 125 3 R. riservato s.n., non pubblicato.

nostro Governo. Finora non mi è risultato che i grandi giornali di Londra abbiano prestato attenzione alla pubblicazione del Petit Parisien. Sarebbe desiderabile che il silenzio della stampa italiana contribuisse a farla dimenticare il più presto possibile.

183 l Del 28 novembre, non pubblicata.

185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 4601. Roma, 8 dicembre 1892, ore 19,30.

Lord Rosebery ha telegrafato a codesto rappresentante inglese che considera progetto modifica costituzione come inopportuno e tale da poter suscitare complicazioni. Tale è pure nostra impressione. Voglia esprimersi in questo senso e secondare azione Governo inglese 1•

186

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1433/422. Sofia, 8 dicembre 1892 (per. il 13).

Ho l'onore di, qui unito, trasmettere a V.E. un annesso in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

Il principe di Bulgaria disse recentemente all'agente diplomatico austro-ungarico ed a me essere impressionato delle modificazioni costituzionali dell'articolo 38 che riguarda religione erede del trono come pure delle altre modificazioni che lo riguardano, a proposito delle quali, ha potuto controllare che molti personaggi politici, che egli credeva suoi amici sinceri, lo consideravano come un principe solo provvisorio in Bulgaria.

Il mio collega austro-ungarico crede che il principe di Bulgaria dovrebbe fare una dimostrazione per persuadere i bulgari che non è lui che vuole modificazioni costituzionali. Credo che dia consigli in questo senso. Antico ministro delle finanze Natciovic pretende che Stambuloff in questa questione costituzionale voglia compromettere il principe Ferdinando colla popolazione. Senza dubbio la situazione presente delle cose è divenuta qui delicata, quasi pericolosa pell'avvenire.

Io agisco e parlo con molta prudenza. Aspetto istruzioni di V.E.

185 l Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 4603, pari data. Per la risposta da Sofia cfr. n. 187.

187

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2702. Sofia, 9 dicembre 1892, ore 19,15 (per. ore 21,16).

In conformità agli ordini ricevuti 1 e previo accordo col rappresentante inglese, ho parlato ministro degli affari esteri, ma mi sono accorto subito che non si terrà conto veruno dei nostri consigli, e si modificherà costituzione, compreso articolo

38. Rappresentante Inghilterra ebbe colloquio con Stambuloff senza risultato soddisfacente; vedrò domani Stambuloff, ma nulla spero. Rappresentante inglese ed io faremo anche conoscere nostre istruzioni al principe. Stambuloff pretende che la modificazione articolo 38 è indispensabile per il prossimo matrimonio del principe. Ieri Governo russo reclamò Governo principesco arretrati dei diritti occupazione militare che ammontano a circa due milioni rubli.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA DIPLOMATICA A SOFIA

T. 4615. Roma, 10 dicembre 1892, ore 17.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria mi ha comunicato un telegramma del conte Kalnoky circa il progetto di modificazioni alla costituzione bulgara. Il conte Kalnoky dice che tale progetto venne concretato da Stambuloff senza che sia stato domandato il suo parere. Nel telegramma parlasi solo della riduzione del numero dei deputati da trecento circa a centododici, della maggior durata della legislatura da tre a cinque anni ed infine della assunzione del titolo di Altezza Reale da parte del principe. Pare che il conte Kalnoky non avesse ancora notizia della modificazione relativa alla religione dei discendenti del principe. L'ambasciatore d'Austria-Ungheria a cui ne feci cenno ne riconosce la gravità. Avendolo informato degli officii da noi fatti e della risposta avuta 1 , l'ambasciatore mi disse che ne telegraferebbe al conte Kalnoky, essendo comune il desiderio che in Bulgaria non si sollevino questioni che possano provocare complicazioni. Quanto precede è per sola sua informazione.

2 Questo telegramma e il n. 185 furono comunicati alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Pietroburgo con T. 4613 del IO dicembre. 188 l Cfr. nn. 185 e 187.

187 l Cfr. n. 185.

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 4683 1. Roma, 10 dicembre 1892, ore 22,15.

Facendo seguito ai miei telegrammi d'oggi 2 , la prego di sentire se codesto Governo sarebbe disposto a dare Sofia gli stessi consigli di prudenza che da Londra, da Roma e probabilmente anche da Vienna sono dati. Secondo il nostro agente il solo atteggiamento uniforme delle Potenze amiche potrebbe avere sufficiente efficacia 3 .

190

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2715. Sofia, 11 dicembre 1892, ore 12,10 (per. ore 14,58).

Confermo informazioni confidenziali spedite telegraficamente jeri notte 1 . Parlato con Stambuloff che è stato assai negativo, ma che finì per dire che la questione religione cattolica erede trono riguarda specialmente principe. Feci conoscere principe mie istruzioni 2• Rappresentante inglese, che ha parlato con Sua Altezza, mi ha detto che il principe non sa come uscire dall'imbrogliata situazione politica, e non ha preso ancora una risoluzione, né sa in che senso prenderla. Collega crede che il principe effettivamente gradirebbe modificazione ma si rende conto pericolo del procedimento.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 4625. Roma, 11 dicembre 1892, ore 17,45.

Bulgaria. Un telegramma comunicatomi dall'ambasciatore di Germania lascia intendere che il Gabinetto di Berlino riconosce la gravità della questione relativa alla religione mentre quelle relative al numero dei deputati ed alla durata delle legislature possono considerarsi d'ordine interno. L'ambasciatore di Germania ha però meco riconosciuto doversi pure considerare grave la questione relativa al mutamento del titolo del principe.

2 Cfr. nn. 187, nota 2 e 188.

3 Per la risposta cfr. n. 195. 190 1 Cfr. n. 187.

2 Cfr. n. 185.

189 l Il telegramma reca questa numerazione perché posto erroneamente nel registro fra i telegrammi del 18 dicembre. La data esatta è stata tratta dal fondo ambasciata a Berlino.

192

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO 489/265. Pietroburgo, II dicembre I892 (per. il 2I) .

Un rapporto del signor de Biilow, comunicato a quest'ambasciata di Germania, sul viaggio del granduca Sergio in Italia, riferisce che Sua Altezza Imperiale fece ottima impressione al Vaticano, che l'umiltà delle sue prostrazioni nella presenza del Santo Padre produsse sensazione, e che il cardinale Rampolla aveva ripetuto con tanta insistenza essere la politica affatto estranea a quella visita, che l'insistenza poteva sembrare «affettazione».

Queste cose mi furono dette dall'ambasciatore di Germania, il quale è d'accordo con me nel dubitare che lo zar, contrariamente alle sue abitudini, abbia voluto affidare una missione politica a suo fratello, il quale a Mosca, del resto, ha mostrato poca abilità ed è ben !ungi dall'essersi acquistato, quale governatore generale, le simpatie di quella popolazione. Anzi havvi persino chi suppone che gli insuccessi del principe lo abbiano indotto a viaggiare per allontanarsi per qualche tempo da quella città.

Il generale di Schweinitz non crede neppure che la visita di Sua Altezza Imperiale debba essere, per volontà dello zar, la prefazione d'un nuovo programma russo In Polonia. Ma egli teme d'altra parte che il papa per odio contro di noi e la Triplice Alleanza pensi di applicare in Polonia il sistema già adottato in Francia che ordini cioè al clero di Polonia di sottomettersi, come ha indotto quello di Francia a sottomettersi alla Repubblica. La immaginazione politica di Leone XIII gli potrebbe suggerire qualche manifestazione di simile genere: «Ce serai t un tour joué à la Triple Alliance», e la speranza di avere nella persona del signor Iswolsky un rappresentante ufficiale russo a Roma vi potrebbe in qualche modo contribuire.

Nel corso della nostra conversazione l'ambasciatore germanico notava che il pontefice, se adottasse un simile programma, si farebbe illusione grande, l'idea religiosa in Polonia essendo inseparabile dall'idea patriottica. S.E. si chiedeva se i cardinali polacchi potrebbero dissuaderlo da siffatto provvedimento che certo non sortirebbe un completo successo ma sarebbe destinato però ad avere un'influenza che si risentirebbe nelle provincie polacche dell'Austria. Il mistero che vela l'azione religiosa dovunque, e soprattutto a Pietroburgo, renderà il mio còmpito difficile, signor ministro, ma farò il possibile per raccogliere nuove informazioni su questo importante argomento.

V.E., ove Io credesse opportuno, potrebbe essermi di grandissimo aiuto, se si compiacesse, nella forma che stimerà migliore, favorirmi qualche dettagliato ragguaglio sul viaggio del granduca in Italia e sulla visita di Sua Altezza Imperiale a Roma 1•

192 1 Allegato a questo rapporto è il seguente appunto per la risposta: «Ringraziare per questo interessante rapporto. Dire che il granduca Sergio ebbe atteggiamenti e linguaggio amichevoli. Si trovò con lo scrivente ministro ed ebbe parole assai lusinghiere per il Paese nostro. Riserva di informare circa la parte vaticana di questo rapporto».

193

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2720. Londra, 12 dicembre 1892. ore 14,38 (per. ore 17,10).

Fin dal giorno sette, l'ambasciatore di Austria-Ungheria ha scambiato con Rosebery le idee del suo Governo sopra le modificazioni della costituzione bulgara. Egli mi disse che lord Rosebery dimostravasi contrario alla modificazione dell'articolo relativo alla religione, ma non pareva fare opposizione al resto. A Vienna, si conoscevano tutti i punti sui quali la modificazione è progettata. L'azione dell'agente inglese a Sofia lascia supporre che l'ambasciatore austro-ungarico, parlando con me, interpretasse inesattamente il pensiero di Rosebery. Questo mio collega, pur adoperandosi per fare accettare da Rosebery le modificazioni, sembra particolarmente ansioso di escludere la supposizione che il suo Governo fosse prima a cognizione del progetto di modificazione. Vedrò Rosebery mercoledì prossimo, e cercherò di conoscere suo pensiero in modo preciso 1•

194

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2724. Sofia, 13 dicembre 1892, ore 12,30 (per. ore 13,15).

Ministro degli affari esteri mi ha detto che ieri Consiglio dei ministri stabilì modificazioni costituzione da presentare Camera deputati. Articolo 38 sarà redatto in modo da concedere al principe di Bulgaria ed ai primi eredi figli, non ai nipoti, di professare altra religione che l'ortodossa. Non ho nascosto Grecoff che la soluzione era poco soddisfacente e non farebbe buon effetto 1• Eseguisco ordine circa accordo commerciale 2 .

195

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2731. Berlino, 13 dicembre 1892, ore 21,32 (per. ore 22,30).

Gabinetto di Berlino mandato oggi ordine suo agente diplomatico Sofia, associarsi, se se ne presenta occasione, ma senza prendere l'iniziativa, rimostranze Gabinetti di Londra e Roma. Da notizie venute da Vienna, Kalnoky ha fatto rimostranze a Stambuloff fin da principio 1•

194 1 Fino a qui il telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna con T. 4647, pari data.

2 Con T. 4633 del 12 dicembre, non pubblicato, Brin aveva dato istruzioni a Sonnaz di comunicare l'adesione di massima alla proroga dell'accordo commerciale con la Bulgaria. 195 1 Risponde al n. 189.

193 1 Per il seguito cfr. n. 197.

196

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL RESIDENTE AD HARAR, SALIMBENI

D. 46266/25. Roma, 13 dicembre 1892.

Accuso ricevuta·e ringrazio la S.V. del suo rapporto n. 50 in data del 31 ottobre p.p. 1

Prego la S.V. di volermi spiegare il significato delle parole da lei riferitemi, di ras Makonnen relative ai fucili, alle cartucce ed ai duecentomila talleri, e segnatamente di farmi conoscere se il suo linguaggio abbia autorizzato il ras a considerare come fatte da parte del Governo le offerte di quelle armi e di quel denaro.

Riguardo al contegno da seguire con Makonnen non posso che confermarle le istruzioni contenute nel dispaccio direttole dal mio predecessore l'l I gennaio

p.p., n. 952/12 2 , e siccome debbono considerarsi remote le contingenze d'uno smembramento dell'Impero etiopico, ed il dottor Traversi si trova ormai allo Scioa ed in rapporti diretti con Menelik, gioverà che la S.V., al fine di evitare il pericolo di un divario d'azione fra i nostri agenti, voglia limitare il suo compito al semplice servizio d'informazione 3 .

197

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2744. Londra, 14 dicembre 1892, ore 21,40 (per. ore 23,35).

Rosebery parlandomi spontaneamente delle progettate modificazioni costituzionali mi disse, che considerava quest'incidente come assai grave. Egli aveva fatto tenere a Sofia un linguaggio esplicito per disapprovare, ed era contento di sapere

2 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 636.

3 Con R. riservato 53 del 5 dicembre, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 311-315, Salimbeni aveva riferito delle vessazioni di cui era oggetto il commerciante italiano Felter da parte delle autorità abissine ed aveva aggiunto: «Il signor Felter è deciso ad escogitare ogni mezzo

· per far valere le sue ragioni; all'occorrenza farà citare l'imperatore e il ras davanti al tribunale di Massaua. Naturalmente io mi terrò estraneo alla questione; ma, in via di assoluta riserva, credo opportuno di far rilevare a V.E. che se ciò avvenisse, non so quali fatti potrebbero venire alla luce: fatti che da me già esposti a codesto ministero, dimostrano all'evidenza che non solo l'articolo 17, ma tutti gli altri articoli, tranne uno, del Trattato di Uccialli non sono stati osservati: l'unico articolo rispettato è quello che si riferisce alla libertà di religione».

che l'agente italiano colà aveva parlato nello stesso senso. Egli non intendeva di modificare le istruzioni date a Sofia. L'Austria-Ungheria disapprovava come gli altri, ma forse non aveva parlato molto chiaramente al Governo principesco. Di ciò che se ne pensava a Pietroburgo non aveva notizia, ma certamente la condotta della Bulgaria sembrava provocarne il risentimento.

196 1 Se ne pubblicano i passi seguenti: «Ebbi da lui [ras Makonnen] in risposta sotto sigillo di giuramento, che ove le cose di Menelik volgessero a male egli non avrebbe certamente dimenticato l'amicizia del re d'Italia ... Se Dio vorrà che Menelik finisca di regnare e di vivere, egli non è uomo da lasciarsi comandare da altri ... Adesso che il ras mi è sgusciato dalle mani, non posso più garantire gran cosa, né che il frutto del paziente e perseverante lavoro che avevo fatto presso di lui non vada perduto».

198

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 847/415. Costantinopoli, 14 dicembre 1892 (per. il 21).

Ho ricevuto il 2 corrente il dispaccio n. 362 1 col quale V.E. mi trasmette copia delle istruzioni mandate da lord Rosebery a sir Clare Ford 2 , perché egli abbia a procedere d'accordo con me, per quanto concerne la condizione di cose alla frontiera tripolo-tunisina.

Considero io pure di somma importanza di avere ottenuto il concorso del Governo britannico su questo argomento, e l'azione comune dei rappresentanti d'Italia ed Inghilterra sarà, spero, utile.

Sir Clare Ford, sebbene esattamente informato della condizione. di cose in Tripolitania, mi diceva che, finora, non trattandosi di fatti bene accertati, non credeva opportuno di parlare coi ministri ottomani, ora invece si proferisce pronto, sempre, a secondarmi.

Il concorso dell'Inghilterra ci è in special modo utile in questa circostanza, perché i passi fatti dalla Germania e dall'Austria nell'anno scorso, avevano fatto nascere sospetti; talché, il barone Calice mi disse essergli stato da un ministro ottomano fatto intravedere che alla Sublime Porta si sospettava essere l'interesse dimostrato dalle Potenze alleate a favore della integrità della Tripolitania, dettato dal desiderio di conservarla intatta all'Italia pel futuro.

L'attenzione che presta l'Inghilterra a quanto concerne la Tripolitania è ora parmi ispirata anche da vari fatti che l'inducono a prendere in seria considerazione eventualità per le quali, fin'ora, non dimostrò molto di curarsi.

La Francia mira a penetrare nel centro d'Africa da tre lati: dall'alto Niger, dal sud dell'Algeria, e dalla Tunisia per la via di Ghadamés. L'espansione verso il sud marocchino e Touat sembra per ora abbandonata per le difficoltà dei luoghi. Il signor Cambon l'accennò a sir Clare Ford.

Il lavoro di esplorazione ha molto progredito in questi ultimi tempi. Il successo della missione del conte Monteil, che dall'alto Niger è giunto ora a Murzuk, e le trattative coi tuareg destano l'attenzione dell'Inghilterra, che vede avanzarsi la

198 l D. confidenziale 43042/362 del 18 novembre, non pubblicato. 2 Cfr. n. 170, allegati.

Francia verso il centro dell'Africa e prevenirla nell'impadronirsi delle grandi vie di comunicazione dal Sudan al Mediterraneo. La sua posizione in Egitto, ed il desiderio di riaprire le vie dall'Egitto al Sudan, l'obbligano ad una grande vigilanza, ed i recenti progressi dei francesi verso il centro dell'Africa, l'impensieriscono e spiegano l'interesse che essa ora dimostra per l'integrità del territorio tripolino, lasciando però sempre pensatamente insoluta la questione dell'hinterland sollevata dalla Porta. Esploratori ed agenti inglesi raccolgono esatte informazioni, che spero di essere in grado di procurare a V.E., sul traffico delle grandi vie delle carovane di Ghadamés, Ghat e Murzuk.

L'Inghilterra poi si preoccupa pure della condizione incerta della provincia di Bengasi. L'autorità ottomana, in quelle regioni, è soprafatta dalla potente setta musulmana dei senussi che estende le sue ramificazioni fino al Wadai. l senussi ed i loro aderenti, che si estendono fino al Darfur, sono ostili ai mahdisti e gl'inglesi sperano valersene per penetrare nel Sudan.

Riferisco queste informazioni, che ebbi dal colonnello Chermside, addetto militare dell'ambasciata britannica, il quale, con facoltà del suo ambasciatore, già fornì al colonnello Marini notizie sulle cose della Tripolitania.

In tali condizioni di cose, il mantenimento dello statu quo, per parte dei turchi è arduo problema. Si tratta infatti di uno Stato esausto, che deve conservare e far fruttare un immenso e lontano possesso, e difenderlo contro un vicino ricco ed operoso quale è la Francia. La Turchia è in parte in possesso delle vie che conducono al centro dell'Africa, vaste e ricche contrade verso le quali mirano rivali la Francia e l'Inghilterra, che da ogni lato tendono di penetrarvi. Nella maggior parte di questo vasto territorio tripolino l'autorità ottomana non è che di nome, e se si inoltra e si afferma, arreca con sé tale un governo, che le popolazioni indipendenti ne rifuggono.

Le tribù dei tuareg, che sono intorno a Ghadamés, non riconoscono l'autorità ottomana. La sola sua forza è il prestigio religioso del califfo, elemento certo di grande valore, ma che si attutisce e si acconcia anche a nuovo dominio. L'avanzarsi della Francia e dell'Inghilterra nel centro dell'Africa, minaccia l'hinterland tripolino, e scuote la debole autorità della Turchia in quelle regioni.

Espongo queste considerazioni generali, che chiariscono le difficoltà future della questione del dominio ottomano nella Tripolitania. Questione di grave importanza e difficile per l'Italia, la quale, se come Potenza mediterranea ha sommo interesse nel non vedere alterato lo statu quo in quelle regioni, non essendo poi direttamente _impegnata nell'espansione della civiltà e del commercio, che la Francia e l'Inghilterra fanno penetrare nel centro d'Africa, si trova per necessità obbligata a sostenere una condizione di cose contro la quale cozzano così forti e diverse tendenze.

Reputo, però, savio consiglio il continuare una solerte e cauta vigilanza sulle cose di Tripolitania, d'accordo con l'Inghilterra per conservare lo statu quo e ritardare al più tardo futuro il termine del dominio ottomano.

La conservazione dell'Impero ottomano sarà per lungo tempo necessaria ancora all'equilibrio europeo, e la Tripolitania parte integrante di esso deve dividerne la sorte.

Tale parmi debba essere il concetto dirigente della nostra politica in tutto quanto concerne le cose della Tripolitania.

199

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2764. Tripoli, 17 dicembre 1892, ore 14,45 (per. ore 18,10).

Il pascià mi ha detto oggi stesso che, dietro ordine di Costantinopoli, in base ad iradè, ha scritto direttamente al bey di Tunisi, perché nominasse e gli facesse conoscere i nomi e le qualità delle persone che dovranno comporre commissione che, insieme ai membri di quella turca, che sono degli ufficiali di questo Stato Maggiore, avranno entrambi incarico di definire e delimitare i confini tra la Tunisia e la Tripolitania 1 . Feci osservare a S.E. che ciò sarebbe un principio del riconoscimento del protettorato: mi rispose, che, avendo sottoposto Costantinopoli tale dubbio non ne fecero calcolo. Le trattative, mi soggiunse, si sono passate verbalmente a Costantinopoli tra l'ambasciatore di Francia e il sultano. Il pascià attende risposta dal bey per nominare i membri della commissione turca.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. S.N. Roma, 18 dicembre 1892.

L'accessione dell'Italia alla rinnovata alleanza tra l'Austria-Ungheria e la Rumania è stata testé stipulata mercé due distinti atti: l'uno tra l'Italia e l' Austria-Ungheria; l'altro tra l'Italia e la Rumania. Portano entrambi la data di Bucarest 28/16 novembre, essendo stati firmati entrambi, in nome del R. Governo, dal r. ministro comm. Curtopassi.

Le ratifiche dell'atto d'accessione verso la Rumania saranno scambiate a Bucarest. Qui acchiudo le ratifiche dell'atto stipulato con l'Austria-Ungheria acciocché

V.E. possa, com'è stato concordato con codesto Gabinetto, costì scambiarle con

quello di Sua Maestà Imperiale e Reale. La Cancelleria di Vienna si incarica di farmi pervenire il piego entro il quale

V.E. sarà per trasmettermi, insieme col processo verbale di scambio, la ratifica austro-ungarica.

199 l Si tratta di una commissione turco-tunisina istituita in quei giorni dal sultano per la delimitazione del confine tra la Tripolitania e la Tunisia.

201

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1406/612. Berlino, 22 dicembre 1892 (per. il 26).

Lo scandalo suscitato in Francia dall'affare relativo al canale interoceanico di Panama risveglia qui non solo l'attenzione del pubblico, ma segnatamente quella del Governo imperiale e reale.

L'opinione pubblica non se ne commuove troppo, perché non mira alle conseguenze che da esso possono derivare, ma ne segue con piacere però tutte le varie fasi, lieto di vedere la Francia in balìa di avvenimenti che possono condurla a contingenze per essa assai difficili.

Non così il Governo imperiale e reale, il quale, giusta quanto ho potuto assumere da fonte degna di fede, è molto impensierito di quanto potrà accadere nella vicina Repubblica, se, come purtroppo sembra, lo scandalo va ogni dì più crescendo. Il barone Marschall non mi nascondeva jeri, discorrendo meco, il suo timore, se le cose continuano in Francia di questo passo, di vedere colà un tentativo di restaurazione monarchica; la dinastia che, secondo egli, avrebbe maggior probabilità di riuscita sarebbe quella degli Orléans, perché spalleggiata, a quanto pare, dalla Russia, che, sfiduciata di quanto accade in Francia, ormai nutre poca fede nella Repubblica amica.

Il Governo germanico, soggiunse il barone Marschall, spera sarà mantenuto lo statu quo in Francia, convinto come è che la Russia non contrarrà alcuna alleanza colla Francia, finché questa sarà retta dal regime repubblicano; mentre l'avvenimento al trono d'un Orléans, renderebbe molto probabile, a suo avviso, la tanto decantata alleanza franco-russa, fatto questo che sarebbe gravido, in un futuro più o meno remoto, di guai gravissimi e forse anche di una conflagrazione europea, cosa che, per parecchio tempo, non è da temere se vien conservato in Francia il Governo della Repubblica.

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 4739. Roma, 29 dicembre 1892, ore 13,15.

Circa assegnazione sessantamila lire turche ed aumentare esercito egiziano 1 r. agente al Cairo ebbe facoltà di aderire se aderiscono agenti di Germania e di Inghilterra 2•

2 Le istruzioni in tal senso al Cairo furono trasmesse con T. 4722 del 26 dicembre, non pubblicato.

..

202 1 Con T. 2832 del 28 dicembre, non pubblicato, Lanza aveva riferito che il Governo tedesco non aveva nulla in contrario alla iniziativa egiziana.

203

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2839. Pietroburgo, 29 dicembre 1892 (per. stesso giorno) 1 .

Reggente Ministero degli affari esteri mi dice Gabinetto imperiale non intende protestare contro revisione bulgara. Evidentemente Gabinetto di Pietroburgo fa assegnamento sull'opposizione clero bulgaro 2 .

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI 1

D. 48775/566. Roma, 31 dicembre 1892.

Riferendomi alle conversazioni avute coll'E.V. negli scorsi giorni, mi pregio trasmetterle qui accluso, in duplice esemplare (uno dei quali accompagnato da una carta geografica), il promemoria da me consegnato a lord Vivian e relativo alla delimitazione dalla parte del golfo d'Aden.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN

PROMEMORIA CONFIDENZIALE. Roma, 15 dicembre 1892.

Depuis 1890, et plus précisément en vue de l'arrangement anglo-allemand qui venait d'établir la nouvelle assiette des territoires africains sur l'Océan indien, !es Cabinets de Londres et de Rome convinrent, dans l'intérét commun, de procéder à une délimitation de leurs sphères d'influence dans l' Afrique orientale. Le Gouvernement britannique exprimait son consentement par une note de son ambassadeur à Rome en date du 26 juin 18902 . La délimitation devait se faire, des deux cotés, au moyen de deux lignes, dont l'une marquerait la limite occidentale et méridionale de la sphère d'influence italienne depuis un point sur la cote de la mer Rouge, au nord de Massaua, jusqu'à l'Océan indien, et l'autre marquerait au sud la limite du protectorat britannique sur la cote de Zeilah et de Berbera. Les détails de

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna e all'agenzia diplomatica a Sofia con T. 4741 dello stesso 29 dicembre. 204 l Il dispaccio è indirizzato a Tomielli che però, recatosi in Italia, non era ancora rientrato a Londra.

2 Non pubblicata nel vol. XXIII della serie II.

cette double délimitation sont clairement spécifiés dans une note que M. Crispi remettait à l'ambassade britannique le 15 aoùt 1890 3 .

La délimitation occidentale, depuis la mer Rouge jusqu'à l'Océan indien, put ètre établie par !es protocoles du 24 mars et du 15 avril 1891 4 l'autre est demeurée en suspens. Elle est cependant indispensable, car le protocole du 24 mars 1891 deviendrait, en quelque sorte, lettre morte le jour où la sphère d'influence anglaise pourrait, depuis le golfe d'Aden, indéfiniment s'étendre dans l'intérieur du pays Somali.

C'est pourquoi, dans une note verbale remise à M. Nevill Dering, chargé d'affaires d'Angleterre, le 22 septembre de J'année dernière 5 le marquis de Rudinì insistait pour cette délimitation complémentaire. Le marquis de Salisbury ne faisait aucune objection. Seulement, le 20 octobre il disait au comte Tornielli qu'on a vait dù demander au Gouvernement des Indes des données de fait sur l'étendue des territoires anglais dans la region de Zeilah, et le Il décembre il demandait un sursis en vue des difficultés survenues à J'égard du firman d'investiture du khédive d'Egypte. Il demeurait cependant convenu, dans un entretien du 12 janvier 1892, entre Sa Seigneurie et le comte Tornielli, que !es négociations s'ouvriraient dès que ces difficultés seraient vidées. L'investiture du khédive est maintenant, depuis longtemps, un fait accompli.

Si le Gouvernment britannique pense, comme nous, que le moment est venu de régler cette situation nous le prions de vouloir bien prendre en considération amicale le projet ci-joint de délimitation. Voici, à l'égard de ce projet, quelques mots d'explication.

La ligne projetée de délimitation se soude à la ligne de démarcation stipulée, en 1888, entre l'Angleterre et la France, pour suivre, tout d'abord, le cours du Garaslai, et après le méridien 43° 20' est Greenwich. Elle s'identifie ainsi avec la frontière, au nord et à l'est, de la province de Harar. Les postes de la douane hararine à Gildessa et à Darmi sont, en effet, à peu de distance de la rive gauche du Garaslai, !eque!, ainsi que le méridien 43° 20' est Greenwich, doivent, de ce còté, d'après !es indications !es plus autorisées des agents et voyageurs italiens, ètre considérés comme formant la limite nord-est du Harar. Faire coincider la frontière du Harar et la ligne de délimitation de l'influence italienne est un point qu'on peut, entre l'Italie et l'Angleterre, considérer comme préalablement acquis. La situation particulière de l'Italie en Ethiopie a toujours été admise par le Gouvernement de la reine. Dès 1889 le Foreign Office (note du 30 octobre) 6 donnait acte sans réserve de la notification de l'artide XVII du Traité d'Uccialli. Dans la négociation qui a abouti au protocole 24 mars 1891, et dont l'actuelle n'est qu'un complément, lord Salisbury admettait, comme base fondamentale, le principe que l'Ethiopie, avec toutes ses dépendances, devait ètre comprise dans la sphère d'influence italienne (note verbale du comte Tornielli à lord Salisbury du 21 juillet 18907 ; note de M. Crispi à 1ord Dufferin du 29 juillet 1890). A l'occasion du traité africain entre l'Angleterre et l'Allemagne, lord Salisbury reconnaissait expressément l'influence de l'Italie sur l'Ethiopie et ses dépendances, so i t dans sa dépèche à sir E. Malet du l 4 juin 1890, so i t dans son discours du IO juillet 1890 à la Chambre des lords. S.M. la Reine elle-mème, annonçant, le 25 novembre 1890, dans son discours d'ouverture de la session du Parlement britannique, !es négociations de délimitation en cours avec l'Italie, ajoutait que ces négociations devaient tracer la frontière entre la sphère d'influence britannique dans I'Afrique orientale et l'Empire d'Abyssinie, «protégé)) par le Gouvernement italien. La région du Harar, après avoir été conquise par le négous, est devenue désormais une province, plus encore qu'une dépendance de son Empire. Harar et Abyssinie sont clone, pour le Cabinet britannique, également compris dans la sphère de l'influence italienne. Récemment encore, à l'occasion d'un envoi de cadeaux

4 Cfr. serie H, vol. XXIV, n. !51 e n. 222, allegato.

5 lvi, n. 447.

6 Cfr. serie II, vol. XXIII, n. 87.

7 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 624.

destinés à l'impératrice Taitou, et qu'une mission spéciale devait alors porter au gouverneur du Harar, le Foreign Office, par des notes en date du 6 avril et du 16 aout de cette année 8 , déclarait que le Gouvemement britannique n'enverrait pas de présents au négous, ni au gouverneur du Harar, et que l'officier anglais chargé de !adite mission au Harar ne ferait rien qui put déroger à la position politique de l'Italie «comme Puissance protectrice», ou à ses intérèts. Ces déclarations étaient dernièrement réitérées dans une communication verbale de Jord Vivian, du 5 octobre9 , annonçant que !es cadeaux destinés à l'impératrice Taitou seraient expédiés par simple courrier, et qu'on avait abandonné I'idée d'une mission spéciale.

L'accord de février I 888 entre l' Angleterre etla France 10 contient une clause de désintéressement, d'après laquelle !es deux Puissances s'interdisent réciproquement de s'annexer le Harar ou de le mettre sous Ieur protectorat. L'Angleterre manquerait-elle à l'esprit de cet engagement en admettant sur le H arar I'influence de l'Italie? Nous ne le pensons pas, car !es traités de délimitation d'influence sont censés n'avoir qu'une portée purement négative. Au surplus, le Gouvernement du roi n'aurait aucune difficulté à ce que le protocole ft1t rédigé de façon à n'établir que !es Iimites de la sphère d'influence britannique. Aucun doute, en ce cas, ne pourrait plus subsister sur la portée de l'engagement, car l' Angleterre qui, par son accord de 1888, a consenti à se désintéresser pour le Harar, ne prendrait maintenant aucune obligation nouvelle à cet égard.

Il y a toutefois un point sur !eque! le marquis de Salisbury appelait l'attention du comte Tornielli, et qui mérite I'examen des deux Gouvernements. Il s'agit de l'obligation que I'Angleterre a contractée par l'artide 5 de I'accord de février 1888. Cet artide établit que J'Angleterre ne devra rien faire pour fermer la route des caravanes de Zeilah à Harar passant par Gildessa. C'est, ici encore, une obligation négative; mais on comprend le scrupule du Gouvernement de la reine de ne pas vouloir se désintéresser pour la partie de cette route qui resterait en dehors de sa sphère d'influence. Il est, toutefois, évident que, le jour où le Gouvernement du roi prendrait vis-à-vis de l'Angleterre, à I'égard de la route Zeila-Harar, la mème obligation qui incombe à cette dernière, toute objection devrait cesser. Nous serions, à cet effet, prèts à insérer dans le protocole de délimitation un artide identique à l'art. 5 de l'accord anglo-français, ainsi conçu: «<l est expressément convenu que la route des caravanes de Zeilah à Harar passant par Gildessa restera ouverte dans toute son étendue au commerce des européens, ainsi que des indigènes».

Se détachant du méridien 43° 20' est Greenwich --considéré, de ce còté, comme frontière du Harar --à son point d'intersection avec le 9° parallèle nord, la ligne projetée de délimitation s'identifie d'abord avec ce parallèle, et ensuite, depuis le point mutue! d'intersection, avec le méridien 49° est Greenwich, qu'elle suit, dans la direction nord, jusqu'à la mer, à Bender Ziadeh. Ce tracé a été étudié de façon à comprendre très largement dans la sphèrc d'influence britannique !es territoires habités ou parcourus par !es tribus des Issa Somali, des Gadabursi, des Abr Aual, des Abr Gheragis, des Abr Folgela, des Al .lableh et des Warsangueli, dont le protectorat assumé par I'Angleterre a été notifié à I'Italie le 25 juillet 1887. On a, de plus, compris dans la sphère d'influence anglaise une partic considérable du territoire des Dolbohanta, grande tribu voisine des Abr Gheragis et des Warsangueli.

Ainsi, la limite méridionale de la sphère d'influence britannique, fixée au 9° parallèle, dépassant !es territoires des tribus actuellement protégécs par I'Angleterre, donne à son hinterland une Jargeur moyenne de 200 kilomètres, et lui laisse la Iigne de partage entre les eaux qui se déversent dans le golf e d'Aden et celles qui s'écoulent vers l'Océan Indicn. On ne pourrait, évidemment, encore la porter plus au sud sans empiéter séricusement sur la

204 R Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 713 e qui n. 98. Y Cfr. n. 139. IO Le texte de cet accord a été confidentiellement communiqué par lord Salisbury à l'ambassade royale à Londres, le 7 juin 1889. [Nota del documento].

sphère d'influence assurée à l'Italie par le protocole du 24 mars 1891. Les tribus de l'Ogaden, au sud de la ligne projetée, sont naturellement portées, par la direction mème des vallées qu'elles habitent, à graviter au nord vers l'Abyssinie et au sud vers l'Océan Indien, bien plus que vers la còte de Berberah et de Bender Ziadeh. L'annexion de l'Ogaden septentrional à l'empire d'Ethiopie est, d'ailleurs, désormais un fait accompli.

On a, enfin, pris le 49° méridien est Greenwich, depuis le 9° parallèle jusqu'à la mer, comme limite occidentale de la sphère d'influence anglaise, parce que Bender Ziadeh, où le 49° méridien aboutit, touche à la frontière du pays des Midjurtins. Ce pays est compris dans la sphère d'influence italienne en vertu du traité du 7 avril 1889, dont !es stipulations ont été régulièrement notifiées au Foreign Office le 20 mai de cette mème année. Le sultan des Midjurtins a mis une partie de ses Etats sous le protectorat italien, et il a, en outre, contracté, envers l'Italie, l'engagement de ne faire aucun traité avec d'autres Puissances. Il est bon de rappeler qu'avant d'entreprendre !es négociations qui menèrent à la stipulation dudit traité du 7 avril 1889, le Gouvernement du roi fit interpeller confidentiellement le Foreign Office, par l'ambassade royale à Londres, sur l'étendue du protectorat britannique sur la còte du golf e d'Aden et sur !es droits éventuels de l' Angleterre dans les régions Somalis. Après mùre réflexion, et après avoir consulté le Gouvernement des Indes, le marquis de Salisbury déclarait, le Il janvier 1889, au chargé d'affaires du roi «que l'Italie serait bien venue sur !es còtes d'Obbia et des Midjurtins jusqu'au protectorat britannique du golfe d'Aden, régulièrement notifié aux Puissances, qui arrive au 49° méridien est Greenwich» 11 . La ligne projetée ne ferait donc, de ce còté, que consacrer le statu quo du protectorat britannique.

ANNESSO

PROJET DE DELIMITATION DES SPHERES D'INFLUENCE ENTRE LA GRANDE BRETAGNE ET L'ITALIE DANS LE PAYS SOMALI 12

Afin de compléter, dans le pays Somali, la délimitation des sphères d'influence entre la Grande Bretagne et l'Italie, qui a formé l'objet du protocole du 24 mars 1891, !es soussignés ... sont convenus de ce qui suit:

l. La ligne de délimitation des sphères d'influence entre la Grande Bretagne et l'Italie à l'intérieur du pays Somali se détache de la ligne de délimitation arrètée, en février 1888, entre l'Angleterre et la France au point où cette ligne touche le torrent ou fleuve connu sous !es différents noms de Garaslai, Gallajab et Jaragisa. Elle suit, d'abord, ledit torrent ou fleuve jusqu'à sa rencontre avec le méridien 43° 20' est Greenwich. A partir de ce point, le méridien 43° 20' est Greenwich se dirigeant au sud, le parallèle 9° nord se dirigeant à l'est, et le méridien 49° est Greenwich se dirigeant au nord, formeront la ligne de délimitation aboutissant ainsi à la mer à Bender Ziadeh.

2. -Si !es explorations ultérieures venaient plus tard en indiquer l'opportunité, le susdit tracé pourra, dans ses détails, ètre amendé d'un commun accord d'après !es conditions hydrographiques et orographiques de la contrée. 3. -La Grande Bretagne, en ce qui peut la regarder, accorde aux sujets et protégés italiens, à l'égard de leurs personnes, de leurs biens et de l'exercice de toute sorte de commerce et industrie, le mème traitement des sujets et protégés britanniques, soit dans le port de Zeilah, soit sur la route qui mène de Zeilah au Garaslai.

204 Il Cfr. serie II, vol. XXII, n. 452.

12 La délimitation projetée a été tracée, à simple ti tre démonstratif, sur une carte Perthes ci-jointe. Cette carte n'étant pas une carte officielle, le ministère royal ne peut prendre aucune responsabilité sur autres lignes ou frontières qu'on y trouve dessinées. [Nota del documento).

203 l Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

204 3 Cfr. serie II, vol. XXIII, n. 691.

205

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1266/431. Tangeri, 31 dicembre 1892 (per. il 14 gennaio 1893).

Ebbi l'onore conversando recentemente coll'E.V. di accennare alla opportunità della mia andata alla Corte sceriffiana.

In ogni tempo, le visite periodiche dei rappresentanti esteri a S.M. il Sultano furono riconosciute necessarie. La distanza, la corrispondenza scritta, favoriscono la diplomazia marocchina. Infingarda e di mala fede, trova essa mezzo di eludere ogni giusta domanda. Negli ultimi anni pertanto, quelle visite divennero più frequenti. Entro il giro di pochi mesi, il ministro di Francia, signor Patenotre, vide tre volte il sultano, e tre voltre ebbe ad inviargli il suo primo dragomanno. Numerose, pure, le missioni di funzionari appartenenti alle legazioni inglese e spagnuola. Di ciò, non ebbe, ch'io mi sappia, a preoccuparsi più dell'usato l'opinione pubblica qui od in Europa.

In giornata, nel caso nostro, v'hanno importanti ragioni perché io intraprenda il viaggio di Fez. Passo ad enumerarle.

In primo luogo, la necessità di prendere con Sua Maestà accordi chiari e definitivi per quanto concerne la consegna della nave che si costruisce nel cantiere Orlando, cioè, il modo della consegna, l'equipaggio che dovrà qui condurre la nave, la designazione e le paghe degli ufficiali e macchinisti, che per lungo tempo ne avranno il comando e il maneggio, l'invio di funzionari marocchini per riceverla, ecc. ecc.

In relazione collo stesso argomento si affaccia un'altra e delicatissima quistione. I termini del contratto prescrivono che la nave debba inalberare la bandiera italiana e la marocchina. Nelle attuali condizioni conviene egli che questa clausola riceva esecuzione? Il rinunziarvi da parte nostra, senza valide ragioni autorevolmente e direttamente presentate, non avrà a spiacere a Sua Maestà? Ad ispirarle sospetti retrospettivi, o dubbio della importanza nostra come Nazione? È quistione rilevantissima ch'io addito alla speciale attenzione di V.E.

In secondo luogo, le relazioni d'affari amministativi fra la r. legazione ed il Makzen. Ho avuto occasione di riferirlo a V.E.; le nostre lettere rimangono da circa due anni senza risposta, i reclami insoluti. Trattasi, in alcuni casi, di aperte violazioni dei diritti a noi consentiti dai trattati e dalla Convenzione di Madrid. L'esperienza ci mostra che senza una tal quale pressione esercitata di persona sui funzionari della Corte, siffatti litigi non giungono mai ad un equo componimento. La parola del sultano, direttamente sollecitata, può sola finirli. Intanto gli amministrati della legazione fanno continuo lamento e questa non isfugge all'accusa di tiepidezza o d'impotenza. Il prestigio del nome ed il decoro della Nazione sono messi così a repentaglio.

In terzo luogo, le cose della missione militare 1 . Queste, quantunque bene avviate, e col favore del sultano, hanno bisogno, a mio senso, di essere studiate più da vicino. Sarebbe conveniente, mi sembra, che il ministro d'Italia vegga egli stesso

l'opera compiuta dai nostri ufficiali e riceva egli stesso la espressa approvazione di quelli, da parte di Sua Maestà. Di più, il compito del colonnello Bregoli e dei suoi compagni è stato di molto allargato e si compone oggimai di attribuzioni assai varie. Ove queste sieno di natura da determinare un diretto vantaggio per noi, per le industrie nazionali, -intervenendo noi siccome semplici esecutori delle volontà imperiali -gioverebbe assai che nelle favorevoli disposizioni venisse confortato il sultano dalla bocca stessa del rappresentante d'Italia. Ed in tale occasione potrei, come l'E.V. lo suggeriva, occuparmi eziandio di provocare dall'imperatore la domanda di un medico che verrebbe aggiunto alla missione militare.

Fin qui delle cose che noi particolarmente concernono e più che sufficienti, io ritengo, a giustificare la domanda che indirizzo a V.E. Mi sia ora permesso esaminare i vantaggi possibili della mia andata dal punto di vista politico e degli interessi più generali.

Nulla ci è noto di quanto il conte d'Aubigny abbia privatamente trattato con Sua Maestà. Fu ventilata la quistione del Tuat? Intervennero impegni per eventualità determinate? Lo ignoriamo; ed in tale ignoranza noi rimarremo, non senza danno, finché mi sia dato attingere alla fonte diretta, le desiderate notizie. Fu tempo in che il vizir Gamit informava. Oggi egli è guadagnato, si vuole, alla causa francese e si tace. Non tacerà forse il sultano.

È d'uopo confessarlo; da qualche tempo, un sensibile raffreddamento, una certa indifferenza spiccano dal contegno del Governo marocchino verso la legazione di Sua Maestà. E ciò si è reso ancor più evidente dappoiché noi appoggiammo apertamente le domande commerciali presentate dal plenipotenziario inglese, sir Charles Euan Smith. Ma, se della resipiscenza sovrana oggi abbiamo qualche segno, non è a dire che potremo necessariamente profittarne anche noi; più preoccupato in tutta probabilità essendo l'imperatore di ristabilire buone relazioni colla Gran Bretagna che non di rendere giustizia alle nostre schiette intenzioni. E se, come lo richiede il nostro interesse e lo consiglia una preveggente politica, a noi conviene tenerci strettamente uniti colla Gran Bretagna, di qual valore potrà apparire ad essa il nostro concorso se il peso dell'influenza nostra non le sia ugualmente manifesto? Dubito fortemente che il nome dell'Italia venga posto innanzi dalla diplomazia inglese nel Marocco se non quando vi trovi l'immediato suo tornaconto. Faremmo dunque opera incompleta se non procacciassimo a nostra volta il modo di persuadere all'Inghilterra medesima la convenienza di procedere per comune vantaggio di pieno accordo con noi. Certamente, questa vorrà --per quanto è possibile -lasciarsi libere le mani; ma poiché l'interesse mediterraneo, supremo per il Paese nostro, ci fa ricercare l'amicizia inglese e la spagnuola, è naturale che ce ne valghiamo ad allontanare un pericolo quale è quello della preponderanza francese. Per questo scopo, la contingenza attuale è singolarmente propizia. Ora come raggiungerlo se venendo noi gli ultimi, e tenendoci in disparte, non ci venga accordata voce in capitolo?

Quello ch'io dico dell'Inghilterra ben può applicarsi anche alla Spagna. La sua diplomazia ha qui un mandato specialmente difficile. Forse illudendosi, essa carezza un ideale, e si riserva; e se verso di noi non dà segno di quelle diffidenze che la separano in sostanza dall'Inghilterra, non valgo però a ricordare una sola circostanza di qualche momento, nella quale essa ci abbia spontaneamente richiesti di procedere in istretto accordo con lei.

L'ho dimostrato a V.E., il sultano non ha altro motivo di associare i nomi delle tre Potenze l'Italia, l'Inghilterra e la Spagna se non rammentandosi ~ quando ciò gli torni ~ della nota del 1887. È egli persuaso che i tre Stati risolutamente vogliano, uniti fra loro in tale volontà, la conservazione dell'Impero? Sa egli del desiderio costà professato che quella volontà risulti e si sappia? Per parte mia non lo credo.

Il linguaggio che io tenessi a Fez, ispirato alle precedenti considerazioni, mi sembrerebbe consono alle idee del R. Governo, conducente al fine al quale miriamo. Sia che gli antichi intimi rapporti debbano in breve ripristinarsi fra l'imperatore e la Gran Bretagna sia che tale ottima soluzione abbia ancora a tardare, la mia missione avrà sempre una pratica utilità, nel primo caso, o ne profitteremo noi pure e forniremo al sultano un argomento e un consiglio di più perché abbia a perseverare nella buona via; nel secondo, potremo efficacemente coadiuvare al ristabilimento di cordiali intelligenze col potentissimo Stato inglese. In qualunque ipotesi, il mio viaggio a Fez non potrebbe dare ombra a chicchessia; vi hanno cento buone ragioni per giustificarlo, se ci abbisogna, agli occhi di tutti; basta il regolamento affari pendenti. Alla possibilità di un viaggio alla Corte, nella futura primavera, ho già accennato nei miei discorsi coi miei colleghi, non escluso il francese. In ciò vinco gli altri di cortesia. L'incaricato stesso britannico mi annunciava la partenza per Fez del signor de Vismes, il dì innanzi che questi si ponesse in cammino! L'importante, è che V.E. approvi il mio concetto e mi segni i termini, il tenore del mio linguaggio.

Il cavalier Gentile che avrà l'onore di sottometterle il presente rapporto è in grado di somministrare a V.E., su tutte le questioni, siano pure di natura confidenziale, generali o amministrative, i maggior! particolari. La benevolenza ch'ella ha già dimostrato verso questo egregio funzionario mi affida a sperare che ella lo ascolterà con piena fiducia.

La spesa da incontrarsi per una missione non sarebbe eccessiva. Calcolata largamente non passerebbe, io credo, i venticinquemila franchi. Non sarebbe il caso di recar doni, ma soltanto di largire qua e là opportunamente un po' di denaro. Il r. ministero ricorda con quale economia io facessi la spedizione di Tetuan. Una gita a Fez, implicando un lungo cammino e un soggiorno protratto, spiega l'assai maggiore spesa. Niuno mi accompagnerebbe fuori del cavalier Gentile, quando non fosse un medico. Per il quale ufficio, potrebbe talvolta essere designata una qualche individualità scelta nel pubblico insegnamento, in guisa da combinare col comodo della missione anche il fine delle osservazioni scientifiche.

Ho indicato la somma in blocco; parte di essa andrebbe in acquisti di materiale che la mia missione a Tetuan e le successive frequenti visite del r. segretario-interprete alla Corte hanno considerevolmente ridotto. Manchiamo quasi totalmente di tende. Consideri il r. ministero la spesa; consideri V.E. le necessità da me esposte.

Aspetterò di conoscere la risposta di lei. Lo stato attuale delle cose non può veramente durare. Alcuno deve andare a parlare al sultano. Senonché, piaccia a V.E. disporre che la risposta che sarà per darmi mi venga assai presto notificata, affinché io possa aver agio e larghezza sufficienti per compiere gli opportuni preparativi. Stimo che la mia partenza dovrebbe effettuarsi dopo il 15 del prossimo marzo.

205 l Sulla missione militare e sul colonnello Bregoli si segnala il R. confidenziale l 077/325 di Cantagalli del 27 novembre 1893, che non si pubblica.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

T. 31. Roma, 8 gennaio 1893, ore 13.

Ricevuto due telegrammi 1 . Attenderemo esito inchiesta. Intanto desidero circa eventuale invio navi suo preciso parere tenuto conto possibilità accedere ai porti del Rio Grande, delle condizioni di quello Stato e dei suoi rapporti col Governo centrale2 .

207

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. CONFIDENZIALE. Parigi, Il gennaio 1893.

Ringrazio V.E. per le sue lettere dei 29 e 31 dicembre 1 alle quali rispondo per mezzo dello stesso corriere che me le portò.

Deploro che non si sia ancora fatto il silenzio intorno ai disgraziati rapporti tra il generale Menabrea e il dottor Cornelius Herz. Oggi ancora il Figaro in prima colonna scrive: «M. de Freycinet pourrait dire beaucoup de choses pour sa défense et notamment produire, au sujet de la fameuse décoration de l'électricien, une lettre qui surprendrait beaucoup». Noti che in una recente conversazione il signor Ribot mi disse che esisteva negli atti dell'inchiesta la lettera autografa del generale Menabrea con cui raccomandava a Freycinet il Cornelius Herz per la croce di grand'ufficiale della legion d'onore. E d'altra parte un fogliaccio: Le Journal d'oggi pubblica sotto il titolo «Cornelius Herz et le comte Menabrea» un articolo ch'è purtroppo vero e che dev'essere un atto di bassa vendetta della moglie di Carlo Menabrea, furente pel processo di divorzio che le intenta il marito.

È bene che V. E. sia di tutto ciò informata ed è perciò che le trasmetto qui accluso quel numero del Journaf2.

Ella ne rileverà un'altra accusa, ignoro se fondata, la quale colpisce nientemeno che quest'ambasciatore di Russia, il barone di Mohrenheim, chiaramente designato nel primo articolo come beneficiario d'uno chèque Panama di 500.000 franchi! Per molti che siano i corrotti, gli affaristi ed i colpevoli le proporzioni che prese la delazione pubblica, sovente calunniosa, sono inimmaginabili.

2 Per la risposta cfr. n. 212. 207 1 La minuta di queste lettere non è stata trovata.

2 Non si pubblica l'articolo accluso.

La situazione parlamentare è sempre grave e confusa e la Camera non ritroverà il suo sangue freddo prima che non sia chiusa l'istruzione giudiziaria aperta contro i dieci membri del Parlamento che divennero undici da quando un antico ministro, il Baihaut, forse il più colpevole di tutti, fu pure chiuso nella prigione di Mazas. Si afferma ora che ve lo seguirà pure il Clemenceau. Intanto era divenuta impossibile la permanenza di Floquet sul seggio presidenziale della Camera, e più impossibile ancora quella di Freycinet nel Gabinetto. Intorno al primo fu fatto il vuoto nella votazione di ieri; al secondo s'apprestò un'uscita decente colla demissione collettiva del Ministero. Lo si era demonetizzato sistematicamente nell'opinione pubblica, facendo circolare la copia di una lettera già da lui diretta a Cornelius Herz per chiederne l'appoggio nell'ultima elezione alla presidenza della Repubblica! Ribot che considerava il suo collega Loubet come una nullità, profittò del rimpasto ministeriale per prendere l'interno. Egli s'era pochi giorni addietro querelato con me stesso delle tristi condizioni in cui si lasciava cader la polizia ch'era in pericolo di non poter più fare il suo dovere. Resisterà egli dopo questa rifusione? Tutti ne dubitano. Gli uomini dell'antico centro sinistro, Bardoux, Challemel-Lacour, Léon Say ed i ferryisti sperano una non lontana riscossa: ma il signor Carnot non propende molto verso loro.

In nessun momento meno che nel presente può esservi questione di trattative commerciali per noi. Ci converrebbe ora d'augurare, come lo augurano gli svizzeri, che tutte le frontiere si chiudessero alle merci francesi, affinché il protezionismo ricevesse più presto la lezione che certo riceverà e affinché il Paese reagisca già nelle prossime elezioni.

Non è nemmeno per ora il caso di chiedere qui la ripresa delle trattative per la definizione dei nostri rispettivi limiti di influenza in Africa. Domani mi troverò in faccia d'un ministro degli affari esteri nuovissimo del mestiere, del signor Develle, che fino a ieri era ministro dell'agricoltura, ed è da un pajo di mesi nuovo anche il direttore dell'Ufficio coloniale e dei protettorati, il precedente con cui aveva trattato il Silvestrelli, il signor Hanotaux avendo assunto la direzione dei consolati. Terrò presente il desiderio di V. E. e tostoché l'occasione sarà ridivenuta più propizia scandaglierò il terreno.

Non mi pare che vi sia in quest'ora funzione più snervante e più penosa di quella d'agente diplomatico a Parigi, e particolarmente d'agente italiano. Stiamo guardando in un brutto caleidoscopio che fa male agli occhi e confonde le idee, né sappiamo a chi o a che cosa appigliarci.

Si direbbe che una potente ed invisibile mestola rimescoli furiosamente tutto e tutti, escane che vuole! Ho fede nondimeno che i flutti calmeranno e che gli ultimi risultati non saranno tragici come da taluni si paventano. Ma i naufraghi già sono e ancora saranno molti.

Il signor Waddington diede le sue demissioni dall'ambasciata di Londra. Si dice che Montebello lo rimpiazzerà. Si parla pure molto del richiamo di Herbette da Berlino e di cambiamenti per gli ambasciatori di Costantinopoli e Roma. In presenza di un nuovo ministro degli affari esteri ogni supposizione sarebbe prematura.

206 1 T. 28 del 6 e T. 32 del 7 gennaio, non pubblicati, con i quali Tugini aveva riferito su un caso di tortura e uno di assassinio di italiani nello Stato brasiliano di Rio Grande.

208

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 60. Sofia, 12 gennaio 1893, ore 13,40 (per. stesso giorno) 1.

Scorsi giorni folla bulgara sotto l'ispirazione vice presidente della Camera, entrò violentemente, in un momento, chiesa greca a Filippopoli e vi fece celebrare messa da un prete bulgaro in lingua bulgara. Popolazione protesta contro la intolleranza religiosa. Rappresentanti esteri, britannico ed austro-ungarico, diedero consiglio di tolleranza religiosa al Governo principesco. Io pure parlai nello stesso senso.

209

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 65. Londra, 12 gennaio 1893, ore 18, 13 (per. ore 20).

Inciden.te anglo-marocchino è considerato qui come ormai finito. I tre soldati imputati dell'uccisione del suddito britannico sono stati imprigionati Tangeri. Le spiegazioni date dall'ambasciatore inglese a Parigi ebbero carattere spontaneo; furono suggerite dalle inquietudini rivelatesi nella stampa francese e non tendono, nell'intenzione di lord Rosebery, a stabilire speciali o separate intelligenze circa cose del Marocco 1 .

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 59. Roma, 13 gennaio 1893, ore 12,15.

Voglia compiacersi con lord Rosebery per la soluzione dell'incidente marocchino1. Gradirei sapere se è esatta la notizia dell'invio di una squadra inglese a Tangeri2 .

209 l Per la risposta cfr. n. 210. 210 l Cfr. n. 209.

2 Per la risposta cfr. n. 217.

208 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 60. Roma, 13 gennaio 1893, ore 12,45.

Gradirei che, nel riferire circa il recente discorso di Caprivi nella Commissione militare, V.E. mi fornisse i maggiori particolari circa l'affermazione del cancelliere relativamente alla esistenza di una convenzione militare tra la Francia e la Russia 1•

212

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 69. Rio de Janeiro, 13 gennaio 1893, ore ... 1 (per. ore 13,40).

Sono di parere che dopo esito inchiesta oltre la nave da guerra Rio Grande2 dovrebbesi decretare divieto emigrazione, mandare nave da guerra Rio Janeiro senza indietreggiare dinanzi rottura3 .

213

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. CONFIDENZIALE. Parigi, 13 gennaio 1893.

L'accusa portata dal Journal contro il barone di Mohrenheim 1 produsse qui non poco effetto e fu generalmente creduta fondata. Ora, in quest'istante, esce in luce il più infame dei giornali calunniatori, l'antico portavoce di Boulanger, La Cocarde che cambiando le carte in mano al Journal asserisce che l'ambasciatore straniero «M» cui sarebbero stati rimessi dal dott. Cornelius Herz i ricercati 500.000 franchi non era né Mohrenheim, né Miinster ma il rappresentante di una Nazione non arnica della Francia. Si lascia così indovinare il nome, che tutti pronunzieranno e già pronunziano di Menabrea!

Veda in che atmosfera pestilenziale viviamo! E come lottare contro turpitudini simili?

2 Risponde al n. 206.

3 Cfr. n. 221. 213 l Cfr. n. 207.

È verosimile che questo colpo venga dallo stesso Mohrenheim che cercò o per cui si cercò un derivativo, quando non siasi da qualche altra parte pensato a sanare così una piaga ritenuta forse pericolosa per l'agognata alleanza.

Mi limito a segnalarle come triste informazione questa scellerata mostruosità. Va da sé che non bisogna muoversi, come anche ostensibilmente non si muove l'ambasciatore russo.

211 l Per il seguito cfr. n. 226 e nota l allo stesso.

212 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

214

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 84. Parigi, 15 gennaio 1893, ore 16,30 (per. ore 19,25).

Presidente del Consiglio venuto ora da me mi ha promesso immediatamente pubblicazione nota discolpante generale Menabrea.

215

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 85. Berlino, 15 gennaio 1893, ore 18,10 (per. ore 18,45).

Sebbene forse superfluo, stimo tuttavia mettere in guardia contro i giudizi portati qui e fuori sulla politica estera germanica dedotti da incompleti rendiconti discorso cancelliere seduta commissione militare. Governo imperiale fa oggi pubblicare giornali comunicato indicante tale giudizi erronei e politica sua, specie riguardo Triplice Alleanza è immutata. Invio posta testo comunicato 1•

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

T. 74. Roma, 16 gennaio 1893, ore 14,30.

Di fronte alle voci dei giornali, che parlano anche dell'invio di navi italiane al Marocco, desidero che all'occasione ella dichiari non averne noi il progetto, e neppure l'intenzione, salvo che, inviandosi navi da altre Potenze, la presenza della nostra bandiera potesse sembrare opportuna come affermazione del nostro interesse per quanto concerne la situazione nel Mediterraneo.

215 1 R. 55/27, dello stesso 15 gennaio, non pubblicato.

217

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 96. Londra, 16 gennaio 1893, ore 22,35 (per. ore 6 del 17 ).

Per ora non è affatto negli intendimenti e scopi del Gabinetto di Londra il fare dimostrazione navale al Marocco 1• Il nuovo inviato britannico sarà portato colla sua famiglia a Tangeri da un bastimento da guerra, perché tale è l'uso seguito in passato; egli non ha istruzione di recarsi presso il sultano e ritengo non esser probabile, a meno che nascano nuove più gravi complicazioni, che da parte dell'Inghilterra si prendano provvedimenti comminatorii2 .

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. 1753/13. Roma, 16 gennaio 1893.

Stando ad informazioni che si veggono riferite in varii autorevoli giornali, sarebbesi in questi ultimi tempi iniziato fra le popolazioni ortodosse della penisola balcanica un movimento religioso tendente a ravvicinare ed anche, col tempo, a riunire in una sola comunione le due Chiese greca e latina.

Di tale movimento si ebbero pure indizii nei recenti congressi cattolici di Lilla e di Genova, nei quali l'antica questione della riunione delle due Chiese rivali fu risollevata e largamente trattata.

Si va pure dicendo che l'attuale Governo bulgaro intenda, per ciò che riguarda la Bulgaria, fomentare e favorire, quanto è in suo potere, questa evoluzione dell'opinione religiosa, la quale, nel suo concetto, dovrebbe avere per ultimo risultamento l'emancipazione della Nazione bulgara da ogni supremazia, anche semplicemente religiosa dello czar, e la distruzione, pertanto, anche di questa ultima reliquia della egemonia e della influenza russa sul Principato.

Lo zelo e l'energia spiegati dal signor Stambuloff per la riforma di quell'articolo della Costituzione che obbligava i futuri eredi della Corona bulgara a professare la religione ortodossa, gli sarebbero stati ispirati non tanto dal desiderio di fare cosa gradita a S.A. il principe Ferdinando cattolico, quanto dal proposito di assecondare la tendenza che si attribuisce alle popolazioni bulgare ad avvicinarsi alla Chiesa romana e a separarsi dall'ortodossa.

2 Il senso di questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Madrid, Parigi e Vienna e alla legazione a Tangeri con T. 84 del 17 gennaio.

Se queste notizie fossero esatte (di che, per verità, si ha grande ragione di dubitare), è chiaro che la questione della riforma della Costituzione nella parte riguardante la religione del sovrano prenderebbe tutt'altro aspetto da quello che è fin qui apparso, ed è perciò che, ad ogni buon fine. e malgrado la poca verosimi-glianza della cosa, mi induco a pregare la S.V. illustrissima affinché voglia dedicare le sua speciale attenzione a questo argomento e riferirmene per mezzo di apposito rapporto confidenziale 1•

217 l Risponde al n. 210.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 1819/201 . Roma, 16 gennaio 1893.

Le segno ricevuta del rapporto 1223/663 del 29 dicembre scorso 2 , relativo alla comunicazione fatta a lord Rosebery delle notizie pervenuteci di recente dal r. agente in Tunisi circa i lavori attualmente in corso a Biserta. con preghiera di metterei a parte delle notizie che sui detti lavori fossero giunte al Governo della regina.

Approvo il contegno di riserbo mantenuto in quella conversazione col limitarsi a chiamare l'attenzione del nobile lord, allorché egli accennava al carattere commerciale dei lavori di Biserta, sul fatto che le proporzioni del canale che si va facendo sono tali da consentire il passaggio anche alle più grandi navi da guerra.

L'osservazione dell'E.V. fu tanto più opportuna che in presenza dei lavori importanti che si fanno per il porto mercantile di Tunisi è assurdo il pensare che a così poca distanza si voglia creare un altro porto mercantile a Biserta ove nullo è il commercio, e che si voglia fare la spesa di una ferrovia per allacciare un simile porto commerciale coll'interno e colla rete delle ferrovie algerine-tunisine. Tutto ciò dimostra chiaramente che la Francia ha tutt'altro in mira a riguardo dei lavori che sta eseguendo a Biserta. Sarebbe quindi dimostrarci troppo ingenui il non far vedere come si comprenda che la soddisfazione che si vuole mostrare per il carattere commerciale di quei lavori non significa altro che un modo di conservare un certo contegno a fronte dei fatti che si svolgono e che non volendoli ostacolare si subiscono con rassegnazione senza volerlo ammettere.

Quando si pensi che oramai ben pochi porti del Mediterraneo, dopo i mezzi di offesa di cui dispongono le marine moderne, possono considerarsi come aventi le condizioni di un vero porto militare. ed essere tali da dare sicuro rifugio ed appoggio ad una flotta, e certo non rispondono a tali condizioni Malta e tanto meno Gibilterra, questa rassegnazione dell'Inghilterra, poco troppo velata o dalla supposizione che si tratti di lavori commerciali, oppure in caso contrario da una supposta inditTerenza per parte delle autorità navali circa la creazione di un porto militare a Biserta, getta una luce sulla politica inglese che ci deve far riflettere'.

2 Non pubblicato.

3 Brin tornò sull'argomento con D. 11860/139 del 31 marzo, non pubblicato, in risposta al R. 269/158 del 16 marzo, col quale Tornielli aveva riferito che Roseberv aveva affrontato di sua iniziativa il problema di Biserta. ·

218 l Per la risposta <.:fr. n. 267. 219 l Minuta autografa.

220

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 40/11. Madrid, 16 gennaio 1893 (per. il 21).

Ho l'onore di confermare all'E.V. il contenuto del mio telegramma dell3 volgente 1•

Il Gabinetto spagnuolo, di fronte alle notizie dell'ultimatum inglese al Marocco per l'uccisione di un suddito britannico e della missione dì sir J. West Ridgeway, stimò opportuno, istigato pure, non v'ha dubbio, dal rappresentante di una Nazione vicina, di fomentare un'agitazione gravissima nella stampa contro l'Inghilterra per dare l'allarme di un possibile intervento armato di questa Potenza in Tangeri e minacciare un'azione simile e contemporanea della Spagna caso occorrendo.

Il Consiglio dei ministri deliberava in pari tempo dì vigilare sui movimenti dell'Inghilterra, tenere in pronto navi e truppe dì sbarco ed unirsi nella medesima misura all'intervento inglese se l'ultimatum dovesse fallire nei suoi effetti. Dì questa deliberazione era data contezza alla stampa nella cosidetta nota ufficiosa che suole pubblicarsi dopo ogni riunione di Consiglio di ministri.

Già il Governo spagnuolo erasi posto per una china assai pericolosa e stava in procinto di fare una formale protesta contro l'azione dell'Inghilterra quando consigli di prudenza presentati al marchese de la Vega de Armijo dai rappresentanti delle Nazioni amiche ed il contegno oltremodo corretto, sincero e benevolo di sir Drummond Wolff lo fermarono sul ciglio del baratro cui altri lo sospingeva. L'ambasciatore d'Inghilterra infatti si offrì ·a fornire al ministro di Stato gli schiarimenti più rassicuranti sull'azione del suo Governo al Marocco.

Dì propria iniziativa chiese dapprima notizie sui termini e conseguenze eventuali dell'ultimatum e sul carattere della missione Rìdgeway e come ne ebbe risposta si recò immediatamente al Ministero di Stato per comunicarla; a richiesta del marchese de la Vega de Armijo domandò quale sarebbe stato il tipo della nave che il Governo britannico avrebbe mandato a Tangeri nel caso che non fosse data soddisfazione all'ultimatum presentato e, come gli fu telegrafato, che il Governo di S. M. la Regina Reggente ne sarebbe stato avvisato opportunamente, ma che tutto faceva sperare una pronta e favorevole soluzione dell'incidente e si faceva assegnamento sulla fiducia che l'Inghilterra dovea ispirare alla Spagna con le sue dichiarazioni di rispetto dello statu quo al Marocco, si affrettò sir Henry di partecipare il testo del telegramma al ministro di Stato.

Io entrai dal marchese de la Vega de Armijo quando l'ambasciatore d'Inghilterra ne usciva, dopo avere fatta la comunicazione sul carattere semplice e dì buona amicizia della missione Rìdgeway e lo trovai tuttavia diffidente verso l'Inghilterra e con il convincimento che si era sventato un gran pericolo, che la Gran Bretagna è determinata ad impossessarsi di Tangeri all'occasione favorevole ed è disposta di fare del Marocco ciò che ha fatto dell'Egitto se altri non s'associa nella sua occupazione. Era ancora da S. E. quando sir Drummond W olff si fece nuovamente annunziare per dare comunicazione del telegramma cui ho accennato dianzi. La stessa sera i giornali riferivano tutte le conferenze diplomatiche tenute dal ministro

di Stato e l'argomento dei colloquii. S. E. avea, come il giorno prima, comunicato alla stampa quanto credeva tornasse a credito della Spagna ed a vantaggio del Governo che si vale dell'incidente per solleticare le passioni popolari, l'orgoglio spagnuolo e le aspirazioni nazionali.

Il Governo inglese con le sue franche dichiarazioni e sir Henry Drummond Wolff con la sua amichevole sollecitudine hanno disarmato il Gabinetto di Madrid, lo hanno tratto nel proprio ambito, mostrandosi il Governo di Sua Maestà Britannica lieto che la Spagna desse consigli di prudenza al ministro sceriffiano e fosse disposta ad associarsi ad una sua azione coercitiva.

Con questo atteggiamento ha cessato, come per un incanto, la fermentazione suscitata, e sono cessate le polemiche dei giornali. Un'osservazione non devo però occultare all'E.V. relativamente a questa tempesta che si è addensata minacciosa in pochi giorni e si è disciolta in poche ore, ed è l'astrazione completa fatta dal signor Vega de Armijo delle altre Potenze interessate nello statu quo del Marocco, fra cui primeggia l'Italia e le viste che egli fa di ignorare, in assoluto, qualsiasi accordo fra le Potenze amiche. Secondo i suoi discorsi, il suo agire ed i comunicati alla stampa d'interessati nella questione del Marocco di fronte alla Francia ed all'Inghilterra non havvi che la Spagna; almeno così si deve implicitamente dedurre dal suo silenzio sulle altre Potenze e dalla sua azione isolata come se la questione spettasse solo alla Spagna e questa potesse fra i due contendenti dirimerla.

Io non avendo istruzione alcuna in proposito, ma desiderando tenere l'E. V. a giorno di quanto qui avveniva mi recai al Ministero di Stato per informazioni come pure m'abboccai con gli ambasciatori d'Inghilterra, d'Austria e di Germania.

Il marchese de la Vega de Armijo fu cortesissimo, mi diede ogni maggior schiarimento sull'incidente, quale del resto stava, per confessione sua, pure comunicando alla stampa, ma non fece la benché minima menzione dell'Italia o di altra Potenza per un appoggio eventuale inteso a mantenere lo statu quo nel Marocco e quando gli dissi che avrei telegrafato le notizie e che, se desiderava che io facessi alcuna comunicazione al Governo del re, lo farei di buon grado, egli non se ne diede per inteso e quasi scherzando mi disse «ho letto in un telegramma che il marchese Maffei è partito da Roma per recarci l'appoggio dell'Italia nella questione del Marocco ed un trattato di commercio». Un giornale della sera poi avendo annunziato il mio colloquio, l' Imparcial, dell'indomani conteneva il seguente comunicato: «La conferencia celebrada con el representante de Italia, tenia come objeto principal otro asunto ageno a los del otro lado del Estrecho, segun detallamos en otro lugar», ossia, come dice altrove, di sapere la risposta alla nota da me diretta circa alla condizione della Nazione più favorita: affermazione affatto inesatta, non avendo io che incidentalmente parlato delle trattative commerciali e non avendo mai scritto una nota per domandare detta condizione.

L'E.V. potrà dalle considerazioni suesposte trarre le conseguenze, che crederà del caso, io desidero ingannarmi nelle mie impressioni e nei miei timori; ma mi permetto esprimere il parere che il contegno del ministro di Stato non sia in questa congiuntura improntato a quella mutua fiducia fra i due Governi d'Italia e di Spagna finora esistente per la questione del Marocco e non sia consistente con gli accordi in vigore.

Non mi resta pertanto che esprimere la speranza che il ministro che li ha iniziati torni alla direzione del Dicastero degli esteri, come dal giorno della formazione del Ministero si asserisce, passando il signor marchese de la Vega de Armijo alla presidenza della Camera.

220 l T. 71, non pubblicato.

221

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

T. 89. Roma, 17 gennaio 1893, ore 16,30.

Se ella crede eventuale divieto emigrazione 1 possa avere efficacia su codesto Governo la autorizzo a farne cenno fin d'ora enunciando personale previsione che in caso mancata soddisfazione ai nostri numerosi legittimi reclami R. Governo troverebbesi necessità vietare emigrazione Brasile.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA

T. 91. Roma, 17 gennaio 1893, ore 16,15.

Vedo che codesto ministro di Stato continua preoccuparsi di possibili disegni dell'Inghilterra sopra il Marocco 1• Desiderando evitare che possa fuorviarsi una politica che desidero prosegua concorde tra i Governi amici credo dover attestare, presso codesto Gabinetto, che le precise dichiarazioni fattemi or ora dall'ambasciatore britannico escludono ogni simile sospetto. Sarebbe spiacevole che codesto Gabinetto traesse da dubbii infondati la norma del proprio atteggiamento e della sua azione 2 .

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA

T. 95. Roma, 17 gennaio 1893, ore 18,10.

L'astensione dell'Inghilterra dall'invio di forze navali al Marocco ci conferma nel nostro proposito di astenercene del pari. La prego di dichiararlo a codesto ministro degli affari esteri.

(Per Madrid) Saremmo lieti d'apprendere che tale pure è il pensiero di codesto Governo. (Per Londra) Mi sarebbe gradito di avere così proceduto in modo conforme ai concetti di codesto Governo 1•

221 l Risponde al n. 212. 222 1 Cfr. n. 220, nota l. 2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 88, pari data. 223 1 Per le risposte cfr. nn. 227 e 228.

224

IL RESIDENTE AD HARAR, SALIMBENI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2. Harar, 17 gennaio 1893.

Ho l'onore di dar cenno di ricevimento all'E.V. del riverito dispaccio 13 dicembre u.s. n. 46266/25 1 , e di fornire a V.E. le spiegazioni con esso richieste.

Nei colloqui segreti da me avuti col ras relativamente alle armi, munizioni e denari che gli potrebbero occorrere quando si avverasse un disastro a danno dell'imperatore, assunsi il contegno di amico suo, del ras, disposto a servire da intermediario fra lui e il Governo italiano per appoggiare le sue richieste e per condurre le trattative onde stabilire rapporti di reciproca convenienza. Per questo io richiedevo al ras che scrivesse a S.M. il Re una lettera chiara ed esplicita per ottenere che io venissi autorizzato ad intavolare le dette trattative nel caso che gli avvenimenti nefasti all'imperatore, come pareva, incalzassero. La lettera indirizzata dal ras alla Maestà Sua in data 13 tekemt 1885/22 ottobre 1892 a me non pareva soddisfacente e glielo feci comprendere soggiungendo essere mia convinzione che non avrei potuto concludere nulla non avendo egli scritto come io gli avevo consigliato.

Il ras mi rispose che avrebbe tornato a scrivere al suo ritorno dopo di aver veduto come si mettevano le cose dello Scioa.

Credo infine opportuno di significare a V.E. che ripetutamente ho spiegato al ras che gli aiuti in armi e denari di cui avesse potuto abbisognare egli poteva solamente sperarli nel caso che per volontà di Dio l'imperatore dovesse morire, ma che non doveva farvi alcun assegnamento per tentare una ribellione di testa sua, del che assolutamente io lo sconsiglio 2 .

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

D. RISERVATO 2170/13. Roma, 18 gennaio 1893.

Mi pregio d'informare la S. V. che, in seguito a ripetute lagnanze ricevute dal governatore dell'Eritrea, iniziai alcune pratiche con questo ambasciatore d'Inghilterra per ottenere che le autorità egiziane di Suakin si adoperassero ad impedire le

224 I Cfr. n. 196.

2 Cfr. una lettera di Salimbeni del 14 gennaio a «Egregio commendatore» [Malvano?], di cui si pubbica l'inizio: «Nella mia ultima lettera, in data del 3 corrente, le diedi alcune notizie sul risvegliarsi dell'attività francese dalla parte di Gibuti. Le parlai di 600 tonnellate di materiale sbarcato per l'impianto della linea telegrafica per lo Scioa, del progetto di una ferrovia Gibuti-Harar e della cessione di Gibuti a re Menelik, soggiungendo che ignoravo le condizioni della detta cessione. Ora vengo assicurato che la Francia cederebbe quel punto a re Menelik a patto che egli denunziasse risolutamente il Trattato di Uccialli e relativa convenzione addizionale».

razzie delle tribù stanziate presso Akik e Tokar contro la nostra frontiera settentrionale. La risposta ora ricevuta da lord Vivian si limita a trasmetterrni dei rapporti di lord Cromer, del generale Kitchener e del Mamour di Akik, nei quali si fanno invece lagnanze contro le tribù protette dall'Italia. Il r. ministero non può certo dichiararsi soddisfatto di tale risposta, ma desidera di troncare la vertenza, comunicando i documenti ricevuti al governatore Baratieri, ed invitandolo a perfezionare l'organizzazione militare delle tribù protette per metterle in grado di difendersi con successo dai turbolenti vicini.

Senza quindi entrare troppo nel merito della questione, che fu da noi esclusivamente trattata coll'Inghilterra, e che desideriamo lasciar cadere, credo opportuno però che la S.V. voglia prendere questa occasione per chiamare l'attenzione di lord Cromer e dei ministri di S. A. il Kedive, sul fatto evidente che, malgrado il nostro contegno sempre benevolo verso l'Egitto, le autorità egiziane danno al contrario continue prove di mal volere ogni qualvolta si tratta di vertenze e specialmente di vertenze africane che riguardano il R. Governo.

226

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 75/38. Berlino, 18 gennaio 1893 (per. il 2 I).

Faccio seguito al mio rapporto n. 58/30 in data di ieri l'altro 1 .

Oggi ho avuto altra e più larga conversazione col barone Marschall, il quale mi riconferrnò pienamente quanto nel rapporto predetto io riferiva a V.E. Il barone Marschall soggiunse che il cancelliere non poteva certo predicare la pace eterna a deputati, ai quali egli chiede il voto di una legge destinata a rafforzare l'esercito. Egli (il cancelliere) ha per conseguenza esaminato, colla competenza che gli è propria, tutte le eventualità possibili, tutti i casi preveduti, o no dalla Triplice Alleanza, le condizioni dei diversi Stati, le correnti di opinioni estreme, che possono eventualmente avere il sopravvento, tutti i casi insomma, anche i meno probabili, che possono presentarsi per la Germania e per i quali egli vuole ch'essa sia pronta.

Il barone Marschall non mi tacque che il cancelliere dell'Impero ha anche preveduto, accennato il caso che la Triplice Alleanza non venga rinnovata alla sua scadenza, ma non espresse nessuna opinione circa la maggiore, o minore probabilità

che tale eventualità sia per verificarsi; ne parlò come d'un fatto possibile, «come ne parlò, soggiunse il barone Marschall, tempo fa la Gazzetta Piemontese». Del resto ora che il clamore, che fu artificiosamente sollevato dal discorso del cancelliere Caprivi, si è calmato, quest'ultimo sembra quasi soddisfatto che quel clamore sia avvenuto. Esso ha provocato, nel Parlamento danese, una dichiarazione di quel Governo, di tenersi cioè neutrale in caso di guerra, dichiarazione di cui il Gabinetto di Berlino prende volentieri atto, sebbene sia poco persuaso che tale neutralità sarebbe serbata in caso di insuccessi della Germania. Esso ha dato luogo, qui in paese, a commenti, discussioni le quali certo non poca influenza eserciteranno sull'opinione pubblica e sull'animo dei membri del Reichstag, e renderà questi ultimi meno restii a votare la nuova legge militare; tale almeno è il parere, la speranza di questo Governo. E che tale speranza sia fondata lo possiamo scorgere dalla terza seduta della Commissione militare, in cui un commissario (non clericale però) del Centro, del partito cioè dal quale ormai dipende l'approvazione della legge, già ha ammesso la convenienza di accrescere di 40.000 uomini il contingente annuale chiamato sotto le armi, mentre il Governo ne chiede 60.000, e non subito!

226 l Non pubblicato. Si pubblica qui invece un brano del R. 47/23 di Lanza del 13 gennaio: «Mi preme solo rilevare, non dai giornali. non dalle precise parole del generale Caprivi, che a me naturalmente non son note, ma da quanto sento, vedo, fiuto, mi preme solo rilevare, dico, che la possibilità, starei per dire la probabilità della cessazione, alla sua scadenza, della Triplice Alleanza, è presa fin d'ora in considerazione e non è certo l'ultimo degli argomenti che il Governo nelle sedute segrete della Commissione del Reichstag, ha fatto, o farà valere per appoggiare le sue proposte di aumento dell'esercito. Il Governo tedesco vuole, su ciò non v'ha dubbio, mettersi in grado di affrontare senza timore alcuno l'eventualità che l'alleanza coll'Italia, coll'Austria-Ungheria non venga rinnovata, vuole, cioè, essere in grado, se questa eventualità contro ogni suo desiderio si verifica, di potere colle sole sue forze tenere testa alla Russia ed alla Francia riunite».

227

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 124. Londra, 19 gennaio 1893, ore 19,45 (per. ore 22).

Marocco. Dei tre punti contenuti nella domanda inglese, il sultano ha conceduto due: l'arresto, cioè, degli uccisori e l'indennità pecuniaria. Il terzo, relativo al rimprovero del ministro residente in Tangeri, non è stato ancora eseguito. La legazione britannica ebbe istruzione di insistere sopra questo terzo pÙnto; però lord Rosebery, col quale ho conferito oggi, mi ha detto che egli crede l'incidente chiuso, e soltanto nel caso improbabile di rifiuto categorico del sultano di rimproverare il suo ministro, l'Inghilterra si troverebbe costretta a far qualche altra cosa. In tale ipotesi, che Rosebery prevede lontanamente, egli, prima di ricorrere a dimostrazioni di forza, cercherà probabilmente di concertarsi cogli altri Governi, poiché la sua politica non si propone al Marocco scopi particolari e separati, e tende invece alla concordia di tutti gli interessi1• Jersera furono spedite istruzioni agli ambasciatori inglesi a Roma, Berlino, Madrid e Parigi in senso di far cessare le inquietudini. Se avvenissero casi per i quali l'Inghilterra dovesse mandare una nave a Tangeri, oltre quella che vi trasporterà il suo nuovo inviato, noi ne saremmo avvisati. Se poi altre Potenze mandassero, malgrado le ripetute assicurazioni loro già date, delle squadre nelle acque del Marocco, l'Inghilterra dovrebbe forzatamente fare altrettanto. Egli spera tuttavia che ciò non sia per effettuarsi.

227 l Dichiarazioni analoghe fece Vivian a Brin. Cfr. T. 106 del 20 gennaio, diretto alle ambasciate a Berlino, Londra, Madrid, Parigi e Vienna e alla legazione a Tangeri, non pubblicato.

228

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 126. Madrid, 19 gennaio 1893, ore 20,30 (per. ore 6,30 del 20).

Ho comunicato tenore ultimo telegramma di V.E. sul Marocco 1 a Vega de Armijo, il quale aveva pur ricevuto comunicazione analoga dai suoi ambasciatori a Roma e Londra. S. E. considera incidente terminato. Governo spagnuolo non manderà nave alcuna a Tangeri. Ministro di Stato crede sempre che allarme fu salutare, opportuno, e che è sempre bene stare in guardia. Egli è pure propenso ad un accordo generale per mantenere lo statu quo. Ambasciatore d'Inghilterra con cui ho pure conferito comunica in questo momento a Vega de Armijo dispaccio del suo Governo sulla missione Ridgeway e telegramma circa invio d'una nave, che, secondo il costume, avrà a bordo inviato inglese e che si ritirerà appena sbarcato il medesimo.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

T. 105. Roma, 20 gennaio 1893, ore 14,30.

L'ambasciatore di Francia mi ha detto essere assolutamente infondata la notizia che una squadra francese, a Tolone, avesse ricevuto ordine di partire per il Marocco e poi di differire la partenza fino al 23 di questo mese.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 2499. Roma, 21 gennaio 1893.

Dopo avermi fatto conoscere, mercè il rapporto del 13 gennaio, n. 47/23 1 , il rendiconto, pubblicato dai giornali berlinesi, delle dichiarazioni che il cancelliere

179 dell'Impero avrebbe enunciate nella prima seduta della commissione militare del Reichstag, V.E. mi ha pure additato, col rapporto medesimo, e con l'altro in data del 15, n. 55/272 i due comunicati successivamente apparsi, circa quelle dichiarazioni, il primo nella Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, ed il secondo in parecchi giornali di codesta capitale.

Quantunque, per la ragione indicatami da V.E. nel rapporto del 13 gennaio, niuna delle dichiarazioni dai giornali attribuite al conte Caprivi abbia carattere di autenticità, è però notevole il fatto che la smentita officiosa, nel riferirsi tassativamente ad altri punti, ha lasciato sotto silenzio il passo nel quale il cancelliere avrebbe affermato che la Triplice Alleanza è in Italia oggetto di opinioni varie. Non sarà sgradito, io penso, a codesto Gabinetto che, avendone l'opportunità, ella metta in rilievo che in realtà la pubblica opinione si viene, invece, rispetto alla Triplice Alleanza, sempre più facendo concorde in Italia. Hanno bensì potuto, in occasione e per ragioni di polemica, udirsi recentemente, intorno alla Triplice Alleanza, pareri diversi, affatto personali ed isolati, ma ben si può atTermare che giammai la Triplice Alleanza fu meno discussa di quel che lo sia presentemente nel nostro Paese.

Reputerei, poi, affatto superfluo, nella presente circostanza, mettere ancora una volta in sodo quale sia, a codesto riguardo, il pensiero del R. Governo, trattandosi di quella che è oramai una delle basi fondamentali della nostra politica 3 .

228 l Cfr. n. 223. 230 l Cfr. n. 226, nota l.

231

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 61136. Londra, 21 gennaio 1893 (per. il 30).

Dopo che, con telegramma del giorno 17 1 , in risposta al mio del 14 corrente2 ,

V.E. mi ebbe ad informare che la memoria confidenziale allegata al dispaccio del 31 dicembre n. 48775/5663 , e relativa alla delimitazione della zona d'influenza italiana con il possedimento inglese di Zeila e di Berbera, era stata rimessa da lord Vivian al conte di Rosebery soltanto a titolo informativo e che conseguentemente spettava a me di parlarne ufficialmente a Sua Signoria, io mi sono accinto ad eseguire, nel modo che mi pareva più efficace, le istruzioni impartitemi.

Mi accertai anzitutto che il documento nel quale sono narrate le fasi precedenti della trattativa fosse stato veramente posto sotto gli occhi di questo ministro per gli affari esteri. Questa indagine preliminare feci presso l'alto funzionario che

3 Concetti analoghi Brin espose nel T. 118 del 22 gennaio, non pubblicato. A questo telegramma Lanza rispose con il n. 232. 231 ' T. 90, non pubblicato.

2 T. 72, non publicato.

3 Cfr. n. 204.

180 attualmente tiene l'ufficio del sottosegretario di Stato permanente degli affari esteri. Seppi così da sir Th. Sanderson che il memoriale era giunto a Londra da non molti giorni e che se ne stava preparando la trasmissione al Dipartimento ministeriale degli affari dell'India. Per lo stesso tramite feci sapere a lord Rosebery che io prossimamente gli avrei parlato del desiderio del mio Governo di condurre a conclusione il negoziato di delimitazione che, con .molta condiscendenza nostra, era rimasto da più mesi interrotto in vista di considerazioni di opportunità che oggi più non esistevano.

Trovai sir Th. Sanderson non ben disposto ad ammettere che il momento per la ripresa di una simile trattativa fosse opportuno. Era mestieri tener conto che un negoziato con l'Italia per stabilire i confini delle possessioni che l'Inghilterra occupa sulla riva africana del golfo di Aden, poteva chiamare l'attenzione della Porta ottomana, provocarne le proteste che, anche dal punto di vista d'interessi molto più vasti, riuscirebbero assai moleste al Gabinetto inglese. In ogni modo, quei possedimenti trovandosi nella dipendenza dell'India Office, a questo dovea anzitutto essere rimesso l'esame dell'affare; si sarebbero dovuti consultare, oltre il Governo residente a Calcutta, i governatori di Bombay e di Madras. Probabilmente per quella via il progetto di delimitazione sarebbe trasmesso ad Aden affinché quelle autorità diano il loro parere. Tutto ciò richiederebbe mesi, né potrebbesi prima aprire il negoziato. Lasciai dire tutto ciò a sir Th. Sanderson per averne la giusta misura della mala voglia del Foreign Office di ripigliare con noi le trattative della delimitazione africana. Ma non volendo io che egli restasse nell'impressione che mi accontenterei di simili obbiezioni, gli risposi che il parere dell'India Office era già stato domandato da molti mesi e che perciò io dovea ritenere che il vicerè ed i governatori ed anche le autorità di Aden avessero di già avuto campo di emettere e far pervenire a Londra i loro avvisi. Io avea saputo da lord Salisbury che questi erano stati domandati alle autorità indiane fino dall'ottobre 1891. Non si erano da quell'epoca prodotte variazioni o fatti nuovi che richiedessero un più recente esame. Né io poteva tenere per migliore la scusa che si volesse dedurre, per non trattare con noi, dalle rimostranze che la Turchia avrebbe potuto fare. Non una, ma ripetute volte, io avea sentito da lord Salisbury dire che l'Inghilterra non avea mai riconosciuto le pretese della Turchia sovra i territori africani situati al di là dello stretto di Bab-el-Mandeb. Mi faceva meraviglia il sentire per la prima volta ammettere nel Foreign Office che la cosa potesse essere altrimenti. Sir Th. Sanderson, pur ammettendo che infatti tale poteva essere stata in certi momenti l'opinione del ministro degli affari esteri d'Inghilterra, soggiungeva che vi erano però dei fatti che contrastavano con siffatta opinione. Quando, anche da Zeila, fu ritirata la guarnigione egiziana, la Porta ottomana fu invitata ad occupare anche quella località per la quale l'Egitto pagava un tributo annuo al sultano di Costantinopoli. Non era dunque Zeila in condizione diversa da quella delle altre possessioni territoriali dell'Egitto evacuate dai presidj khediviali ed occupate dall'Inghilterra. Non spinsi la discussione oltre i limiti che mi erano necessarj per mettere in chiaro le circostanze che a me importava conoscere prima di abboccarmi con lord Rosebery.

La mia conversazione surriferita avea avuto luogo il giorno 18. Il dì seguente mi presentai dal ministro e lo trovai preparato a ricevere la mia comunicazione. Egli non avea ancora avuto il tempo di farne oggetto di studio speciale. Avea però trovato che il precedente Gabinetto avea temuto che una delimitazione verso Zeila potesse suscitare le proteste della Turchia contro la occupazione inglese di quel paese. Per questa considerazione preliminare l'India Office aveva ricusato di dar seguito a questo affare. Il Gabinetto presente non avea alcuna intenzione di espandersi nell'interno, prendendo a base i possedimenti della costa del golfo di Aden. Noi avremmo in tutta tranquillità potuto lasciare le cose come ora stanno senza il più lontano pericolo per le nostre ragioni territoriali. Però l'India Office poteva essere di nuovo interrogato e per il momento mi si poteva promettere solamente che la nostra proposizione sarebbe sottoposta allo studio del competente dipartimento dell'India.

In questo colloquio svolsi gli argomenti esposti nella memoria che io deponeva nelle mani di lord Rosebery e mi valsi anche delle precedenti istruzioni per questo stesso affare pervenutemi dal R. Governo. Spiegai sotto gli occhi del mio interlocutore la carta geografica allegata alla memoria confidenziale, acciocché gli riuscisse di manifesta evidenza l'imperfezione dell'opera di delimitazione, fino a che i territori di Zeila e Berbera non fossero essi pure delimitati. Sua Signoria non muoveva obbiezioni dirette contro tali mie osservazioni. Limitavasi a ripetere la dichiarazione che il Governo britannico non ha l'intenzione di espandersi all'interno di quei territorj.

Mi parve che l'insistenza che lord Rosebery metteva nello esprimere questo suo pensiero, mi permettesse di !asciargli intendere che lo schema di protocollo allegato alla memoria dovea essere considerato come un semplice complemento della memoria stessa. Poteva infatti per ragioni apprezzabili, preferirsi dal Gabinetto inglese un impegno suo espresso in forma negativa. Il mio Governo avrebbe potuto esaminare se un tale impegno avrebbe per lui gli stessi effetti di un riconoscimento positivo dei limiti delle rispettive zone d'influenza. Qualche cosa conveniva però che si facesse. L'attenzione del nostro Parlamento si era portata sovra l'imperfezione del lavoro di delimitazione eseguito nel 1891. I relatori del Senato del Regno e della Camera dei deputati, nella occasione recente della discussione del bilancio degli affari esteri, aveano espressamente chiamato l'attenzione del ministero sovra questo interesse. Non era possibile il prolungare indefinitamente la sospensione delle trattative. Non conveniva lasciarsi porre nella alternativa di dover dichiarare in Parlamento o che si è trascurato volontariamente un interesse dal medesimo segnalato, o che non si sono trovate in un Governo amico disposizioni favorevoli per condurre a buon fine un accordo in massima prestabilito nello scambio di note avvenuto nel giugno del 1890. Mi premeva che anche di queste considerazioni Sua Signoria avesse a tener conto perché esse aveano forse un valore più esteso di quello che taluni sono disposti ad attribuire alle demarcazioni territoriali del continente africano.

V.E. rileverà dalle cose che ebbi l'onore di esporle fin qui, che, nelle presenti condizioni, sarà assai difficile l'indurre il Governo inglese a sottoscrivere un atto che contenga, da parte sua, il riconoscimento delle ragioni nostre sopra determinate contrade limitrofe con i suoi possedimenti africani del golfo di Aden. Inclinerei perciò a suggerire che venga presa in esame la convenienza di accontentarci di una dichiarazione che, in forma negativa, esprima il concetto che l'Inghilterra non si espanderà oltre la linea indicata nel n. l dello schema di protocollo allegato alla memoria da me consegnata il 19 di questo mese a lord Rosebery 4 .

230 2 Non pubblicato.

231 4 Per la risposta cfr. n. 266.

232

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 150. Berlino, 23 gennaio 1893, ore 15,29 (per. ore 16).

Conferito subito stamane con barone Marschall e conte Caprivi circa impressione e dubbi ancora rimasti costì circa parole cancelliere nella commissione militare1. Cancelliere rinnova assicurazione grande importanza espressa su valore alleanze. Ma non crederebbe conveniente, dopo il tempo trascorso, pubblicare smentite, che potrebbero sollevare altre discussioni. Sembrerebbe miglior consiglio, e oggi si procurerà, compilare sunto senso esatto parole relative nostra alleanza, importanza che Germania vi annette; sunto che comunicherò V.E. 2 e di cui eventualmente potrà far uso dinanzi Parlamento, come speditole da me, dopo conferito cancelliere giorno stesso in cui pronunziò discorso.

233

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 153. Berlino, 23 gennaio 1893, ore 22,20 (per. ore23,50).

Facendo seguito al mio telegramma di stamane 1 comunico a V.E. seguente sunto della parte discorso cancelliere che si riferisce alleanze rimessomi dal barone Marschall: «Rispondendo obiezione che un aumento del nostro esercito pareva superfluo, viste nostre alleanze, cancelliere rispondeva che egli apprezzava altamente dal punto di vista politico e militare alleanza con Italia e Austria-Ungheria; che Germania aveva più assoluta fiducia nei suoi alleati ed era decisa a compiere lealmente e fedelmente suoi obblighi. Che nulla lasciava supporre che situazione politica creata dalle alleanze debba essere mutata in un avvenire più o meno prossimo, ma che queste alleanze non potevano impedire alla Germania di tenere conto della sua posizione geografica e di dare alle sue forze militari tutto lo sviluppo possibile, applicando servizio obbligatorio con tutte sue conseguenze chiamando sotto le armi tutti gli uomini validi. Questa grande riforma, soggiunse cancelliere, non produrrà tutto suo effetto che entro venti anni; questo concetto è dunque indipendente dalle alleanze concluse per un periodo ristretto di qualche anno. La piena fiducia che nutriamo per il presente e per l'avvenire nella solidità delle nostre

2 Cfr. n. 233. 233 l Cfr. n. 232.

alleanze non ci dispensa dal dovere di esaminare seriamente nostra situazione militare e di domandarci se siamo in stato di affrontare tutte le eventualità possibili. E a questo punto di vista cancelliere giudica necessario dare alla Germania una potenza militare tale da permettere almeno di respingere vittoriosamente e colle sole sue forze un attacco diretto contro l'una o l'altra delle sue frontiere» 2 .

232 l Cfr. n. 230, nota 3.

234

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 74/45. Londra, 23 gennaio 1893 (per. il 30).

L'emozione prodottasi qui all'annunzio che il khedive, senza accordo con lord Cromer, avea congedato i suoi ministri ed avea voluto questi surrogare con personaggi ostili alla occupazione britannica, non fu di lunga durata, poiché ben tosto si ricevette la notizia della resipiscenza khediviale.

In questo affare due cose meritano attenzione. Anzitutto è naturale che ciascuno domandi quali influenze abbiano potuto determinare il giovane khedive ad un passo tanto arrischiato. Negli uffizi del Foreign Office e dalla bocca stessa di lord Rosebery, sentii esprimere la convinzione che l'accaduto si debba attribuire ad un intrigo di Ismail pacha, il nonno spodestato dell'attuale vicerè egiziano. Alla mia seconda domanda, relativa allo scopo che Ismail pacha avrebbe potuto avere nel provocare siffatti turbamenti, questo principale segretario di Stato per gli affari esteri rispose testualmente e sobriamente con queste parole: «per puro spirito di intrigo».

È naturale che, quando pure il Gabinetto di Londra avesse fondati motivi di vedere, nella disaggradevole sorpresa, altre mani, egli non abbia alcun interesse a dimostrarsene edotto.

Intanto la seconda cosa che deve, a parer mio, essere considerata è questa: quali effetti potrà produrre il tentativo di emancipazione khediviale sovra il pubblico inglese?

Bisogna premettere che, in questo Paese, le polemiche furiose dei giornali del continente non fanno breccia nella pubblica opinione e conseguentemente qui può essere completamente trascurata la previsione di ciò che altrove accade facilmente quando siffatte polemiche si producono. Nel carattere riflessivo e pratico di questo popolo la questione oggi si pone in questi termini: «quali avrebbero potuto essere le conseguenze per l'Inghilterra di un ostinato atteggiamento di resistenza del khedive di Egitto»? Un pericolo fu scampato; ma non potrebbe esso riprodursi? Avrebbe bastato il prestigio della bandiera guardata da piccolo manipolo di soldati per arrischiarsi nella gravissima avventura di deporre il khedive riottoso? Ecco la domanda che molti si fanno e che dà assai a riflettere. Il certo è che meglio di così

184 non si sarebbe potuto praticamente dimostrare il pericolo che dall'incerta posizione, presa dall'Inghilterra in Egitto, può ad ogni momento erompere. E siccome, finora almeno, n~ppure nel partito conservatore, non vi è chi abbia osato affermare il diritto di protettorato permanente sull'Egitto; così dall'ultimo incidente riescono rinvigoriti gli argomenti di coloro che patrocinano la causa della evacuazione.

233 2 Brin rispose con T. 130 del 24 gennaio: «La prego di porgere al segretario di Stato ed al cancelliere i miei più vivi ringraziamenti. Me ne varrò opportunamente. occorrendo, nel comune interesse dei due Paesi».

235

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 59/28. Cairo, 23 gennaio 1893 (per. il 29).

Terminata nel modo che ebbi l'onore di indicare nei miei anteriori rapporti, la divergenza insorta fra l'agenzia britannica e il khedive, fu pubblicato l'annesso supplemento nel giornale ufficiale coi decreti di ricostituzione del Ministero 1 .

Durante la crisi erasi qui prodotta una certa agitazione; un partito nazionale, che da qualche tempo va formandosi, trovava la parte più colta della popolazione propensa a secondare le sue idee avverse agl'inglesi, e credeva di interpretare quelle del khedive. Queste disposizioni degli animi, già latenti, assumevano allora per la prima volta un carattere di pubblicità. Quando venerdì 20 del mese Sua Altezza si recò a fare la preghiera del mezzogiorno alla moschea di Saidna Hussein una folla di studenti e di persone della classe media colà riunite, lo salutò all'entrare con fragorosi applausi, ed all'uscire ne seguitò la carrozza acclamandolo; la sera un certo numero di giovani si recò all'ufficio del Mokattam, giornale arabo ispirato e sovvenzionato dall'Inghilterra, emettendo grida di disapprovazione, e rompendone i vetri a sassate. Sarebbe trasceso anche ad atti di violenza contro i redattori se la polizia prontamente intervenuta non avesse arrestato qualcuno dei caporioni e sciolto l'attruppamento.

Il khedive, a causa del lutto per la morte del suo genitore erasi sempre finora astenuto dal prendere parte a qualsiasi pubblico divertimento. Compiuto l'anno da dieci giorni. decise di andare il 21 al teatro dell'opera, dove si rappresenterebbe l'Aida. Appena ne fu divulgata la notizia corsero voci che gli sarebbe stata fatta una calorosa ovazione in senso ostile agl'inglesi; se ne cominciò ad interessare anche il basso popolo, e parve che la cosa dovesse prendere proporzioni assai gravi. Ma verso sera fu fatto dire che Sua Altezza non interverrebbe allo spettacolo; allora la maggior parte della gente riunita nei dintorni del teatro se ne andò. Più tardi il khedive comparso nel suo palco ebbe un'accoglienza entusiastica, e rispettosa; tutti gl'intervenuti si alzarono e gli fecero un triplice applauso mentre l'orchestra suonava l'inno khediviale. Nessun grido fu emesso che potesse avere un significato politico; all'esterno la polizia esercitò la più rigorosa sorveglianza, per cui la serata ebbe termine col massimo ordine, e con generale soddisfazione.

Adesso gli spiriti tendono in apparenza a calmarsi, quantunque una certa stampa locale si sforzi a voler provare che il khedive uscì vittorioso dalla crisi dalla quale fu costretto a revocare la nomina di Fakri pascià a primo ministro, ed altri giornali sostengono il contrario.

In realtà l'incidente devesi oramai riconoscere come ufficialmente composto; ma non può negarsi quanto male a proposito sia venuto a dar motivo ad una troppo manifesta espressione dello spirito pubblico intorno alla situazione politica attuale dell'Egitto. Gli antecendenti della rivoluzione di Arabi pascià provano che purtroppo sotto il manto di un patriottismo molto dubbioso, non si nasconde altro che il fanatismo mussulmano, sempre pericoloso perché la plebe molto numerosa in confronto delle classi istruite e doviziose, comprende in uno stesso odio tutti gli stranieri a qualunque nazionalità appartengano. La presenza delle truppe britanniche offre una garanzia che le dolorose vicende di un passato, non molto remoto, non si ripeteranno. Coloro però, e i francesi in specie, i quali coll'ammirare l'opposizione contro gl'inglesi, credono di affrettarne lo sgombro, dovrebbero accorgersi quanto il loro calcolo è sbagliato, e che in questo modo raggiungono precisamente lo scopo opposto col rendere più che mai necessaria la durata dell'occupazione. È desiderabile che se ne persuada anche il khedive, alla cui inesperienza nuocciono ugualmente tanto il carattere troppo poco espansivo e ben più autoritario che non comporti la sua giovane età, quanto il non aver intorno a sè nessun uomo serio capace di dargli qualche savio consiglio. Gl'inglesi diffidano perciò di lui e stanno guardinghi. Riaz pascià alla sua volta giudica il còmpito affidatogli come molto difficile, anche perché vede giungere a Sua Altezza, da ogni più remota contrada del Paese, indirizzi di completa devozione alla sua persona in conseguenza di ciò che recentemente è accaduto. Avendomene egli tenuto proposito, ed essendo io venuto sullo stesso argomento col ministro degli affari esteri, ho creduto di rettamente interpretare le intenzioni dell'E.V. insistendo onde innanzitutto il Governo di Sua Altezza ponga ogni cura a far cessare le dicerie vere o false che siano di carattere politico, e consigli il khedive ad essere prudente; in secondo luogo a far sì che il Governo medesimo conservi la direzione della politica del Paese in buona armonia coll'Inghilterra, senza subire le pericolose influenze della piazza; e ciascuno di loro si è mostrato convinto di questa necessità.

235 l Non si pubblica.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

T. 128. Roma, 24 gennaio 1893, ore 17.

Leggo con raccapriccio rapporto ventisette dicembre 1 orribili fatti Rio Grande. Carteggio telegrafico 2 ne dava pallida idea. Oramai codesto Governo ebbe ampio tempo provvedere. Spero avrà saputo fare ciò che giustizia ed il sentimento del suo

236 I Non pubblicato. 2 Cfr. n. 206, nota l.

stesso onore dovevano consigliargli. Qualora ciò non fosse la prego dichiarare al ministro degli affari esteri che, se entro determinato e breve termine, non ci è data per i due misfatti piena soddisfazione noi li denunceremo al mondo civile, il quale approverà certo i gravi provvedimenti che nell'interesse della umanità e del nostro nazionale prestigio saremo costretti a prendere 3 .

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA DIPLOMATICA IN EGITTO

T. 129. Roma, 24 gennaio 1893, ore 16,15.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi informa 1 , per incarico di Rosebery, che-in vista dei recenti avvenimenti il Governo della regina si è deciso ad aumentare la guarnigione britannica in Egitto, soggiungendo che però questo provvedimento non indica alcun cambiamento di politica, né modificazione delle assicurazioni che il Governo della regina ha dato di tempo in tempo circa la sua occupazione in quel Paese.

238

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 160. Berlino, 24 gennaio 1893, ore 18,40 (per. ore 20,50).

Ieri spedii rapporto relativo attacchi stampa francese contro i rappresentanti esteri1• Ora, dopo conversazione avuta con segretario di Stato, mi preme informare

V.E. che accuse formulate da giornali Parigi e le insinuazioni del giornale Le Temps del 16 corrente hanno fatto qui e a Vienna molta impressione. Ministro Develle ha già fatto scuse a Munster e Hoyos, non so se anche a Ressman e promise far dichiarazione pubblica per discolpare Governo da partecipazione tali accuse ed insinuazioni, ma promessa finora non mantenuta. Intanto questo signor ministro degli affari esteri ha dato istruzioni suo ambasciatore Parigi insistere, d'accordo con ambasciatore d'Austria-Ungheria e Ressman e, se mai crede del caso, dichiarare che Governo imperiale e reale non sarebbe alieno sostituire ambasciatore con semplice ministro. Questo ministro degli affari esteri non me ne fece formale domanda, ma dalle sue parole ho capito che gradirebbe ambasciatore d'Austria-Ungheria e Ressman prendessero in questa occasione primo posto sostenuto da Munster, non volendo parere sia Germania che trascina gli altri contro Francia, mentre però vuole riparazione accuse formulate in massima contro ambasciatori Triplice Alleanza.

237 1 Con nota del 23 gennaio, non pubblicata. 238 1 R. 90/46, non pubblicato.

236 3 Per la risposta cfr. n. 253.

239

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 131. Roma, 24 gennaio 1893, ore 23.

Egitto. Faccio seguito al precedente mio telegramma 1• La prego di telegrafarmi quale impressione ha costà fatto la risoluzione del Governo britannico e quale apprezzamento se ne rechi2•

240

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 165. Berlino, 25 gennaio 1893, ore 13 (per. ore 13,45).

Risoluzione Governo britannico 1 qui prima vista accolta come nuova evidente prova che Rosebery, uscendo dalla sua riserva, ha voluto dare circa ferma intenzione, malgrado la presenza Gladstone potere, non mutare politica Salisbury in cose Mediterraneo, e specialmente in Egitto. Malgrado il malumore Francia e suo desiderio fare diversione Panama, non si crede qui per ora che fatto possa avere conseguenze; si aspettano però ulteriori notizie.

241

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 167. Parigi, 25 gennaio 1893, ore 14,50 1

Conte Kalnoky, non soddisfatto della nota pubblicata l'altro ieri dal Temps, dietro le rimostranze del conte Hoyos, per gli attacchi agli ambasciatori della Triplice Alleanza ed a lui stesso, gli ha dato ordine di chiedere soddisfazione maggiore mediante nota diretta e più esplicita da comunicarsi, dal Governo, ai

2 Per le risposte cfr. nn. 240, 242, 244 e 248. 240 l Risponde al n. 239. 241 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

188 giornali. Gabinetto di Berlino ha invitato suo ambasciatore ad appoggiare, occorrendo, energicamente. Conte Munster ed io non siamo stati messi personalmente in causa, come lo fu Hoyos, ma, nondimeno, si denunziò la cospirazione degli ambasciatori della Triplice Alleanza. E v'è, dunque, tra noi, solidarietà ed interesse comune a spingere il Governo ad una dichiarazione che distrugga l'accusa senza rifiuto. Perciò, se sarà necessario mio concorso, procederò colla massima moderazione e in forma d'amichevole consiglio 2•

239 l Cfr. n. 237.

242

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 168. Parigi, 25 gennaio 1893, ore 17,50 (per. ore 20,55 ).

Impressione prodotta qui dall'atto di vigore di Rosebery in Egitto' è amara, ma linguaggio dei giornali officiosi non è violento e minaccioso, tanto quanto si sarebbe potuto prevedere. Ministro degli affari esteri mi diceva, poc'anzi, che non aveva ancora dal Cairo rapporti particolareggiati, e che fece chiedere a Rosebery quali fossero gli incidenti in vista dei quali Governo britannico decise aumentare truppe dopo che i giornali inglesi si erano mostrati tanto soddisfatti dell'esito della questione ministeriale. Con me il linguaggio del signor Develle fu molto moderato, e convenne che occorreva non inasprire la situazione 2 .

243

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 169. Parigi, 25 gennaio 1893, ore 17,50 (per. ore 20,30).

Testo nota officiosa da comunicarsi ai giornali circa attacchi contro Hoyos essendo stato concertato tra ministro degli affari esteri e lo stesso ambasciatore, e da questo telegrafata per approvazione a Kalnoky, mio collega Germania ed io ci asteniamo completamente dall'intervenire.

241 2 Per la risposta di Brin cfr. n. 247. 242 l Risponde al n. 239. 2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle altre ambasciate e all'agenzia diplomatica in Egitto con T. 142 del 26 gennaio.

244

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 170. Pietroburgo, 25 gennaio 1893, ore 18,30 (per. ore21,50).

Egitto. Ambasciatore d'Inghilterra scrisse ieri l'altro Ministero degli affari esteri russo lettera semi ufficiale, analoga comunicazione Vivian 1• Reggente Ministero degli affari esteri rispose, domandando motivo aumento guarnigione. Sir Morier allegò recenti disordini ed, in generale, insufficiente guarnigione. Reggente Ministero affari esteri mi dice che sulla presenza assicurazioni date dal Governo britannico, non vi è nulla da fare2 .

245

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 172. Londra, 25 gennaio 1893, ore 19,45 (per. ore 22,40).

La circolare telegrafica di Rosebery, relativa al rinforzo del corpo d'occupazione in Egitto 1 , è stata suggerita dal desiderio di non aumentare la tensione che, dai recenti avvenimenti di quel Paese, veniva creata fra i Gabinetti di Londra e di Parigi. L'ambasciatore di Francia a Londra ha primieramente domandato a Rosebery se l'Inghilterra pretendeva avere il diritto di nominare i ministri del khedive. Gli fu risposto che l'Inghilterra, nell'interesse di tutti, e per impedire il ristabilimento della situazione precedente alla deposizione del khedive Ismail, credeva che il vice-re dovesse prendere i consigli autorevoli del residente inglese. L'indomani il signor Waddington si presentò nuovamente a Rosebery e gli ha verbalmente comunicato che le istruzioni del suo Governo gli prescrivevano di protestare contro la condotta del residente inglese al Cairo, qualificandola come condotta di alta mano, e senza precedenti. Gli fu risposto che tale era stata, invece, la condotta del khedive, il quale aveva preteso, senza consultare il residente inglese, di dimettere il primo ministro, e surrogarvi una persona inetta a tale ufficio. L'atteggiamento del Governo francese ha contribuito a far prevalere

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle altre ambasciate e all'agenzia diplomatica in Egitto con T. 141 del 26 gennaio. 245 1 Cfr. n. 237.

nel Gabinetto inglese il partito di adottare una politica di vigore, della quale vuole essere l'espressione il piccolo rinforzo di due battaglioni di truppe inglesi. La stampa, in generale, applaude risoluzione del Governo. Non vi sono, tuttavia, ragioni sufficienti per credere che la tensione presente possa portare a conseguenze maggiori. Fino al pomeriggio di oggi nessun'altra Potenza aveva tenuto, qui, linguaggio analogo a quello della Francia.

244 1 Per la comunicazione di Vivian cfr. n. 237.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 139. Roma, 25 gennaio 1893, ore 23,55.

Dal r. ambasciatore in Berlino ricevo il seguente telegramma: «Dopo conversazione avuta col segretario di Stato mi preme ... (vedi telegramma n. 160 da Berlino)»1 . L'incidente speciak relativo al generale Menabrea avendo avuto onorevole soluzione, non è più il caso di parlarne. Ma se i colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania hanno istruzione di insistere per la dichiarazione già promessa circa i pretesi maneggi della Triplice Alleanza e dei suoi rappresentanti in Francia, è naturale che ella non debba rimanere estraneo ai loro eventuali offici. In tale ipotesi, secondo l'opportuno suggerimento venutoci da Berlino, V.E. dovrebbe esattamente attenersi a quel che farà il collega austro-ungarico, lasciando che il collega germanico resti, se così crede, in seconda linea 2 .

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 145. Roma, 26 gennaio 1893, ore 13,35.

Suo telegramma di ieri sera 1 si è incrociato col mio 2 . L'incidente della dichiarazione chiesta da Hoyos essendo arrivato a soddisfacente soluzione, sta bene che, di concerto con Miinster, ella si sia astenuta dall'intervenire.

2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Berlino con T. 137 e all'ambasciata a Vienna con T. 138, pari data. 247 l Cfr. n. 243. t

2 Cfr. n. 246.

246 l Cfr. n. 238.

248

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 175. Vienna, 26 gennaio 1893, ore 16,10 (per. ore 17,05).

Kalnoky mi ha detto che aveva compreso la necessità dell'ultima risoluzione del Gabinetto di Londra 1 e che se l'aspettava. Egli è convinto che il khedive ha commesso un grosso errore colle sue velleità di opposizione all'Inghilterra e diede all'agente autro-ungarico al Cairo istruzione di dire al khedive che fu male consigliato e che avrebbe dovuto, in ogni caso, prendere prima ispirazione da persona autorevole e imparziale, alludendo. ai consoli delle Potenze alleate.

249

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 177. Vienna, 26 gennaio 1893, ore 16,10 (per. ore 17,25).

Kalnoky, a cui comunicai contenuto del telegramma di V.E. di ieri sera 1 , mi ha detto che, quanto al caso speciale del conte Hoyos, egli aveva ottenuto dal Governo francese una dichiarazione soddisfacente che sarà pubblicata. Quanto, poi, al fatto generale delle accuse contro i rappresentanti della Triplice Alleanza, Kalnoky è di parere che conviene aspettare esecuzione della promessa data dal Governo francese; egli non crede utile spingere cose all'estremo e di far forse cadere il Gabinetto Ribot per una questione estera, o di procacciargli popolarità. Cionondimeno, Kalnoky avrà cura di far capire al Gabinetto di Parigi essere indispensabile che la promessa sia tenuta.

250

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 181. Rio de Janeiro, 26 gennaio 1893, ore ... 1 (per. ore 0,35 del 27).

Prevengo che mio rapporto del 10 corrente2 riferisce circa terzo misfatto relativo italiano Bracco Porto Alegre, che nel mio rapporto del 20 corrente2 rettifico

249 l Cfr. n. 246, nota 2. 250 1 Manca l'indicazione deWora di partenza.

2 ;Non pubblicato.

come non avente gravità attribuita col mio primo rapporto. Debbo inoltre riferire che venti italiani residenti in Muzambinho, Stato Minas Gerais, mi hanno denunziato oggi assassinio d'un italiano e violenza contro un altro da parte quattro guardie di pubblica sicurezza. Ho reclamato oggi stesso.

248 l Cfr. n. 239.

251

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Berlino, 26 gennaio 1893.

Ho ricevuto la pregiata sua lettera particolare del 22 corrente1 relativa al discorso Caprivi e all'influenza della stampa in Italia. Sul primo oggetto credo ormai non aver più bisogno di spendere parola dopo i telegrammi scambiati dippoi tra quest'ambasciata e V.E. Spero che colle dichiarazioni e le pubblicazioni da me ottenute, senza difficoltà del resto, dal cancelliere Caprivi e trasmesse all'E. V. 2 ella sarà in grado di dissipare qualunque malinteso e rispondere vittoriosamente a qualunque interpellanza. Ancora jeri sera in una delle tante "divertenti" feste a Corte di questi giorni, il generale Caprivi al quale esprimevo i grati sensi di V.E. mi riparlava dei suoi discorsi, delle difficoltà che ha da superare per portar in porto la nuova legge militare, per rispondere al solito argomento dell'opposizione: «a che servono le alleanze se dobbiamo sempre accrescere le nostre forze?» Egli non ha però mai e poi mai in modo alcuno espresso minor pregio della nostra alleanza e si spiega solo l'interpretazione data alle sue parole dal fatto ch'egli, nella commissione militare, volendo esporre tutti i casi immaginabili, accennò pure a quello in cui l'Italia, per necessità di sua difesa, non potesse mandar truppe sul Reno. In ogni e qualunque caso però la cooperazione dell'Italia sarebbe sempre di massima importanza, distraendo forze francesi che altrimenti si aggiungerebbero a quelle cui la Germania dovrebbe far fronte etc. etc.

Circa l'importanza in genere della stampa in Italia e la credenza che la Gazzetta piemontese3 rifletta il pensiero di S.E. il ministro Giolitti, non ho mancato di esprimermi col cancelliere e col barone Marschall nel senso da lei indicatomi, persuaso di essere pienamente nel vero. Ma non è facile dileguare certe credenze quando queste sono generalmente sparse nel nostro Paese, non sono ufficialmente combattute e per conseguenza sono anche ammesse e date come cosa reale ai loro sovrani dai rappresentanti esteri a Roma.

Siamo qui nel periodo acuto delle feste a Corte! Ieri festa del matrimonio della principessa Margherita, domani festa dell'imperatore con relative funzioni ... medioevali. Vorrei vedere i nostri signori ministri

251 I Non rinvenuta.

2 Cfr. nn. 232 e 233.

3 La Gaz:etta piemontese aveva pubblicato un articolo che un giornale tedesco aveva erroneamente interpretato come ostile alla Triplice.

come vidi jeri i ministri prussiani, prendere parte alla danza della fiaccola con tanto di cero acceso in mano e calze corte!! Vorrei vedere che cosa direbbero gli ambasciatori esteri a Roma se S.M. il Re invece di tener circolo se li facesse sfilare davanti ad uno ad uno alla testa del migliajo di signori e signore ammessi all'onore di un inchino nella cosidetta defiliscour!! Ma qui queste cose pajono naturali. Solo l'ambasciatore d'Austria ed io, forse perché nuovi nel mestiere, troviamo tutto ciò un po' ridicolo e umiliante per i rappresentanti della persona del loro sovrano, qualità alla quale la Germania, e giustamente, vuole serbare inalterato il prestigio a Parigi. Ma naturalmente Szechenyi ed io facciamo come gli altri e taciamo.

P.S. Se appena le sarà possibile ella vorrà mettermi in grado di assicurare qui nelle mie conversazioni che nessuna personalità politica è compromessa negli affari delle banche, gliene sarò sommamente grato!!

252

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 187. Costantinopoli, 27 gennaio 1893, ore 7,32 (per. ore 19,40).

Sultano è incerto sul contegno da adottare in seguito notificazione inglese circa aumento presidio in Egitto 1 . Ministri sono d'avviso di astenersi far rimostranze all'Inghilterra od ufficii alle Potenze. Ambasciatore di Francia dichiarò jeri Sublime Porta che Governo francese è sempre disposto a sostenere diritti del sultano. Ambasciatore Russia tenne stesso linguaggio. Queste dichiarazioni, però, furono fatte in modo generico e come conformi alla politica seguita dai due Governi nella questione di Egitto.

253

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 190. Petropolis, 27 gennaio 1893, ore 14,25 (per. ore 7,15 del 28).

Ieri continuai insistenza in conformità due ultimi telegrammi di V.E. 1• Ministro degli affari esteri rispose, che Brasile si provvederebbe di altri emigranti qualora fosse vietata emigrazione italiana. Mi promise che domani o domenica

mi comunicherà inchiesta segreta. Ho parlato pure ammiraglio Mello, invitandolo far comprendere al presidente della Repubblica gravità situazione. Ministro della marina promette farlo oggi nel Consiglio dei ministri qualora esito inchiesta fosse non soddisfacente, o mediocre. Governo del re deve scegliere: o contentarsi del tenue risultato in vista del nostro interesse commerciale navigazione, emigrazione, ovvero ricorrere coazione effettiva fino all'estremo. Debbo avvertire, semplice minaccia o dimostrazione navale, non accompagnata da vie di fatto, sarebbe inefficace; incontrerebbero resistenza passiva o provocherebbero rottura. Col mio rapporto 13 corrente2 svolsi questo concetto, sul quale insisto col mio rapporto di oggi 2, che parte domani.

252 l Cfr. n. 237. 253 1 Cfr. nn. 221 e 236.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

T. 150. Roma, 27 gennaio 1893, ore 17,40.

Suo telegramma relativo fatti Minas Gerais 1 incrocia tosi col mio 24 corrente2, che vieppiù confermo, attendendo precisa risposta. Dovrebbe oramai codesto Governo intendere immediata esemplare repressione solo mezzo risparmiarsi gravissime complicazioni.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

T. 152. Roma, 27 gennaio 1893, ore 18.

Ciò che ora accade e l'atteggiamento delle Potenze debbono avere dimostrato al khedive l'errore commesso con le sue velleità di opposizione all'Inghilterra. Se si fosse rivolto ai rappresentanti dei Governi amici avrebbe potuto essere opportunamente consigliato. La prego di tenere, avendone occasione, linguaggio in questi termini e con intonazione cordialmente amichevole 1 .

2 Cfr. n. 236. 255 l Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna con T. 151, pari data.

253 2 Non pubblicato. 254 l Cfr. n. 250.

256

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 192. Madrid, 27 gennaio 1893, ore 20 (per. ore 0,25 del 28).

L'inviato speciale britannico al Marocco, mentovato nel dispaccio ministeriale n. 15 1 , parte stasera per Tangeri. Egli vide una volta sola marchese Vega de Armijo, facendogli quelle dichiarazioni espresse a V.E. da lord Vivian 2 . Il colloquio fu cordiale ed il ministro di Stato diede la più ampia assicurazione che il mantenimento dello statu quo nell'Impero sceriffiano era la sola sua meta e che il leale concorso della Spagna non verrebbe meno al nuovo rappresentante dell'Inghilterra; ma il marchese ebbe il poco felice pensiero di dire al suo interlocutore che codesta ultima affermazione rivestiva la maggiore serietà, nonostante l'amarezza che solleva in ogni petto spagnolo il pensiero della dominazione britannica a Gibilterra, e simile intenzionale mancanza di tatto venne ancora aggravata dalla pubblicazione che se ne fece nei giornali. L'inviato inglese, che subito si mise meco in intimi rapporti, me ne parlò spontaneamente, ed io procurai di spiegargli il carattere permaloso del ministro di Stato, alle cui parole non bisogna poi dare troppo retta; ma la impressione da esso prodotta non fu buona. In un rapporto, del quale mi diede lettura, il mio collega d'Inghilterra riferisce al suo Governo la conformità dei pensieri da me esposti sugli affari del Marocco, colle vedute del Foreign Office. Il linguaggio da me tenuto non fu del resto che l'eco fedele del discorso tenutomi recentemente da V.E. e ciò posi in rilievo. Finora non ho potuto avere una vera conversazione con il marchese de la Vega de Armijo.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA DIPLOMATICA IN EGITTO

T. 155. Roma, 28 gennaio 1893, ore 14,20.

L'ambasciatore di Turchia è venuto, per incarico del suo Governo a chiedere quale sia l'opinione del R. Governo di fronte alla recente circolare del Governo britannico circa l'invio di un rinforzo di truppe in Egitto. Gli ho risposto che, la circolare contenendo la spiegazione di tale provvedimento, non che l'espressa dichiarazione che nulla è mutato nella politica dell'Inghilterra in Egitto, e rimangono del pari immutate le ripetute assicurazioni date in proposito dal Governo della regina, il Governo del re, che si era limitato a prendere atto della circolare medesi

256 I Non pubblicato. 2 Cfr. n. 227, nota l.

ma, non poteva che esserne pienamente rassicurato e soddisfatto. Ho soggiunto che, a mio avviso, la Sublime Porta dovrebbe ugualmente considerare come soddisfacente la comunicazione britannica mercé la quale, rimanendo immutata la situazione, travasi eliminata ogni ragione di dubbio o di preoccupazione'.

258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

T. 161. Roma, 28 gennaio 1893, ore 17.

Prego informarmi vero stato opinione pubblica presso indigeni e varie colonie circa ultimi fatti 1•

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

D. 3556/86. Roma, 28 gennaio 1893.

Leggendo nei resoconti telegrafici il sunto dei discorsi pronunziati alla Camera dei deputati nella seduta del 21 corrente dai signori Hubbard e Ribot intorno alla politica francese in Tunisia, non mi era sfuggita la gravità delle dichiarazioni del presidente del Consiglio. Nè questa prima impressione fu mitigata dalla lettura del testo integrale di quei discorsi pubblicati dal Journal officiel dì cui V.E. sì compiacque dì rimettermì copia col suo rapporto del 22 1•

Il signor Ribot, additando con compiacenza i provvedimenti escogitati dal Governo della Repubblica i quali avranno per effetto, secondo che sembra sperarsi costì, di scemare l'influenza italiana in Tunisia, ha in questa circostanza abbandonato il consueto riserbo circa i lavori del porto di Biserta, e assai apertamente ha alluso ai disegni della Francia, disegni che con molta cura si cercava di dissimulare nelle precedenti dichiarazioni ufficiali di codesto Gabinetto.

257 l Si pubblica qui il seguente passo del R. riservato 106/66 dì Tornielli del2 febbraio: «Presentemente tutta l'azione diplomatica del Governo di Parigi pare concentrata a conseguire un atto di protesta della Turchia. Però lord Rosebery che trovai informato dei consigli in senso opposto dati dall'Italia dall'Austria-Ungheria e dalla Germania alla Porta ottomana, credeva il sultano poco disposto ad agire nell'interesse e per gli scopi che la Francia si prefigge». Cfr. anche quanto scriveva Ressman in una lettera personale a Brin del 10 febbraio: «Non v'è pericolo per ora che la Francia si lasci trascinare a qualche passo inconsulto rispetto all'Egitto. Ho trovato l'altr'ieri il signor Develle molto savio e molto calmo su quella questione. Mi disse che il Governo francese non pretendeva far pagare all'Inghilterra il grave errore ch'esso medesimo commise nel 1882, ma che fidava sulle intenzioni anche recentissimamente riaffermate da Gladstone, nelle circostanze e nel comune interesse delle Potenze per risolvere col tempo una questione che certamente non potrebbe chiudersi coll'annessione dell'Egitto all'Inghilterra». 258 I Per la risposta cfr. n. 260. 259 l R. 159/63, di cui si pubblica solo il passo seguente: «In quanto al porto di Biserta le dichiarazioni del presidente del Consiglio furono queste: "Il porto di Bìserta è in costruziony da parecchi anni, i lavori continuano regolarmente, e rìchiederapno anch'essi somme considerevoli. E questo danaro perduto? O è danaro speso con vedute strette? E cio che voi chiamate una politica beilicale? Non è questa forse un'opera francese altrettanto che tunisina? Non siamo tutti d'accordo su ciò? E perrnettetemi di dirlo: Voi andate talvolta in Italia ove avete amici caldi ed ardenti. Domandate loro che cosa pensano dì questi lavori. (Un "benissimo" della Camera sottolineò queste parole). Noi li continueremo, noi non vogliamo inquietar nessuno, ma forti del nostro diritto, vogliamo consacrare le risorse delle quali disponiamo, ad un'opera che avrà la sua utilità e, permettetemi di dirlo, che avrà la sua grandezza''. Lunghi applausi accolsero queste parole».

260

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 197. Cairo, 29 gennaio 1893, ore 10,15 (per. ore 10,25).

Atto energia Inghilterra 1 prodotto pubblico sfavorevole impressione, indigeni e tutta colonia straniera, ma specialmente nella francese. Adesso subentrata calma, tantoché ieri passò quasi inosservato arrivo rinforzo 300 soldati inglesi. Tutto dipenderà attitudine khedive, il quale andrà sabato inaugurare tratto ferrovia alto Egitto. Confermo rapporto 23 corrente2 .

261

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 115/30. Tangeri, 29 gennaio 1893 (per. il 6 febbraio).

Domani si aspetta, proveniente da Gibilterra, il nuovo inviato di Sua Maestà britannica, in missione temporaria presso il sultano del Marocco, colonnello sir F. West Ridgeway. Giungerà egli sulla corazzata «Phaeton» della marina inglese.

Seguendo la via del continente, il rappresentante della regina ha fatto assai lunga sosta a Madrid, ove ha conferito col signor de la Vega de Armijo.

I giornali spagnuoli danno conto al pubblico degli scopi cui è diretta la novella missione. Secondo quelli, il linguaggio di sir West avrebbe fornito la prova dei sinceri intendimenti del Governo britannico, volti, mercè l'aiuto delle Potenze, al mantenimento dello statu quo marocchino. L'accordo firmato tra i Gabinetti darebbe quindi per risultato la possibilità di esercitare una pressione collettiva sopra il sultano, in faccende di carattere e d'interesse generale, quali sarebbero le cose del commercio, le vessazioni di cui sono vittima gli stranieri, e quant'altro tenda a

260 I Risponde al n. 258. 2 R. 59/28, non pubblicato.

promuovere la causa della civiltà. Da siffatti propositi del Gabinetto di Londra coadiuvati dall'opera degli altri Stati, aggiungono quei giornali -è lecito ripromettersi benefici effetti. Giova, però, che la Spagna, nel porgere l'assistenza propria, non faccia soltanto il giuoco altrui.

Il programma politico, per tal modo esposto non si discosta da quello che

V.E. mi tracciava col telegramma delli 20 corrente 1 e che le fu comunicato da lord Vivian. Analogo discorso, comecché meno esplicito, mi tenne il signor Eliot per commissione avutane dal Foreign Office, e lo tenne ugualmente ai miei colleghi. Il colonnello Ridgeway, mi disse, si studierebbe, nel compimento del suo mandato, di ottenere, se ciò fosse possibile, l'appoggio dei rappresentanti esteri in Tangeri.

A giudicarne da quanto precede, il concerto sembra dunque stabilito. Per quanto ci riguarda, V.E. ha dato sicurezza all'ambasciatore inglese in Roma, della cordiale mia cooperazione.

Non apparisce superfluo, al momento in cui stiamo per entrare in una diversa ed importante fase della questione marocchina, che questi punti sieno bene chiariti.

Espresse guarentigie -se dobbiamo starcene alle informazioni della stampa francese -ha avute il Gabinetto di Parigi dalle dichiarazioni di lord Dufferin, circa le schiette intenzioni del Governo inglese riguardo al Marocco. Sir West Ridgeway dovrà.procedere in piena conformità di azione col conte d'Aubigny.

Tranne la comunicazione della nomina di un successore a sir Charles Euan Smith, ed alcune generalità relative al fine della missione di lui, non mi consta che il Gabinetto di Berlino abbia ricevuto diretta partecipazione del modo onde l'Inghilterra intenda esplicare in giornata il suo lavoro diplomatico nell'Impero sceriffiano. Ciò rilevo dalle parole del conte di Tattenbach: né so che gli sieno state indicate speciali norme del suo contegno riguardo al nuovo inviato britannico.

Sarebbe prematuro, signor ministro, formare sicuri prognostici dei risultamenti della politica che si vuole oggi inaugurare. Imperocché, l'E.V. lo ravvisa ella stessa, non sarà forse agevole, nella pratica, giungere al perfetto accordo che sta nelle brame di tutti; né, lo ripeto, lo scopo cui mira la Gran Bretagna mi sembra, quanto sarebbe a desiderarsi, positivamente accertato. Fatti sono sopraggiunti infrattanto che possono, in un senso o nell'altro, modificare le primitive vedute. Alludo a quanto avveniva di recente in Egitto, all'atteggiamento del Governo e della Nazione che l'occupanoettualmente, al dispetto che se ne è provato in Francia, alle proteste cui si asserisce abbia dato luogo la condotta di lord Cromer.

Di una circostanza vi ha motivo di tener calcolo. Lord Rosebery ed i suoi colleghi appariscono oggi fare maggior caso che non pel passato della Spagna, considerata siccome fattore potenziale nella questione marocchina. La visita di sir West a Madrid, le carezze cui è fatto segno l'ambasciatore di Sua Maestà Cattolica a Londra denotano assai chiaramente la persuasione in cui si è venuti al Foreign Office della convenienza di lusingare, quanto meno, l'amor proprio spagnuolo. Se da queste blandizie, dai colloqui col signor de la Vega avrà a nascere una migliore e più reale intelligenza fra i due Stati, relativamente agli affari del Marocco, sarà

cosa della quale avremo certamente a congratularci. Ho sempre stimato, V.E. il riconoscerà, di somma rilevanza che i sospetti e le diffidenze reciproche tra Spagna ed Inghilterra sparissero. A conseguire un tale effetto si è adoperato costantemente il r. ambasciatore a Madrid; vi ho posto ogni studio io medesimo nei miei ragionamenti col signor Figuera.

Checchè se ne possa pensare, le aspirazioni della penisola iberica, i diritti istorici che vanta il popolo spagnuolo in quest'Impero -cui nel passato la politica germanica si manifestò disposta ad ammettere ed a contentare: ed oggi afferma, in uno scritto che mena alquanto rumore, l'antico inviato francese in questa Corte, signor Ordega -costituiscono tale una condizione di fatto da non doversi pretermettere in qualunque combinazione politica venga escogitata rispetto all'Impero del Maghreb. La Francia, in ogni tempo, ben ne riconobbe tutto il valore. Indi, gli sforzi continuamente praticati perché l'azione diplomatica dei due Stati rapporto al Marocco avesse a correre parallela. Negli ultimi anni e per cause che sarebbe lungo riandare, il Governo della regina-reggente si allontanava non poco da quella linea di condotta che in Francia si avrebbe voluto vederlo a seguire. L'indirizzo dei Gabinetti che si succedettero, il contegno del mio collega spagnuolo, s'improntavano piuttosto al proposito di una politica guardinga, che riservava il futuro, che non s'impegnava, prudente oltremodo, che si acconciava bensì ad una intesa, più apparente che reale, con noi e colla Gran Bretagna. Mi è accaduto più volte e di corto, udire da varii membri della legazione francese il lamento che il signor Figuera si mostrava poco inchinato a conversare con essi sugli affari di questo Paese. Il che non va senza qualche significanza.

Ed oggi gli sforzi di cui sopra ho parlato, si ripropongono in opera. Due Nazioni fortissime affermano patentemente l'alta importanza che agli occhi loro riveste la Spagna nella quistione marocchina. Nulla in ciò di contrario agli interessi nostri; elemento di conservazione, la Spagna non può né deve separarsi da noi. Se si rivelasse ambiziosa, non mancherà chi pensi a moderarne l'abbrivo. Associata all'Inghilterra, dovrà lavorare al fianco dell'Italia.

Sta che noi guidi soltanto la necessità dell'equilibrio mediterraneo. A tal punto di vista, però, l'Italia non può venire ultima tra le Potenze impegnate a mantenerlo.

Rimane ora a conoscere quel che voglia fare l'Inghilterra. Riacquistare il primato che in altri tempi teneva? Non sarà che lo consenta, fra i Governi dei quali sollecita l'appoggio, quello della Repubblica. Ottenere la conclusione del trattato negoziato da sir Charles? Dopo le concessioni fatte al conte d'Aubigny, non giudicherà forse opportuno spendere a simile intento le forze che ha tenuto lungamente in riserva. Ed il trattato dello Smith, in quanto debba soddisfare i desideri del commercio britannico, è per vero insufficiente. Inaugurare schiettamente quella politica di disinteressamento che lord Salisbury proclamava colla formula del self denial, a condizione che il sultano introduca riforme, apra il Paese ai traffici e si accosti alla civiltà? Ma qui sta appunto il nodo della questione. E se l'accordo ricercato dalla Gran Bretagna non potesse attuarsi? Se il sultano si ribellasse di nuovo? Quale potrà essere allora l'attitudine del Governo inglese doppiamente frustrato nella sua aspettativa? La pressione collettivamente esercitata non spingerà Sua Maestà a consigli disperati?

È lecito contemplare queste diverse eventualità, che tutte esistono in germe nella congiuntura attuale. Il procedere del colonnello Ridgeway, ci mostrerà man mano quel che per noi convenga fare. Occorrerà che egli dia segno della più ampia fiducia nei suoi colleghi; che parli egli stesso senza restrizione veruna. V.E. ricorda a qual passo ci abbia condotti l'appoggio apertamente dato e senza limitazione alla politica commerciale del suo predecessore. Ultimi e soli, a fin di conti, siamo noi rimasti accanto a lui, dividendone l'insuccesso. Soffra dunque V.E. che, malgrado l'ordine compartitomi di coadiuvare i progetti del nuovo collega, io le sottoponga, a misura che si presentino, i varii e singoli casi. Nell'opinione che ho potuto formarmi, la nostra cooperazione non dovrebbe andare senza compenso; e come non fummo soli richiesti di porgere assistenza, il concorso del rappresentante italiano non dovrebbe, a mio senso, finché non si dimostrino più chiare le cose, apparire più ispontaneo né meno desiderato di quello degli altri 2 .

261 l T. 106, non pubblicato.

262

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 209. Madrid, 30 gennaio 1893, ore 17 (per. ore 20,45).

Ebbi finalmente ieri lunga conferenza sulla questione del Marocco con Vega de Armijo. Dato il di lui carattere, io non esito a pronunziarmi soddisfatto decisione linguaggio; parlandomi schiettamente egli mi confessò di non poter scacciare il pensiero che le cose possano prendere una tal piega da spingere l'Inghilterra ad occupare Tangeri con un colpo di mano, prima che la Francia o altri siano in grado d'impedirlo. Rispondendogli colla stessa franchezza, dissi al ministro di Stato non parermi la situazione attuale giustificasse simile allarme e che, in ogni caso, non era, al momento in cui l'Inghilterra veniva a sollecitare lealmente il concorso della Spagna per il mantenimento dello statu quo nel Marocco, che si potesse mettere in dubbio la sua buona fede e negarle quell'appoggio che essa reclama appunto per sostenere la politica che maggiormente risponde alle aspirazioni della Spagna. Di ciò non poté a meno di convenire il marchese Vega de Armijo ed io gli aggiunsi che su questo terreno la controbilancia dell'Italia non avrebbe mai fatto difetto. Il ministro di Stato riconobbe pienamente che tale era la sola politica da seguirsi se non si voleva fare il giuoco della Francia per i cui ambiziosi progetti pronunziò parole di biasimo. Il marchese negò poi recisamente d'aver sospettato che l'Italia segua al Marocco una politica di sistematica ostilità verso la Francia ed a quel riguardo io espressi a nome di V.E. le categoriche dichiarazioni onde ella mi diede incarico 1 .

262 1 Forse questo incarico era stato dato verbalmente da Brin durante il soggiorno in Italia di Maffei.

261 2 Per la risposta cfr. n. 268.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIÒ

D. 3918119. Roma, 31 gennaio 1893.

Ho preso, con grande interesse, conoscenza del contenuto dei rapporti n. 49/20 in data del 19 corrente' e n. 59/28 del 23 corrente2 , coi quali ella mi ha esposto le fasi della recente crisi ministeriale in Egitto e, nel ringraziarla della sua comunicazione, sono lieto di approvare il tenore del suo linguaggio e il contegno da lei serbato in tale congiuntura.

Colla prima propizia occasione ella potrà far notare a Tigrane pascià come ogni contingenza di torbidi non possa evidentemente che indisporre verso il Governo locale le colonie estere, e dimostrare vieppiù la necessità del presidio inglese per ispirare loro fiducia e sicurezza. Per tal modo resta anche sempre più allontanata la prospettiva del ritorno dell'Egitto a condizioni di normale amministrazione autonoma.

D'altra parte, per la natura stessa delle cose, non può ritenersi ammissibile che il Governo locale prenda gravi provvedimenti all'insaputa del Governo inglese, mentre quest'ultimo, con l'occupazione, ha assunto non solo verso l'Egitto ma anche di fronte alle altre Potenze la responsabilità del mantenimento dell'ordine nel Vice-reame.

264

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 223. Berlino, 1° febbraio 1893, ore 15,37 (per. ore 16,25).

Segretario di Stato compiacquesi, come interessante anche Governo del re, riferirmi dettagli conversazione imperatore con czarevitch, nel recente soggiorno di quest'ultimo a Berlino. Da essa questo Gabinetto acquistò convinzione di avere Io czarevitch missione indagare vero scopo Triplice Alleanza. Imperatore spiegò lungamente, e crede aver persuaso principe, Triplice Alleanza aver scopo esclusivamente difensivo pacifico, mirare conservazione princìpi monarchici minacciati. Lo czarevitch, come a volere dimostrare importanza cose udite, chiese se poteva ripeterle testualmente suo padre. Egli fu qui giudicato giovane serio, colto, preparato suo futuro destino capo grande popolo in tempi moderni. Lasciò ottima impressione a questo Gabinetto. Credo non affatto senza conseguenza sua visita a questa Corte, per mantenimento pace e avviamento migliori relazioni Germania e Russia. Segue rapporto 1•

2 Cfr. n. 235. 264 l R. 136/67 dello stesso ! 0 febbraio, non pubblicato. Per la risposta di Brin al presente telegramma cfr. n. 265.

263 1 Non pubblicato.

265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 183. Roma, 2 febbraio 1893, ore 13,15.

Voglia in particolar modo ringraziare il segretario di Stato per la sua importante comunicazione 1 . La prego di esprimere, nel tempo stesso, il nostro sincero compiacimento nel vedere così appianata la via a migliori rapporti tra i due vicini Imperi, nel che, come notai in un mio recente dispaccio 2 , io ravviso una sincera ed efficace guarentigia di pace 3 .

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 4378/50. Roma, 2 febbraio 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare V.E. dell'importante suo rapporto del 21 u.s. n. 61/36 1 , relativo alla delimitazione delle sfere d'influenza dalla parte del golfo d'Aden. Approvo le osservazioni da lei fatte al conte di Rosebery per ribattere le sue obbiezioni e tagliar corto nel miglior modo possibile agli espedienti dilatorii che il Governo britannico cerca sempre di mettere innanzi ogniqualvolta insistiamo perché si proceda a completare la confinazione che formò oggetto dei protocolli del 24 marzo e del 15 aprile 1891. E molto opportunamente V.E. lasciò intendere a cotesto segretario di Stato per gli affari esteri che lo schema d'accordo a lui presentato 2 doveva semplicemente considerarsi come un complemento della memoria alla quale era annesso: talché riescirà più facile di dichiarargli, conformemente al suo apprezzato parere, che ci accontenteremmo pure di una dichiarazione in forma negativa che l'Inghilterra non si espanderà al di là della linea indicata all'articolo l o dello schema summenzionato; vorremmo però che siffatta dichiarazione fosse formale, e risultasse da uno scambio di note ufficiali.

2 Cfr. n. 178.

3 Cfr. quanto comunicava da Pietroburgo Marochetti con R. 74/43 dell'l! febbraio a proposito della stampa russa: «Nelle calde parole di Guglielmo II non si vede più che un saggio dell'eloquenza imperiale, il quale dopo tutto, ed è questa la nota ora predominante, "non modificherà in nulla le relazioni tra i due Imperi limitrofi che sono e rimangono quello che erano prima dell'andata dello cesarevic a Berlino"». 266 l Cfr. n. 231.

2 Cfr. n. 204.

E qualora persistessero le obbiezioni affacciate da lord Rosebery alla firma del protocollo, prego V.E. di proporgli la soluzione suddetta, insistendo molto però affinché in misura così limitata voglia far ragione almeno ai legittimi desiderii del Governo italiano.

265 l Cfr. n. 264.

267

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 159/48. Sofìa, 7 febbraio 1893 (per. il 19).

Mi riservo di dare una ampia risposta all'ossequiato dispaccio di V.E. in data delli 16 gennaio u.s. n. 1753/13 1 il quale solo mi pervenne tre giorni fa; ma intanto, profittando dell'occasione sicura del corriere inglese, trasmetterò alcuni particolari, che già ho potuto raccogliere circa l'argomento sul quale V.E. si degnò attirare la mia speciale attenzione.

Due correnti in senso affatto opposto possono avere fatto nascere la voce che il presente Governo principesco inclini alla riunione dei bulgari al culto cattolico romano. Il moto panslavista per fare danno al principe Ferdinando ed all'attuale Governo di Sotìa; secondo, certe ambizioni dell'arcivescovo latino di Filippopoli e Sofia, monsignor Menini, nativo di Zara, di lingua italiana ma molto devoto alla politica austro-ungarica e di una vasta e sconfinata ambizione, destituito di alta intelligenza e di fino tatto politico. Penso che i congressi cattolici di Lilla e di Genova si siano inspirati alle idee specialmente di monsignor Menini capace di farsi delle illusioni e delle grandi illusioni.

È bensì vero che il signor Stambuloff, parlando delle moditìche costituzionali, che riguardavano la religione dei futuri eredi del principe Ferdinando, disse a dei colleghi ed a me stesso che preferiva pell'avvenire della Bulgaria vedere sul suo trono una dinastia di principi cattolici, che da un lato potrebbe essere in ottimi rapporti colle Monarchie europee in parte cattoliche, dall'altro potrebbe essere più indipendente dagli intrighi del clero ortodosso e quindi dalla Russia e dallo czar; ma allo stesso tempo il signor Stambuloff rifiutava qualsiasi apertura di monsignor Menini nel senso del cattolicismo ed anzi gli rispondeva in senso molto brusco e quasi aggressivo. E di questa risposta sono quasi certo. Inoltre il reverendo padre Timoteo, parroco di Sofia, un eccellente missionario italiano, di spiriti temperati e cugino del nostro rimpianto ministro Q. Sella, mi diceva alcuni giorni fa che i bulgari non erano affatto inclinati ad avvicinarsi ai latini ed a Roma, e che solo alcuni entusiasti bulgari pensavano che forse avvicinandosi al pontefice romano si potrebbe lottare con maggior vantaggio contro le pretese dello czar e della Russia; ma che questo movimento in certi spiriti bulgari non pareva essere serio e potere presentare conseguenze d'importanza politica.

267 l Cfr. n. 218.

268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

D. 5334/28. Roma, 9 febbraio 1893.

Mi è giunto il suo rapporto del 29 gennaio u.s. n. 115/301•

Dalle considerazioni che V.S. svolge sul carattere della missione affidata dal Governo di S.M. britannica al colonnello Ridgeway rilevo che, secondo il pensiero di lei, la nostra cooperazione nello assecondare costà l'azione del nuovo inviato britannico non dovrebbe, forse, allo stato delle cose essere concessa incondizionatamente od almeno senza qualche positivo compenso.

Come ho avuto a parecchie riprese occasione di farle osservare, è mio convincimento che non avendo l'Italia, al Marocco, interessi propri ed esclusivi, il nostro appoggio deve naturalmente essere acquisito all'azione dell'Inghilterra la quale professa apertamente il programma dello statu quo e dichiara, nel caso concreto, di voler ricercare l'appoggio delle Potenze amiche, riconoscendo che solo l'atteggiamento concorde di tutti i Governi può riuscire efficace presso il sultano.

Non sarebbe, quindi, a mio credere giustificato ed opportuno l'adottare riserve che venissero ·a modificare il nostro atteggiamento secondo che esso è accennato nelle istruzioni già alla S.V. impartite sul delicato argomento.

Stimo, anzi, necessario che ella s'attenga ad esse, con l'abituale sua esattezza, in ogni caso, salvo, naturalmente, la eventualità, affatto imprevedibile, del resto, che l'azione dell'Inghilterra deviasse dal programma dello statu quo od, in altra guisa, venisse a ledere i nostri interessi.

Quanto ai compensi ai quali, secondo ella opina, potrebbe essere subordinata la cooperazione che ora ci si chiede dal Governo britannico, non pare che vi sia scopo a ricercarli dal momento che l'Inghilterra dichiara di voler patrocinare e promuovere in codesto Impero unicamente interessi di ordine generale.

Il compenso che non potrà mancarci deriverà piuttosto dal vantaggio che, nel concerto europeo, ci sarà assicurato dal leale ed amichevole appoggio da noi prestato alle Potenze aventi scopi identici ai nostri nel Mediterraneo.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

D. 5741133. Roma, 13 febbraio 1893.

Quantunque dalle recenti comunicazioni della S.V. appaja che il Governo brasiliano sia disposto a darci una conveniente soddisfazione per i fatti di Rio Grande do Sul, pure non credo di potermi esimere dal considerare il caso che

l'inchiesta commessa al generale Peg sia per dare risultati non conformi alla nostra aspettazione, e che ci venga a mancare, per parte di codesto Governo, una riparazione condegna alla gravità dei fatti per cui reclamiamo, ed alla dignità nostra.

Per tale eventualità, io intendo aver pronti i mezzi che ci assicurino in ogni modo il pieno riconoscimento del nostro diritto, ed a tal fine ho preso nota fin d'ora di quei mezzi di azione che la S.V. mi ha già indicato nel suo rapporto

n. 45/12 1• Mi premerebbe però di conoscere più precisamente quali sarebbero fra i provvedimenti suggeriti dalla S.V. quelli che, a giudizio di lei, produrrebbero maggiore impressione sul Governo brasiliano, e sarebbero più adatti ed opportuni per indurlo ad addivenire seco noi ad una onorevole e sollecita composiziOne.

Sarò grato, pertanto, alla S.V. illustrissima se vorrà favorirmi in proposito ulteriori ragguagli, indicandomi così supposivamente se, nel caso si dovesse ricorrere ai mezzi estremi, converrebbe meglio !imitarci a far minacciare Rio Grande, o Rio de Janeiro, od entrambi i porti, dalle nostre navi, o se si manifesta più opportuno rinunziare a tali minacce e proibire invece la emigrazione italiana al Brasile o, finalmente, se di tutti questi mezzi contemporaneamente sia più consigliabile il servirei per raggiungere lo scopo.

La S.V. vorrà anche colla abituale sua cortesia e diligenza indicare partitamente quali sarebbero gli inconvenienti e i pericoli cui ciascuno di essi mezzi di azione può dar luogo separatamente, o in concomitanza cogli altri considerati.

P. S. Sarà bene pensare se tra i mezzi coercitivi sia da considerare anche quello adottato altra volta dall'Inghilterra, quando era ministro degli esteri lord Palmerston, quello cioè di prendere come pegno delle navi mercantili brasiliane2 .

268 l Cfr. n. 26\.

270

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 330. Vienna, 15 febbraio 1893, ore 14,55 (per. ore 16).

Domenica scorsa un'associazione cattolica di Vienna celebrò, in riunione speciale, giubileo del papa. Nei discorsi tenuti, si affermò la necessità di ridare al papa libertà, indipendenza. Non fu pronunziata, a quanto pare, la frase del «potere temporale»; ma la presenza della arciduchessa ereditaria e dei due ministri della giustizia e dell'agricoltura, dà, nel fatto, alla riunione il carattere di una dimostrazione più o meno diretta contro l'Italia. Mando a V.E. rendiconto della riunione, affinché ella possa esaminarlo e far chiedere, all'uopo, spiegazioni al Governo austro-ungarico, sia per mio mezzo, sia per mezzo di Briick 1•

269 1 Non pubbllicato. 2 Per il seguito della questione cfr. n. 372. 270 1 Per il seguito cfr. n. 275.

271

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, HIERSCHEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 341. Londra, 15 febbraio 1893, ore 20,56 (per. ore 23 ).

Lord Rosebery, parlando brevemente dell'Egitto, dissemi or ora, a titolo molto confidenziale, essergli rivenuta una voce, secondo cui Governo ottomano avrebbe informato Mukhtar pascià esservi chi si adoperava a stabilire un'intesa fra Turchia, Francia, Russia per esercitare pressioni sull'Inghilterra, in relazione allo sgombro dell'Egitto. Aggiungevasi, qual voce poco attendibile, che a tale intesa avrebbe partecipato l'Italia. Risposi che, per quanto concerneva noi, la voce non aveva fondamento, volgendo anzi attenzione Sua Signoria all'attitudine calmante ed amichevole verso l'Inghilterra, esercitata dall'Italia nella recente congiuntura. Lord Rosebery, che a quella voce riguardo nostro non dava credito, replicò aver quella nostra attitudine molto apprezzato 1 .

272

PROMEMORIA DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

CONFIDENZIALE. Roma, 16 febbraio 1893.

Oggi, 16 febbraio 1893, l'ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto dal ministro, comunicandogli confidenzialmente il contenuto di una lettera particolare del conte Kalnoky relativa alle cose d'Egitto. Ecco il sunto di tale lettera: a Londra esiste non lieve preoccupazione per le cose d'Egitto, non tanto per il presente, quanto per le contingenze dell'avvenire. Per l'atteggiamento ostile assunto dal nuovo kedive, la situazione si considera come radicalmente mutata: prima si occupava d'accordo col kedive, ora si occupa contro il kedive. In tale stato di cose, non è esclusa, a Londra, la previsione di grossi avvenimenti in Egitto, per cui l'Inghilterra possa trovarsi condotta a spiegare una azione concreta. In tale eventualità non è impossibile che l'Inghilterra si rivolga all'Italia per averne il concorso: concorso di navi che sarebbe anche concorso morale. Il conte Kalnoky pensa che convenga all'Italia di continuare all'Inghilterra, per le cose egiziane, l'appoggio finora lealmente prestato, e che consta essere stato da lord Rosebery grandemente apprezzato.

Ma se la sopraddetta eventualità si verificasse, il Governo italiano dovrebbe, prestandogli il chiestogli concorso, ottenere dall'Inghilterra un impegno formale di reciproca assistenza, in vista di possibili altre contingenze. Tale esigenza sarebbe perfettamente giustificata.

271 l Cfr. in proposito il n. 277. Hierschel riferì sul colloquio con Rosebery anche con R. riservato 164/103 del 16 febbraio di cui si pubblica il passo seguente: «Mi parve egli volesse con ciò eziandio significare di aver saputo scindere la strana voce che a noi si riferiva, da quella che riguardava gli adoperamenti degli altri. Appare, ad ogni modo, evidente seguirsi qui con occhio attento e vigile -un po' sospettoso forse -l'attitudine delle varie Potenze, e non perdersi di vista il lavorìo che qua o là, apertamente o segretamente, svolgesi a danno della politica inglese in Egitto».

273

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 347/138. Vienna, 16 febbraio 1893 (per. il 18).

S.A. il principe Ferdinando di Bulgaria, giunto oggi dall'Italia a Vienna, mi mandò il gran maresciallo di sua casa, conte di Foras, per annunziarmi il suo fidanzamento con S. A. R. la principessa Maria Luisa di Borbone-Parma figlia del duca Roberto e della fu duchessa Maria Pia di Borbone-Sicilia.

Il conte di Foras mi informò dello scambio di telegrammi che ebbe luogo in questa occasione fra il principe e S.M. il Re nostro Augusto Sovrano, e aggiunse che probabilmente il matrimonio sarà celebrato in Italia. Mi disse poi che il principe Ferdinando lo aveva incaricato di dirmi essere vivo desiderio di Sua Altezza il far sapere al Governo italiano che l'appartenenza dell'augusta fidanzata alla famiglia di un principe spodestato d'Italia non doveva esercitare e non eserciterebbe sopra Sua Altezza e sopra il suo Governo la benché minima influenza sui sentimenti di gratitudine e di amicizia che legano la Bulgaria e il suo principe verso l'Italia e verso il suo re.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, HIERSCHEL

T. 271. Roma, 17 febbraio 1893, ore 11,55.

Approvo grandemente il linguaggio di lei con Rosebery relativamente all'atteggiamento del r. agente in Egitto 1• Ella deve in ogni propizia circostanza accertare che l'Inghilterra può, in Egitto, fare costante e sicuro assegnamento sul nostro appoggio2 .

274 I Cfr. n. 271.

2 Cfr. il seguente passo delle istruzioni inviate a Macciò con D. 6485/37 del 18 febbraio: «Mi preme però, ad evitare ogni ombra di malinteso, di dichiararle ancora, a tale riguardo, il mio pensiero. Quali che siano le difficoltà, e quali che siano i modi con cui il Governo britannico si sforza di vincerle, il nostro atteggiamento in Egitto deve sempre, ed in ogni circostanza, improntarsi ad un sentimento di schietta simpatia verso l'Inghilterra. Il contegno nostro deve essere tale da riconfermare, in essa, il convincimento che può sempre fare assegnamento sopra il nostro schietto e leale appoggio».

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 276. Roma, 17 febbraio 1893, ore 19.

Debbo domani sabato rispondere ad interrogazioni rivoltemi nella Camera circa la dimostrazione cattolica da lei riferitami col rapporto del 15 1 giuntomi stamane. I particolari in questo contenuti mostrano trattarsi di riunione privata e di dichiarazioni senza pratica importanza. Però, siccome le dichiarazioni finali del cardinale arcivescovo quale che ne sia la forma velata, pure indubbiamente implicano un voto ostile all'Italia, è certo che non può non richiamare la pubblica attenzione e quella dei due Governi, il fatto che a quella dichiarazione assistettero in silenzio due ministri austriaci. Non è fuori luogo ricordare che in una analoga circostanza il conte Taaffe, come V.E. riferiva in un rapporto del 17 maggio 18892 , indicava come punto capitale e decisivo l'assenza d'ogni rappresentante del Governo. Credo quindi che lo stesso conte Kalnoky, del cui sentimento retto ed amichevole non posso menomamente dubitare, riconoscerà l'opportunità di eliminare ogni sfavorevole impressione, sia col dare conveniente spiegazione della presenza dei due ministri, sia col mettermi in grado di riaffermare nella presente circostanza il carattere particolarmente intimo dei rapporti tra i due Paesi. Prego V.E. di esprimersi d'urgenza in questo senso col conte Kalnoky e poiché ritengo difficile per non dire impossibile avere risposta prima di domani a mezzodì, così la pregherei di telegrafarmi prima di quell'ora se ella ritiene tale risposta sarà conforme nostro legittimo desiderio 3 .

276

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 361. Vienna, 18 febbraio 1893, ore 17,30 (per. ore 20,15).

Kalnoky, al quale ho fatto conoscere contenuto del telegramma di V.E. di iersera1 , arrivato stamane, mi disse che la sua lettera a Briick, contenente spiegazioni destinate ad esserle comunicate, è partita ieri. Secondo Kalnoky, la riunione era privata; nessuna frase fu pronunciata direttamente ostile all'Italia; né il Governo italiano né il potere temporale furono nominati. Kalnoky persiste a dire che la presenza dei ministri ebbe per effetto di contenere nei limiti della convenienza gli oratori, il cui linguaggio fu relativamente moderato. Egli mi ha incaricato di rin

2 Cfr. in serie II, vol. XXII, n. 584 il telegramma che riferisce la sostanza del rapporto qui citato.

3 Cfr. n. 276. 276 l Cfr. n. 275.

graziare V.E. del modo con cui ella pose la questione e linguaggio del di lei telegramma, assicurando che le relazioni dei due Governi sono intime, cordiali, piene di fiducia, e che egli continuerà con cura a mantenerle tali. Tenendo questo linguaggio, al Parlamento, conchiuse Kalnoky, V.E. si renderà esatto interprete dei sentimenti del Governo austro-ungarico.

275 l Non pubblicato, ma cfr. n. 270.

277

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Roma, 19 febbraio 1893.

A propos de notre conversation d'avant hier au sujet du télégramme de votre chargé d'affaires à Londres 1 racontant le langage tenu par lord Rosebery relativement à une combinaison de certaines Puissances hostiles à notre occupation d'Egypte à laquelle on espérait pouvoir gagner l'Italie, Sa Seigneurie me télégraphie que s'il y a fait allusion c'était plutot comme illustration des illusions nourries à Constantinople et que jamais il n'a eu l'ombre d'un doute de l'attitude d'Italie dont il apprécie hautement la loyauté et la cordialité. Il me prie de vous le dire.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA E A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, HIERSCHEL

T. 381 1. Roma, 20 febbraio 1893, ore 12,30.

Il r. agente in Sofia mi chiede istruzioni sul da farsi in occasione delle prossime solennità e cerimonie per le nozze del principe. Mi proporrei di rispondergli in questi termini: «Lasciando sussistere la regola generale dell'astensione impostaci dal non avvenuto riconoscimento, ella deve di concerto coi colleghi esaminare nei singoli casi se sia da farsi ad essa eccezione. Fin d'ora l'autorizzo per l'affermativa quante volte siano consenzienti i colleghi d'Austria-Ungheria e d'Inghilterra». Prego di sentire in proposito l'avviso di codesto ministro degli affari esteri.

(Per Berlino) il quale apprezzerà lo scrupolo che, in vista del particolare atteggiamento di codesto Governo nelle cose balcaniche, ci trattiene dal mettere il suo agente in Sofia nella stessa linea coi colleghi di Austria-Ungheria e d'Inghilterra 2 .

277 l Cfr. n. 271. 278 l Il registro dei telegrammi in partenza passa per errore dal n. 280 al n. 381. 2 Non si pubblicano le risposte (T. 367 da Londra e T. 372 da Vienna del 21 febbraio e T. 378 da Berlino del 22 febbraio), perché interlocutorie o anodine. Per il seguito della questione cfr. n. 297.

279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 21 febbraio 1893.

Esaurito, bene o male, l'incidente dell'ultimo convegno di codesta arciconfraternita di San Michele 1 , non mi sembra fuori di proposito, da un punto di vista essenzialmente pratico, di trarne alcuna deduzione d'ordine generale.

È inutile, tra noi, in camera caritatis, stare a mercanteggiare sulle parole. In Italia l'irredentismo, in Austria il clericalismo, rappresentano una permanente molestia, che non è in nostro potere rimuovere, e dalla quale sarebbe puerile voler fare completa astrazione. Saranno, se vuolsi, fenomeni morbosi; contribuiranno, a determinarli, intenti varii, ed anche completamente estranei ai fini a cui in apparenza si mira; ma sta pur sempre che se quei fenomeni si negligono, se i due Governi non pongono la massima cura nel regolare, di fronte ad essi, il loro atteggiamento, ne possono derivare, malgrado il mutuo buon volere, le più spiacevoli e le più gravi conseguenze.

E tanto più occorre che provvedano i Governi in quanto che, in questa materia, punto o poco si può fare assegnamento sul buon senso popolare. La pubblica opinione, sensibilissima quando si tratta della suscettibilità propria, non lo è punto quando si tratta della suscettibilità altrui. Come qui, in Italia, non si intende che in Austria-Ungheria gli animi si adombrino per le manifestazioni platoniche dell'irredentismo italiano, così in Austria-Ungheria non si ha adeguata nozione del quanto siano qui eccitabili gli spiriti per tutto quello che si connette con l'inviolabilità del territorio nazionale. Il sentimento in simili casi, erompe irrefrenabile, come è appunto accaduto, a Montecitorio, nella seduta di sabato, quando fredda accoglienza ebbe il mio tentativo di attenuare l'importanza della dimostrazione avvenuta, e suscitarono invece unanime applauso le poche parole con cui l'on. Carmine ebbe a stigmatizzarla.

Io penso che, di fronte a simili manifestazioni, la linea di condotta dei due Governi è chiaramente tracciata, ed anche facile a seguirsi. Ministri, funzionari, persone aventi, come che sia, attinenze officiali, debbono scrupolosamente astenersene; e debbono inoltre i due Governi, quante volte se ne presenti l'occasione, non risparmiare il biasimo a codeste inconsulte e pericolose agitazioni. Certo queste non saranno con ciò impedite; ma, trovandosi eliminata ogni responsabilità officiale, la affermazione netta e sicura della reciproca lealtà di propositi basterà sempre ad evitare che ne sorgano complicazioni od incidenti internazionali.

Dal canto nostro, a siffatta linea di condotta ci atterremo, come sempre ci siamo attenuti, in ogni circostanza. Gradirei che V.E., discorrendone amichevolmente col conte Kalnoky ne ottenesse la assicurazione che lo stesso sarà da parte di codesto Governo. Se episodi come quello or ora avvenuto si ripetessero, non varrebbe lo zelo, non varrebbe l'abilità dei due Governi a scongiurare, nelle relazioni tra i due Paesi, un raffreddamento fatale per gli scopi stessi della loro alleanza.

In questi stessi termini mi sono espresso col barone di Briick quando, ieri l'altro, venne a farmi la comunicazione da lei annunciatami col telegramma del giorno precedente. Non gli tacqui che non poteva appagarmi la ragione addotta a giustificare la presenza dei due ministri, che, cioè, essa abbia potuto giovare ad impedire maggiori intemperanze. Siffatta ragione non poteva, agli occhi miei, avere altro valore se non come confessione che in realtà mancava qualsiasi valida scusa dell'intervento dei due ministri. E dal mio colloquio col barone di Briick ho tratto la impressione che questi, nel riferirne al suo ministro, non tralascerà di aggiungere, per conto suo, considerazioni ed avvertenze concepite su per giù nel senso da me più sopra espresso.

279 l Cfr. nn. 270, 275 e 276.

280

L'AMBASCIATORE DJ GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. Roma, 21 febbraio 1893 (per. il 22).

At the request of the Earl of Rosebery I have the honour to inform Your Excellency that the Secretary of State for India is in communication with the Government of India on the subject of the proposals made by the ltalian Government through co un t Tornielli 1 for renewing negotiations for a definition of the respective zones of influence of Great Britain and Italy in Somali Land.

281

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 388. Vienna, 24 febbraio 1893, ore 15.45 (per. ore 16,11).

Da una settimana sono a letto per dolori di sciatica, non pericolosi, ma violenti, al punto da impedirmi ogni movimento. Non posso quindi andare da Kalnoky, ma posso dettare e firmare una lettera. Prima di farlo, però, desidero sottometterle alcune osservazioni. Ho ricevuto sua lettera1• Incidente permette vari modi di soluzione. Il primo sarebbe tentato da lei nella sua risposta alle interrogazioni, il quale non è certamente senza abilità, ma che sembra non essere stato capito né approvato da tutti. L'altro sarebbe quello proposto nella sua lettera, ma solleva grandi obiezioni: anzitutto Kalnoky si mostrò costantemente avverso a trattare le quistioni di massima e non abbandonerà probabilmente questo terreno nella circo

stanza presente. Bisogna poi considerare che, se non si ottiene dichiarazione ben netta, che ella desidera, incidente piglia proporzioni estreme. Una delle prime conseguenze sarebbe un raffreddamento nelle relazioni diplomatiche, il quale, del resto, non sarebbe che il segno di altre maggiori conseguenze. Io credo che si è peccato, forse, di soverchia precipitazione dal nostro lato e, certamente, di negligenza, dall'altro, giacché io avevo consigliato a Kalnoky, in tempo utile, un'iniziativa, la quale, con poche parole, che sapevo essere sincere, avrebbe abilmente tagliato corto incidente. Ora rimane a vedere una sola cosa, cioè, se la lettera di Kalnoky, la quale, secondo mi è stato detto, si riduce a poca cosa, possa essere completata col contenuto del mio telegramma 18 corrente2 e fare così un tutto che in una o altra forma risponda con sufficienza al «desideratum» nel caso presente. Ella vedrà se convenga conferire in proposito con i suoi colleghi e di aprirsene di nuovo con Bri.ick; e lo può far con maggiore libertà che non io con Kalnoky, giacché io sono qui più direttamente in causa. È inutile che io aggiunga che le di lei istruzioni saranno eseguite, per quanto mi è concesso farlo fisicamente, nella misura precisa che ella desidera.

280 l Cfr. n. 23 I. 281 l Cfr. n. 279.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 403. Roma, 25 febbraio 1893, ore 15,30.

Il suo telegramma di ieri 1 mi fa temere che non le sia riuscito abbastanza chiaro il mio concetto. Come dissi nella mia lettera particolare 2 e ripeto in un dispaccio ufficiale d'oggP, l'incidente dell'altra domenica è per me completamente esaurito. Tutto al più potrebbe il conte Kalnoky, se lo crede opportuno, nell'interesse di una favorevole corrente d'opinione tra i due Paesi, cogliere una prossima occasione per enunciare alcuna dichiarazione parlamentare atta ad attenuare la spiacevole impressione che l'incidente ha lasciato in Italia. Ma ciò che soprattutto ora mi preoccupa si è di provvedere all'avvenire. Non ho inteso, nella mia lettera, di enunciare a questo riguardo una proposta formale da presentarsi ufficialmente e neppure ufficiosamente. Ho voluto solo porgerle occasione di avere col conte Kalnoky uno scambio di idee la conclusione del quale, qualunque essa sia, non potrebbe dar luogo agli inconvenienti di cui V.E. si preoccupa. Non occorrendo accettazione, non vi può essere rifiuto, e la sola conseguenza pratica di siffatto scambio parmi non potere essere che di rendere meno probabili, se non di escludere affatto, simili incidenti. La cosa, del resto, non è urgente, e preferisco che ella ne tratti verbalmente dopo la sua guarigione che auguro pronta e completa.

281 2 Cfr. n. 276. 282 1 Cfr. n. 281. 2 Cfr. n. 279. 3 Cfr. n. 283.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 7323/178. Roma, 25 febbraio 1893.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto, per incarico del conte Kalnoky a dirmi quanto questi abbia apprezzato l'opportuno e temperato linguaggio da me tenuto quando, in una recente seduta della Camera, ebbi a rispondere ad interrogazioni relative all'adunanza giubilare dell'arciconfraternita di San Michele in Vienna. Il conte Kalnoky, che già, per mezzo del barone Briick, aveva voluto farci notare che la presenza di due ministri aveva avuto per effetto di impedire eventuali intemperanze, insisteva ora nel constatare che la adunanza era meramente privata e che, del resto, nulla era stato detto, in quella circostanza, che alludesse all'Italia od al potere temporale.

A mia volta dovetti far rilevare all'ambasciatore che, se il mio linguaggio alla Camera aveva potuto rimuovere ogni contingenza sgradevole per i rapporti tra i due Governi, la mia risposta non era però stata manifestatamente tale da appagare le suscettibilità di cui i deputati interroganti eransi fatti interpreti. Tanto meno, poi, aveva potuto riuscire efficace dopo i commenti che se ne fecero, non solo nella stampa italiana, ,ma altresì nella stampa austro-ungarica. Ad ogni modo, giovava oramai provvedere all'avvenire; ed a questo riguardo parevami doversi adottare, siccome sola precauzione per evitare il rinnovarsi di consimili incidenti, la massima della assoluta astensione dei ministri od altri pubblici funzionari da riunioni dove questioni politiche possano, anche all'improvviso e di straforo, essere discusse da persone irresponsabili.

È certo che l'opinione pubblica in Italia è rimasta, dopo quanto è occorso, sotto una sfavorevole impressione che le spiegazioni scambiate trai due Gabinetti sia per il loro tenore, e sia soprattutto per il loro carattere intimo e confidenziale, non sono atte a mitigare. Io penso che il conte Kalnoky farebbe, nell'interesse dei buoni rapporti tra i due Paesi, opera accorta cercando di procacciarsi l'opportunità di alcuna dichiarazione che elimini ogni traccia dello spiacevole incidente.

284

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

D. 7357/50. Roma, 25 febbraio 1893.

In una mia prima conversazione col nuovo ambasciatore di Spagna avevo avuto l'occasione di ripetere al conte di Rascon ciò che già a più riprese ebbi ad attestare anche nel mio carteggio con codesta ambasciata 1 che, cioè, secondo le nostre informazioni, non avevano fondamento alcuno le preoccupazioni che codesto

284 I Cfr. n. 222.

Gabinetto aveva recentemente manifestato circa l'atteggiamento ed i propositi del Governo britannico, non potendosi menomamente dubitare dello schietto desiderio di quel Governo di cooperare, con gli altri aventi identico programma, alla preservazione dello statu quo nell'Impero sceriffiano.

Avendo il conte di Rascon riferito a Madrid quel nostro colloquio, il marchese de la Vega de Armijo lo ha ora incaricato di ringraziarmi e di dirmi che oramai egli divide, circa gli intendimenti dell'Inghilterra, il nostro convincimento.

Ho colto, dal canto mio, l'opportunità per compiacermi della perfetta identità di atteggiamento, fra i tre Governi, nelle cose marocchine. Aggiunsi che, agli occhi miei, la cooperazione di codesto Gabinetto al programma comune ha particolare importanza per l'influenza che il contegno della Spagna, più direttamente interessata in confronto dell'Italia e dell'Inghilterra, può esercitare su quello della Francia 2•

285

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Berlino, 28 febbraio 1893, ore 15,10.

Avrei urgente bisogno di conoscere il pensiero di Sua Maestà e del R. Governo circa le prossime feste per le nozze d'argento, abbisognandomi soprattutto di sapere se tornerebbe gradita la visita dell'imperatore e dell'imperatrice in tale circostanza, oppure se si preferisca un semplice rappresentante della famiglia imperiale. La visita personale è nelle intenzioni dell'imperatore, ma il cancelliere confidenzialmente si diresse a me per parere. In circostanze ordinarie parrebbe eccessiva una nuova visita dell'imperatore, ma nelle circostanze attuali io sarei per l'affermativa. Prego

V.E. di farmi conoscere prontamente la sua risposta 1•

286

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 423. Vienna, 28 febbraio 1893, ore 16,35 (per. ore 18).

Ho ricevuto la lettera particolare ed il dispaccio riservato di V.E. 1 . Non potendo nella fase presente della mia malattia trattare personalmente con Kalnoky, gli ho scritto in proposito 2 e mi riservo di farle conoscere la risposta che egli si propone di darmi.

285 l Cfr. n. 287. 286 l Cfr. nn. 279 e 283.

2 Cfr. n. 296, allegato.

284 2 Per la risposta cfr. n. 326.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 28 febbraio 1893, ore 19,20.

Decifri ella stessa. A vendone conferito con Sua Maestà sono in grado di affermare che la visita dell'imperatore e dell'imperatrice in occasione delle nozze d'argento1 riuscirebbe graditissima. Divido poi interamente il parere di lei che nelle presenti circostanze ci conviene grandemente di assecondare tutto ciò che giovi a pubblicamente affermare la reciproca simpatia tra i due Paesi.

288

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 424. Pietroburgo, 28 febbraio 1893, ore 22,40 (per. ore 23,30 ).

So da buona fonte Governo imperiale prepara nota ufficiale da pubblicarsi Messaggero Ufficiale. In essa Governo imperiale unisce alle proteste del clero bulgaro le sue speranze che la Grande Sobranje non sanzioni definitivamente modificazioni articolo trentotto 1•

289

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 439. Pera, 2 marzo 1893, ore 12,17 (per. ore 13,40).

Esarca bulgaro mi disse che aveva dovuto, come capo della Chiesa, protestare contro modificazioni dell'art. 38; ma che ora, in seguito spiegazioni confidenziali avute da Sofia, e per patriottismo, desisteva dal sollevare opposizioni, su questo fatto, al Governo del suo Paese. Dalle mie informazioni e dal discorso dell'esarca, non credo che il Governo russo otterrà da lui altre manifestazioni ostili al Governo pnnCipesco.

288 1 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna e all'agenzia diplomatica a Sofia con T. 424 del ! 0 marzo.

287 l Risponde al n. 285.

290

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Berlino, 3 marzo 1893, ore 14,15 (per. ore 15,10).

Conferito di nuovo col cancelliere, e già jeri sera, al pranzo di Corte, S.M. l'Imperatore mi ringraziò caldamente per assicurazione data sua visita Roma sarebbe molto gradita 1 . Mi soggiunse essere proprio lieto, senza andare incontro ai desiderii del re, di associarsi di persona, coll'imperatrice, allieto avvenimento della famiglia reale e di tutta l'Italia. Sua Maestà Imperiale telegraferà quanto prima al re. Il cancelliere ed il segretario di Stato sono lieti della decisione e se ne felicitarono cordialmente meco jeri sera.

291

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Berlino, 4 marzo 1893.

In seguito a quanto le telegrafai1 , in seguito al telegramma che or ora con parole molto lusinghiere di soddisfazione il barone Marschall mi disse aver spedito a Solms circa la visita dell'imperatore e dell'imperatrice a Roma credo che questa faccenda sia sulla buona via, e spero che a quest'ora l'imperatore abbia già anche telegrafato a S.M. il Re. Non mi nascondo le grane e le spese che questa visita cagionerà a Sua Maestà e anche un po' al suo Governo, ma quelle grane e quelle spese saranno largamente compensate politicamente, specie dopo il recente giubileo papale. Anzi mi parrebbe che se, non dico altri sovrani, ma rappresentanti di altri sovrani venissero a Roma in quella circostanza non ci sarebbe male. Non si può naturalmente chiedere l'invio di tali rappresentanti, ma gli ambasciatori di S.M. il Re all'estero, in Inghilterra, in Russia etc. che conoscono l'arte diplomatica per fortuna un po' meglio di me, potrebbero per avventura lavorare senza parere in quel senso, qualora Sua Maestà e V.E. lo ravvisassero utile.

Per l'Austria e la Russia un pochino molto alla larga potrei forse lavorare anch'io qui, per mezzo dei rispettivi ambasciatori, che mi dimostrano molta benevolenza (benevolenza che io prendo solo negli utili s'intende) e che sono molto bien en Cour a Vienna e a Pietroburgo.

È una semplice idea che io accenno, molto remissiva2 .

290 l Cfr. n. 287. 291 l Cfr. n. 290. 2 Cfr. n. 294.

292

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 478. Pera, 5 marzo 1893, ore 21,27 (per. ore 22,35 ).

Gran visir mi ha informato che le istruzioni dei commissari ottomani per la delimitazione della frontiera tripolina sono state spedite, e che lavori cominceranno tosto. Da quanto seppi, si prenderà per base frontiera segnata nella carta dello Stato Maggiore francese 1•

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. 8565/53. Roma, 6 marzo 1893.

Credo opportuno trasmettere a V.S., per sua particolare informazione, l'unita copia di un rapporto confidenziale, che il conte Nigra mi ha diretto il l o marzo corrente1 , intorno alle future nozze di S.A.R. il principe Ferdinando con S.A.R. la principessa Maria Luisa di Borbone-Parma.

Sua Altezza Reale ha partecipato per mezzo del r. ambasciatore a Vienna, che, essendo la sua futura sposa di nazionalità italiana e domiciliata nel Regno, le nozze si celebreranno presso Pietrasanta nella villa Le Pianore, di proprietà del duca Roberto di Parma, e che, nella fausta circostanza, si recheranno in Italia vari principi congiunti dei fidanzati, alcune deputazioni bulgare, nonché i ministri del Principato, tra i quali Grecoff e Stambuloff. Quest'ultimo, anzi, ha fatto sentire che, in tale occasione, riterrebbe suo dovere il fare una visita al presidente del Consiglio dei ministri d'Italia a Roma. Avendo il principe Ferdinando espresso il desiderio di conoscere l'opinione personale del r. ambasciatore, il conte Nigra (il quale travasi indisposto) fece rispondem a Sua Altezza Reale non credere che vi fosse alcuna difficoltà a che il matrimonio si celebri in Italia, purché, beninteso, la riunione non assuma carattere politico.

Quanto poi alla visita dello Stambuloff al comm. Giolitti, il conte Nigra lasciò mtendere a Sua Altezza Reale che, secondo l'avviso suo personale, sarebbe, forse, stato più opportuno che il primo ministro bulgaro rimandasse ad altra occasione l'attuazione del cortese suo progetto.

marzo. 293 l Non pubblicato.

Ho risposto al r. ambasciatore2 che approvavo pienamente il linguaggio da lui fatto tenere al principe Ferdinando.

Bramerei ora che la S.V. si procacciasse l'opportunità di assicurare il signor Stambuloff che il Governo del re apprezza vivamente la cortese sua intenzione ma che, nello stesso tempo, col tatto e con la delicatezza che distinguono la S.V., ella gli facesse presente come, nel momento politico attuale, la venuta di lui a Roma, potrebbe, forse, dare effettivamente occasione ad erronei commenti, che, come il signor Stambuloff vorrà certamente riconoscere, giova grandemente di evitare nell'interesse stesso della Bulgaria e dei suoi rapporti internazionali.

Ella potrà aggiungere che il Governo del re nel richiamare su di ciò l'attenzione del signor Stambuloff, è sicuro di compiere un dovere di leale amicizia, come è sicuro che questo suo passo sarà senza alcun dubbio apprezzato costì in tale senso 3 .

292 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. 481 del 6

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA1 , ALL'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI E ALLA LEGAZIONE A WASHINGTON

T. 488. Roma, 7 marzo 1893, ore 14.

Dopo avere con delicato pensiero voluto assicurarsi che la visita sarebbe gradita, l'imperatore di Germania ha annunciato al re che verrà a Roma con l'imperatrice in occasione delle nozze d'argento dei nostri sovrani. Desidero che ella sia in grado di confermare, se richiesto, tale notizia e che ella possa regolare analogamente il suo linguaggio nel caso in cui anche da parte di codesta Corte (per Berna Parigi Washington di codesto Governo) fosse divisata alcuna manifestazione di cortesia verso i nostri reali nella presente circostanza.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 490. Roma, 7 marzo 1893, ore 22,35.

Ricevo sua lettera particolare 1 . Mille grazie. A v evo già incaricato i varii ambasciatori nostri di tenere, circa le nozze d'argento, opportuno linguaggio 2• Accetto

3 Per la risposta cfr. n. 302. 294 l Meno Berlino. 295 l Cfr. n. 291.

2 Cfr. n. 294.

molto volentieri sua offerta discorrere coi colleghi d'Austria-Ungheria e Russia. Non oso sperare che l'imperatore d'Austria-Ungheria voglia seguire l'esempio dell'imperatore Guglielmo. Certo è però che dopo questa, gli mancherà per sempre l'occasione di restituire la visita del 1881.

293 2 Con dispaccio dello stesso 6 marzo, non pubblicato.

296

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 7 marzo 1893.

Il corriere mi ha rimesso la sua lettera particolare del 21 febbrajo scorso 1 . Da questa lettera come dalle altre comunicazioni fattemi mi è confermata l'impressione che le spiegazioni date alla Camera circa la presenza dei ministri austriaci all'adunanza della confraternita di S. Michele non furono ricevute con molto favore. In seguito a queste sue comunicazioni fino dal 29 febbrajo diressi al conte Kalnoky la lettera particolare che mi pregio di qui mandarle in copia.

Lo stato della mia salute non avendomi permesso di conferire con Kalnoky, questi ha ricevuto il duca Avarna, al quale disse che malgrado il suo vivo desiderio di soddisfare l'E.V., egli ora non avrebbe saputo trovare l'occasione naturale di fare delle dichiarazioni circa i rapporti tra i due Governi italiano ed austro-ungarico, che questi sanno essere intimi. Disse che non vi è del resto premura nella cosa e che avrebbe aspettato il momento in cui avrebbe avuto agio di conferire con me, essendo sua intenzione di venire possibilmente ad un esito della quistione.

Quanto all'incidente stesso egli lo considerava come terminato ed insistette ad affermare che la riunione era stata privata e che non aveva alcun scopo politico e che in tali condizioni era ben difficile il prevedere e l'impedire la presenza dei ministri, i quali assistettero come semplici privati ad una riunione chiusa.

Ho fattb poi comunicare immediatamente al conte Kalnoky, come del resto le scrissi d'ufficio 2 , quanto ella mi mandò rispetto al pellegrinaggio della confraternita di

S. Michele a Roma ed ai pericoli cui può dar luogo. Il barone Pasetti disse al duca Avarna che non si trattava punto della confraternita che va in pellegrinaggio, ma bensì del pellegrinaggio austriaco organizzato per cura della confraternita e che in tale stato di cose era ben difficile per non dire impossibile al Governo austriaco d'impedirlo.

Ieri poi il barone Pasetti pregò il duca A varna di venire da lui e gli disse che il conte Kalnoky desiderava sapere, dal momento che non era intenzione della confraternita di recarsi in corpo in pellegrinaggio a Roma, se era mio avviso che egli facesse delle pratiche presso il conte Taaffe onde impedire il pellegrinaggio. Il barone Pasetti osservò al riguardo che non sembravagli fosse nell'interesse dei due Governi che s'impedisse il pellegrinaggio: del resto aggiunse che non vedeva con quale diritto il Governo i. e r. avrebbe potuto adoperarsi in tal senso.

296 I Cfr. n. 279. 2 R. 471/187 del 4 marzo, non pubblicato.

Feci rispondere immediatamente al barone Pasetti che tra i due mali era meglio scegliere il minore e che in conformità alle istruzioni avute io credeva dovere insistere perché il Governo i. e r. facesse il possibile per impedire il pellegrinaggio, attesoché era ben difficile il far comprendere all'opinione pubblica italiana la differenza sopraccennata, cioè, tra un pellegrinaggio della confraternita in corpo ed un pellegrinaggio organizzato dalla confraternita.

Il barone Pasetti non si mostrò molto soddisfatto di questa mia risposta, ma disse che l'avrebbe riferita al conte Kalnoky. Io non sono ancora in misura di trattare questa o altra quistione col conte Kalnoky. Credo mio dovere d'informarnela per ogni buon fine. Questa mia lettera ha per solo scopo di farle conoscere i soli passi che furono fatti qui su questo argomento.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DELLA CASA IMPERIALE E REALE E DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, KALNOKY

L. PERSONALE. Vienna, 29 febbraio 1893. 3

Je suis cloué au lit par des douleurs violentes de sciatique qui rendent excessivement difficiles tous mes mouvements, mème ceux du cerveau. Je ne puis encore ni aller vous voir ni vous recevoir mème comme visitateur chrétien des infirmes. Et pourtant c'est dans des conditions semblables que je suis chargé par M. Brin de mener à fin l'oeuvre de nos explications au sujet de la réunion à Vienne de l'archiconfrérie de Saint Miche!. Si j'avais à faire avec tout autre que vous, je me serais déclaré impotent et j'aurais été prendre des douches à Aix. Mais comme j'ai à faire avec vous, j'ai pensé que peut-ètre il vaut mieux que je me charge de la chose. Et voici ce que je propose de faire.

Comme la déclaration de M. Brin a été trouvée peu satisfaisante en somme, le Gouvernement italien désire pouvoir effacer cette impression, ce qui pourrait se faire de deux manières. Savoir, soit par une déclaration de votre part que vous auriez l'occasion de faire; soit en m'autorisant à la faire, cette déclaration, en votre nom moyennant une dépèche que j'adresserais à Brin après vous l'avoir communiquée.

Le fond de l'une comme de l'autre déclaration devrait ètre à peu près celui-ci. L'incident de la réunion de la confrérie est clos à la suite de la lettre que vous avez fait communiquer à Brin, complétée par mon rapport et par un télégramme dans !eque! je rendais compte de ce que vous me faisiez dire par Pasetti, d'où il résultait l) que la réunion était privée; 2) qu'il n'y avait été rien dit faisant allusion à I'Italie et au pouvoir temporel; 3) que la présence des ministres avait eu pour effet de contenir !es orateurs dans !es termes de la convenance internationale. Le Gouvernement italien avait pris acte de ces explications et l'incident avait été clos. Toutefois l'interprétation donnée par l'opinion publique en Italie età Vienne sur la présence des deux ministres ayant été différente et en somme non satisfaisante, le Gouvernement italien, dans le but de rassurer l'opinion publique pour l'avenir et d'effacer ce qui pouvait rester d'offensif envers la susceptibilité nationale dans le dernier incident, jugeait convenable qu'il fùt entendu que pour l'avenir on aurait pris de part et d'autre la précaution

de l'abstention absolue de tout ministre ou autres fonctionnaires publiques quelconques de prendre part à des réunions où pourraient ètre traitées des questions pouvant impliquer la politique internationale etc. etc. (ici il faudrait trouver la phrase correcte).

M. Brin pense que ce ne serait pas sans habileté de votre part de faire savoir au public ce que les deux Gouvernements savent en leur for intérieur, c'est à dire qu'ils sont résolument opposés à toute tentative de blesser les justes susceptibilités de l'opinion publique des deux còtés, qu'ils sont résolus à ne pas permettre que !es liens de leur amitié et de leur alliance soient non pas brisés ou relàchés, ce qui n'est en pouvoir de personne, mais mème mis en doute par des imprudences ou des oublis.

En somme M. Brin, par ses instructions reçues ce matin4 , vient vous proposer, après l'incident clos, ce que j'avais l'honneur de vous proposer avant. Maintenant je viens vous demander loyalement si vous ètes disposé à entrer dans cet ordre d'idées pour la procédure à suivre, ou bien si vous préférez que ce soit encore ma prose qui mette fin à la question. Dans ce dernier cas je rédigerai ma dépèche et je vous la soumettrai avant de l'expédier. Vous n'aurez pas mème à répondre. Pour mon compte je trouve l'autre moyen plus correct.

Vous aurez remarqué que cette option se réfère à la procédure à suivre. Quant à la chose en elle-mème je sais depuis longtemps que vous n'aimez pas discuter !es questions de principe et que vous préférez discuter !es cas pratiques au fur et mesure qu'ils se produisent.

Cette manière de traiter !es affaires est certainement l'une des bonnes, mais pour l'incident actuel me semble difficile à suivre, attendu que l'incident est vidé et il ne convient pas d'y revenir. Il faut en conséquence prendre !es choses comme elles sont, considérer l'incident comme clos, et tàcher d'arriver au résultat désiré par M. Brin par l'une ou l'autre voie de procédure ci-dessus indiquées. Excusez ce griffonnage. J'ai pas mal de peine à écrire et j'aurais préféré vous parler de tout ça de vive voix. J'attendrai un mot de réponse au plus tòt possible.

296 3 Sic, ma l'anno 1893 non era bisestile.

297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. RISERVATO 9006/58. Roma, 9 marzo 1893.

Mi è giunto il suo pregiato rapporto del 26 febbraio u. s. n. 238/76 1 .

Dopo avermi annunziato, confermando precedenti informazioni telegrafiche, che, oltre la S.V., anche i suoi colleghi di Austria-Ungheria, d'Inghilterra e di Turchia, hanno diretto al principe Ferdinando telegrammi di felicitazioni, ella accenna alle istruzioni di cui sarebbero muniti codesti rappresentanti esteri circa il contegno da tenere in occasione delle prossime feste di Sofia.

I suoi colleghi di Austria-Ungheria e d'Inghilterra avendole manifestata l'intenzione di inalberare la bandiera il giorno dell'arrivo della principessa sposa, la

S.V. ha loro prudentemente dichiarato che avrebbe chiesto, in proposito, opportune istruzioni al Governo del re.

Le rispondo senza indugio che, per quanto si riferisce ai festeggiamenti che avranno luogo costì, la sua linea di condotta dovrà, come per lo passato, informarsi

alla più completa astensione da qualsiasi cerimonia officiale e segnatamente da ogni atto che possa essere interpretato come riconoscimento, da parte nostra, del principe Ferdinando quale sovrano di Bulgaria.

Ciò non toglie, però, che, tenendo ben presente siffatta regola generale, la

S.V. possa partecipare ad atti di personale cortesia tanto verso il principe quanto verso la sua sposa.

Allo scopo, poi, di ben determinare in quali casi trattisi effettivamente di atti di mera cortesia, escludenti qualsiasi carattere politico, converrà che ella ne discorra coi suoi colleghi e si metta con essi d'accordo.

Nel caso che le opinioni non fossero concordi, la S.V. vorrà attenersi a quello che saranno per fare entrambi i rappresentanti di Austria-Ungheria e d'Inghilterra.

296 4 Cfr. n. 283. 297 l Non pubblicato.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 510. Roma, 10 marzo 1893, ore 11,35.

Ricevuta sua lettera particolare 1 . Ringrazio. Desidererei ad ogni buon fine fosse ben chiarito che abbiamo sempre ammesso e sempre ammetteremo pienissima libertà pellegrinaggi Roma. Nel caso presente dovrebbe essere provvedimento amichevolmente e spontaneamente preso dal Governo austriaco per evitare, nell'interesse delle buone relazioni tra i due Paesi, che, trattandosi di pellegrinaggio organizzato dall'arciconfraternita dei San Michele possano derivare spiacevoli complicazioni dalla impressione qui rimasta dopo la manifestazione del 12 febbraio, *non esistendo simile inconveniente per pellegrinaggi organizzati altrimenti. Sono spiacente di saperla ancora malato. Spero di avere presto notizie migliori* 2•

299

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 65. Addis Abeba, 10 marzo 1893 (per. il 9 maggio).

Il giorno 16 febbraio per la via del Dauè arrivavo alla stazione di Let Marefià, cui Sua Maestà aveva fatto restituire già il grano preso, e il 18 faceva poi restituire i cinque gabbàr (contadini) che aveva richiamati subito dopo la mia partenza. Era un primo segno delle buone disposizioni dell'imperatore per quanto i nostri avversari

2 li passo fra asterischi è sulla minuta di pugno di Brin. 299 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 372-374.

francesi avessero brigato. Anche I'azage Uolde Tsadich, capo di Ankober, era meco gentile e nella disgrazia del Bartolucci scendeva perfino a vedermi a Let-Marefià.

Intanto il 16 arrivava a Ciannò la carovana (ad una giornata da Ankober) ed il 18 la consegnavo all'azage ridetto, che immediatamente pagava il resto del nolo dei cammelli ai danachil. Questo per me fu un gran sollievo perché dopo gl'intrighi fatti per far creder cattive le nostre cartucce mi aspettavo sempre qualche tranello. Dirò anzi che fino ad oggi nessuna osservazione mi è venuta in proposito e credo che ormai non verrà: forse vi ha contribuito la lettera che scrissi all'imperatore e che rimetto in copia a V.E. (allegato 1)2• In ogni modo, tenuto conto della malafede abissina, se osservazioni venissero forse anche colla speranza di venire a stralci nel prezzo, come a torto si fece nel prestito di cattiva memoria, mi pare di sentirmi forte e nel mio diritto per resistere a questi supposti futuri intrighi. La consegna dell'azage, il pagamento del nolo Aussa-Scioa come avevo scritto all'imperatore (allegato Il), il tempo già trascorso e quello che trascorrerà, perché non sollevo quella questione, sono i miei capi saldi.

Questo per la carovana.

Il giorno 6 marzo arrivavo in Addis-Abeba, nuova sede dell'imperatore. Questi aveva disposto che un cinquecento soldati circa venissero ad incontrarmi come scorta d'onore, e vennero di fatti. Il ricevimento fu ricco, direi, ma freddo.

Il re, quando arrivai, era a colazione colla regina e mi fece entrare quasi subito, prima di tutti gli altri europei, ma io capivo che il pover'uomo era a disagio accosto a sua moglie, oggi nemica di tutto l'elemento bianco e padrona dell'animo del re e della situazione. Io fui piuttosto freddo e dopo il pranzo me ne andai quasi subito. Il giorno dopo aspettai che Sua Maestà mi mandasse a chiamare e difatti, quasi segretamente, prima mandò a chiedere mie notizie e poi sulla sera mi fece chiamare. Fu espansivo allora, perché era solo, e si conversò molto allegramente del mio viaggio, della carovana e delle cartucce. Sua Maestà mi ringraziò del servizio che gli avevo reso e mostrò di gradire moltissimo l'anello di S.M. il nostro Augusto Sovrano e la croce in brillanti. Nel presentare l'anello a nome di Sua Maestà mi permisi di dire a Menelik «Che la nostra amicizia si mantenga pura come questi brillanti; e come quest'oro tiene insieme unite in armonia le pietre preziose dell'anello così la nostra amicizia tenga uniti i popoli d'Italia e d'Etiopia» e la frase piacque. Quando presentai la croce Sua Maestà mi disse di darla io alla regina, ma feci vista di non capire e la conversazione ripigliò allegra e amichevole. Feci questo per evitare ora delle discussioni colla Taitù sull'art. 17 per ragioni che dirÒ all'E.V.

L'indomani alla sera presentai le lettere, che passarono agli interpreti per rivedere le traduzioni. Jeri era domenica, quindi pranzo dei soldati e me ne stetti a casa; oggi il re è andato alla foresta per far portare il legname e non tornerà che giovedì e così il tempo passa per le cartucce e senza discussioni per l'art. 17 come io desidero.

Mi spiego. Dal processo per alto tradimento di cui al rapporto n. 663 è risultato che gli intrighi a noi attribuiti sono opera del Mesciascià Worchié e si dice anche che altre e maggiori rivelazioni verranno fuori: noi da queste abbiamo da guadagnare, non da perdere perché il tempo ci dà ragione e diminuirà mi pare l'avversione della Corte per gl'italiani, tanto più che l'anno passato io avevo attaccato vivamente

299 2 Gli allegati non si pubblicano. 3 Dello stesso IO marzo, non pubblicato.

Mesciascià Worchié davanti all'imperatore, come uomo pericoloso per noi e per lui e ora lo ricorderò opportunamente a Sua Maestà.

Ma vi ha anche una ragione ben più forte per non desiderare la discussione sull'art. 17 prima di aver provocata una risposta per lettera dall'imperatore. Una voce, soltanto una voce, mi è giunta all'orecchio che Menelik, cioè, per mezzo di ras Makonnen, istigato da Ilg e dai francesi abbia già denunziato il trattato e scritto in proposito a tutte le Potenze, senza aspettare il mio ritorno, come era stato convenuto. Scrivo oggi al re dei re per sapere la verità o, per dir meglio, per avere un suo documento scritto in proposito per potermi regolare.

La situazione per Menelik inetto come re e come soldato non è delle migliori. L'ascendente che su di lui ha la donna, odiata da grandi e da piccoli, aumenta i malumori. La congiura di cui al rapporto n. 66 dice che dietro ai tre accusati vi debbono essere dei ricchi e potenti perché quelli non avrebbero avuta la forza per un'azione violenta e già si fanno i nomi di grandi personaggi compromessi. Menelik, assorbito dalla moglie e dai lavori della sua nuova città e dall'egoismo di star bene lui, si culla in una noncuranza. che sarà tutta a suo danno; con leggerezza infantile corre dietro alle novità delle ferrovie e dei telegrafi che gli promettono i francesi, non si accalora troppo nelle discussioni, è facile al consiglio delle persone in sua grazia, e crede opera sua la prossima venuta dei capi tigrini; comincia molte cose senza finirne bene alcuna e cambia di umore e di simpatie 24 volte al giorno.

Adulato ed illuso così va avanti posando a gran re convinto anche di governare e governare bene questo disgraziato paese. Facile all'amore e all'odio per la sua incostanza e senza parola, non ha un nucleo di persone sinceramente devote perché anche quelle in favore, da un momento all'altro temono di perdere la grazia: non credo di esagerare dicendo che Menelik prepara lo sfacelo del suo paese, sfacelo del quale noi potremo approfittare quando vorremo.

Il paese per il numero stragrande di vittime per fame e per malattie comincia a scarseggiare di braccia ed il re aumenta la miseria chiamando tutti i contadini qui a lavorare le sue case con grande danno dell'agricoltura. l grani ora sarebbero relativamente abbondanti, ma l'abbondanza la credo effimera.

Per riguardo a noi il lavoro dei francesi e di Ilg (vedi rapporto 67)4 ci ha nociuto assai, ma io credo che riprenderemo terreno; in ogni modo noi dobbiamo imporci una grande pazienza ed una grande costanza per mettere radici nel Tigrè da dove già si tà strada il desiderio di una dominazione nostra. Fin nei W o Ilo e fin qui si parla del bene che noi facciamo e della ricchezza e della pace che godono quelli che si trovano con noi. Questa conquista è più forte che la conquista delle armi.

A Corte si aspetta con ansia ras Mangascià per dopo la Pasqua ed è sperabile che venga. Naturalmente non mancheranno di riempirgli la testa di paure e di sospetti e finché sarà qui, dominato dall'ambiente, è quasi da ritenersi che ci sarà avverso; ma non appena avrà rimesso il piede nei suoi domini succederà in lui quello che succedeva in Menelik al ritorno dal campo di Johannes; dimenticava le promesse e i giuramenti fatti all'imperatore. Mangascià è più vicino a noi che allo Scioa; da noi trae la vita e la speranza; allo Scioa deve il tributo e l'umile sua condizione; sarebbe assurdo che tornato dall'intervista ci fosse avverso; ma bisogna saperlo tenere ed il Governo di Massaua in questo oggi è maestro.

298 l Cfr. n. 296.

299 4 Dello stesso l O marzo, non pubblicato.

300

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 522. Vienna, Il marzo 1893, ore 18 (per. ore 19.40).

Per mezzo di Pasetti ho fatto comunicare al conte Kalnoky contenuto del telegramma di V.E. di ieri 1 per constatare che le nostre amichevoli osservazioni allo scopo di evitare pellegrinaggio della confraternita di San Michele, reso pericoloso in seguito della presenza dei ministri austriaci alla nota riunione, non devono ledere, nel pensiero del Governo del re, la libertà dei pellegrinaggi a Roma, da noi ammessa nei più larghi limiti.

301

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 537. Pietroburgo, 13 marzo 1893, ore 16,39 (per. ore 18).

Nel prendere commiato stamane da Scisckin gli parlai, premettendo che ciò facevo per prevenire, durante la mia assenza, nel senso del dispaccio di V.E. del 6 corrente 1 , circa viaggio Stambuloff in Italia. Reggente ministero si mostrò sensibile delicato pensiero. Prendendo iniziativa discorso, accennò alle nozze d'argento delle Loro Maestà, e dissemi, in forma privata, che non v'era nulla di deciso ancora circa l'eventualità dell'invio d'un membro della famiglia imperiale a Roma. Colsi l'occasione per assicurare S.E. della soddisfazione che ne proverebbero le Loro Maestà.

302

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 324/99. Sofia, 13 marzo 1893 (per. i/19).

In obbedienza agli ordini contenuti nell'ossequiato dispaccio di V.E. in data delli 6 del corrente marzo n. 8565/53 confidenziale 1 non ho mancato di vedere il signor Stambuloff e di parlargli, con tutti i maggiori riguardi, nel senso degli ordini del R. Governo.

300. l Cfr. n. 298. 301 1 Non pubblicato in quanto analogo al n. 293. 302 l Cfr. n. 293.

Il signor Stambuloff, a cui mi uniscono vecchi legami di amicizia, che oggi ancora nel suo colloquio ben volle ricordarmi, mi disse che non era certo di andare in persona assistere al matrimonio del principe Ferdinando, non avendo troppa volontà di lasciare in questi momenti, alquanto difficili, il governo del Principato ad un suo collega, che in ogni caso sarebbe l'ex-reggente Gifcoff, e che si rendeva ben conto della simpatia e della amicizia che venivano da Roma. Aggiunse il signor Stambufoff che fra le Grandi Potenze quella che esso considerava come la più leale e disinteressata amica era l'Italia e che gli bastava che il R. Governo permettesse il matrimonio del principe Ferdinando nel territorio del Regno, e che infine a tale lieta cerimonia non assisterebbero che alcuni parenti di Sua Altezza Reale, alcuni ministri bulgari e che le deputazioni del Principato si comporrebbero di 15 o 20 persone al più, tutti alti personaggi, deputati, magistrati, ufficiali superiori i quali userebbero condotta molto prudente. Lui poi, il signor Stambuloff, se per caso si decidesse di andare in Italia non si recherebbe a Roma riservandosi ad occasione più tranquilla di fare la conoscenza di S.E. il comm. Giolitti e di V.E.

Infine le mie osservazioni gentili ed amichevoli non potevano ricevere migliore e più favorevole accoglienza dal presidente del Consiglio di Bulgaria.

Il signor Stambuloff mi disse ancora che l'idea di fare una corsa a Roma era stata in lui un concetto piuttosto vago che ben concreto e definito e che il principe Ferdinando non avrebbe forse dovuto enunciarlo in modo così deciso e esplicito.

Il signor Stambuloff mi menzionò ancora che l'itinerario del principe non era deciso e che lui temendo qualche incidente spiacevole a Costantinopoli consigliava Sua Altezza Reale di passare da Orsova e dal Danubio o da Salonicco-Nich-Pirot e Tzaribrod.

Niente essere ancora ben deciso nè su questo itinerario del principe Ferdinando nè sulle feste che si farebbero all'arrivo della giovane principessa.

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA DIPLOMATICA A SOFIA

T. 536. Roma, 14 marzo 1893, ore 14,20.

Bulgaria. L'ambasciatore di Russia è venuto a darmi notizia d'una circolare del suo Governo. Riferendosi al recente comunicato del Messaggero dell'Impero 1 , il Governo imperiale dichiara e spiega il suo atteggiamento insistendo segnatamente su questi due punti: l) il Trattato di Berlino esclude la successione ereditaria nel Principato; 2) la modificazione dell'articolo 38 della costituzione è un'offesa al sentimento della Nazione che la Russia ha creata con le sue armi. Il Governo imperiale non chiede risposta alla sua comunicazione. Mi sono limitato a ringraziare l'ambasciatore.

303 l Trasmesso da Marochetti allegato al R. 102/61 del 6 marzo. Se ne pubblica il seguente passo: «Le Gouvernement impérial ne saurait rester témoin muet d'une tentative ayant pour but d'ébranler la religion dominante dans la Principauté».

304

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 551. Vienna, 14 marzo 1893, ore 17,10 (per. ore 18,05).

Kalnoky che venne a vedermi, mi disse che non gli sembrava utile ritornare sull'incidente della confraternita. egli consente con noi nel pensare che i funzionari pubblici non debbano prendere parte a dimostrazioni ostili a Paesi amici, ma contesta che ciò sia accaduto nella fattispecie e ripeté gli argomenti già noti a V.E., cioè che la riunione era chiusa e che non si pronunziò nulla di ostile all'Italia. Quanto al pellegrinaggio, gli organizzatori presero essi stessi iniziativa di ritardarlo e assicurarono che non fu mai questione di bandiera o altra dimostrazione esterna 1 .

305

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 559. Vienna, 15 marzo 1893, ore 14,15 (per. ore 15,1 O).

Incaricato d'affari di Russia comunicò ugualmente a Kalnoky circolare relativa modificazione costituzione bulgara 1• Kalnoky non diede risposta ufficiale che, del resto, non era chiesta, ma osservò all'incaricato d'affari di Russia che la costituzione bulgara, opera Russia, stabilisce la successione ereditaria; e che, d'altra parte, se la tesi del Governo russo fosse fondata, poco dovrebbe importare di che religione siano i figli del principe.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. 9848/64. Roma, 15 marzo 1893.

Ieri, dopo averne fatto precedere un cenno telegrafico 1 , le ho dato minuta notizia, mercè copia di dispaccio da me diretto alla r. ambasciata in Pietroburgo 2 , della comunicazione fattami da questo signor ambasciatore di Russia circa le cose di Bulgaria.

forma più ampia il contenuto del presente telegramma. 305 l Cfr. n. 303. 306 l Cfr. n. 303.

2 D. 9842/56 del 14 marzo, non pubblicato.

I termini della comunicazione ed il linguaggio dell'ambasciatore sembrano escludere che, con la recente pubblicazione del Messaggero dell'Impero e l'attuale circolare, il Gabinetto di Pietroburgo abbia voluto iniziare una vera e propria campagna diplomatica. Il signor Vlangali dicevami apertamente che con questi suoi atti il Governo imperiale ha voluto soltanto fare una dichiarazione d'atteggiamento, dopo la quale continuerà a mantenersi nel suo contegno di aspettazione. Però è evidente che codesti sono sintomi di tale una disposizione d'animo nella quale anche un incidente di secondaria importanza potrebbe dar luogo a conseguenze gravi. Epperò amici come siamo della Bulgaria, e desiderosi che nulla sopraggiunga a turbare la pace in Oriente, noi persistiamo a ritenere che codesto Governo dovrebbe con ogni studio evitare tutto ciò che, senza stretta necessità, possa creare, verso il Gabinetto di Pietroburgo, un nuovo argomento di doglianza o dissidio.

A questo sentimento nostro debbono conformarsi, in ogni propizia occasione, i discorsi di lei con codesti ministri, ai quali non può sfuggire l'intendimento schiettamente amichevole che ci muove3•

304 1 Non si pubblica il R. confidenziale 584/225 dello stesso 14 marzo nel quale Nigra ripeteva m

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

T. 556. Roma, 16 marzo 1893, ore 9,55.

Riferendomi all'ultima parte del telegramma 13 corrente del barone Marochetti1 , la prego confermare, avendone occasione, in nome del R. Governo, che la visita d'un principe russo in occasione delle nozze d'argento riuscirebbe assai gradita, e che le Loro Maestà sarebbero liete ricambiare in questa circostanza simpatica, cordiale accoglienza fatta in Russia al principe di Napoli. Aggiungo, per norma confidenziale di lei, che una sollecita decisione sarebbe assai desiderabile sia per occorrenti preparativi, sia per regolarci nel rispondere ad analoghe domande d'altri Governi 2•

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 557. Roma, 16 marzo 1893, ore 11,45.

Riconosco il carattere amichevole delle dichiarazioni di Kalnoky riferitemi da

V.E. nel suo telegramma di jeri l'altro 1 , e spero che si possa oramai passare all'archivio lo spiacevole incidente. Qui la pubblica opinione sta ora in grande

aspettazione di ciò che codesta Corte sarà per fare in occasione delle nozze d'argento. La venuta almeno di un arciduca, cancellando ogni sgradevole impressione e troncando netta ogni recriminazione, inaugurerebbe indubbiamente una nuova fase di cordialità e simpatia popolare tra i due Paesi. Ma, nella contraria ipotesi, il confronto con l'atto spontaneo ed altamente amichevole dell'imperatore Guglielmo accentuando in modo indelebile il diverso atteggiamento dei due alleati, avrebbe, pei reciproci rapporti, non lievi conseguenze. Certo ne sarebbe grandemente scossa la fede degli stessi amici dell'alleanza austro-ungarica, se risultasse evidente che questa nelle sue manifestazioni, anche di pura cortesia, va subordinata a pretese vaticane cadenti non già sul terreno spirituale, ma sopra terreno prettamente mondano e politico. Vorrei che V.E. avesse modo di far pervenire opportunamente queste considerazioni fino al conte Kalnoky prima che sia presa una decisione la quale, nelle circostanze presenti, avrà in male od in bene, ed io spero in bene, una importanza capitale2•

306 3 Per la risposta cfr. n. 327. 307 l Cfr. n. 301. 2 Per la risposta cfr. n. 323. 308 l Cfr. n. 304.

309

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 16 marzo 1893.

Al dispaccio ufficiale che le dirigo 1 circa l'ultimo incidente, aggiungo una lettera di Kalnoky che constata essere il contenuto del mio rapporto conforme al di lui pensiero, giacché io ho creduto dovergli sottomettere la minuta per metterlo in grado di verificarne l'esattezza. Io non so se ella sarà soddisfatta, ma posso dirle che, quantunque ammalato, ho fatto ogni mio possibile per contentarla, e se non riuscii, la colpa non è proprio mia. Noi ci urtammo contro una massima, dalla quale il conte Kalnoky ben difficilmente si deciderà a recedere. Egli non crede che sia possibile e pratico il procedere a scambii di assicurazioni sopra la materia in questione, pur professandosi d'accordo con lei nel pensare che i funzionari pubblici devono astenersi dal partecipare a ogni riunione che possa presumibilmente convertirsi in dimostrazione ostile o anche poco amicale verso un Governo alleato. Nel fatto poi furono date, come vedrà dalla lettera, le raccomandazioni occorrenti ai ministri, affinché questi in avvenire non lascino passare le buone occasioni di starsene a casa.

Io sono fuori di letto, ma purtroppo non ancora ben ristabilito. A questo stato ancora poco florido di salute si aggiungono gravi preoccupazioni per la salute di mio fratello commendator dottor Michelangelo, consigliere provinciale di Torino. Le notizie sono gravissime e io temo di perderlo fra breve. Legato con questo mio fratello da una stretta amicizia di tutta la vita, non so dirle abbastanza quanto io sia angosciato dalla previsione della sua fine immatura. Se le domanderò fra qualche tempo il permesso di andare ad assisterlo, la prego di volermelo concedere. Ora non sono ancora in stato di poter intraprendere un lungo viaggio.

P.S. Ricevo in questo momento il di lei telegramma2 , col quale ella mi incarica di far presenti al conte Kalnoky le conseguenze che deriverebbero, attese specialmente le circostanze presenti, da una decisione della Corte di Vienna di non inviare nemmeno un arciduca a Roma a complimentare le Loro Maestà all'occasione delle nozze d'argento. Ho subito comunicato a Kalnoky il contenuto di questo suo telegramma.

ALLEGATO

IL MINISTRO DELLA CASA IMPERIALE E REALE E DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, KALNOKY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Vienna, 16 marzo 1893.

Je vous remercie d'avoir bien voulu me laisser prendre confidentiellement connaissance de la pièce que je vous restitue sous ce pli. Elle rend parfaitement ma pensée et je puis ajouter que cet incident et tout le bruit qu'on en a fait dans les journaux contribuera à rendre nos ministres plus circonspects et qu'ils s'en tiendront à l'avenir à l'ancien proverbe: «dans le doute abstiens toi». Je n'ai pas manqué à en parler très sérieusement au comte Taaffe qui de son coté regrette vivement tous les ennuis que la présence des ministres vous a causé.

Je suis heureux de savoir que vous pouvez sortir avec le temps superbe qu'il fait.

308 2 Per la risposta cfr. n. 318. 309 I Cfr. n. 304, nota l.

310

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 582. Bruxelles, 17 marzo 1893, ore 9,45 (per. ore 12,20).

Aveva già inviato breve rapporto sopra dimostrazione clericale, oggetto telegramma di V.E. 1 . Essa molto esagerata da giornali: qui nessuno vi ha dato importanza, trattandosi di ragazzi e seminaristi di piccola città. Informazioni, da me assunte direttamente, dicono borgomastro non aver avuto parte personalmente dimostrazione, cui popolazione stessa rimase indifferente. Del resto note libertà comunali fiamminghe fanno borgomastro indipendente Governo belga. Non ho creduto necessario rilevare tale incidente e, per ciò fare, aspetto le istruzioni di

V.E. Sottometto consiglio non dare importanza tale fatto, tanto più che Governo belga risponderà facilmente non avere mezzi agire contro borgomastro 2•

310 l T. 560 del 16 marzo, non pubblicato con il quale Brin aveva chiesto notizie su una manifestazione clericale avvenuta nel Limburgo.

2 Per la risposta cfr. n. 311.

309 2 Cfr. n. 308.

311

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. 582. Roma, 18 marzo 1893, ore 13,45.

Ricevuto telegramma relativo al borgomastro 1• Se questi non ebbe parte nella dimostrazione manca ogni ragione di doglianza. Ma se come narra l'Indépendance beige del 13 egli ricevette ed arringò i dimostranti mi pare che, anche senza formale reclamo, ella dovrebbe pregare il ministro degli affari esteri di considerare se non sia il caso di applicargli la legge 30 giugno 1842 giusta la quale il borgomastro può essere sospeso con decreto reale per negligenza od irregolare condotta2 .

312

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, A DRESDA 1

T. 588. Roma, 19 marzo 1893, ore 13,05.

A richiesta confidenziale del Governo germanico il quale desidera non si formi maggioranza avversa alla Romania la prego di prendere parte alla commissione speciale che posdomani sarà nominata dalla conferenza per la questione di Sulina 2 .

313

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 600. Bruxelles, 19 marzo 1893, ore 13,47 (per. ore 16,30).

In seguito telegramma deli'E.V. di jeri 1 ho avuto una conversazione con ministro degli affari esteri per chiedere spiegazioni dei fatti avvenuti Saint Trond. Ministro degli esteri, che alla dimostrazione ha dato poca importanza, ha detto ignorare parte presa borgomastro in tale affare. Egli ha detto che chiede immediatamente ministro dell'interno di promuovere un'inchiesta per conoscere se condotta borgomastro riprovevole, dandomi risposta il più presto possibile 2•

2 Con T. 623 del 22 marzo De Renzis comunicò: «Inchiesta fatta dal giudice di pace dimostrato inesatto racconto giornali ... Borgomastro protestato contro la versione giornali. Prova che non ha potuto fare pubbliche manifestazioni è questa: che egli ha ottant'anni e non può muoversi dalla poltrona essendo impotente».

311 1 Cfr. n. 310. 2 Per la risposta cfr. n. 313. 312 l Curtopassi si trovava a Dresda per partecipare ad una conferenza sanitaria. 2 Cfr. n. 319. 313 1 Cfr. n. 311.

314

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE

D. CONFIDENZIALE l 0269/31. Roma, 19 marzo 1893.

Col rapporto del 10 corrente n. 97/47 1 la S.V., confermando precedenti suoi telegrammi2 , mi riferisce in qual modo ed in quale occasione codesto governatore generale le abbia manifestato il desiderio di avere, in via confidenziale, esatte informazioni sulle fortificazioni di Biserta.

Siffatte informazioni sarebbero state chieste direttamente dal Governo ottomano al valì, il quale avrebbe affidato l'incarico di raccogliere sul luogo notizie relative ai lavori di Biserta ad una persona di fiducia già partita per la Tunisia.

Presentandosi intanto propizia occasione di tornare sull'argomento, ella potrà, fin d'ora, dichiarare a codesto governatore generale essere personale convincimento della S.V. che se la Sublime Porta si rivolgerà, per le desiderate informazioni, al Governo del re per mezzo della sua ambasciata a Roma, saranno volentieri forniti all'addetto militare ottomano tutti i dati che il nostro Stato Maggiore possiede sulle fortificazioni di Biserta.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. PERSONALE 591. Roma, 20 marzo 1893, ore 13,15.

Ringrazio vivamente rapporto ufficiale lettera particolare con acchiusa lettera Kalnoky1 . Dichiarazioni che questa contiene mi pajono soddisfacenti. Prego ringraziarlo. Mi rallegro migliorata salute. Duolmi notizie fratello le cagionino grave preoccupazione. Autorizzo gita se occorre. Attendo risoluzione imperatore circa nozze d'argento. Non dubito verrà almeno arciduca. Vorrei che, nel pigliare decisione, e prima rinunciare definitivamente venuta personale dell'imperatore, si riflettesse costì seriamente che, dopo questa circostanza, mancherà per sempre occasione restituzione visita dell' ottantuno.

2 T. 492 del 7 marzo e T. 513 del LO marzo, non pubblicati. 315 l Cfr. n. 304, nota l e n. 309.

314 l Non pubblicato.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 598.

Roma. 20 marzo 1893, ore 22,20.

Notizie private a cui tra gli altri oggi alludeva l'ambasciatore d'Austria-Ungheria recano re di Sassonia verrebbe per nozze d'argento. Veda V.E. fare opportunamente sentire visita sarebbe assai gradita. Aggiungo che tale decisione avrebbe influenza decisiva a Vienna per argomento a cui si riferisce sua interessante lettera particolare 1•

317

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. RISERVATO 274/162. Londra, 20 marzo 1893 (per. il 29).

Durante la mia assenza in congedo, pervennero a questa r. ambasciata i dispacci ministeriali del 2, 14 e 25 febbraio 2 relativi alla delimitazione delle zone d'influenza verso il possedimento inglese di Zeila.

Ringrazio V.E. di aver accettato il suggerimento mio di accontentarci che la delimitazione risulti dalle dichiarazioni che da parte nostra e dall'Inghilterra si farebbero di non voler oltrepassare la linea che, con preliminare concerto, sarebbe determinata.

L'autorizzazione impartitami da V.E. di trattare con lord Rosebery sovra questa base, mi permise di avere con Sua Signoria uno scambio di idee fino dai primi giorni del mio ritorno in Londra. La pratica, si trovava tutt'ora presso il Ministero delle Indie; ma la risposta sarebbe sollecitata. Feci notare a lord Rosebery che ben presto, in maggio, o giugno al più tardi, il Parlamento italiano sarebbe chiamato ad occuparsi del bilancio degli affari esteri e bisognava prevedere le nuove interrogazioni delle commissioni e dei relatori circa le trattative per la delimitazione verso il golfo di Aden. Il Ministero italiano, per respingere l'accusa di inoperosità a tale riguardo, non avrebbe altro mezzo che quello di confessare che, malgrado le ottime relazioni esistenti fra l'Italia e l'Inghilterra, non gli era riuscito di ottenere il complemento del lavoro di delimitazione in Africa, ciò che alla Germania ed alla Francia era riuscito invece di conseguire. Sarebbe dispiaciuto assai a V.E. di dover valersi di siffatto argomento per ispiegare al Parlamento lo stato giacente di un

317 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 336-337.

2 Cfr. n. 266. I dispacci del 14 e 25 febbraio non sono pubblicati.

affare che richiedeva soltanto un poco di buona volontà per essere condotto a conclusione soddisfacente. Ho ripetuto, in questa occasione, come, adottandosi la forma negativa delle reciproche dichiarazioni, si evitava qualunque appiglio alla Turchia od all'Egitto di interloquire in questo affare.

Lord Rosebery parve ascoltare favorevolmente le cose dettegli da me e mi disse che avrebbe fatto il possibile per vincere le resistenze dell'India Office.

Dal contenuto del dispaccio ministeriale del 14 febbraio risulta doversi prevedere per parte di quel dipartimento una abbiezione di massima relativa al metodo di delimitazione. Se il parere del capitano Swayne sarà adottato dall'India Office, è probabile che questo dipartimento, così poco favorevolmente disposto ad affrettare le trattative, proporrà l'eccezione preliminare circa la convenienza di adottare il sistema di delimitazione per meridiani e paralleli nella regione abitata dalle tribù nomadi dei somali. In tale caso il progetto di delimitazione a me comunicato da

V.E. e già consegnato a lord Rosebery, dovrebbe essere rimaneggiato e difficilmente servirebbe di base per il corso ulteriore delle trattative.

Ignoro se le notizie che si hanno della regione attraverso la quale le linee di demarcazione dovrebbero essere tracciate, permettano di adottare il sistema che il capitano Swayne disse aver raccomandato al Governo indiano. Temo però che quest'ultimo si prevalga di tale parere per tirare le cose in lungo, ed, in tal caso, sarebbe opportuno che io prontamente ricevessi da V.E. istruzioni le quali m'indicassero quali tribù dovrebbero essere comprese nell'influenza inglese e quali riservate all'italiana3 .

316 1 Cfr. n. 291. Per la risposta di Lanza cfr. n. 321.

318

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Vienna, 21 marzo 1893, ore 14,35 (per. ore 17,30).

Kalnoky mi ha detto che l'imperatore si farà rappresentare alle nozze d'argento dall'arciduca Ranieri. Kalnoky aggiunse che tale risoluzione era stata presa spontaneamente dall'imperatore, a cui non era stato bisogno di sottomettere le osservazioni contenute nel telegramma di V.E. del 16 corrente 1 . Egli per conseguenza desidera che tali osservazioni non figurino avere fatto oggetto di comunicazione anche solo confidenziale. Programma del viaggio dell'arciduca non è ancora fissato, ma il R. Governo ne sarà informato a tempo.

p. 344) si pubblica il passo seguente: «Sarebbe difficile delimitare esattamente i territori spettanti a ciascuna tribù, giacché si tratta di popolazioni nomadi di pastori, e col nostro schema di demarcazione abbiamo voluto soltanto assicurarci di chiudere agli inglesi la provincia etiopica dell'Harar della quale abbiamo seguito gli esatti confini e le regioni dell'Ogaden mentre le testimonianze concordi dei viaggiatori provano che le tribù sopra enumerate, protette dall'Inghilterra. non si stendono al di sotto del nono parallelo di latitudine nord». 318 l Cfr. n. 308.

317 3 Della risposta (D. 12125 del l" aprile, ed. in L'Italia in Ajì-ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit.,

319

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 621. Dresda, 21 marzo 1893, ore 20,05 (per. ore 21,45).

Commissione per la questione di Sulina costituita oggi 1• Delegato russo eletto presidente mentre per il rifiuto ostinato dei colleghi di Germania e di Austria io avevo proposto l'inglese. Respinta la scelta della mia persona a causa del posto delicato che occupo in Romania. Sono di parere che i Gabinetti di Berlino e di Vienna sono d'accordo per non scontentare la Russia in questo pure lasciando ad altri la cura di tutelare gli interessi Romania. Però fortunatamente l'opposizione recisa del delegato turco contro qualunque modificazione del regime sanitario sul basso Danubio, sarà di implicito ausilio alla Romania. La commissione onde è cenno non si riunirà prima di venerdì2 .

320

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, A DRESDA

T. 608. Roma, 22 marzo 1893, ore 13,50.

Ringrazio per telegramma relativo Sulina 1• Le nostre simpatie per la Rumania sono note. Però è evidente che non tocca a noi di metterei in prima linea per sostenerne le eventuali ragioni verso la Russia che a noi più ancora che ai nostri alleati preme di non scontentare in una controversia nella quale non è implicato alcun nostro interesse diretto.

321

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Berlino, 22 marzo 1893, ore 16,40 (per. ore 17,20).

Ho, col dovuto riserbo fatto noto a questo Ministero degli affari esteri che la visita del re di Sassonia a Roma sarebbe gradita 1• Procurerò di tenere opportuno simile linguaggio al ministro sassone. Forse potrebbe Curtopassi che travasi a Dresda in contatto col Governo e con la Corte, meglio d'altri contribuire allo scopo quando ella credesse di impartirgliene l'istruzione 2 .

2 Per la risposta cfr. n. 320. 320 l Cfr. n. 319. 321 l Risponde al n. 316.

2 Le istruzioni furono impartite a Curtopassi con T. 613 dello stesso 22 marzo, non pubblicato.

319 l Risponde al n. 312.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

D. 10680/61. Roma, 22 marzo 1893.

Mi riferisco ai due rapporti che il barone Marochetti mi ha indirizzati in data dell'8 e 9 corrente, nn. 65 e 661 .

S.E. m'informa dell'impressione favorevole prodotta in Russia dalla comunicazione del Governo imperiale inserita nel Messaggero ufficiale in ordine alla modificazione dell'articolo 38 della costituzione bulgara, ed aggiunge che il conte Wolkenstein gli ha dato conoscenza, in via confidenziale, di una lettera particolare che egli ha indirizzata al conte Kalnoky per dimostrargli essere, nel momento attuale sopratutto, opportuno che l'atteggiamento politico del Gabinetto di Vienna non appaia informato a troppo accentuata simpatia verso il Principato.

Vedremo se e fino a qual punto il Governo austro-ungarico terrà conto ·dei consigli del suo ambasciatore a Pietroburgo 2 . Per quanto concerne l'Italia, anche noi pensiamo che il Governo principesco dovrebbe, nelle presenti circostanze, raddoppiare di cautela e prudenza per non provocare, senza necessità, nuove cagioni di dissidio colla Russia. Ed in questo senso furono già da me impartite istruzioni confidenziali al r. agente e console generale a Sofia 3 .

323

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 632. Pietroburgo, 23 marzo 1893, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Ho detto a Scisckin che, essendo venuto alla conoscenza Governo del re, avere lo czar l'amabile intenzione d'inviare a Roma in occasione delle nozze d'argento, un membro della famiglia imperiale, ero autorizzato ad assicurare che le Loro Maestà sarebbero liete ricambiare, in questa occasione, simpatica e cordiale accoglienza fatta in Russia al principe di Napoli 1• Non ho però insistito troppo, convinto come sono, essere Scisckin contrario ad un siffatto progetto e l'imperatore, malgrado sue simpatie personali per i nostri augusti sovrani, inclinato, in questa occasione, ad astenersi da una manifestazione poco in arn10nia coll'indirizzo politica attuale del suo Governo. Sull'animo suscettibile dello czar può anche influire la ripugnanza di inviare un membro della sua famiglia, che, per la presenza degli imperiali di Germania, passerebbe necessariamente in seconda linea 2 .

2 Cfr. n. 367.

3 Cfr. n. 306. 323 1 Cfr. n. 307.

2 Cfr. n. 333.

322 1 Non pubblicati.

324

IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 648. Washington, 25 marzo 1893, ore ... 1 (per. ore 23,40).

Questo ministro inglese e il francese informarono oggi stesso il Governo degli Stati Uniti che i loro rispettivi Governi li hanno elevati al rango di ambasciatori in seguito alla recente legge americana, che autorizza il presidente della Repubblica a nominare ambasciatori americani presso quei Governi, che ne prendano l'iniziativa. Se V.E. mi autorizzasse ad annunziare al segretario di Stato che il Governo di Sua Maestà eleverà, senza ritardo, questa legazione ad ambasciata, il Governo degli Stati Uniti eleverà da parte sua, all'occasione delle nozze d'argento dei nostri sovrani la sua legazione a Roma al rango di ambasciata ed il suo ambasciatore rimetterà lettera di felicitazione del presidente della Repubblica alle Loro Maestà. In vista dell'urgenza, prego V.E. di volermi telegrafare se questa manifestazione risponde ai concetti espressi nel telegramma di V.E. in data 7 corrente 2 .

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA

T. 640. Roma, 26 marzo 1893, ore 18,45.

Quantunque non implichi maggiore spesa temo elevazione ambasciata 1 incontrerebbe in Parlamento difficoltà obiezioni. Però nostra iniziativa sarebbe agevolata se in occasione delle nozze d'argento il ministro degli Stati Uniti incaricato di speciale messaggio del presidente ricevesse per fausta circostanza credenziali di ambasciatore. Ella può presentire in questo senso il segretario di Stato 2 .

326

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 266/83. Madrid, 26 marzo 1893 (per. il 2 aprile).

La informazione datami col dispaccio ministeriale delli 25 scorso mese 1 , che il nuovo ambasciatore di Spagna ricevette incarico di palesare a V.E., non aver ormai il marchese de la Vega de Armijo un pensiero diverso dal nostro, circa i divisamenti della Gran Bretagna nell'Impero sceriffiano, mi riuscì di somma soddisfa

238 zione. Dall'istante che ritornai di congedo negli ultimi di gennaio, io non cessai dal tenere a questo signor ministro di Stato il linguaggio da V.E. tracciatomi, nei colloqui che ebbi l'onore di avere in Roma con lei, e la spontanea dichiarazione fatta per mezzo del signor conte Rascon, comprova quanto io sia stato fedele interprete dei cenni di V.E.

Di opposta natura furono le impressioni da questa r. ambasciata riferite, durante la mia assenza, a codesto r. ministero2• Per telegrafo, ho reso conto degli argomenti da me usati, per distruggere i sospetti circa la !)Olitica inglese, che il marchese de la Vega de Armijo manifestava d'albergare in cuor suo 3 .

Ebbi sempre cura di usare la maggior franchezza nelle numerose conversazioni mie a questo riguardo. Costantemente affermai al ministro di Stato, non parermi che la situazione attuale giustificasse simigliante diffidenza, e che, in ogni caso, non era al momento stesso in cui la Gran Bretagna aveva imposto al suo speciale inviato presso Mulay Hassan, di passare previamente a Madrid, affine di sollecitar dal Governo di S. M. Cattolica un leale concorso per la tutela dell'integrità marocchina, che fosse lecito nutrir dubbi circa la buona fede del Gabinetto di S. Giacomo, e rifiutargli l'appoggio da esso invocato, allo scopo di consolidare, appunto, quello stato di cose che maggiormente risponde alle aspirazioni della Spagna.

Da ciò non poté esimersi dal convenire il marchese de la Vega de Armijo ed io gli aggiunsi che in siffatto ordine d'idee la cooperazione dell'Italia non sarebbe mai venuta meno. Il ministro di Stato finì per riconoscere che l'accordo caldamente da me raccomandato, costituiva l'unica linea di condotta da seguirsi, se non si voleva fare il giuoco della Francia, pei cui ambiziosi disegni profferì parole di biasimo.

Son lieto, lo ripeto, che V.E. abbia avuto dal signor conte Rascon un attestato irrefragabile del successo ottenuto dalle istruzioni da lei impartitemi, e non voglio tacere che nel continuo scambio d'idee che mantengo con sir H. Dnlmmond W olff, io l'ho sempre informato di tutto questo, che tosto egli, tributandomi vive grazie, con molto compiacimento segnalava a Londra.

Secondo le indicazioni di V.E., ogni volta che me se ne offerse il destro, ben chiaro dissi al marchese de la Vega de Armijo di abbandonare interamente il pensiero, da taluno attribuitogli, che l'Italia agisse nel Marocco, o altrove, sotto l'impulso d'un sentimento di sistematica opposizione verso la Francia, e lo assicurai che, se l'Italia aveva un obbiettivo in quell'Impero africano, era certo di sostenere perennemente gl'interessi incontestabili della Spagna, come Potenza mediterranea. Il ministro di Stato negò di avere espresso apprezzamenti diversi sul contegno nostro, e credo che anche su quel punto importante sono riuscito a dimostrargli la lealtà degl'intendimenti dell'E.V.

Alla vigilia dell'uscita del marchese de la Vega de Armijo dal Gabinetto per passare alla presidenza del Congresso, diventando egli così un candidato per la composizione di un futuro Governo, mi pare degno di mettere quanto precede bene in rilievo.

Tale è il vero quadro della situazione. Il ministro di Stato si è persuaso che l'Inghilterra non mira a violare lo statu quo. Egli si è pure convinto che la missione di sir West Ridgeway non ha altro oggetto che quello di pacificare gli animi, dopo

326 2 Cfr. nn. 220 e 228. 3 Cfr. n. 262.

le improntitudini commesse da sir Charles Euan Smith, e le notizie pervenute da Tangeri tendono appieno a confermare quel concetto.

Ma, se ciò che qui mi pregio esporre a V.E. è coscienziosamente esatto, debbo in pari tempo osservare che la preoccupazione onde sono dominati oggidì gli uomini di Stato spagnuoli in generale, ed il marchese de la Vega de Armijo in particolare, è la seguente.

Malgrado gli sforzi delle Potenze impegnate alla tutela dello statu quo nel Marocco, non è lecito negare che le condizioni di quell'Impero rivestono un carattere di gravità sul quale non bisogna illudersi. Pur troppo, può da un dì all'altro scoppiare quella crisi che è precipuo scopo evitare, ma che fatalmente finirà per presentarsi. E siccome il giorno d'un cataclisma l'Inghilterra sarebbe costretta a prender posizione dall'altro lato dello stretto, il ministro di Stato non riesce a liberarsi dall'incubo che la Gran Bretagna, pur non avendo desiderio di giungere a quell'estremo, non possa radiare dal suo programma l'eventualità di uno sbarco a Tangeri, ch'essa avrà sempre il mezzo di tradurre in atto con un colpo di mano, prima che chicchessia si trovi in grado d'impedirlo.

Codesta opinione è sopratutto divisa dall'attuale sotto-segretario del Ministero di Stato, abile funzionario la cui voce eserciterà molta influenza sull'andamento di quel dicastero, se si avvera che il signor Sagasta ne assumerà l'interim per qualche tempo.

In mezzo ai timori di cui ho ragionato, è giusto però il dire, essere assai più paventato che la causa determinante di un'azione avventata da parte dell'Inghilterra sia prodotta, anzichè da un incentivo proprio, da una improvvisa usurpazione francese.

Prevale, pertanto, in definitiva, il criterio, che farà sempre più il tornaconto della Spagna, l'andar d'accordo col Gabinetto di Londra che con quello di Parigi, ed è su di ciò ch'io precisamente insisto, asseverando che la realizzazione della temuta eventualità cui in alto alludo, non verrà mai provocata dall'iniziativa della Gran Bretagna.

324 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Cfr. n. 294. Per la risposta cfr. n. 325. 325 l Cfr. n. 324. 2 Per la risposta di Brin cfr. n. 33 I. 326 l Cfr. n. 284.

327

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 398/128. Sofia, 26 marzo 1893 (per. il 2 aprile).

Ho l'onore di segnare ricevuta a V.E. dell'ossequiato dispaccio del 15 marzo corrente n. 9848/64 1•

Ho già parlato coi ministri bulgari signor Stambuloff e signor Grecoff, i due soli ministri che nel Gabinetto principesco si occupano di politica estera, nel senso delle savie istruzioni contenute nel sovralodato dispaccio ministeriale. Ho detto a questi signori che, amici come siamo leali e sinceri della Bulgaria, e desiderosi della pace in Oriente, noi riteniamo che il Governo principesco dovrebbe, con ogni studio, evitare tutto ciò che, senza una vera e ben provata necessità, potesse creare verso il Gabinetto di Pietroburgo un nuovo argomento di doglianza e dissidio.

Sia il signor Stambuloff, che il signor Grecoff, accettarono, con lieto animo, il consiglio e mi promisero che farebbero il possibile di evitare ogni nuova vertenza colla Russia e che si rendevano conto essere il n()stro consiglio molto savio. Il signor Stambuloff mi menzionò che farebbe attenuare lo stile aggressivo della stampa ufficiosa bulgara, eviterebbe di indisporre la Russia con nuove esecuzioni capitali, solo temeva che potessero nascere spiacevoli attriti ed incidenti se era vero che i russi preparavano sul confine rumeno a Braila una banda armata che, sotto pretesto di fomentare agitazioni in Macedonia volesse entrare in Bulgmia per recarsi sul territorio turco. Se questa ipotesi si verificasse la banda verrebbe esterminata dai gendarmi e soldati bulgari. Poco presto fede alla questione di questa banda di Braila che potrebbe essere un semplice parto delle immaginazioni di alcuni agenti segreti della polizia del signor Stambuloff in Rumania.

Il signor Grecoff mi confermò le stesse assicurazioni datemi dal signor Stambuloff ed inoltre aggiunse che circa ai reclami di denaro per parte della Russia il Governo principesco preparerebbe, fra alcun tempo, una risposta, molto cortese, al Gabinetto di Pietroburgo nella quale per altro i bulgari farebbero pur essi alcuni reclami di denaro al Governo imperiale; ma che questa corrispondenza passando per il tramite dell'agenzia o piuttosto del consolato generale di Germania in Sofia non potrebbe dar luogo a nessun attrito grave con Pietroburgo.

Non mancherò, ad ogni favorevole occasione che potrà presentarmisi, di parlare nel senso prescrittomi dagli ordini di V.E. Ho qualche motivo di credere che altri rappresentanti stranieri, fra i quali l'agente inglese, signor Dering, hanno, pur essi, dato degli avvisi e dei consigli di prudenza ai ministri principeschi nei suoi rapporti colla Russia.

327 l Cfr. n. 306.

328

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 401/131. Sofia, 27 marzo 1893 (per. il 2 aprile).

Nel mio rapporto delli 19 marzo corrente n. 351/115 1 , avevo menzionato a

V.E. la prima impressione, qui, della circolare russa. Ora debbo aggiungere, ancora, alcuni particolari sullo stesso argomento.

Alcuni giorni fa il signor Grecoff mi disse che il Governo principesco non aveva intenzione di rispondere alla questione, messa avanti dalla Russia, circa all'eredità del trono principesco di Bulgaria: questione che non poco impressionò sia la Corte che il Gabinetto di Sofia.

:ns ' Non pubblicato.

Io espressi al signor Grecoff che tale decisione mi pareva molto savia; poichè una risposta alla Russia, anche indiretta, farebbe correre il pericolo di far mettere in discussione tutta la questione bulgara, il che era contrario al Governo di Sofia.

Poco dopo ho visto il signor Stambuloff, alquanto eccitato sull'argomento dell'eredità del trono bulgaro, che mi disse che mi pregava di chiedere a V.E. l'opinione del R. Governo sulla questione dell'eredità del trono del Principato bulgaro. Io risposi al presidente del Consiglio che farei conoscere questo desiderio suo a Roma; ma che, forse e probabilmente, V.E. non crederebbe utile, ai bulgari stessi, di dare una risposta alla domanda.

Sono stato poi informato che ebbe luogo un lungo Consiglio dei ministri in cui si discusse la convenienza di preparare un memorandum per spiegare alle Potenze la questione dell'eredità del trono bulgaro. Il Consiglio dei ministri si sarebbe pronunciato pell'affermativa, cioè avrebbe deciso essere utile inviare il detto memorandum.

L'agente d'Austria-Ungheria parlò col signor Grecoff in un senso molto simile al mio, sconsigliando cioè qualsiasi passo che potesse far nascere una discussione internazionale sulla questione dell'eredità del trono bulgaro. Esso finì col dire al signor Grecoff: «potrete chiedere l'avviso del mio Governo in detto argomento; ma ignoro se il mio Governo crederà utile di darvi una risposta qualsiasi».

Il facente funzioni di commissario ottomano, Rechid bey parlandomi di questo memorandum in progetto, oggi stesso, diceva che non sapeva se uno Stato vassallo poteva inviare direttamente una memoria alle Potenze senza mettersi prima d'accordo collo Stato alto sovrano: tanto più che la Bulgaria non aveva avuto conoscenza della circolare russa che in via indiretta.

A questo discorso di Rechid bey mi sono permesso di osservare, a nome mio personale affatto, che nel tempo della guerra serba nell'autunno ed inverno 1885 e nel tempo della missione del generale barone di Kaulbars nel 1886, varie comunicazioni erano state inviate dal Gabinetto di Sofia alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, senza osservazioni della Sublime Porta.

329

IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 675. Washington, 28 marzo 1893, ore ... 1 (per. ore 6,30 del 29).

Presidente della Repubblica mi ha fatto dire dal segretario di Stato che egli manderà sicuramente, speciale, cordiale messaggio per nozze d'argento con i suoi personali sentimenti e della intera Nazione per i nostri sovrani e popolo italiano,

e che aveva sperato e vivamente desiderato far presentare tale messaggio da un ambasciatore2 . Egli teme ora che il tempo troppo vicino e le difficoltà politiche che egli incontrerebbe per la scelta di una persona degna dell'alto ufficio gli impediranno, suo malgrado, mandare ambasciatore pel 22 aprile. Posso assicurarla che il ritardo, che sarebbe breve, deriva unicamente dalla difficoltà di rimpiazzare il signor Potter che deve essere richiamato. La lotta per le ambasciate è tale che la stessa nomina dell'ambasciatore a Londra soffre ritardo, malgrado che le nuove credenziali del mio collega inglese fossero in viaggio. In vista dell'imbarazzo in cui si ·trova il presidente della Repubblica al principio della sua amministrazione e del manifesto suo desiderio di mostrarsi amico dell'Italia, credo che sia conveniente per noi seguire senza ritardo esempio Inghilterra, Francia e della Spagna le quali nomineranno il loro ambasciatore all'occasione apertura esposizione. Il nostro amichevole contegno faciliterebbe anche l'affare concernente Brasile sul quale feci oggi stesso prime aperture accolte con simpatia dal segretario di Stato 3 .

329 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

330

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 17/17. Aden, 28 marzo 1893 (per. il 9 aprile).

Facendo seguito al mio telegramma odierno 2 , mi pregio di spiegare all'E.V. la ragione per cui non ho creduto di accettare la lettera di Menelik a S.M. il Re. Il signor Riés, agente qui della casa Tian e del governatore di Obock, si presentò a me con un pacco di lettere di Menelik, mandategli, mi disse, da ras Makonnen. Mi presentò aperta quella indirizzata a Sua Maestà, esigendo in cambio una ricevuta.

Visto di che si trattava, ed accortomi che tutte le altre lettere dirette al presidente della Repubblica francese, e agli imperatori di Russia, di Germania ed Austria, erano chiuse e suggellate, mi sono ricusato di accettarla, dicendo che, trattandosi di una lettera all'indirizzo di Sua Maestà, la quale a differenza delle altre mi veniva rimessa aperta, non ero autorizzato a riceverla e consigliai il signor Riés di spedirla egli stesso direttamente a Roma.

Il mio rifiuto causò al signor Riés qualche imbarazzo; lasciò la lettera sul tavolo, dicendomi che l'avrebbe ripresa appena avesse rimesse le altre ai consoli delle rispettive Nazioni; e così fece ripassando da me poco dopo.

3 Per la risposta cfr. n. 331. 330 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 340-341.

2 T. 674, non pubblicato.

Per ogni buon fine accludo qui copia della traduzione della lettera, deducendola da quella che è unita al testo amarico, traduzione fatta tutta di pugno dal molto reverendo monsignor Taurin.

Com'ebbi a telegrafarle, il piego contenente le lettere reali, venne portato espressamente in Aden dallo stazionario francese di Obock, il quale ripartiva poche ore dopo.

Tutto ciò prova all'evidenza gl'intrighi francesi a nostro danno; intrighi di cui i principali autori sono il governatore di Obock, signor Lagarde, monsignor Taurin all'Harar, Chefneux e il prezzolato mezzano Ilg allo Scioa.

ALLEGATO

L'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK Il, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I

L. Addis Abeba, 27 febbraio 1893.

Dans l'intention et l'espoir d'affennir I'amitié existant entre I'Ethiopie et votre Royaume, j'ai accepté après commun accord, le traité d'amitié et de commerce condu à Outchali le 25 miazia de l'an 1881.

Depuis lors plusieurs faits se sont produits, qui nous ont inspiré des regrets et de la douleur. Le I 7ème artide ne se trouvant pas identique en italien et en amharique, nous vous en avons promptement averti. Mais votre réponse nous ayant fait défaut, nous en avons ressenti une grande douleur. Le comte Antonelli que vous avez envoyé avec de pleins pouvoirs, qui était votre représentant m'ayant dit: «Djan-hoi, pour qu'il ne s'élève point de querelle avec !es chefs du Tigrè, avant de partir, donnez-nous un officier de votre confiance, qui au milieu de nous fasse la démarcation des limites aux frontières». Je lui ai donné un de mes officiers de confiance, le dedjatch Mechacha. Après cela il me revient ayant enduré, soit à Asmara, soit à Massaua, de la part de chefs italiens, beaucoup d'humiliations et d'injures rabaissant et avilissant mon Empire. Aussi mon peuple lui-mème, ayant appris ces choses en est arrivé à concevoir de l'aversion et de I'éloignement pour toute alliance européenne.

Vos officiers brisant le traité, dépassant Jes limites, ont occupé le territoire à leur fantaisie; ils ont conclu un traité avec nos sujets. Comme tous ces actes m'avaient violemment affligé, je vous ai averti et des mauvais traitements infligés à mon envoyé et du fait d'avoir dépassé )es frontières.

C'est pourquoi considérant mon devoir relativement à l'artide 17ème je déclare que ma volonté est de ne pas renouveler le traité condu à Outchali le 20 miazia, l'an I 881, complété à Naples le 22 meskerem 1882 et qui expire le 24 miazia de l'an 1886; ma lettre d'aujourd'hui a pour but de vous faire connaìtre ma parole et de vous la faire accepter.

Toutefois mon intention n'est point de détruire l'amitié qui nous unit depuis le règne de votre père, je désire au contraire qu'elle s'affermisse, c'est pourquoi si votre armée commettant une injustice ne vient point nous mettre en hostilité, soyez persuadé que nous-mèmes, nous ne chercherons point de motifs pour une rupture. Maintenant que le Dieu très-bon et très-dément nous maintienne dans une amitié commune.

Que la réponse à cette lettre ne tarde pas comme celle qui était relative à l'artide dix-septième. l'ai I'éspérance qu'elle m 'arri vera bientòt.

329 2 Cfr. n. 325.

331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A W ASHINGTON, FAVA

T. 658. Roma, 29 marzo 1893, ore 22,25.

Come le telegrafai 1 la presenza d'un ambasciatore degli Stati Uniti alle nozze d'argento, come apprezzatissima dimostrazione di simpatia da parte della grande Repubblica, rimuovendo molte difficoltà d'ordine amministrativo, agevolerebbe l'immediata elevazione di codesta legazione ad ambasciata. In caso diverso converrà differire ogni decisione fino a che la cosa abbia potuto meglio studiarsi e trattarsF.

332

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA 1

Roma, 1° aprile 1893.

Il r. console ad Aden mi telegrafa 3 che sono pervenute al negoziante francese Tian, e vennero da esso rimesse ai rispettivi consolati lettere di re Menelik indirizzate in data 27 febbraio u.s., all'imperatore di Germania, all'imperatore d'Austria, alla regina di Inghilterra, all'imperatore di Russia ed al presidente della Repubblica francese. Analoga lettera destinata a S.M. il Re fu spedita direttamente dal signor Tian, non essendosi il nostro console generale creduto autorizzato di riceverla.

In queste comunicazioni il sovrano etiopico ripete le solite sue lagnanze contro l'Italia e specialmente contro le autorità di Massaua e dichiara di non voler rinnovare dopo i cinque anni il trattato stipulato ad Uccialli il 2 maggio 1889.

Non possiamo manifestamente riconoscere alcun valore alle dichiarazioni di Menelik, mentre l'articolo XVI del trattato parla soltanto di possibili modificazioni, le quali naturalmente dovrebbero formar oggetto di seria e pacata discussione fra i due Governi. Trattative per modificazioni di questo genere sono state ultimamente intraprese, in seguito ad espresso desiderio del negus, ed il dottor Traversi, delegato a negoziarle, deve essere arrivato ad Adis Abeba ai primi del mese decorso, ossia dopo che le circolari di Menelik erano state spedite 4 .

2 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 121211178, a Londra col n. 12122/145, a Pietroburgo col n. 12123170 e a Vienna col n. 12124/276. Analogo dispaccio venne inviato all'ambasciata a Parigi in pari data col n. 12120/273.

3 Cfr. n. 330, nota 2.

4 Cfr. n. 299.

Sebbene questa circostanza tolga senza dubbio importanza alle dichiarazioni dell'imperatore, ci preme tuttavia di mettere in chiaro presso le varie Potenze che il

R. Governo ritiene il Trattato di Uccialli in perfetto vigore e per nulla suscettibile di essere denunziato, e che la nostra posizione politica verso l'Etiopia rimane quale fu notificata ai varii Stati nell'ottobre 1889, e da essi riconosciuta.

(Per Berlino, Londra, Vienna). Gradirò che V.E. tenga parola al cancelliere imperiale (al ministro degli affari esteri) di questo modo di vedere del Governo italiano e ne ottenga la acquiescenza. Né dubitiamo menomamente che codesto ministro vorrà, come in altra consimile occasione, anche nella presente tenere conto, di fronte allo scritto di Menelik, della situazione che il vigente trattato gli ha creato rispetto al R. Governo.

(Per Pietroburgo). Gradirò che V.E. tenga parola al ministro degli affari esteri di questo modo di vedere del Governo italiano e ne ottenga acquiescenza.

331 l Cfr. n. 325. 2 Per il seguito della questione cfr. n. 387. 332 l Ed. in L'Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 343-344.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

T. 676. Roma, 2 aprile 1893, ore 23.

L'ambasciatore Vlangali mi ha annunciato ufficialmente la venuta del granduca e della granduchessa Vladimiro come rappresentanti l'imperatore alle nozze d'argento dei nostri sovrani. Riferii tosto l'annuncio a Sua Maestà che si mostrò sensibilissima a questo nuovo pegno di preziosa amicizia da parte dell'imperatore Alessandro. Le Loro Altezze saranno in Italia ospiti graditissimi.

334

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARA TIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 516. Massaua, 2 aprile 1893 (per. il 15).

In seguito al telegramma della E.V. in data del 30 marzo2 ed alla copia della lettera del negus neghesti 3 inviatami dal signor console generale Cecchi, ho creduto di scrivere al dottore Traversi la seguente lettera:

«Mi fu comunicata la lettera scritta il 27 febbraio dall'imperatore Menelik a

S.M. il Re d'Italia e quantunque mi abbia recato dispiacere per la sostanza e per la forma, nutro fiducia che ella, malgrado le correnti avverse, saprà dissipare gli

2 T. 654, in realtà del 29 marzo, non pubblicato.

3 Cfr. n. 330, allegato.

equivoci, riconquistare il terreno e compiere felicemente la missione affidatale dal Governo di Sua Maestà.

Io la ho tenuta successivamente informata del corso degli avvenimenti oltre il Mareb e dell'assidua cura da me posta per indurre i ras tigrini a fare atto di sottomissione al loro legittimo sovrano. Ella sa quanta resistenza io abbia dovuto vincere e come io mi sia dichiarato contro ras Alula perché questi era contrario al viaggio di Borumieda. Ella sa come abbia rifiutato sempre ogni soccorso ai ras tigrini anche di grano per scongiurare la fame, dicendo che nulla avrei concesso prima che fosse intervenuto un convegno fra l'imperatore Menelik e ras Mangascià. Ed a questo convegno alla fine di settembre subordinavo l'accettazione di un abboccamento propostomi da ras Mangascià.

Il capitano De Martino ad Adua fu l'interprete fedele di questo indirizzo politico: donde venne la inimicizia contro lui di ras Alula, il quale era ed è il principale avversario dell'alta signoria di Menelik sopra i capi tigrini.

Quando ras Alula abbandonato dai suoi seguaci fu vinto e preso, il Governo dell'Eritrea non mancò di consigliare a ras Mangascià di farla finita col fedifrago ribelle appunto perché era il principale impedimento alla pacificazione dell'Abissinia sotto l'egemonia dell'imperatore. E quando ras Mangascià, trascinato dal clero, concesse a ras Alula il perdono, io per dimostrare la mia disapprovazione richiamai a Massaua il capitano De Martino ed i coniugi Bent sudditi inglesi, che si erano recati ad Axum.

Ella con questi fatti e cogli altri che sono a sua conoscenza, sia pel suo soggiorno a Massaua, sia per le notizie inviatele, potrà attenuare e magari cancellare i sospetti di Menelik contro il Governo eritreo manifestati nella lettera a S.M. il Re in data del 27 febbraio, sospetti provenienti da informazioni inesatte o svisate ovvero spiegate dalla diffidenza o dalla avversione interessata in modo assolutamente contrario alla verità.

Ella colla lettera di S.M. il Re, con quella di S.E. il ministro degli esteri e colla prova dei fatti completati dall'ultimo del richiamo del capitano De Martino da Adua a Massaua, avrà campo di dimostrare la condotta leale e sincera del Governo eritreo, salvo che l'imperatore non sia vittima di un partito preso.

Ad ogni modo V.S. conosce tutte le nostre risorse militari e politiche e sa come il potere nella Colonia abbia solido fondamento nel benessere dei sudditi indigeni, che si espande anche fuori delle frontiere e nel valido e saldo ordinamento militare. Gli intendimenti del Governo sono di dare alla Colonia la pace e la prosperità. Perciò fu liberato il territorio dai briganti e represse ad oltranza le razzie; perciò si fanno dovunque strade, si scavano pozzi e si regolano le acque; perciò si ordinano le tribù assegnando loro fertili territori. Noi non abbiamo nemici che verso il Sudan, nemici comuni a tutti i cristiani principalmente ai copti, nemici comuni all'Etiopia e all'Eritrea; ma sulla nostra frontiera occidentale essi sono sgominati tanto che anche da quella parte la sicurezza è perfetta.

È dunque nell'interesse così dell'imperatore come della Colonia Eritrea di conservare e di promuovere i rapporti di amicizia mediante trattati. Questo vuole

S.M. Umberto I. Se il sovrano dello Scioa era coll'Italia in ottime relazioni al tempo del glorioso re Vittorio Emanuele quando l'Italia non aveva nessun possedimento in Africa, tanto più lo dovrebbe essere ora che l'Italia ha acquistato una Colonia potente, le quale si estende dal Gasc fino al Mar Rosso e tocca ai domini ed ai popoli di S.M. l'Imperatore di Etiopia.

Con lettera del 18 marzo4 le ho dato ragguagli intorno alla situazione nel Tigrè: ora aggiungo che essa è mutata di poco. Ras Mangascià scrive lettere sopra lettere e ripete sempre le medesime cose. Promette formalmente di recarsi al convegno con Menelik; ma asserisce che Menelik stesso lo consiglia di sbarazzarsi prima di ras Alula. Egli mi chiede i mezzi di farlo: cioè cannoni, artiglieri, munizioni e via discorrendo. Ma ciò sarebbe intervenire nelle cose del Tigrè, alle quali in omaggio all'imperatore io devo tenermi estraneo, tanto più nell'ambiente di diffidenza che spira alla Corte di Addis Abeba.

E poi, malgrado le proteste di fitaurari John e le calde espressioni di pentimento di ras Mangascià per il perdono concesso a ras Alula, io non sono ben sicuro che gli sia un'altra volta perdonato il tradimento e il doppio spergiuro, quando vinto si ripresenti col sasso al collo dinanzi a Mangascià.

Ella può, se lo crede conveniente, far osservare al negus neghesti come se noi fossimo in diretta e pronta relazione, io potrei rendergli i servizi che fossero reclamati dalla sicurezza e dalla pace nei suoi dominii finitimi alla Colonia, con grande vantaggio dell'una e dell'altra parte.

Lontano dall'ambiente io non posso suggerire alla S.V. nessuna linea di condotta. Le invio soltanto le notizie e le idee salienti che possono giovarle nella di lei difficile missione che mira a stabilire i migliori rapporti possibili fra l'Etiopia e l'Eritrea a vantaggio della pacificazione della grande zona d'influenza italiana.

Per il caso remoto, ma possibile, che ella non abbia conoscenza diretta della lettera scritta dal negus neghesti a S.M. il Re d'Italia, le unisco qui copia autentica della traduzione».

334 1 Ed. in L'Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 345-347.

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. 12363/93. Roma, 4 aprile 1893.

Ringrazio la S.V. illustrissima del rapporto del 27 marzo u.s. n. 401/131 affari politici 1 ed approvo pienamente il linguaggio da lei tenuto tanto col signor Grecoff quanto col signor Stambuloff riguardo al contegno più conveniente per la Bulgaria di fronte alla questione messa avanti dalla Russia circa l'eredità del trono bulgaro.

Non sembra infatti che possa giovare al Principato il portare tale questione davanti alle Potenze, e ritengo che neppure ad esso convenga di provocare, in proposito, l'opinione singola di questa o di quella Potenza.

Il Governo principesco, infatti, non potrebbe evidentemente giovarsi di una isolata dichiarazione che qualche Potenza fosse eventualmente per fare in favore del suo assunto; mentre, per converso, se l'opinione manifestata fosse contraria ai suoi desideri, tale fatto aggraverebbe, senza confronto, l'attuale sua posizione.

334 4 Non pubblicata. 335 l Cfr. n. 328.

336

L'AMBASCI-ATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 330/197. Londra, 6 aprile 1893 (per. il 13).

In obbedienza alle istruzioni impartitemi con il dispaccio del l o aprile2 , ho esposto oggi, in occasione di una mia visita al Foreign Office, che, per il tramite del negoziante francese Tian, il re Menelik avea spedito a parecchi sovrani di Europa una sua lettera contenente la dichiarazione di non voler egli rinnovare con l'Italia il trattato, stipulato il 2 maggio 1889, quando saranno spirati i cinque anni dalla stipulazione del medesimo. Dissi a sir F. Currie, che ricevette questa mia comunicazione, che ove una simile lettera pervenisse a S.M. la Regina di Inghilterra, io dovrei tosto far conoscere a S.M. Britannica ed al suo Governo che alla dichiarazione del sovrano etiopico noi non riconosciamo alcun valore mentre il Trattato di Uccialli è in pieno vigore e non può essere denunciato.

Questo signor sotto segretario di Stato mi disse a sua volta che la lettera, della quale io parlavo, non era ancora pervenuta al Governo inglese il quale non sapeva neppure finora che essa fosse stata spedita. Nel caso essa pervenisse più tardi, il Governo italiano ne sarebbe tosto informato 3 ed allora, io credo, sarà il moment.o di opporre alla medesima la dichiarazione formale del nostro modo di vedere. Non mi pare che qui vi siano disposizioni favorevoli per sostenere Menelik nel suo tentativo di sottrarsi alla influenza italiana.

337

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. RISERVATO 22/22. Aden, 6 aprile 1893 (per. il 15).

Gl'intrighi francesi all'Harar e allo Scioa, dei quali l'autorità locale venne esattamente ragguagliata dal capitano Swayne, attualmente all'Harar, hanno prodotto qui cattiva impressione. Il colonnello Stace, parlandomene pochi giorni or sono, mi diceva che trovava opportuno che il Governo inglese e quello italiano si mettessero d'accordo e cercassero di porre un freno all'invadente politica francese in questa parte d'Africa.

Non v'è dubbio, in questa lotta d'interessi, di preponderanza e di espansione coloniale, le simpatie di questa autorità sono per noi. Essa, pur di togliersi dal

2 Cfr. n. 332.

3 Copia della lettera fu rimessa a Tornielli il 2 maggio (T. 1022 del 3 maggio, non pubblicato). 337 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 348-349.

contatto col governo di Obock e attenuare l'azione sua, la quale minaccia, oltre ai nostri, gl'interessi inglesi nel territorio Somali, non sarebbe, mi pare, aliena, se giovasse, di appoggiare presso il Governo di Londra ·la cessione di Zeila all'Italia.

A questo proposito, Stace mi diceva: «Zeila, per noi che abbiamo Berbera e Bulhar per salvaguardare i nostri interessi nel territorio Somali, ha una importanza minima e non saprei vedere una seria difficoltà da parte del Governo inglese, perché questo scalo venga ceduto all'Italia, colla quale noi ci troveremo sempre d'accordo».

Non Io so per certo, ma credo che Stace, di fronte ai crescenti intrighi francesi, abbia subito scritto qualche cosa in questo senso a Iord Cromer al Cairo2•

336 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 348.

338

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 549. Massaua, 7 aprile 1893 (per. il 21 ).

Da quasi un mese la situazione nel Tigrè non è variata. Ras Alula si tiene sopra un'amba nell'A vergallè e ras Mangascià accampa a qualche distanza con forze abbastanza ragguardevoli rispetto a due o trecento seguaci di Alula; ma non si sente in grado di catturare il ribelle e scrive a me lettere su lettere per chiedere soccorsi, insistendo per avere un cannone con alcuni artiglieri. Secondo le quotidiane notizie, intorno all'amba si va badaluccando senza farsi alcun male.

Oltre a chiedere, ras Mangascià promette di punire ras Alula per la sua fellonia e pel mancato rispetto al residente italiano, annunzia di avere avuto ordini dall'imperatore Menelik di ritardare la sua gita allo Scioa, deplora il richiamo di De Martino e prega lo si voglia rimandare.

II 2 aprile giungeva qui fitaurari John, cui ras Mangascià dopo la seconda ribellione di ras Alula aveva concesso i proventi della dogana di Adua, più che altro, mi parve, per tastare terreno e vedere se effettivamente il Governo eritreo fosse avverso a ras Mangascià e gli negasse protezione per punirlo nella trascuratezza e debolezza nel seguirne i consigli, come correva voce in tutto il Tigrè.

Nelle conversazioni avute con fitaurari John, io gli espressi la mia simpatia ed il mio interessamento per la persona del legittimo capo del Tigrè; non nascosi la mia sorpresa ed il mio dispiacere per la di lui condotta verso ras Alula e per la mancata soddisfazione al residente italiano; soggiunsi che non credevo opportuno di intervenire nel Tigrè anche perché ciò avrebbe scemato il prestigio di ras Mangascià non solo rispetto ai suoi, ma eziandio rispetto all'imperatore Menelik; il ras aveva abbastanza forza per punire il traditore; del resto io non potevo dar nulla se non avevo tutte le guarentigie intorno alla politica che avrebbe seguito ras Mangascià. E in questo senso oggi gli scrivo una lettera.

338 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 350-352.

Fitaurari John poco ebbe a rispondermi. Tanto lui quanto il signor Schimper, suo genero, assicurano che ras Mangascià fino dal gennaio l'avrebbe finita con ras Alula se non fosse stato guerriero ed amico del di lui padre; al primo perdono il giovane ras troppo buono, si era lasciato trascinare dai preti, dalle donne piangenti, dalle tradizioni di famiglia; bisognava trattarlo bene per sottrarlo ai consiglieri contrari agli italiani ecc. Io osservai soltanto che ras Mangascià era troppo intelligente per non vedere come senza l'appoggio dell'Eritrea egli andrebbe incontro a certa rovina.

Per esperienza so che con gli abissini, così incerti, varii e tentennanti, più che cogli altri, vale il contegno determinato, conseguente e fermo e che la condiscendenza alle domande è considerata come debolezza. Ma qualche cosa sarà bene di concedere anche per smentire le voci corse in Tigrè a danno di Mangascià, cui viene dato biasimo per non avere saputo mantenere l'amicizia degli italiani.

Tanto fitaurari John quanto Schimper mi hanno fatto capire che in tutto il Tigrè, e particolarmente vicino alle nostre frontiere, l'Italia è tenuta in grande considerazione e che non pochi, specialmente del popolo, fanno voti per l'occupazione italiana nella speranza di un avvenire riposato e tranquillo. E questa disposizione di animi favorevole mi viene confermata non solo dal nostro residente cav. De Martino ma eziandio dal signor Bent, il quale oltre frontiera ha potuto conversare con capi e con preti tigrini.

John e Schimper, sostenuti anche in questo da De Martino, asseriscono che ras Mangascià preferirebbe d'assai la sovranità del Governo eritreo a quella dell'imperatore d'Etiopia.

Io per vero non do grande peso a cotali dichiarazioni avvezzo come sono al caleidoscopio abissino. Ma le noto all'E.V. come sintomo della situazione; e così noto le avversioni sempre rinascenti in Tigrè contro l'egemonia dello Scioa, avversioni che spiegano in parte come ras Alula abbia ancora seguaci, come parecchi capi e, primo fra essi ras Sebath, si tengano in disparte, e come mai si venga ad una conclusione pel viaggio tante volte progettato, e pare sinceramente preparato, di ras Mangascià a Borumieda.

Del resto la fiacchezza di ras Mangascià rende i suoi capi riluttanti e disobbedienti e si rispecchia nell'esecusione dei suoi ordini. Così malgrado le reiterate proibizioni, un sottocapo dell'Adiabo Uolde Israel in questi giorni ha passato il Mareb per razziare nei Baza; ma la sua razzia ha abortito appena segnalata dalle nostre bande.

Ad ogni modo ieri sera, dopoché fitaurari John aveva già fatta la sua visita di congedo, mi giunse una lettera di ras Mangascià dal campo contro ras Alula in data del 25 marzo, nella quale asserisce come l'imperatore lo abbia indotto a passare la stagione delle piogge nel Tigrè, mi prega di concedergli un convegno nel prossimo giugno e torna alla carica colle solite domande per De Martino, per gli artiglieri, pei cannoni, per le cartucce. È poi tale la sua premura per il convegno che scrive ad altre persone perché mi persuadano alla condiscendenza.

Un convegno con Mangascià preparato a dovere potrebbe essere utilissimo a pacificare l'Etiopia ed a raffermarvi la nostra protezione; e potrebbe anche giovare coll'imprimere in chi ne avesse bisogno un'idea salutare della potenza italiana e del valore della nostra amicizia. E poi un secondo rifiuto potrebbe gettare Mangascià nelle braccia degli avversari così di Menelik come della Colonia Eritrea.

È d'uopo tuttavia osservare come il convegno secondo le circostanze potrebbe essere utile a tenere in riga Menelik ove, nella nuova fase delle sue relazioni con noi, volesse uscirne: e potrebbe anche essere dannoso in date contingenze col suscitare antichi sospetti e diffidenze in momenti nei quali il negus neghesti fosse inclinevole ad un equo componimento circa la vertenza del Trattato di Uccialli.

Perciò io ora rispondo evasivamente e cortesemente pur non declinando l'invito che può svanire con un colpo di vento e intorno al quale vi è tempo di pensare tre mesi. Ma frattanto mi rivolgo all'E.V. per istruzioni affinché poi un telegramma basti a momento opportuno per determinare l'accettazione o no secondo l'ambiente. Può darsi che frattanto il dottor Traversi riesca a far comprendere alla Corte di Addis Abeba come il Governo eritreo nulla abbia fatto per esautorare l'imperatore e come anzi da parecchi mesi abbia sempre cercato di indurre Mangascià a far atto di sottomissione e come a questo contegno favorevole allo Scioa si debba la levata di scudi di ras Alula. In questo senso scrivo al dottor Traversi incaricando di studiare la situazione e di darmi le necessarie informazioni. Col dottor Traversi spero di avere un'altra via di comunicazione per Adiquala, Macallè e i Vollo Galla.

Il capitano De Martino è qui ora a Massaua e chiede di andare in licenza. Dopo le traversie da lui subite credo conveniente concederla tanto più che per ora e per qualche tempo ancora non credo conveniente rimandare (se pur si dovrà rimandare) nessun residente ad Adua od al campo di ras Mangascià: e che nel caso si renda ciò necessario per determinare il convegno o per altro motivo, vi è chi può sostituire il De Martino in ogni delicata missione dove sia impegnata la dignità e l'interesse del Governo.

337 2 Per la risposta cfr. n. 354.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 720. Roma, 9 aprile 1893, ore 13,45.

Vengono per le nozze d'argento sovrani o principi di Germania. Austria-Ungheria, Russia, Inghilterra, Portogallo, Grecia e Montenegro. Mandano inviati speciali Turchia, Belgio, Baviera e Sassonia. Altri invii si attendono. È singolare il silenzio della Spagna. L'assenza completa sarebbe certamente assai notata. Ciò per norma confidenziale del suo linguaggio 1•

339 I Cfr. n. 341.

340

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 782/290. Vienna, 9 aprile 1893 (per. 1'11).

Il Fremden Blatt ha pubblicato nel suo numero d'oggi un articolo il cui contenuto credo mio debito di riferire all'E.V.

In questo articolo si afferma che una corrispondenza apparsa non ha guari in Italia aveva recato la notizia, diffusa di subito dalla agenzia «Havas» secondo cui l'imperatore Francesco Giuseppe si sarebbe scusato per iscritto presso il papa pell'invio dell'arciduca Ranieri alle feste per le nozze d'argento dei reali d'Italia attribuendolo a necessità politiche ed a riguardi di cortesia. Dopo aver aggiunto che tale preteso scritto era stato smentito dal corrispondente romano della Vossiche Zeitung la nota osserva che quel giornale fece giustamente rilevare come tale notizia era stata fin dal primo momento considerata quale una mera invenzione da tutti coloro che conoscono il deciso sentimento dell'imperatore Francesco Giuseppe. E a questo riguardo la nota riproduce le dichiarazioni fatte in proposito dalla Vossiche Zeitung che sono del tenore seguente «L'imperatore Francesco Giuseppe è uomo pio e fedele cattolico, molto deferente al papa, ma non affatto disposto a lasciarsi influenzare dal Vaticano nelle sue decisioni. Il Vaticano ben lo sa, avendo ciò appreso a proprie spese, onde si astiene saggiamente dall'eccitare il sentimento dell'imperatore con consigli insistenti o tentativi di interventi politici».

La riproduzione di questa smentita e delle osservazioni che l'accompagnano nell'organo ordinario di questo Ministero imperiale e reale degli affari esteri equivale ad una conferma autorizzata, e a questo titolo ho creduto bene di segnalarla all'attenzione dell'E.V.

341

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 732. Roma, 11 aprile 1893, ore 12,21.

Regina reggente di Spagna manda per le nozze d'argento il duca d'Alba 1 .

341 l La notizia era stata data da Maffei con T. 772 del IO aprile, non pubblicato.

342

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 814. Vienna, 12 aprile 1893, ore 19,25 (per. ore 20,55).

Ho veduto principe di Bulgaria. Lo impegnai a non mettere il re né V.E. nella necessità di ricusare una udienza sia a lui sia a Stambuloff. Mi ha assicurato che si limiterebbe a telegrafare al re ed a visitare, come ella sa, la regina d'Inghilterra.

343

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTT ARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 145/89. Pietroburgo, 12 aprile 1893 (per. il 19).

Conforme alle istruzioni impartitemi dall'E.V. col dispaccio del 1° corrente (divisione I, sezione II) n. 12123/702 , ho in occasione del suo consueto ricevimento ebdomadario tenuto oggi parola al signor Scisckin del modo di vedere del Governo del re per quanto concerne in genere la situazione politica dell'Italia verso l'Etiopia, ed in ispecie la velleità di denunzia del Trattato d'Uccialli della quale l'imperatore Menelik avrebbe intrattenuto in una sua recente lettera circolare i principali sovrani europei.

Il reggente il Ministero imperiale degli affari esteri nel ringraziarmi della mia comunicazione mi disse che a sua saputa non era pervenuta in questi ultimi tempi allo zar alcuna lettera dell'imperatore Menelik.

344

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 89 bis. Let Marefià, 12 aprile 1893 (per. il 1° agosto)2.

Subito dopo la partenza del mio rapporto n. 83 del 30 marzo3 da Addis Abeba, Sua Maestà mi accordava un nuovo colloquio per discutere sull'accomodamento

254 dell'art. 17. Io dissi all'imperatore francamente che dal momento che Sua Maestà aveva mancato alla sua parola non aspettando la risposta alle sue lettere, come era stato convenuto, il mio compito era finito e che dovevo aspettare le istruzioni del

R. Governo. Gli dissi anche con uguale franchezza che se io avessi potuto supporre le cattive intenzioni sue non avrei portato le cartucce. Che del resto i due milioni di cartucce mandate dal R. Governo non le consideravamo un pericolo per noi: esse volevano dire due cose: volevano dire amicizia, ma volevano anche dire sicurezza della nostra forza perché un Governo pauroso e debole non dà cartucce a chi non sa ancora se è amico o nemico. Questo parlar franco, al quale l'imperatore non è stato mai abituato da nessuno, nemmeno dagli europei, lo scosse in modo che voleva scusare la denunzia del trattato con mille pretesti.

Il tempo utile per fare la denunzia stava per cadere, diceva, le cartucce non erano ancora arrivate; temeva che l'art. 17 non sarebbe stato accomodato e via di seguito: si capiva che era stato consigliato. Tutte cose inesatte, dissi io: quando arrivai allo Scioa mancavano ancora tre mesi al due maggio, tempo fissato per proporre le modificazioni; quando Sua Maestà denunziò il trattato le cartucce erano nel suo paese e sapeva già che io portavo l'accomodamento dell'art. 17. E siccome Menelik non sapeva più trovar risposte a queste mie osservazioni mi parve giunto il momento di tentare anche un'altra prova. Per confonderlo maggiormente gli feci intravedere che il R. Governo si sarebbe accontentato di sostituire l'art. 17 con un altro nel quale Sua Maestà si fosse impegnata di non accettare il protettorato di nessun'altra Potenza. «Se me lo aveste fatto saper prima» fu l'esclamazione dell'imperatore. Gli feci allora comprendere che colla buona volontà saremmo stati sempre a tempo ad accomodar tutto, ma dal momento che ras Makonnen doveva andare a Gibuti era inutile parlare più. Il R. Governo quell'andata, dopo tante premure, l'avrebbe considerata come un atto ostile e per un anno ancora, senza dubbio, avrebbe lasciato l'art. 17 e tutto il trattato come era e lo avrebbe fatto valere. Dopo questo lasciai cadere la questione; avevo detto abbastanza ed era opportuno che Menelik avesse tempo di riflettervi sopra. La conversazione prese allora un tono confidenziale: Menelik mi domandò del perché l'Italia insisteva tanto a che l'Abissinia non si mettesse sotto il protettorato di alcun'altra Potenza. Ringraziai l'imperatore di avermi porto un argomento, che io di mia iniziativa non avrei potuto trattare per delicatezza. Ricordai a Sua Maestà gli aiuti di ogni genere, che aveva ricevuti dal nostro Paese quando tempi difficili correvano per lo Sioa, ciò che Menelik confermò con parole di riconoscenza. Dissi che in compenso avevamo avuto un trattato, che garantiva i nostri commerci e cementava sempre più l'antica amicizia. Gelosia d'avversari però aveva fatto vedere all'imperatore non so quali pericoli in quel trattato, che così era divenuto causa di dissidio fra vecchi amici. Il Governo italiano preferendo al trattato la buona armonia aveva mostrate le migliori intenzioni per una conciliazione (e il mio ultimo viaggio ne era una prova); l'imperatore doveva quindi convenire che l'Italia non poteva vedere di buon occhio dare ad altri quello che a lei si rifiutava dopo tante prove d'amicizia e tanti sacrifizi. Menelik non poté che approvare quanto io gli dicevo e così quei pochi che si trovavano presenti al colloquio. Seppi poi che il soggetto della nostra conversazione fu argomento di discussione (e vuolsi in senso a noi favorevole) colla regina e con altri personaggi. Naturalmente ora mi adopero per persuadere l'imperatore ad accomodare l'art. 17, come il più importante, intanto che dal R. Governo verranno le risposte per le altre modificazioni. Il lavoro però non è facile, anche perché non posso mostrarmi troppo premuroso: oggi il progetto più innocente desta sospetto. Domani parto per Addis Abeba da dove farò noto all'E. V. il risultato delle mie trattative. Intanto sarebbe bene che il R. Governo rispondesse alla denunzia di Menelik con una lettera un po' fiera. Io non so di preciso quello che ha scritto l'imperatore, ma credo che abbia proposte molte e molte modificazioni a tutti gli articoli e credo che abbia parlato anche dei confini. Questa questione si dovrebbe dimenticare, chè Menelik se la ricorda solo quando gli altri gliela richiamano alla memoria: pel resto si dovrebbe accusare il ricevimento, la presa in considerazione e dire che il R. Governo studierà le modificazioni proposte: che intanto ci si permette di ricordare alla Maestà Sua che tutto il trattato, l'art. 17 compreso, ha vigore fino al 2 maggio 1894. Mi servirò, non mi servirò di questa risposta, quando V.E. la creda opportuna, non lo so: dipenderà dalle circostanze. Menelik cui pesa, o meglio, cui fanno tanto pesare quell'articolo alla lettura di una simile risposta credo che potrebbe venire a miglior consiglio, caso che avvenimenti nuovi lo allontanassero ancora di più da noi.

Let Marefià, 6 giugno 1893.

P.S. -Ora che conosco la lettera scritta il 27 febbraio scorso da Menelik al nostro augusto sovrano per la risposta si adatta meglio, secondo me, quello che io propongo nel rapporto n. 1074 .

343 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 353. 2 Cfr. n. 332. 344 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 406-408. 2 Il rapporto fu spedito il 12 aprile ma non pervenne a Roma. Si pubblica la copia che fu inviata il il 6 giugno con l'aggiunta del P.S. 3 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 379-380.

345

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 825. Belgrado, 14 aprile 1893, ore 9,40 (per. ore 9,50).

Colpo di Stato questa notte il re Alessandro ha deposto Reggenza ed assunto in persona Governo. Popolazione tranquilla soddisfatta.

346

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. CONFIDENZIALE URGENTE. Vienna, 14 aprile 1893.

Il 29 corrente si procederà a Trieste al varamento dell'incrociatore «Imperatrice Regina Maria Teresa». Sono invitati alla cerimonia, e alle festività che avranno luogo per la circostanza, tutti gli addetti militari esteri presenti ora a Vienna, e quindi anche il luogotenente colonnello Pollio. Questi è venuto a chiedermi se

doveva rendersi all'invito e mi espose il dubbio che l'uniforme militare italiano a Trieste possa essere fatto segno di dimostrazioni imbarazzanti.

Ora, se il tenente colonnello Pollio si trova in Austria in quella occorrenza, non può dispensarsi dall'accettare l'invito, giacché tutti gli altri addetti militari lo accettano. Se l'accetta, si espone al pericolo delle dimostrazioni. In tale stato di cose, sembra a me che il miglior partito sarebbe che il tenente colonnello Pollio fosse chiamato a Roma per l'occasione delle celebrazioni delle nozze d'argento, come lo furono gli addetti militare e navale d'Italia a Berlino. La circostanza che un arciduca assiste alle nozze d'argento, e che il Pollio appartenne alla casa militare del re, rendono questo invito a Roma perfettamente naturale. E così si eviterà l'inconveniente di un rifiuto non abbastanza giustificato d'andare a Trieste e l'eventualità delle dimostrazioni.

Abbia la bontà di sottomettere la cosa al re d'accordo col ministro della guerra e mi telegrafi il più presto che potrà, perché importa che il Pollio possa scusarsi a tempo.

P.S. -Per guadagnar tempo il r. ministro della guerra potrebbe telegrafare direttamente al tenente colonnello Pollio 1•

344 4 Cfr. n. 412.

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. 776. Roma, 15 aprile 1893, ore 14,45.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria mi ha comunicato confidenzialmente un telegramma del suo Governo relativo alle cose di Serbia 1• Il ministro di Serbia a Vienna avendo dato notizia dei recenti avvenimenti al conte Kalnoky ed espresso la speranza che il Regno avrebbe potuto continuare a contare sulla benevolenza e sull'appoggio del Governo imperiale e reale il conte Kalnoky ha risposto in termini di simpatia e manifestando la fiducia che, cessate le lotte dei partiti, la Serbia possa oramai godere d'un'era di quiete e prosperità2 .

avvisandoti che ho telegrafato a Pollio in questi termini: "Ministero desidera ella trovisi Roma in occasione nozze argento Loro Maestà. Prego quindi partire al più presto. Pelloux"». 347 l Si tratta del colpo di Stato di cui al n. 345.

1 Si pubblicano qui alcuni passi del R. 100/41 del 15 aprile con cui Galvagna dava maggiori particolari sul colpo di Stato: «Tutto ciò fu compiuto, col fav or della notte, all'insaputa di tutti, ed il pubblico non ebbe conoscenza del grave avvenimento che l'indomani mattina quando sui muri della città fu affisso il proclama col quale re Alessandro annunciava alla Nazione di avere assunto il potere. La notizia fu accolta con giubilo dalla popolazione che si sentì .:ome sollevata dall'incubo che da qualche tempo la opprimeva, e che applaude all'ardita iniziativa del re... Come al solito si volle attribuire l'avvenuto mutamento di regime in Serbia all'influenza di estere Potenze. e particolarmente all'influenza della Russia che aveva interesse al ritorno dei radicali al potere. Ma, di scienza certa, posso affermare a

V .E. (e la cosa è abbastanza strana per essere rilevata) che il mio collega di Russia fu dai radicali stessi, suoi amici. tenuto all'oscuro di quanto tramavasi, e non ne ebbe conoscenza che a fatto compiuto, al pari di noi tutti; del che egli si mostrò un poco sorpreso ed anche irritato».

346 1 Cfr. la seguente L. personale di Pelloux a Brin del 16 aprile: «Ti rimando la lettera di Nigra,

348

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, VIVIAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Roma, 15 aprile 1893.

Je vous remercie de votre communication de la dépéche de votre consul général en Egypte. Il paraìt que la démonstration française n'a produit aucun effet. Tant mieux.

J'avais informé lord Rosebery que vous m'aviez demandé si je croyais que l'envoi de quelques bàtiments italiens à Alexandrie pourrait étre utile à ce moment. Il m'a prié de vous remercier sincèrement pour votre amicale suggestion et de vous dire que, pour le moment, il est d'avis qu'il serait mieux d'éviter cet envoi qui pourrait donner à la démonstration française une importance qu'elle ne possède pas ostensiblement1 .

P.S. -J'espère que la visite à la Villa Palmieri a bien passé.

349

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA

T. URGENTE 781. Roma, 16 aprile 1893, ore 13,30.

Il r. ministro a Belgrado annuncia 1 che il re Alessandro invia a Sua Maestà per le nozze d'argento una sua lettera di felicitazioni preceduta dalla notificazione ufficiale della sua assunzione. Prego telegrafarmi immediatamente se codesta Corte ammetterà, come ritengo, senz'altro la analoga notificazione che sarà per pervenirle2 .

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA

T. 789. Roma, 17 aprile 1893, ore 13,45.

Può assicurare che il re riceverà con piacere tanto le felicitazioni del re Alessandro quanto l'annunzio del suo avvenimento al trono.

inglese. Tornielli riferì con R. riservato 431/267 del 6 maggio che Gladstone aveva detto: «There is no special title on the part of France to intervene on this subject» e aggiunse: «Per quanto ci riguarda, questo, pare a me, sia il punto più notevole della pubblica dichiarazione del primo ministro inglese e non avremmo motivo di dolercene». 349 l T. 857 del 15 aprile, non pubblicato.

2 Non si pubblicano i telegrammi di risposta (T. 868 da Vienna, T. 876 da Berlino e T. 889 da Londra, del 17 aprile e T. 908 da Pietroburgo del 18 aprile) che riferivano tutti l'intenzione dei diversi Governi di riconoscere l'assunzione dei poteri reali da parte di re Alessandro.

348 1 Il ]0 maggio successivo si tenne alla Camera. dei Comuni una discussione sulla politica estera

351

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 887. Madrid, 17 aprile 1893, ore 16,40 (per. ore 20,35 ).

Mi risulta confidenzialmente, che l'ambasciatore di Spagna presso il Vaticano ha telegrafato che il papa è profondamente irritato per la missione affidata al duca d'Alba1 . Secondo quanto mi viene assicurato si è risposto al signor Merry del Val che qui il nunzio non ha fatto alcuna osservazione. Sono persuaso che in questa occasione come in qualunque altra il signor Merry del Val, il quale è la quinta essenza dell'ultracattolicismo, procurerà sempre di nuocerei.

352

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA1

T. 815. Roma, 18 aprile 1893, ore 16,40.

Governo inglese non ha ancora ricevuto lettera Menelik. Se la riceve ce la comunicherà prima di nulla fare 2 .

353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA 1

T. 817. Roma, 18 aprile 1893, ore 16,45.

Governo germanico ha ricevuto nota lettera di Menelik non risponderà ed ha dato istruzioni suo console Aden non più ricevere lettere Menelik consigliandogli dirigersi per simili comunicazioni al Governo italiano 2 .

352 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 361.

2 Cfr. n. 336. Vivian aveva fatto una comunicazione in proposito a Brin con lettera del 15 aprile, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 353. 353 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 362.

2 La notizia era stata data da Dalla Valle con T. 875 del 17 aprile.

351 l Cfr. n. 341.

354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI1

D. RISERVATO 14329/27. Roma, 18 aprile 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare la S. V. del rapporto n. 22, in data del 6 corrente2 .

A facilitare un'intesa nella grave questione degli intrighi francesi in Etiopia varrebbe anzitutto la stipulazione, che noi tanto desideriamo, d'una ragionevole delimitazione (migliore certo di quella che non sembri nelle intenzioni di coteste autorità locali) fra l'Inghilterra e l'Italia nel paese dei Somali.

Riguardo a Zeila, è già noto alla S.V. il nostro pensiero e qualora realmente il col. Stace credesse vantaggiosa la cessione di quel porto all'Italia, dovrebbe farne formale proposta al Governo di Londra. Ma trattandosi di cosa assai delicata, raccomando alla S.V. di non prendere troppe iniziative a tale riguardo e di limitarsi invece a rispondere nel senso sopradetto qualora l'alto funzionario britannico entrasse di nuovo con lei in argomento.

355

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 354/215. Londra, 18 aprile 1893 (per. il 29).

Ringrazio vivamente V.E. di avermi comunicato 1 l'articolo pubblicato nell' Army and Navy Gazette delli 11 febbraio circa l'importanza che la costruzione di un porto militare a Biserta può avere sia contro la Sicilia, sia contro le linee mediterranee di comunicazione dell'Inghilterra. Nell'articolo segnalatomi da codesto Ministero è notevole sopra tutto la parte che riguarda il modo pratico di parare al danno della politica che ha permesso alla Francia di espandersi in Tunisia. Non è la prima volta questa nella quale mi è occorso d'incontrarmi con pubblicazioni aventi per iscopo di mettere in luce l'insufficienza degli attuali possedimenti mediterranei dell'Inghilterra. È questa un'idea che, da qualche tempo, si fa strada nell'opinione pubblica inglese.

In linea di fatto è certo che, per ragioni tecniche che io non discuto in questo momento, si è formata qui, presso molti, la convinzione che l'esistenza di un arsenale marittimo da difendere sulla costa tunisina, scemerà la potenza aggressiva delle forze navali della Francia. Naturalmente non tutti i tecnici hanno seguito in

2 Cfr. n. 337. 355 1 D. 12144/149 del 2 aprile, non pubblicato.

questa nuova sua opinione l'ammiragliato britannico. Però, se questa ha potuto essere accettata facilmente dal Foreign Office nel momento appunto in cui più insistenti si facevano le nostre pratiche per risvegliare la sua attenzione sovra i lavori di Biserta, non si sarebbe nel vero credendo che tale novella teoria sia stata unicamente ed appositamente inventata per comodo di quel dipartimento.

Ma ormai, a parer mio, la questione non sta tanto nella ricerca degli effetti che potrà avere per la potenza aggressiva delle forze navali di Francia la costruzione del porto militare di Biserta, quanto nella previsione dei mezzi con i quali l'Inghilterra potrebbe volere accrescere la propria posizione del Mediterraneo.

È cosa logica che di questa ultima ricerca meno si occupino coloro che non ammettono che lo avere parecchi arsenali lontani l'uno dall'altro da difendere sia un elemento di potenza navale per il Paese che quegli stabilimenti militari possiede. Sono infatti coloro che professano l'opinione che sia stato un funesto errore della politica britannica lo aver permesso alla Francia di espandersi nella Tunisia che ora si dimostrano maggiormente preoccupati di trovare per l'Inghilterra il modo di riacquistare, rispetto alla Francia, nel Mediterraneo, una posizione che loro sembra messa presentemente in prossimo pericolo di essere diminuita.

Da nessuno, né da quelli che temono, né da quelli che non temono gli effetti della costruzione dell'arsenale di Biserta, si pone la questione di imporre alla Francia la sospensione dei lavori. Il Governo di S.M. il Re deve ritenere che lord Rosebery, come ebbe già a dichiararlo esplicitamente lord Salisbury, non s'indurrebbe a chiedere alla Francia di rinunziare alle fortificazioni di Biserta che il giorno in cui l'Inghilterra fosse disposta e pronta ad inibirne la continuazione. Non mi è occorso mai né di sentire emettere, né di leggere che vi sia in Inghilterra persona la quale vorrebbe impegnarsi in siffatta politica. Se pertanto potrà accadere, anche in tempo non lontano, che la maggioranza delle opinioni tecniche ritorni alle prime idee, conformi al giudizio dello Stato Maggiore nostro e dei più competenti scrittori tedeschi, la diretta conseguenza di tale ritorno alle previsioni che l'ammiragliato inglese altre volte faceva in vista della posizione che la Francia avrebbe potuto prendere a Biserta, sarà una maggiore spinta che l'opinione pubblica della Gran Bretagna riceverà nel senso che, per ristabilire l'equilibrio nelle forze del Mediterraneo, occorre che l'Impero britannico acquisti sollecitamente posizioni equivalenti a quelle della maggiore sua rivale.

Quando nell'opinione pubblica inglese questa idea sarà accettata, la questione di Biserta non avrà fatto un passo verso una risoluzione favorevole per l'Italia. Mi pare che, se si vuole spingere lo sguardo innanzi a noi a qualche distanza, si dovrebbe piuttosto contemplare a quali conseguenze potrebbe portare la convinzione che qui in tutti penetrasse che Gibilterra, Malta e Cipro siano insufficienti alla tutela delle linee mediterranee di comunicazione necessarie all'Inghilterra, poiché io non vedo come quest'ultima potrebbe provvedere a controbilanciare Biserta ed a difendersi nel bacino occidentale del Mediterraneo altrimenti che con il danno d'interessi nostri o di Spagna.

Benché la scuola della antica diplomazia non consenta la politica congetturale, non stimerei cosa savia il non prendere in considerazione anche questo lato della questione che nasce dalle fortificazioni di Biserta. E perché l'esame che di esso si può fare riesca ad alcunché di pratico bisogna ritenere che presentemente in Inghilterra nessuno farebbe la guerra per inibire la costruzione di quelle fortificazioni e che coloro i quali sono disposti a ritenere che esse costituiscono un pericolo per la Gran Bretagna, lavorano in questo momento a preparare l'opinione pubblica nel senso che l'aumento della potenza militare navale della Francia nel Mediterraneo richiede che l'Impero britannico ristabilisca l'equilibrio a favor suo con l'acquisto di equivalente posizione.

Nell'ultima visita da me fatta a lord Rosebery, questi mi disse di aver avuto un colloquio con il console generale inglese a Tunisi, attualmente qui in congedo, e di aver saputo che i lavori di Biserta sono condotti molto lentamente. Sua Signoria mi diceva che vi era luogo di rallegrarsi di questa inattività presente della Francia. E davvero, se delle cose si guarda l'insieme, non può darsi torto a lord Rosebery di dimostrare la soddisfazione sua alla notizia che i francesi non affrettano il compimento dei lavori incominciati.

354 1 Ed. in L"Italia in Afi"ica. Etiopia-Mar Rosso. tomo IX, cit., p. 362.

356

L'ADDETTO NAVALE A BERLINO E VIENNA, VOLPE, AL MINISTRO DELLA MARINA, RACCHIA1

MEMORIALE RISERVATISSIMO. Roma, 19 aprile 1893.

l) Circa il contegno delle autorità navali imperiali tedesche verso il r. addetto navale in Germania, sottoscritto constata che, invariabilmente, dette autorità, nel senso della forma, furono e sono a lui particolarmente cortesi ed amichevoli; e che spesso ebbe inviti a trattenimenti gentili, non estesi ad addetti navali di altre Potenze; mentre, in alcuni casi, ebbe a trovarsi fra tutti gli addetti navali e militari a Berlino, unico invitato a pranzi ufficiali, balli di ufficio e serate sociali di carattere doveroso (per carica od abitudini locali) o di convenienza privata, da parte di ammiragli ed ufficiali superiori di vascello.

La distinzione non andò mai oltre e non uscì mai da' confini indicati. 2) Relativamente alla parte sostanziale della missione, le autorità di cui trattasi sono irremovibili dal proposito di considerare il r. addetto navale alla stessa identica stregua degli altri addetti militari o navali; ossia, non gli fanno concessione di sorta. Egli non ebbe, finora, dalle citate autorità, un solo dato; od un solo disegno di piani; od un solo regolamento, né riservato, né comune, né pubblico. Tutte le richieste in proposito rimasero frustrate; e l'argomento addotto in iscusa è che non si può derogare dalla massima rigorosa di trattare il r. addetto navale diversamente che dagli altri.

3) Il sottoscritto non poté visitare stabilimenti marittimi di qualsiasi specie, accademia navale inclusa; e navi armate, disarmate, in riserva od in costruzione o sugli scali, oltre quanto si consente abitualmente ad un visitatore comune, non tecnico e non marino, cui non convenga comunicare in parte o lasciar intravedere caratteristiche importanti.

4) Il sottoscritto non assisté al varo di nessuna delle quattordici navi da guerra state lanciate in mare durante la sua permanenza in Germania. Diciotto mesi or sono, avendo io fatto amichevolmente notare che lo addetto navale tedesco è invitato officiosamente ad assistere al varo di navi importanti in Italia,

S.E. il ministro della marina, vice ammiraglio Hollmann, ammise la convenienza che io fossi presente a qualche varo; ma, mi richiese di fargli pervenire in proposito domanda scritta ufficiale, via r. ambasciata e Ministero esteri imperiale; aggiungendo ch'egli non poteva assicurarmi se la domanda avrebbe avuto come conseguenza di ammettere il precedente di fare una distinzione fra il r. addetto navale e gli altri.

Il significato e la intonazione della dichiarazione del ministro mi dissuasero dal fare la pratica ufficiale indicatami.

5) Le autorità navali tedesche sono caute; ma, spingendo ad un massimo le misure diffidenti verso gli addetti accreditati senza distinzione di sorta (nazionalità, grado, età, attitudini e tendenze personali), nella forma generale e nella sostanza speciale.

Esse procedono, sul soggetto, in maniera tenace; all'unisono e con profonda ed ammirevole disciplina.

6) Mi fu impossibile riescire, anche solo in parte, con una piuttosto che con un'altra autorità. Anche nel campo de' semplici apprezzamenti, recisi o vaghi sulle cose navali tedesche, non ottenni mai dichiarazioni o confidenziali, in parte; o semi-confidenziali. Se, invece, trattisi di cose marine di altre Nazioni, il riserbo glaciale abituale sparisce qualche volta, e sorgono animate conversazioni.

Mi formai, in ultimo, il convincimento assoluto non avrei mai approdato, nel senso del sapere; od ottenuto un cambiamento al metodo, logico ed insieme duro, dal punto di vista tedesco.

7) Una differenza notevole, ma, non essenziale, esiste però fra esercito e marina, in Germania. I due rami del servizio militare, terrestre e marittimo, non divergono nel metodo; ma, differenziano ne' limiti; rimanendo relativamente meno impenetrabile il primo; e circondato sempre di maggiori difese od ostacoli il secondo.

Così, il r. addetto militare ottenne qualche volta, sebbene con difficoltà, qualche dato o disegno o regolamento; mentre il r. addetto navale giammai.

8) Il complesso de' rapporti del sottoscritto al R. Ministero della marina, da ventuno mesi, è anch'esso invariabile, da' primordi della missione alla data di oggi, nella constatazione di quanto sopra.

Il rapporto riservatissimo 6 ottobre 1891 2 è forse il più caratteristico e grave di tutti; poiché tratta importante quistione, di ordine generale ed obbiettivo.

9) Nessuna mia richiesta per ottenere cordiali informazioni o limitati cortesi chiarimenti su soggetti che al R. Ministero della marina premevano, ebbe soluzione favorevole. Non un solo caso posso citare che faccia deroga allo esposto.

356 1 Da Ufficio storico della marina militare.

356 2 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie Il.

357

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 937. Sofia, 21 aprile 1893, ore 19,40 (per. ore 0,45 del 22).

Giornale ufficioso Corte questa sera pubblica notizia del Temps, giornale francese, che Sua Maestà ricevette Ii 13 aprile a Firenze principe di Bulgaria avendo colloquio di tre quarti d'ora. V.E. giudichi nel suo alto apprezzamento se conviene qualche pubblica rettifica 1•

358

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI 1

D. 14653. Roma, 21 aprile 1893.

Mi pregio di trasmettere, qui accluso, alla S.V. un rapporto del r. console generale in Aden 2 , colla copia di una lettera indirizzata da Menelik a S. M. il Re. Lettere analoghe vennero inviate dal negus alla regina d'Inghilterra, al presidente della Repubblica francese, agli imperatori di Russia, di Germania e di Austria-Ungheria. La data di quelle comunicazioni, 27 febbraio, potrebbe connettersi col desiderio dell'imperatore Menelik di non lasciare scadere il termine segnato dall'art. XVI del Trattato di Uccialli, ma potrebbe altresì essere indizio che influenze a noi avverse siansi adoperate allo scopo che la spedizione ne fosse fatta prima che l'imperatore potesse abboccarsi colla S.V., allora appena giunto allo Scioa.

Il presente atto di Menelik, considerato dal punto di vista della situazione in cui l'Italia e l'Etiopia reciprocamente trovansi di fronte alle Potenze europee, non ha importanza alcuna. Queste hanno preso atto dall'art. XVII del Trattato d'Uccialli, e fin tanto che ad esse non consti essere intervenuto, col nostro consenso, un mutamento del patto, abbiamo ragione fondata di ritenere che non si presteranno ad un tentativo, da parte di Menelik, di sottrarsi alle conseguenze giuridiche che dal patto medesimo gli sono derivate. Ciò per quanto concerne i nostri rapporti verso l'Europa.

In quanto, poi, concerne i nostri rapporti con Menelik, non è animo nostro d'impegnarci con esso in sterili discussioni. Preferiamo invece aspettare che abbiano il loro naturale svolgimento i negoziati di cui ella è stata incaricata col dispaccio

3571 Con D. 159851119 del 4 maggio Sonnaz fu informato che, benché il re non avesse ricevuto il principe di Bulgaria nonostante le sue insistenti richieste, la smentita era stata ritenuta inutile. 358 I Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 363-365.

2 Cfr. n. 330.

ministeriale del 13 agosto scorso 3 . Nell'ipotesi peggiore, nel caso, cioè, in cui tali negoziati non riescano, persisteremo nel presente nostro atteggiamento senza provocare incidenti e rotture, senza dar atto a Menelik della sua denuncia, lasciando infine le cose nello statu quo.

Intanto, non sarà inopportuno che, in occasione propizia, e senza sollevare una disputa formale, ella cerchi di chiarire meglio le cose col negus. Anzitutto l'imperatore erra assolutamente quando crede di poter denunciare il Trattato d'Uccialli. L'art. XVI, il testo del quale non fu mai dall'imperatore revocato in dubbio, è esplicito e non lascia luogo ad equivoci. Le due parti contraenti non hanno punto facoltà di far cessare gli effetti del trattato. La sola facoltà che esse hanno è di negoziare per opportune modificazioni; ma è, naturalmente, bene inteso che, non riuscendo esse a concordare siffatte modificazioni, il trattato deve continuare a sussistere nel suo tenore attuale. Se persone male intenzionate o ignare degli usi diplomatici europei hanno indotto l'imperatore a diverso pensiero, lo trassero manifestamente in inganno. Qualora, quindi, i negoziati di lei non avessero il risultato che è da noi amichevolmente desiderato, il solo effetto sarà che noi considereremo il trattato in vigore secondo il suo testo attuale, ed aspetteremo che dall'imperatore ci vengano, eventualmente, ulteriori proposte.

Nella sua lettera Menelik dice di non aver avuto risposta alle sue osservazioni circa il divario tra i due testi, l'italiano e l'amarico, dell'art. XVII del trattato. Ciò non è esatto. A chiarire l'equivoco venne dapprima inviato allo Scioa il conte Antonelli; poi, fallita la missione, colle lettere reali e ministeriali del 15 aprile 1891 4 fu risposto a quelle del negus del 29 ter e del 5 yekatit 1883 (anno etiopico) 5 con la proposta di annullare l'art. XVII purchè egli, in conformità delle intenzioni manifestate nella prima delle due sue lettere, facesse conoscere alle Potenze il suo proposito di continuare a trattare per mezzo del nostro Governo i suoi affari con l'estero. A codeste lettere l'imperatore Menelik non rispose, ed inviò invece lei acciocchè riportasse proposte più precise, le quali gli furono effettivamente da lei recate. La doglianza dell'imperatore su questo punto non ha fondamento alcuno.

Quanto ai pretesi maltrattamenti di Masciascià Uorchiè, ricordati nella attuale lettera di Menelik, essi formarono già oggetto d'altra sua comunicazione, in data 7 saniè 1883 (anno etiopico), cui venne risposto da S.M. il Re in data del 15 settembre 1891 6 . Masciascià Uorchiè, come è chiarito nel messaggio del nostro sovrano, non fu mai imprigionato dalle autorità di Massaua o dell'Asmara; bensì, a cagione di gravi dissensi avuti coi capi tigrini, egli si rifugiò entro i nostri confini colle sue truppe, e la condotta indisciplinata di questi soldati costrinse a disarmarli temporaneamente. Le armi vennero, poi, loro restituite allorchè Masciascià si decise a tornare allo Scioa, ed egli fu con ogni riguardo accompagnato ai confini e protetto dalle aggressioni che temeva. Durante tutto il suo soggiorno a Adua, come ben sa la S.V., egli ricevette cortesie d'ogni maniera dalle autorità di Massaua, onorificenze e provviste esuberanti di granaglie.

4 Cfr. serie II, vol. XXIV, nn. 219 e 220.

5 lvi, n. 105, allegati.

6 Non pubblicata nel vol. XXIV della serie II.

Il preteso trattato fatto da noi coi capi tigrini venne già verbalmente smentito dalla S.V., e formò indi oggetto delle lettere dell'Il agosto u.s. a lei consegnate nell'estate passata 7 . Più minuti e più precisi particolari circa i nostri rapporti coi capi tigrini, ed in generale circa gl'intendimenti del Governo dell'Eritrea, le sono stati ora forniti dal colonnello Barati eri con lettera del 2 aprile corrente 8 , che in ogni sua parte confermo.

In quanto concerne, per ultimo, la questione dei confini dell'Eritrea, essa ha perduto ogni carattere pratico in seguito al ritorno allo Scioa di Masciascià Uorchié; nè sappiamo intendere con quale scopo, nell'interesse dell'imperatore, potrebbe ora, dato che tale sia la sua intenzione, essere sollevata.

Non solo, adunque, mancano di base le querele dell'imperatore, ma dobbiamo noi stessi dolerci del suo presente contegno, mentre, ora appunto, abbiamo dato a Sua Maestà la prova della più grande benevolenza, così nella questione del prestito, cedendo ai desideri del negus e di ras Makonnen, e ratificando la transazione Salimbeni che ci costa quasi mezzo milione, come pure inviando all'imperatore le cartucce da lui tanto desiderate.

Della nostra amicizia sono, del resto, sicura affermazione le lettere che ella ha seco recato e le proposizioni di cui ella è munita per stringere un accordo di reciproca convenienza che, lasciando immutati i rapporti fra i due Stati, rimuova per l'avvenire ogni contingenza di dissidio.

L'imperatore vorrà certamente ben riflettere prima di rinunciare ai benefici che le nostre leali disposizioni gli assicurano. Egli non può dimenticare che gli avvenimenti hanno fatto dell'Italia una Potenza contigua all'Etiopia. Non può oramai essergli indifferente l'atteggiamento che da noi si assuma da Massaua; e questo atteggiamento dipenderà sostanzialmente da quello che l'imperatore sarà per adottare a nostro riguardo. Egli ha ogni profitto ad accordarsi con noi; mentre, da parte nostra, nulla noi desideriamo che non sia conforme ai suoi effettivi interessi.

Tali sono i concetti che la S.V. dovrà prudentemente svolgere coll'imperatore. Non so se S.M. il Re vorrà, per atto di cortesia, rispondere alla lettera di Menelik tostochè questa ci pervenga; ma, ad ogni modo, il nostro sovrano non potrà fargli risposta sostanziale e completa se non quando l'imperatore, ricondotto da lei a migliore consiglio, gli avrà fatto pervenire un nuovo messaggio che meglio esprima la reciproca amicizia e la fede a patti che debbono perennemente unire i due Stati.

358 3 Cfr. n. 38, nota 4.

359

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 370/229. Londra, 21 aprile 1893 (per. il 29).

Con la data del 18 aprile corrente, lord Rosebery, in seguito alle insistenti mie pratiche, mi ha diretto la lettera della quale unisco qui la copia (annesso I).

358 7 Cfr. n. 38. nota 4. 8 Cfr. n. 334.

In essa è detto che la proposta italiana per la delimitazione del territorio di Zeila, è stata sottoposta all'esame del Governo delle Indie e che uno scambio di comunicazioni telegrafiche ha avuto ultimamente luogo fra il vicerè lord Lansdowne ed il segretario di Stato per gli affari indiani lord Kimberley. Intanto che quest'ultimo aspetta di ricevere le particolareggiate osservazioni di lord Lansdowne sul memorandum che, per istruzioni di V.E., io ho rimesso qui a lord Rosebery verso la metà di gennaio scorso 1 , il Governo della regina dichiara di essere pronto ad accedere alla proposta del nostro di incominciare il negoziato relativo alla delimitazione, colla riserva però che non si debba intendere con ciò accettata la linea tracciata nel precitato memorandum, come quella che avrà da essere segnata fra le due sfere di influenza.

La dichiarazione contenuta nella lettera di lord Rosebery ha molto valore, poiché in conseguenza di essa resta messo in sodo che il Gabinetto attuale abbandona le obbiezioni preliminari che dapprima sembravano dover essere di ostacolo alla ripresa delle trattative di delimitazione che il suo predecessore avea interrotte. Ormai la trattativa dovrà svolgersi soltanto nella ricerca di una linea di demarcazione che possa riuscire di soddisfazione per gli interessi dei due Governi chiamati ad intendersi.

Sono rimasto d'accordo verbalmente con lord Rosebery che avrei comunicato a V.E. la sua lettera. Io non dubitava che questa sarebbe riuscita gradita al R. Governo. Noi eravamo pronti a prendere in attento studio le obbiezioni che.l'India Office stimasse di dover fare alla scelta della linea proposta nel nostro memorandum. Mi lusingava che il rapporto contenente quelle obbiezioni sarebbe prossimamente arrivato a Londra e che così le trattative non sarebbero troppo a lungo ritardate.

Ritengo di dover dare a lord Rosebery una risposta scritta che confermi queste mie dichiarazioni verbali, e perciò unisco qui lo schema di tale risposta (annesso II), il quale spero possa essere approvato da V.E. In tale caso le sarei grato di farmi nota con telegramma la di lei approvazione, acciocchè, senza soverchio indugio, la mia risposta possa essere rimessa al Foreign Office 2 .

ALLEGATO I

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, ROSEBERY, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

L. Foreign Ojjice, Aprii 18, 1893.

l have the honour to inform Your Excellency that Her Majesty's Secretary of State for India has lately been in telegraphic communication with the Viceroy of India in regard to the proposal made by the Italian Government a t the end of last year 3 , for the completion of the ltalian and British spheres of influence in the Somali country.

2 Per la risposta cfr. n. 368.

3 Cfr. n. 204.

Lord Kimberley is stili awaiting Lord Lansdowne's detailed observations on the Italian Memorandum which was at once communicated to the Government of India, but l have much pleasure in stating to Your Excellency that Her Majesty's Government are ready to agree to the proposal of the Italian Governmcnt that negotiations should be commcnccd for the delimitation in qucstion, with thc rescrvation, however, that they must not be understood as acccpting thc linc dcfincd in signor Brin's Memorandum as rcprcsenting thc boundary to be fìxcd bctwecn thc two sphercs.

ALLEGATO II

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, ROSEBERY

PROGETTO DI LETTERA. Londra, ... aprile 1893.

Ho ricevuto e trasmetto tosto al mio Governo la lettera che V.E. mi ha fatto l'onore di indirizzarmi per mettere in sodo che, in seguito alle comunicazioni già scambiate fra il vicerè delle Indie cd il segretario di Stato del competente dipartimento, il Governo di

S.M. la Regina si trova fin d'ora in grado di dichiarare che egli è pronto ad accedere alla proposta di quello di S.M. il Re d'Italia per entrare in negoziato circa la delimitazione alla quale si riferisce il memorandum da me consegnatole nella visita che le feci il dì 19 gennaio di quest'anno. L'E.V. mi fa notare che, non essendo ancora pervenute a lord Kimbcrley le particolareggiate osservazioni di lord Lansdownc, l'accettazione della proposizione nostra di aprire il negoziato non può essere intesa nel senso che sia diggià accettata la linea indicata nel precitato memorandum come quella che dovrà delimitare le due zone d'influenza. Io non dubito che il mio Governo riceverà con il massimo piacere la dichiarazione contenuta nella lettera di V.E. e che, conformemente alla riserva in essa espressa, egli è pronto a discutere il migliore tracciato che converrà dare alla linea che dovrà segnare il confine fra le zone d'influenza dell'Italia e dell'Inghilterra nella regione contemplata dal memorandum sovra ricordato. Le istruzioni delle quali sono già in possesso, mi permettono di prendere in attento esame le osservazioni che V.E. mi presenterà a questo riguardo. Io mi lusingo che il rapporto particolareggiato che l'India Officc aspetta da Calcutta arriverà presto a Londra c che così il negoziato che i due Governi sono d'accordo di aprire, potrà essere incominciato senza soverchio indugio e condurre prontamente ad una conclusione soadisfacente per gl'interessi delle due parti. Prego conseguentemente I'E.V. di volermi far conoscere, appena ciò le sia possibile, le osservazioni eh.~ ella crederà opportuno sottomettere al mio Governo circa il tracciato della linea di demarcazione.

359 l Cfr. n. 231.

360

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO

T. 841. Roma, 23 aprile 1893, ore 13,10.

Codesto ambasciatore tedesco ricevette istruzione sconsigliare sultano ricevere principe Bulgaria. Ella potrà tenere analogo linguaggio.

361

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. RISERVATISSIMO 630. Massaua, 25 aprile 1893 (per. il 9 maggio).

Ho l'onore di inviare all'E. V. le lettere del dr. Traversi 2 relative al di lui arrivo ad Addis Abeba ed ai suoi primi colloqui con l'imperatore Menelik e di pregarla a consentire che io vi unisca qualche considerazione in vista che il R. Governo ha un anno dinanzi per preparare una nuova situazione e perché nella mobilità degli uomini e delle cose in Abissinia, nei tentennamenti di Menelik, nelle incertezze e riluttanze del Tigrè, la situazione si può modificare e cambiare, grazie sovratutto al prestigio che ogni giorno guadagna la Colonia Eritrea.

Se l'imperatore Me_nelik riesce a comprendere la debolezza sua, se egli si persuade che noi abbiamo in mano tanto da sorreggerlo o da abbatterlo, se giunge a vedere con occhio sereno l'odierna sincerità dell'Italia e la potenza che si viene formando in Eritrea, v'è da credere che muterà consiglio.

Certo· molte cose sono contro di noi: anzitutto la politica africana condotta qui in Africa con idee opposte perché da un lato si mirava ad avere pacificamente la rappresentanza dell'imperatore di Abissinia in faccia all'Europa per estendere la nostra sfera d'azione a tutta l'Etiopia e Somalia, dall'altra si voleva per forza di armi o per virtù di trattati acquistare il Tigrè sia per dominarlo, sia per costituire un antemurale contro lo Scioa, poco curando le contingenze presenti e l'espansione dell'influenza italiana avvenire. E le due parti, ora esagerando ora cercando l'accordo fra opposti obiettivi, urtarono la suscettibilità e destarono il sospetto nell'animo del re dei re offendendone più che altro l'instabile vanità.

Il ritorno al Trattato di Uccialli con un articolo 17 che rendesse possibile l'egemonia italiana, rimetterebbe tutto a posto perché non mi parrebbe difficile, quando l'imperatore intendesse ragione, regolare la quistione dei confini, ora che il Sarae e l'Oculè Cusai si dichiarano pronti a ribellarsi a chi li volesse togliere alla Colonia Eritrea per darli al Tigrè. E allo stesso Menelik converrebbe di preferire che l'Eritrea si stendesse fino al Mareb e al Belesa, anziché i riottosi capi tigrini avessero nelle mani le chiavi dell'altopiano.

Ripresa la supremazia alla Corte dell'imperatore, il residente italiano dovrebbe impedire le razzie che dall'Barar desolano l'Ogaden, senza di che la nostra influenza andrebbe perduta e il nostro buon nome compromesso non solo rispetto ai nativi ma rispetto eziandio agli inglesi ed ai francesi. Frattanto colla Francia e coll'Inghilterra converrebbe venire ad un accomodamento sulle reciproche zone, cedendo su qualche punto, pur di conservare la comunicazione diretta dell'Barar col mare,

361 l Ed. in L'Italia in Aji·ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 368-370. 2 Cfr. n. 299; i R. 66 e 67 dello stesso 10 marzo non sono pubblicati.

comunicazione che potrebbe giovare al commercio di entrambe, non potendo né l'una né l'altra per reciproca convenzione occupare l'Barar. Interesse essenziale della civiltà rispetto a scioani, dancali, galla, abissini, è l'accordo fra le Potenze civili. Senza l'accordo non è possibile né la sicurezza del paese, né lo sviluppo del commercio, né l'ascendente della civiltà, né la sorveglianza efficace sulle vie della tratta. Possibile è solo l'aumento delle depredazioni pei confini incerti e mal guardati e per le autorità indigene al servizio degli europei, che si reputano le une alle altre nemiche.

Forse oltrepasso nello scrivere le mie attribuzioni: ma V.E. vorrà tenere conto del mio zelo nel seguirne le direttive.

D'altro lato io ho ferma fiducia che si possa svolgere il programma italiano nella zona di influenza ormai riconosciutaci dall'Europa anche senza il Trattato di Uccialli e senza nuovi patti coll'imperatore Menelik. Ogni giorno che passa l'Eritrea guadagna in considerazione per intensità e per estensione. I francesi hanno un piccolo territorio e pochi soldati: gli inglesi pur'essi non fanno mostra di molta potenza sulle coste di Somalia. In ogni caso io credo che sia aperta una via pronta ad accomodarci con entrambi, specie cogli inglesi. E poi, come ho avuto l'onore di osservare all'E.V., salvo il caso di imprevedibili sorprese, abbiamo modo di far pressione sullo Scioa ed anche di costringerlo a patti.

Non concludendo il trattato col negus neghesti noi saremo liberi nei confini di fatto eritrei e non esporremo le popolazioni che ora vivono in pace alle guerre che col nostro ritiro dal Belesa e dal Mareb potrebbero accendere le polveri anche in casa nostra. Noi potremo tenere il Tigrè come una minaccia al negus neghesti e i somali pronti ad invadere l'Barar per sottrarsi alle razzie. E queste stesse minacce, questo sviluppo della nostra potenza potrebbero contribuire alla pacificazione della grande zona di influenza nostra.

Tutto ora si unisce a minare gagliardia e rispetto al re dei re: i suoi tentennamenti coll'Italia che ormai viene considerata quale protettrice diretta del Tigrè; i suoi amori con svizzeri e francesi, che sono in uggia alle popolazioni, che cercano soltanto il guadagno immediato e non sono sorretti che da progetti più

o meno fantastici e da parole; le discordie e le congiure fra i notabili che possono degenerare in rivolte; la miseria del paese che ora dal volgo sale ai grandi e che non può senza grave pericolo essere soddisfatta da concessioni di terre sia nello Scioa sia in province finitime. Ed in ciò lascio la parola al dott. Traversi, parola confermata dal dott. Capucci e da notizie dell'Barar. Io non arrivo a credere, come pare creda Traversi, ad un vicino sfacelo: certo che Menelik passerebbe un guaio quando noi si lasciasse carta bianca a Mangascià ed agli altri nemici dello Scioa, che noi teniamo da una guerra contro il sud soltanto per la grande autorità e pel grande timore che esercita sovra loro il Governo italiano.

In Africa conviene andare cauti e proseguire al possibile una linea di condotta colla costanza che si impone più che altra agli incostanti; ma dato che l'obiettivo cui conviene giungere sia chiaro e sereno, date certe circostanze, può anche essere saggio e prudente l'ardimento di cambiare strada per giungere alla stessa meta.

In ciò, come sempre, sono agli ordini dell'E.V.

E per finire non posso a meno di osservare come il tono delle lettere del dott. Traversi sia ben diverso dalla balda sicurezza dimostrata nel momento della partenza. Non vorrei che la preoccupazione o la disillusione lo inducessero, quando venga a conoscenza della denuncia del Trattato di Uccialli, a tenere un linguaggio troppo rimessivo e quindi contrario allo scopo 3 .

362

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 110/45. Belgrado, 26 aprile 1893 (per. 1'8 maggio).

Non v'ha ormai dubbio che il colpo di Stato del 13 aprile ha scongiurato un grave pericolo per la Serbia, togliendo il Paese dalla critica situazione in cui l'aveva posto il Governo della Reggenza. Le illegalità senza numero e senza misura commesse dal Ministero Avacoumovitch avevano prodotto tale un malcontento nelle masse da mettere a repentaglio non solo l'ordine pubblico, ma il principio dinastico stesso. Il mutamento di regime, compiutosi senza il benchè minimo inconveniente ed accolto con giubilo dalla Nazione, ha ristabilita la calma negli animi. Ad eccezione degli amici del caduto Governo, tutto il Paese si felicita dell'atto coraggioso e salutare del re Alessandro; e dalle città e dai villaggi affluiscono ogni giorno alla capitale numerose deputazioni per fare atto di omaggio al giovane sovrano.

Contrariamente all'opinione invalsa da principio in taluni, il colpo di Stato fu un atto di pura amministrazione interna, scevro di qualsiasi ragione di politica internazionale; ciononostante esso deve considerarsi come un avvenimento non favorevole allo sviluppo dell'influenza austro-ungarica che, mercè l'appoggio del primo reggente signor Ristich, era riuscita, dopo la caduta del Governo radicale, a soppiantare l'influenza della Russia in Serbia. Il Gabinetto di Pietroburgo, a giudi

271 carne dall'atteggiamento di questo suo rappresentante, è però lungi dal mostrarsi pienamente soddisfatto dell'avvenuto mutamento di regime, innanzi tutto perchè ispiratore del colpo di Stato fu l'ex-re Milano, del quale non a torto la Russia diffida, ed altresì perchè alla composizione del nuovo Ministero il re Alessandro non volle chiamare esclusivamente dei radicali, ma anche dei progressisti noti pel loro austro-filismo. È bensì vero che l'attuale amministrazione è verosimilmente destinata a sparire nel giro di poche settimane, all'apertura, cioè, della futura Skupstina, la quale indicherà alla Corona la scelta dei suoi consiglieri. Ciò nonpertanto, ancorchè chiamato ad esercitare per breve tempo il potere, il Ministero si mostra, per quanto riguarda l'andamento della cosa pubblica all'interno, animato dal sincero desiderio di darvi un regolare e serio indirizzo, evitando di procedere ad atti cui possa attribuirsi il carattere di spiccata partigianeria, e studiandosi di rialzare il prestigio della legge con tanto cinismo manomessa dal cessato Governo; e, per quanto riguarda la politica estera, guidato da intenzioni concilianti e corrette. Nei loro recenti colloquii coi rappresentanti esteri, tanto il presidente del Consiglio che il ministro degli affari esteri ebbero a manifestare esplicitamente il loro proposito di seguire una politica di amicizia con tutte le Potenze indistintamente, rifuggendo dal mostrarsi più favorevoli all'una che all'altra di esse, ed accentuando la necessità di una politica di pace, esclusivamente serba. È da augurarsi che a siffatte dichiarazioni corrispondano i fatti.

361 3 Si pubblicano qui alcuni passi di una lunga relazione, molto polemica con Antonelli, di Baratieri per Brin del 16 aprile: «Fino dal mio giungere qui ho segnalato al precedente Ministero ed all'E.V. le conseguenze dannose del trattato al Mareb del dicembre 1891 ed ho rifiutato ai capi tigrini le munizioni che aspettavano in premio della loro condiscendenza, come ho declinato le posteriori offerte di altri convegni. E semprè le mie istruzioni a De Martino furono di conciliare gli animi e di indurre Mangascià a prestare omaggio al re dei re. V. S. col mandare allo Scioa il dottor Traversi e colle istruzioni inviatemi in quell'occasione, ha dato il tono, ed io alle chiare direttive ho obbedito col maggior zelo e nel modo più sollecito che si poteva in questi paesi. E sono riuscito anche per mezzo di De Martino ad indurre Mangascià a proclamare la di lui devozione al re dei re: donde la rivolta di ras Alula e l'inimicizia di lui acerrima pel nostro residente ... Col ritirarci lungo i confini tracciati dal conte Antonelli nel gennaio 1891, la parte più interessante dal lato politico, economico e militare, la parte maggiore dell'Oculè Cusai, sarebbe caduta sotto il dominio dell'odiato Agamè, e Bathà Hagos, da noi esautorato, sarebbe stato costretto a lotte diuturne con ras Sebath, proprio sul limitare della nostra frontiera ... il credito italiano, che specialmente qui è base di forza e di prestigio, si sarebbe rovinato sia di fronte al Sudan, sia di fronte all'Abissinia ... Poniamo pure le pietre al confine, come vuole con tanta insistenza il conte Antonelli, ma a patto che questo sia confine possibile, senza incertezza e senza sottintesi ... In un banchetto di partenza ad Antonelli che mi augurava buona fortuna e, cortese, mi offriva qualche consiglio, risposi che io non avevo mai compreso la distinzione di politica tigrina o di politica scioana: per me in tutta la terra non vi era che una sola politica: l'interesse italiano». ·

363

IL SENATORE BLANC

A ... l

L. PERSONALE. Roma, 26 aprile 1893.

Je garde volontiers le silence sur ce qui me concerne personne11ement, surtout en fait de politique extérieure; mais puisque vous avez entendu parler en si bon lieu de ma dernière Iettre à M. de Rudinì, voici !es faits.

La Consulta a des grimoires de moi où j'expliquais loyalement une situation où la pensée mère de la Triple Alliance, celle de faire de l'Italie un lien entre !es deux Empires et l' Angleterre, a vai t été pratiquement abandonnée par notre Gouvernement. Mon collègue d'Angleterre à Constantinople, avec qui selon mes instructions non modifiées depuis le temps du général Robilant je devais me tenir en accord particulier, m'avait autorisé à affirmer à mon Gouvernement que selon lui, sir W. White, dans un certain rapport résumé du 30 juin 1891 2 je ne disais que des vérités vraies. Les deux seuls d'entre nos diplomates qui avaient avec moi travaillé sincèrement à la conclusion de l'alliance et formulé le programme pratique de l'alliance, le comte de Robilant et le comte de Launay, étaient l'un décédé, l'autre

2 Cfr. serie H, vol. XXIV, n. 341.

malade à la mort. Je restais seul à représenter une idée désormais sacrifiée. Un devoir de sincérité particulière me semblait m'avoir été tracé par une lettre que je possède du général Robilant, d'après laquelle il m'avait désigné au roi et à Depretis "comme le diplomate indiqué pour diriger notre politique étrangère". Je n'avais plus qu'un devoir à remplir, celui de faire mon testament diplomatique.

Ce rapport du 30 juin 91, me valut une lettre de M. de Rudinì qui prouvait qu'il n'y avait rien compris, et qui disait (le 9 septembre suivant) 3 : «Ella crede che il Governo inglese ed il Governo austro-ungarico considerano come lettera morta gli accordi del 1887. Mentre mi riserbo di esplorare le vere intenzioni dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria io non credo si debba intanto dare alla nostra politica un indirizzo diverso. L'E.V. però si asterrà dal prendere concerti coi colleghi d'Austria-Ungheria e d'Inghilterra; noi dobbiamo, infine, raddoppiare di prudenza fino a quando non ci troveremmo (la seconda m è così aggiunta) obbligati ad entrare in una via diversa da quella nella quale siamo stati finora».

Le langage de M. de Rudinì avait pour moi une signification d'autant plus claire que je connaissais sa manière de voir personnelle sur nos alliances. En effet, à l'automne de 1890, me rendant à l'inauguration du monument au roi Victor Emmanuel à Florence, je l'avais rencontré en chemin de fer de Vienne à Venise et nous avions longuement causé. Il m'avait dit ne pas partager les idées du comte de Robilant ni du comte de Launay. Il me déclara qu'au fond il est irredentista (sic), qu'il ne voyait d'issue a la situation que dans un retour à l'alliance française; qu'en attendant ce but encore lointain il fallait se rapprocher de la France dans un but financier, qu'ayant conféré avec Nigra il avait reconnu que pour arriver à Paris il fallait passer par Pétersbourg; que par conséquent nous n'avions plus rien à faire en Orient.

Lors donc que M. de Rudinì, qui était un de «ceux à qui on a besoin de demander des garanties qu'on ne demanderait ni à vous ni à moi», comme me l'écrivait le comte Robilant, fut forcé de renouveler l'alliance, j'ai rédigé mon rapport du 30 juin au point de vue de l'ami de la France et de la Russie qui devait le lire, afin qu'au moins, s'il voulait concilier le renouvellement de l'alliance avec une évolution vers la France et la Russie, il pùt, en bon cocher, faire tourner correctement sa voiture.

Mais l'usage que M. de Rudinì fit de mon rapport du 30 juin fut de demander au comte Nigra et au comte Tornielli s'il y avait lieu de modifier notre attitude dans l'alliance, question équivoque à laquelle ces diplomates répondirent naturellement non. Nous tenir passifs dans l'alliance, dans la pensée commune à Tornielli, à Nigra, et à tout le reste de notre diplomatie actuelle, pensée très bien exprimée dans l'interview de Visconti Venosta publié dans la Tribuna d'hier, tel était désormais le programme de notre Gouvernement. Rien de plus commode pour Nigra comme pour le Ministère que de se faire bien voir à Vienne en sacrifiant tous nos intérèts en Orient et de se faire bien voir de la secte dominante en lui faisant croire que c'est pour avoir Trieste. Maiheuresement cela est trop d'accord avec le pian des républicains qui tend à empècher tout succès pour le Pays dans l'alliance afin de nous réduire à l'irredentisme triestin où la Monarchie, ils le savent bien, doit se briser con tre l' Allemagne.

le me tournai à éclaircir ma pensée sans prétendre l'imposer, dans une dernière lettre à M. de Rudinì, du 23 septembre4 , dont j'ai conservé !es appunti suivants: «Ho spiegato abbastanza il mio pensiero nel rapporto del 30 giugno. Non dobbiamo entrare in una via diversa da quella delle alleanze, ma dovremmo dare alla nostra politica un indirizzo più coerente, più intelligibile e più conforme al concetto originario delle alleanze stesse, perché si consolidino col fruttare vantaggi al Paese anche in tempo di pace, perché non diventino, come Ii vuoi considerare il radicalismo, un secret du roi alla Luigi XV, puramente di antagonismo fra Monarchia e Repubblica. La via in cui la nostra politica estera fu impegnata in senso contrario alla politica di lord Salisbury mi pare pericolosa. Non ho più l'illusione di poter servirle utilmente a Costantinopoli. Se non posso più servire il Paese se non col dire la verità in Parlamento procurerò di farlo quando il momento del pericolo verrà».

Et je priai qu'il me fùt accordé de me retirer spontanément; mais il marchese di Rudinì ne me fit pas cette politesse; il me fit mettre par Sa Majesté à la retraite et il s'en fit un mérite à Pétersbourg.

Telle fut ma fin de carrière. Le général Robilant me I'avait prédit et je l'avais prévu; lui et moi ne pensions qu'à faire notre devoir.

Après un an où !es Ministères Rudinì et Brin acquirent la conviction que je ne pensais plus qu'à vivre en repos et que pour m'y tenir il n'y avait qu'à me laisser entrer au Sénat, Sa Majesté a daigné m'ouvrir la Chambre Haute. Mon vieux dévouement veille; il ne provoquera pas !es occasions, mais ne !es laissera pas se présenter sans !es saisir pour le bien du roi et du Pays en tant que j'y puisse modestement quelque chose. l'ai été indignement traité par les sectes qui nous mènent à notre perte; je n'ai point de rancune, mais beaucoup de chagrin de voir où nous allons avec une extrème tranquillité et avec une égale fermeté. Je ferai, au moment voulu, ce que je dois. Tout ceci n'est que pour vous; mais j'ai désiré qu'à l'occasion vous puissiez témoigner que je ne suis pas un déserteur.

363 1 Da Carte Blanc, minuta autografa. Il destinatario non è indicato; la lettera era indirizzata in un primo momento a «chère arnie», corretto in «cher ami».

363 3 Non pubblicata nel vol. XXIV della serie II.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI1

D. 15023/182. Roma, 27 aprile 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto di V.E. del 7 corrente, n. 549 2 .

Approvo il contegno da lei assunto con ras Mangascià, tanto più opportuno in questo momento in quanto che ritengo assolutamente indispensabile prima di prendere una decisione qualsiasi d'aspettare i risultati della missione Traversi, che

364 1 Ed. in L"Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 371.

2 Cfr. n. 338.

riuscirà, lo speriamo, a rischiarare la situazione. È infatti per ora evidente (e certo

V.E. sarà meco consenziente) che allora soltanto potrebbe convenirci di mutare la linea di condotta finora seguita nelle cose etiopiche, quando, contrariamente alla nostra aspettazione, l'imperatore Menelik, non volesse arrendersi ai ragionevoli patti che dal dottor Traversi gli sono, in nostro nome, proposti.

363 4 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 453.

365

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 15025/184. Roma, 27 aprile 1893.

Ho preso conoscenza di quanto la S.V. mi riferisce con rapporto dell'S aprile,

n. 67 1 circa la lodevole condotta del padre Bonomi e la ingiusta ostilità dimostratagli da monsignor Crouzet.

V.E. non ignora che se venne da me stabilito un modus vivendi con quel monsignore lo fu per la considerazione che tutti i preti e i missionarii cattolici nella Colonia Eritrea dipendevano da esso, ed in seguito alla promessa fattami che egli non si sarebbe inspirato ad alcun sentimento esclusivo di nazionalità francese e tanto meno poi a sentimenti di ostilità verso di noi. Queste considerazioni e l'opinione emessa a questo riguardo dalla commissione parlamentare d'inchiesta mi avevano infatti indotto ad accettare il modus vivendi.

Ma, come l'E.V. osserva giustamente, noi abbiamo conservato piena libertà d'azione, e lo stesso modus vivendi ha condizioni e limiti che debbono dall'altra parte osservarsi. Per parte mia non esiterei a denunciarlo per poco si riconosca che non è favorevole ai nostri interessi.

Ora è lecito veramente domandarsi se sia nell'interesse nostro ed in quello della Colonia di ajutare la propaganda cattolica fra codeste popolazioni, quando si riflette che il Vaticano si vale di ogni influenza religiosa all'estero per volgerla a danno dell'Italia ed impone una simile politica anche ai religiosi italiani quando questi vi si mostrano riluttanti. Qui abbiamo l'aggravante che la propaganda cattolica si fa da religiosi francesi ajutati dal Vaticano e dalla Francia, per cui ogni convertito abissino diventa nuovo strumento per aumentare e propagare l'influenza francese e quella del Vaticano, ambedue ostili a noi.

Noi non abbiamo altro intento che quello di provvedere al servizio religioso delle nostre truppe e dei nostri connazionali; ma non abbiamo il dovere di ajutare una propaganda di conversione di religione fra codeste popolazioni sopratutto quando fosse fatta a nostro danno. Avremmo anzi, in tal caso, il dovere di tutelare i nostri interessi cercando a liberare i nostri possedimenti da un focolare di propaganda ostile. Ho stimato di dovere esprimere a V.E. questi pensieri desiderando d'avere su tale questione il parere di V.E. Nel caso, poi, del padre Bonomi

365 I Non pubblicato.

è veramente cosa intollerabile che un nostro religioso di buona condotta debba essere oggetto delle persecuzioni di monsignor Crouzet e che questi abbia il coraggio, per non dire altra parola, di considerare come un crimine in una Colonia italiana per parte di un religioso italiano l'avere fatto prosperare una scuola a lui affidata.

Basta un tal fatto per portarci a considerare nuovamente la questione dei lazzaristi francesi per esaminare se la loro presenza si debba tollerare od invece adottare mezzi per farli sgombrare.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. 872. Roma, 28 aprile 1893, ore 12,30.

Ras Makonnen ha espresso desiderio recarsi in Aden 1• L'ambasciatore d'Inghilterra mi chiede 2 , d'ordine del suo Governo, se il Governo del re ha obiezioni contro tale visita, difficile a rifiutarsi. Gli rispondo 3 che non ho obiezione alcuna dal momento che si tratti d'atto di pura cortesia e che l'autorità locale si astenga, come non ne dubito, da tutto ciò che possa ledere la nostra posizione verso l'Abissinia e specialmente l'Harar. Soggiungo anzi che la visita può avere dei vantaggi se l'autorità locale vorrà persuadere Makonnen del suo interesse a mantenersi bene con gli italiani.

(Per Massaua). Prego comunicare a Cecchi quanto precede.

367

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 162/97. Pietroburgo, 28 aprile 1893 (per. il 7 maggio).

Mi pregio segnar ricevuta all'E.V. del dispaccio ministeriale del 22 marzo 10680/61'.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria mi disse ieri che il conte Kalnoky aveva fatto buona accoglienza alla lettera particolare da lui indirizzatagli per dimostrare l'opportunità, nel momento attuale soprattutto, di dare all'atteggiamento politico

2 Lettera di Vivian a Malvano del 28 aprile, non pubblicata.

3 Lettera di Malvano a Vivian del 28 aprile, non pubblicata.

del Gabinetto di Vienna un colore meno accentuato di simpatia verso il Principato bulgaro e S.E. si rallegrava meco che secondo le notizie pervenutegli il Gabinetto di Vienna avesse di recente, a similitudine di quelli di Roma e di Londra, fatto sentire consigli di prudenza a Sofia non solo ma anche a Costantinopoli. Il conte di Wolkenstein insisteva ancora sulla imprudenza di irritare «par de continuels coups d'épingles le czar qui n'aurait qu'un petit mouvement de troupes à ordonner pour créer une panique générale»; diceva di non avere ancora ricevuto notizie da Vienna sulle visite dell'imperatore d'Austria e del conte Kalnoky al signor de Giers ma sperare che questo avrebbe cancellato la pessima impressione prodotta dai ricevimenti accordati al principe Ferdinando ed a Stambuloff a Vienna.

«A misura che la situazione si va consolidando in Bulgaria, continuava l'ambasciatore, osservo che in Russia l'irritazione ed il sentimento d'umiliazione diventano maggiori, quindi il pericolo aumenta. Per gli interessi dell'Austria la Bulgaria non merita una guerra; una guerra in difesa del principe Ferdinando serait un crime».

S.E. accompagnava poi queste considerazioni da altre onde dimostrare che l'Inghilterra è la Potenza in fondo più interessata alla questione bulgara, e concludeva dicendo doversi tenere in mente che quella Potenza ha le mani legate all'interno dall'Home Rule, all'estero dalle questioni d'Egitto, del Canada, del Pamir e dell' Afganistan che si confondono con quella delle Indie. L'ambasciatore mi narrò poi in confidenza che pochi giorni fa il signor Scisckin facendo appello al suo spirito di conciliazione ed all'influenza dei suoi consigli sul conte Kalnoky gli aveva in vaghi termini menzionato il pericolo di prolungare lo stato attuale delle cose nel Principato bulgaro.

Da quanto precede, dalla recente circolare russa e da altri sintomi, il conte di Wolkenstein crede poter inferire che la situazione è cambiata e che di fronte alla questione bulgara il Gabinetto di Pietroburgo si mostra ormai ben meno fedele al programma di passiva aspettazione preconizzato dal signor de Giers ed accenna a volersene scostare.

366 1 La notizia era stata comunicata da Cecchi con T. 977 del 27 aprile, non pubblicato.

367 1 Cfr. n. 322.

368

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 898. Roma, r maggio 1893, ore 10,25.

Approvo schema sua nota lord Rosebery circa delimitazione, contenuto rapporto V.E. del 21 corrente1•

368 l Cfr. n. 359.

369

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1027. Londra, 3 maggio 1893, ore 19,16 (per. ore 21,20).

Lettera Menelik. Rosebery è disposto sia a non rispondere alla lettera, sia a rispondere che l'Inghilterra non crede che sia in facoltà dell'Etiopia di denunziare il suo trattato con l'Italia. Delle due cose Rosebery preferirebbe la prima; ma lascia a noi di scegliere, volendo egli fare quello che più aggrada all'E.V. Prego V.E. mettermi in grado di dargli una risposta in proposito 1 .

370

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T.S.N. Madrid, 4 maggio 1893, ore 8 (per. ore 10).

La reine Marie Pie ne s'est arrètée, à son passage ici, qu'une demi heure à la gare. Elle a, cependant, trouvé moyen de faire allusion à l'ancien projet d'une action éventuelle en Portugal, dans sa courte conversation avec la reine-régente, à laquelle elle a ensuite écrit une lettre de Paris pour mieux expliquer sa pensée. Toujours strictement constitutionelle, la reine-régente a soumis à son Conseil des ministres la lettre en question. Il y a peu de jours, j'ai été chargé de transmettre la réponse de la reine-régente, et je me suis empressé de l'envoyer à notre ambassade à Paris. M. Ressman m'a informé l'avoir expédiée, le 29 avril, à sa haute destination. D'après ce qui me revient, cette réponse, qui a été rédigée par M. Moret, recommande à la reine Marie Pie de ne pas manquer d'entretenir son auguste frère et l'empereur d'Allemagne de la situation du Portugal, dont le Gouvernement espagnol commence de nouveau à se préoccuper. J'envoie par la poste un rapport chiffré à ce su jet 1 , et je prie V.E. de m'autoriser à faire voir la correspondance qui s'y réfère à M. Moret, !eque! m'a exprimé désir d'en prendre connaissance2•

2 Per la risposta cfr. n. 378.

369 l Per la risposta cfr. n. 371. 370 1 Di tale rapporto, datato 3 maggio, si pubblica il seguente passo: «depuis quelques temps !es nouvelles du Portugal sont redevenues mauvaises. M. Moret m'en a parlé sérieusement. Il m'a dit que c'est surtout l'armée qui est travaillée par le parti républicain>>. Non si pubblica un rapporto confidenziale di Maffei del 6 maggio sullo stesso argomento.

371

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 915. Roma, 4 maggio 1893, ore 10,45.

Prego ringraziare vivamente lord Rosebery per la amichevole sua offerta1 , Poiché Sua Signoria ha la bontà di !asciarci la scelta, noi preferiremmo che fosse risposto a Menelik nei termini indicati da lord Rosebery. Naturalmente, e come corollario della dichiarazione contenuta nella lettera della regina, questa sarebbe rimessa a noi per essere a mezzo nostro inoltrata al suo indirizzo nel momento opportuno.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

D. RISERVATO 15984/82. Roma, 4 maggio 1893.

Ho letto con molto interesse il rapporto del l o aprile u.s. n. 213/69 1 , in cui ella manifesta il suo pensiero intorno alla eventualità di fronte alla quale ci potremmo trovare per la mancata soluzione delle numerose vertenze pendenti con codesto Governo.

La S.V. considera il grave problema sia dal punto di vista degli interessi della nostra emigrazione al Brasile e degli scambi commerciali, sia dal punto di vista della dignità e del prestigio del R. Governo presso codesta colonia italiana, e conchiude, indicando le dannose conseguenze che potrebbero derivare ai nostri interessi da un'azione militare contro il Brasile.

I numerosi atti di violenza, di cui sono vittime i nostri emigranti più che l'effetto di deliberato proposito di codeste autorità federali e locali contro l'elemento italiano, sono, secondo il suo avviso, conseguenza diretta delle tristi condizioni generali di codesto Stato, il quale, per la crisi politica ed economica che attraversa, per il vizioso organismo delle sue istituzioni, delle amministrazioni federali e locali, dell'esercito e della polizia, si trova, almeno per ora, nella impossibilità d'offrire serie guarentigie di sicurezza alle colonie straniere, e, specialmente, alla nostra che, dopo la portoghese, è la più numerosa.

Dalle considerazioni di lei, però, si trae che qualche benefico frutto potrebbe, forse, anche ora attenersi, nell'interesse generale della tranquillità e della prosperità della colonia italiana al Brasile, col persuadere, da una parte, codesti governanti a non favorire, anzi, a combattere, le tendenze ostili dell'elemento indigeno contro gli stranieri, e, adoperandosi dall'altra, ad evitare, per quanto è possibile, che gli

stessi nostri nazionali, aizzati da cattivi consiglieri creino artificiali agitazioni che poi impegnano le responsabilità del R. Governo.

Ella vorrà, con la consueta sua diligenza, prendere in attento esame questi due punti che hanno, nella presente contingenza, una speciale importanza.

Dal canto mio, la ringrazio vivamente di aver fornito, in questo e in precedenti suoi rapporti, elementi sicuri di giudizio al R. Governo intorno alla situazione generale di codesto Paese in relazione con la tutela degli interessi materiali e morali delle numerose nostre colonie, e l'assicuro che delle giuste ed opportune sue avvertenze terrò il debito conto.

371 l Cfr. n. 369. 372 l Non pubblicato.

373

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. RISERVATO 420/259. Londra, 4 maggio 1893 (per. il 13).

Le informazioni avute da lord Rosebery che l'Inghilterra non fosse fra le Potenze alle quali il re Menelik avea indirizzato le sue lettere, furono smentite dalla comunicazione fattami da Sua Signoria della copia in lingua francese della lettera stessa che mi fu rimessa soltanto la sera del 2 di questo mese benchè la nota di accompagnamento porti la data del 27 aprile (allegati l e 2)2 . Insieme alla lettera di Menelik, il Foreign Office mi ha comunicato la copia del rapporto del residente di Sua Maestà Britannica in Aden (allegato 3), nel quale è narrato come la lettera anzidetta gli è pervenuta.

Nella nota di accompagnamento è indicato, senza osservazioni, il soggetto principale della lettera del sovrano etiopico che è di annunciare la denunzia del Trattato di Uccialli e la sua intenzione di non più rinnovarlo.

In risposta alla nota di lord Rosebery conveniva dunque che da me si esprimessero i concetti che guidano il Governo nostro in questo affare e mi parve utile che questi fossero affermati in una regolare comunicazione scritta. Feci perciò rimettere ieri mattina la nota di cui unisco copia (allegato 4) acciocchè essa fosse già nelle mani del principale segre.tario di S. M. la Regina, al momento in cui io avrei avuto l'occasione di aver con lui un abboccamento.

Era infatti ieri il giorno dell'ordinario ricevimento degli ambasciatori al Foreign Office ed io mi presentai a lord Rosebery ringraziandolo della comunicazione fattami il dì innanzi, alla quale aveva subito data la risposta scritta. Mi premeva che Sua Signoria ricordasse ciò che altra volta io le aveva detto circa l'accoglienza fatta dal Governo tedesco alla lettera dell'imperatore etiopico. A questo fine io gli consegnava un pro-memoria a complemento della risposta anzidetta. Di questo promemoria del quale lord Rosebery prese lettura immediatamente, unisco qui la copia (allegato 5).

373 1 Ed. in L'Italia in Ajì·ica, E!iopia-Mar Rosso. tomo IX, cit., pp. 380-386. 2 Si pubblica solo l'allegato 6.

Finita la lettura, questo signor mmtstro mi disse che egli era disposto ad astenersi dal rispondere alla lettera di Menelik od anche a rispondere che l'Inghilterra non crede sia in facoltà dell'Etiopia di denunziare il trattato con l'Italia. Delle due cose egli avrebbe preferito la prima, cioè l'astensione dal dare una risposta. Egli desiderava però lasciare a noi la scelta fra i due partiti essendo egli volonteroso di far ciò che più gradirebbe al Governo italiano.

Ringraziai lord Rosebery della cortese sua dichiarazione che io mi sarei affrettato di comunicare all'E.V. Io dovea riservare al mio Governo la scelta fra le due cose che il Gabinetto di Londra era disposto a fare e, tosto che ne avrei avuto le istruzioni, mi sarei fatto premura di comunicargliele.

Debbo far notare a V.E. che la considerazione che più di ogni altra ha contribuito a far prendere da lord Rosebery un atteggiamento così benevolo a nostro riguardo, è suggerita dalla certezza che qui si è acquistata, dei maneggi francesi alla Corte dello Scioa e principalmente nell'Harar. Sua Signoria non sa comprendere come la Francia, in mezzo alle tante sue difficoltà, non escluse le finanziarie, spieghi una così grande attività nella sua azione coloniale in Africa ed in Asia. Il fatto era però indiscutibile. Anche in questo tentativo del re dello Scioa di emanciparsi dall'influenza dell'Italia, vi era la prova di questo lavorìo francese. Nel fare queste osservazioni lord Rosebery non ne traeva conclusione alcuna rispetto ai rapporti del Gabinetto di Parigi con quello di Londra, o con altri; ma il suo spirito si mostrava preoccupato dalle informazioni avute circa questa incessante azione della Francia nelle più lontane contrade, azione così poco in armonia con quello che ognuno sa delle presenti condizioni interne di quel Paese.

Nel nostro colloquio di ieri, Sua Signoria non entrò in particolari ragguagli risultanti dalle informazioni pervenutegli. Ma nella sera ricevetti una lettera confidenziale del sotto segretario di Stato permamente del Foreign Office con la quale questi mi trasmette, per ordine di lord Rosebery, il factum, qui allegato in copia (allegato 6), relativo all'azione francese nell'Harar e nello Scioa. Non vi è, per quanto io sappia, cosa alcuna, nelle notizie risultanti da quel factum, che dal Governo del re fosse prima d'ora ignorata. È però nuova cosa .che l'Inghilterra dimostri, nei suoi rapporti con noi, di avvedersene. Naturalmente, in ciò facendo, un Gabinetto, così circospetto in tutti i suoi atti ed in tutte le sue mosse, quale è quello di Londra, deve proporsi uno scopo. Ed a me pare visibile che tale scopo altro non sia che quello di eccitarci a contro agire nei paesi etiopici per contrastare il passo alla preponderanza dell'influenza francese.

La considerazione con la quale ilfactum, rimessomi dal Foreign Office, conchiude circa gli effetti delle intestine querele dei capi abissini, merita speciale attenzione.

Nella conversazione avuta ieri con lord Rosebery ebbi l'opportunità di dimostrarmi informato delle pratiche seguite recentemente fra V. E. e l'ambasciatore britannico in Roma, in vista del viaggio che ras Makonnen vorrebbe fare ad Aden 3 . Ripetendo la risposta data dall'E.V. a lord Vivian, io ho insistito nell'espressione del desiderio nostro che le autorità di Aden abbiano a cogliere quell'occasione per far comprendere al governatore dell'Harar che tutta l'Etiopia ha interesse a mantenersi nei più stretti e migliori rapporti con l'Italia. Sua Signoria, alla quale queste stesse cose erano evidentemente già state trasmesse da Roma, vi si dimostrava

assenziente. Nè, durante questo colloquio, io intesi rinnovare da lui l'espressione delle inquietudini, a parecchie riprese manifestate dal suo predecessore, il quale si preoccupava, ogni volta che si trattava delle relazioni dell'Inghilterra con re Menelik, del pericolo che costui usasse rappresaglia a danno dei viaggiatori e commercianti inglesi. Lord Salisbury ricordava volentieri, in simili casi, che fu in conseguenza di non aver risposto ad una lettera del negus, che questi trattenne in ostaggio i cittadini britannici, dalla qual cosa erano derivate la necessità di una guerra inutile ed un gravoso dispendio per il tesoro inglese.

Procurerò di valermi nel miglior modo possibile delle presenti buone disposizioni del Foreign Office nell'interesse nostro, muovendomi però con la circospezione necessaria per evitare che l'Italia abbia in ultimo a trovarsi da sola a fare, più ancora che i suoi proprii, gli interessi della Gran Bretagna.

ALLEGATO MEMORANDUM

Confìdential.

The following information has been supplied to Her Majesty's Government by their officers on the Somali coast.

Gubbet Khrab at the end of the Gulf of Tajourra has been very frequently visited iately by the French gunboat «L'Etoile», and surveying operations have been going on. The French have been trying to get possession of the Assai Salt Lakc, situated about 6 miles iniand from the Northwest extremity of Gubbet Khrab, but the Dankaiis of Aussa are most bitterly opposed to this. It is asserted that King Menelik has granted permission to the French to take possession of the Iake, which he claims to be in his territory.

A French map has the following note: «Le droit à I'exploitation du sei nature! de ce Iac résulte du traité de I I mars I 862».

The artide of the Treaty referred to this is as follows: «French subjects shall have thc right to collect salt from the Lake Assai and from other places where it may be found, without being disturbed or molested». This Treaty purports to be with certain Dankali chiefs.

Apart from the Salt Lake it is believed that French Naval Officers are much impressed with the value of Gubbet Khrab as a possibly very important navai harbour. A t present the piace presents a picture of absolute desolation, there being no sign of habitation on the shores. Probably the great drawback to Gubbet Khrab would be the extreme heat at certain times, and it might be impossible for European to exist on ship board there during the hot month ofthe year.

The entrance to Gubbet Khrab, though very narrow, is deep; and it wouid appear that, if the probable difficulties of water supply and the heat could be overcome, the piace could easily be made into a perfectly impregnable position against ali attack by sea.

At Jibuti, the promontory has been connected with the mainland by a good causeway, and a line of teiephone runs a few miles out to a military outpost and garden. Trade with Shoa and Harrar, chiefly carried on by French merchants, has somewhat increased. The Esa and Dankaiis have aimost disappeared from the settlement, their piace being taken by Somalis from the East. This appears to be chiet1y due to some discontent among the Esa and the fact that Burhan Abubakr (a Dankali and former administrator) has been superseded. The administration is now carried on by M. Barault, a subordinate officer of Marine, under the orders of the Governar of Obock. There are no French troops. The police force, said to number 150, are Soudanese and Habr Awal Somaiis.

There is no doubt arms and ammunition are stili ianded at Jibuti in considerable quantities. The provisions of the Brusseis Act as to the imposition of a duty on liquors are not complied with.

There is reason to believe that Ras Makonnen will soon visit Jibuti and possibly Paris. His object is said to be to negotiate for a cession of Jibuti, or at any rate for certain concessions regarding rights to trade directly through Jibuti, and for the opening of a line of railway to Harrar and a telegraph line. lt does not seem likely that the French would cede Jibuti, and the construction of a railway appears improbable, but rumour is very persistent on these points.

Letters addressed by King Menelik to various European Sovereigns, including Her Majesty, have recently been brought to Aden by the French gunboat «L'Etoile». The instigator and translator of these letters, which announce the approaching termination of the Treaty with Italy, is said to be Bishop Taurin, who has been many years in Harrar and possesses great influence there. He and a M. Ilg have received French decorations. lt is stated on good authority that King Menelik and Ras Makonnen have lately received the Grand Cordon of the Legion of Honour, brought from Paris by a M. Chefneux.

A bi-weekly post has now been established between Jibuti and Harrar. It is carried by camelmen. The post arrives in Jibuti in three days from Harrar.

There have long been rumours of the impending transfer of the Messageries Maritimes establishments from Aden to Jibuti, and the establishment of a coaling depot at the latter piace. Negotiations have undoubtedly been going on, although no result is yet apparent.

There are now severa\ Frenchmen exercising much influence in Shoa and Harrar.

The objects of the French appear to be two:

l) to harass the ltalians and deprive them of all influence, and to repeat the idea of an Italian protectorate, possibly to go further and supply the Abyssinians with more weapons to enable them to attack the Italians. It is understood that there is a very large supply of good military rifles available owing to the recent rearming of the French troops with a new rifle. It is said that the Abyssinians have been negotiating for a supply of those rifles and ammunitions.

2) the diverting to Jibuti of all trade from Harrar and Shoa.

The Abyssinians declare they hate the idea of being protected by any European Power. They want a port, of course, Massowah, Jibuti, or Zeila, and say that, if there get o.ne of these, there will be no further sense in their advance on the Ogaden. They declare that the country which gives them a port will be given the monopoly of all the Abyssinian trade.

On the other hand it is to be feared that, as the Abyssinian are very ambitious they are aiming at conquering all Somaliland and reaching the sea coast. They will probably some day receive a lesson from some of the Ogaden and Dolbahanta whom they intend to subdue in due course.

The arrogance of the Abyssinians appears to be a natura\ result of the immense supplies of arms which they have received from various sources. Safety for the present seems to lie in the dissensions of the Abyssinians among themselves.

373 3 Cfr. n. 366.

374

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1043. Massaua, 6 maggio 1893, ore 8,20 (per. ore 10,45).

Ras Makonnen aspettò invano Gibuti invito autorità inglese recarsi Aden. Torna Harar.

375

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1050. Pietroburgo, 6 maggio 1893 (per. stesso giorno) 1 .

Ambasciatore d'Austria-Ungheria è estremamente preoccupato dell'accordo che sembra ora stabilirsi tra i Gabinetti di Berlino e Pietroburgo relativamente alla Bulgaria, di cui sembrangli sintomo eloquente istruzioni all'ambasciatore di Germania a Costantinopoli di associarsi «a tutte le pratiche» che Nelidow riceverebbe ordine di fare, onde impedire visita principe di Bulgaria al sultano. Mio collega d'Austria-Ungheria ritiene essere ciò conseguenza della irritazione prodotta, sull'animo dello czar, dagli incoraggiamenti che il Gabinetto di Vienna ha dato all'affermamento della dinastia cattolica ereditaria a Sofia 2 .

376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

D. 16313/373. Roma, 6 maggio 1893.

Dal rapporto di V.E. del 5 corrente n. 711/407 1 , rilevo come riferendosi agli officii di lei circa la lettera con la quale l'imperatore Menelik vorrebbe denunciare il Trattato d'Uccialli, il signor Develle abbia risposto dichiarando che la lettera indirizzata al presidente della Repubblica non era peranco arrivata, e lasciando intendere che il Governo francese non aveva punto il pensiero di crearci imbarazzi in Etiopia 2 .

Le risposte del signor Develle, per quanto benevole. son manifestamente assai vaghe mentre abbondano gli indizii di maneggi ostili aventi il loro centro in Obock

o procedenti da francesi aventi residenza in Abissinia. Se le disposizioni del Governo francese sono realmente quali risultano dai discorsi del signor Develle non dovrebbe riuscirle malagevole di fargli comprendere il reciproco interesse di tagliar corto ad ogni intrigo mercé cordiali e schiette intelligenze tra i due Paesi. Lo scopo sarebbe

2 La minuta recava a questo punto il seguente passo. poi cancellato: «Come ho già cercato più volte di persuaderne l'E. V., la questione etiopica interessa in sommo grado la nostra politica coloniale, ed è perciò che con opportune riserve cerchiamo di salvaguardare la posizione politica assicurataci dai trattati ogniqualvolta contro di essa lavorino intrighi a noi ostili. C'importa dunque di renderei un conto bene esatto delle disposizioni reali del signor Develle».

principalmente raggiunto mercé una ripresa delle trattative di delimitazione. Queste potrebbero riprendersi dal punto in cui furono lasciate nell'inverno 1892; posta in sodo la base, per noi indispensabile, che la linea di confine non si fermi alle frontiere scioane, ma arrivi sino alla linea di demarcazione tra la Francia e l'Inghilterra sancita col protocollo del febbraio 1888, i particolari della delimitazione sarebbero da noi considerati e trattati con quello stesso spirito di arrendevolezza che ci guidò nei precedenti negoziati.

Che se il signor Develle le apparisse propenso a dare ascolto a queste nostre entrature i documenti diplomatici ed il carteggio conservato negli archivi di codesta r. ambasciata metterebbero V.E. ampiamente al corrente della questione, mentre questo ministero potrebbe altresì darle, ad ogni richiesta, ulteriori schiarìmenti e più precise istruzioni 3 .

375 l Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. 2 Per la risposta cfr. n. 377. 376 l Del 5 aprile, non pubblicato.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 941. Roma, 7 maggio 1893, ore 15,40.

Spiegazioni fornitemi dal barone Marschall circa passo fatto dalla Germania a Costantinopoli1 , riducono la cosa ad atto di semplice compiacenza esclusivamente riferibile al punto speciale della eventuale visita del principe di Bulgaria. Non si tratta quindi punto di mutamento di politica. Sta però il fatto che al pari di noi ed al pari dell'Austria stessa, la Germania pensa essere essenziale che la Bulgaria eviti ogni motivo di nuovo attrito con la Russia.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. S.N. Roma. 9 maggio 1893, ore 14.

Reçu télégramme du 4 et lettre du 31 . J'en ferai usage opportun. Je vous autorise, en attendant, à mettre M. Moret, avec la circonspection voulue, au courant des précédents.

377 l Cfr. n. 375. 378 l Cfr. n. 370 e nota l allo stesso.

3 7 6 3 Per la risposta cfr. n. 381.

379

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

D. 165341142. Roma, 9 maggio 1893.

Mi riferisco al pregiato rapporto del 3 corrente n. 1541 , col quale la S.V. mi ha informato che la commissione turco-franco-tunisina incaricata di determinare la linea di confine fra la Tunisia e la Tripolitania ha sospeso i suoi lavori in conseguenza di disaccordi verificatisi fra i delegati ottomani e quelli franco-tunisini.

Intorno a questo argomento mi son pervenuti nei giorni scorsi, dal r. consolato a Tripoli di Barberia, due interessanti rapporti che le trasmetto, qui uniti, in copia 2 , e sui quali devo richiamare, in particolar modo, l'attenzione della S.V.

Risulta da questi rapporti che i lavori della commissione di delimitazione sono, non sospesi, ma terminati; che i delegati turchi hanno, con prove incontestabili, dimostrato che il territorio tunisino è limitato dalla linea Biban-Remada.

La soluzione definitiva della questione dipende ora essenzialmente dalle decisioni del sultano, sulle quali si teme che abbiano ad esercitare grande influenza le pressioni che il Gabinetto di Parigi non mancherà di esercitare per mezzo della sua ambasciata a Costantinopoli.

Per quanto le istruzioni impartite da Costantinopoli ai delegati turchi abbiano dimostrato che la Sublime Porta annette l'interesse che si merita a questa vertenza, gioverebbe però che S.M. il Sultano, di fronte alle insistenze della Francia, tenesse ben presente che, avendo per sè il buon diritto, nulla può consigliarlo ad un atto di debolezza che pregiudicherebbe tanto gravemente gli interessi e l'integrità dell'Impero nella Tripolitania.

Prego quindi la S.V. di esaminare, d'accordo coi colleghi delle Potenze amiche, se non sia il caso di far qualche passo presso la Sublime Porta e di far pervenire all'imperatore opportuni consiglj3.

380

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL REGGENTE IL CONSOLATO A ZANZIBAR, COTTONI 1

T. 980. Roma, 11 maggio 1893, ore 22,20.

Amministrazione Benadir verrà assunta col principio prossimo anno arabo, ossia metà luglio.

2 R. 153/76 del 21 aprile e R. 167/85 del 1° maggio, non pubblicati.

3 Per la risposta cfr n. 388. 380 l Ed. in LV 89, p. 110.

379 l Non pubblicato.

381

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 967/426. Parigi, 11 maggio 1893 (per. il 14).

Nell'l,Jdienza di jeri questo signor ministro degli affari esteri mi ha di nuovo affermato'"che non gli era ancora pervenuta la lettera del re Menelik, di cui più volte io gli aveva tenuto discorso. Gli domandai se quella lettera non potesse essere andata direttemente nelle mani del presidente della Repubblica. Il signor Develle mi rispose che non lo credeva, attesochè, in tal caso, il presidente non avrebbe mancato di partecipargliela.

Impegnata la conversazione su questo argomento e tenendo presente il voto espresso dall'E. V. nel suo dispaccio in margine ricordato 2 non nascosi al signor Develle che l'azione, se non del Governo francese, almeno d'alcuni agenti francesi in Obock, faceva sovente risorgere il dubbio che si profittasse con compiacenza di ogni occasione per crearci imbarazzi nella nostra Colonia Eritrea e che se veramente, come egli sempre me l'assicurava, erano diverse le intenzioni sue, il miglior modo di eliminare ogni ragione di procedimenti meno amichevoli e di mosse contrarie agli interessi italiani sarebbe quello di venirne ad una definitiva delimitazione tra la Francia e noi intorno ad Obock, riprendendo a tal fine le trattative già due volte interrotte.

Il signor Develle mi disse che, avendo bisogno di rendersi conto dei precedenti negoziati e delle contestazioni per le quali non erano approdati, egli si sarebbe fatto dare il relativo incartamento, lo avrebbe accuratamente esaminato e me ne avrebbe poi a suo tempo riparlato. Intanto, e per darmi una prova di più che le istruzioni del Governo ai suoi agenti nel Mar Rosso erano lungi dall'esserci poco benevole, egli si fece portare e mi lesse un telegramma pervenutogli poco prima che l'informava delle cortesie usate al conte Salimbeni e della soddisfazione attestatane da questi che, per cura dell'autorità francese, era stato trasportato da Gibuti ad Obock onde colà potesse imbarcarsi sopra un piroscafo francese.

382

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. CIFRATO S.N. Roma, 14 maggio 1893.

On appelle, de Madrid notre attention sur la mauvaise tournure que les affaires prennent en Portugal 1 . La propagande républicaine ferait de grands progrès, dans

2 Cfr. n. 376. 382 l Cfr. n. 370 e nota l allo stesso. Non si pubblica un rapporto cifrato del 6 maggio di Maffei sullo stesso argomento.

287 les rangs mèmes de l'armeé, gràce surtout à l'abandon dont celle-ci serait l'objet de la part du roi. Je me propose, sur ce point délicat, de donner des instructions spéciales à notre ministre à Lisbonne, qui est à la veille de rentrer à son poste. Notre roi a, d'ailleurs, avec la reine Marie Pie, sur ce sujet des entretiens qui ne seront pas, je l'espère, sans résultat. Il est bon que V.E. touche, à l'occasion, un mot de tout ceci à l'empereur et à ses conseillers, car je sais qu'on a reçu, à Berlin, sur la situation en Portugal des renseignements identiques aux nòtres.

Le reine Marie Pie pense que la pression des Puissances sur le Portugal pour l'affaire de la dette extérieure peut, au point de vue dynastique et monarchique, exercer une fàcheuse influence. C'est un aspect de la question qui n'a certes pas échappé à la diplomatie allemande, et dont celle-ci tient compte sans doute dans la juste mesure. Mais je dois ne pas vous taire que, d'après les rapports de notre ministre à Lisbonne, le ministre de France joue fort habilement son ròle, laissant que son collègue allemand se tienne, pour l'affaire de la dette, au premier rang, quitte à partager ensuite les résultats utiles. C'est un détail dont V.E. pourra faire tel usage qui lui paraìtrait opportun 2•

381 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 389-390.

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. RISERVATO URGENTE 17406/219. Roma, 15 maggio 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto n. 656 in data del 30 u.s. 2 colla lettera acclusa del dottor Traversi, dalla quale rilevo con piacere un miglioramento della nostra situazione in Etiopia.

Circa alla residenza d'Harar concordo pienamente nei concetti espressi dall'E.V. e sarà possibilmente inviato colà il cav. Nerazzini, persona capace, seria e discreta 3 .

2 Non pubblicato.

3 Nerazzini partì latore di due lettere di Brin e del re per Makonnen, datate 20 maggio. Si pubblica solo il seguente passo della lettera di Brin: «S.M. il mio Augusto Sovrano, volendo in ogni circostanza dare prova della sua amicizia per lei, ha dato ordine che ogni discussione sui danari ricevuti da lei in conto del prestito etiopico deve essere finita, accettando quello che lei ha stabilito d'accordo col conte Salimbeni».

Nelle istruzioni preparate per lui e che mi riservo di trasmetterle in copia al più presto è detto che egli deve corrispondere direttamente coll'E.V. e mandar copia al ministero delle lettere relative.

Ricevetti la precedente corrispondenza del dott. Traversi insieme al rapporto

n. 630 in data del 25 aprile p.p. 4 e presi in attento esame le considerazioni svolte da V.E. Qualunque potrà essere la politica che ci converrà di seguire fra qualche anno in Etiopia, e non escludendo davvero la possibilità di metterei dalla parte dei ras tigrini contro lo Scioa, è evidente che dobbiamo anzitutto aspettare pazientemente d'aver delimitato coll'Inghilterra e colla Francia le rispettive sfere d'influenza, in modo da escludere in qualunque eventualità l'ingerenza di quelle due Potenze nei paesi etiopici. E finché non si sia conseguito un tal risultato la nostra politica verso Menelik dovrà ispirarsi alle istruzioni conciliative date nell'estate scorsa al dottor Traversi ed approvate da V.E. La pazienza dovrà essere la divisa della politica italiana in Etiopia.

382 2 Lanza rispose con R. 627/261 del 20 maggio di cui si pubblica il seguente passo: «Questo Gabinetto chiedeva da tempo una dimostrazione documentata dello stato delle finanze portoghesi; voleva conoscere e poter giudicare con conoscenza di causa ciò che dal Portogallo si poteva esigere e poter così proporre e raccomandare un'equa soluzione della questione ai creditori tedeschi. Quella dimostrazione il Governo portoghese si decise solo a fornirla in quest'ultimi tempi ed è in seguito ad un attento esame di essa che questo Gabinetto, d'accordo col signor Carvalho, stabilì le basi per il pagamento del debito pubblico all'estero quali furono l'altro giorno sottoposte al Parlamento in Oporto (32 %, se non erro, con garanzia sull'introito delle dogane) e che già sarà nota a V.E. nei suoi particolari. Il signor Carvalho ha di nuovo lasciato Berlino ieri e nel recarsi a congedare da me si dimostrava molto contento dell'opera compiuta e si lodava del modo con cui il barone Marschall si era diportato in questa questione». 383 1 Ed. in L'Italia in Aji-ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 390.

384

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 447/281. Londra, 15 maggio 189 3 (per. il 29).

Alla mia nota, rimessa al F oreign Office il lo maggio 1 , in risposta a quella di lord Rosebery del 18 aprile2 , Sua Signoria ha replicato con un semplice accenno di ricevuta. La pratica relativa alla delimitazione delle zone d'influenza verso il territorio di Zeila, non ha conseguentemente progredito di un passo dopo il rapporto che ho avuto l'onore d'indirizzare a V.E. il 2 corrente (n. 415/254) 3 . Unisco copia della precitata ultima comunicazione fattami dal Foreign Office.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

D. RISERVATO 17648/400. Roma, 16 maggio 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto di V.E. n. 967/426, in data dell'l l corrente 2 . Prendo atto delle buone disposizioni manifestate verso di noi dal

384 l Cfr. n. 368.

1 Cfr. n. 359.

3 Non pubblicato.

385 l Ed. in L'Italia in Aji-ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 391. 2 Cfr. n. 381.

289 signor Develle. Giova ora sperare che queste ricevano conferma dai fatti, e migliore occasione non potrebbe presentarsi al Governo francese di quella d'acconsentire al nostro desiderio di concordare una delimitazione di confini nel paese dei Danakil e degli Issa Somali. Continuiamo infatti a ricevere notizia, così dallo Scioa come da Aden, di maneggi dei negozianti francesi contro la situazione dell'Italia in Etiopia; gioverebbe che gli atti positivi dimostrassero il fermo proposito del Governo della Repubblica di mantenersi estraneo a simili adoperamenti 3•

383 4 Cfr. n. 361.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATO 17914/236. Roma, 18 maggio 1893.

Come osserva giustamente V.E. nel suo rapporto del 4 corrente n. 420/259 1 , il memorandum sui maneggi francesi in Etiopia comunicatole da lord Rosebery ha molta importanza per noi, non già pei fatti in esso narrati, che erano conosciuti al

R. Governo, ma pel nuovo indirizzo che sembra prendere la politica inglese, allarmata dall'estendersi dell'influenza della Francia nei paesi dipendenti dall'Abissinia. Crederei quindi opportuno di chiamare l'attenzione del Gabinetto di Londra sul fatto che l'attività spiegata dai francesi all'Barar e allo Scioa era già stata da noi segnalata nella nota verbale che il mio predecessore rimise al signor Nevill Dering il 22 settembre 1891 2 , allorchè si chiese formalmente di trattare la delimitazione della sfera d'influenza dalla parte del golfo di Aden. Ella avrà occasione in tal modo d'insistere opportunamente affinchè si addivenga alla desiderata delimitazione.

387

IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1141. Washington, 19 maggio 1893, ore .... 1 (per. ore 8,40).

Ringrazio riconoscente S.M. il Re e V.E. per benevola comunicazione elevazione di questa legazione ad ambasciata ai termini del dispaccio di V.E. quattro

recentemente da Menelik una concessione delle saline d'Assai ... Questo atto di Menelik non può non fare penosa impressione sul R. Governo». 386 l Cfr. n. 373.

2 Cfr. serie II, voi XXIV, n. 447. 387 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

corrente2 . Segretario di Stato mi ha incaricato di informare V.E. che il presidente della Confederazione nominerà quanto prima ambasciatore Roma, e che ne riceverò domani notificazione ufficiale. Prego V.E. di volere cortesemente affrettare invio mie credenziali.

385 3 Con D. 16338/6 del 6 maggio Brin aveva comunicato a Traversi: «signor Chefneux ha ottenuto

388

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1157. Costantinopoli, 20 maggio 1893, ore 15,50 (per. ore 17, 15).

Ambasciatore d'Austria-Ungheria ed ambasciatore di Germania sono disposti cogliere prima occasione favorevole per fare pratiche amichevoli presso la Sublime Porta, d'accordo con me, per indurre sultano approvare operato commissari ottomani per delimitazione frontiera tripolina, ed impedire egli ceda alle pressioni francesi. Se V.E. desidera si faccia passo collettivo ed ufficiale, è necessario di provocare da Vienna e Berlino istruzioni alle LL.EE. Calice, Radolin.

389

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 460/290. Londra, 21 maggio 1893 (per. il 29).

Con dispaccio del 7 maggio 1 al quale vennero successivamente ad aggiungersi i documenti nel medesimo indicati, V.E. ha chiamato la mia attenzione circa il negoziato in corso a Berlino per la delimitazione dei territori della Compagnia britannica del Niger con il Camerun. Se, in questo spartimento di territori, il Wadai dovesse essere compreso, l'hinterland della Tripolitania, reclamato dalla Turchia nella sua nota di ottobre 1890, non sarebbe rispettato.

La comunicazione di V.E. era diretta necessariamente al solo scopo di avere da me informazioni complementari circa tale negoziato.

Non mi trovo in grado di fornire a questo riguardo alcuna notizia particolareggiata. In occasione di una visita recente da me fatta a lord Rosebery, feci cadere il discorso sovra il negoziato di delimitazione anglo-germanico; ma Sua Signoria che pure, in quel giorno, pareva più espansiva del solito, si racéhiuse in una grande riserva. L'Inghilterra, diss'egli in tuono scherzevole, stava delimitando con la Germania, con la Francia, con noi, con tutti, senza che gli abitatori dei territori neppure

389 l D. 16360/212, non pubblicato.

sospettassero tanta attività delimitatrice. Ma tosto portò il discorso ad altro argomento, sicché da lui non seppi cosa alcuna circa le zone contemplate nel negoziato presentemente in corso a Berlino. Se alcuna cosa perverrà in proposito a mia notizia, ne informerò tosto il R. Governo.

A noi conviene certamente che l'hinterland reclamato dalla Turchia per la Tripolitania, sia rispettato tanto dall'Inghilterra che dalla Germania. Non sarebbe però Londra, nelle circostanze presenti, terreno favorevole per noi di mettere avanti qualche amichevole osservazione a tale riguardo. Troppo recentemente da questo Gabinetto ci vennero opposte l~ ragioni dell'Impero ottomano sovra i territori dell'hinterland di Zeila per ritardare la delimitazione da noi domandata, perché ora ci convenga parlare qui di un altro hinterland dell'Impero turco. Converrebbe forse che l'attenzione della Turchia fosse risvegliata opportunamente, ma sovra tutto molto discretamente, affinché provveda essa stessa al suo interesse. Ma certamente, se al Foreign Office si potesse scorgere la mano nostra in una rimostranza della Sublime Porta a tale riguardo, io temerei che per contraccolpo avessero a risorgere le obbiezioni di massima nella trattativa nostra relativamente alla delimitazione del territorio di Zeila. Prego V.E. di voler ben considerare questa circostanza la quale si troverà completamente mutata quando la nostra trattativa potrà riuscire a definitiva conclusione. Mi duole di non potere ancora indicare, neppure approssimativamente, il tempo nel quale si giungerà a questa conclusione. In una visita, fatta a lord Rosebery il 17 corrente, ho insistito nuovamente perché mi siano presentate le obbiezioni che il tracciato della linea da noi proposta incontra. Sua Signoria ne prese nota. Egli riteneva che l'amministrazione delle Indie fosse in ritardo nello trasmetterle a Londra.

387 2 Non pubblicato.

390

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 461/291. Londra, 21 maggio 1893 (per. il 29).

Ringrazio V. E. di avermi, con dispaccio delli 18 corrente1 , indicato il vantaggio che noi potremmo trarre dalle disposizioni presenti del Gabinetto inglese rispetto ai maneggi della Francia nello Scioa e nell'Barar, per sollecitare la conclusione della trattativa nostra di delimitazione verso il possedimento britannico di Zeila. Ne terrò certamente conto a tempo debito, per ora, però non stimerei cosa opportuna il mettere avanti argomenti i quali, appunto perchè fondati in ragioni di grande efficacia per noi, hanno l'inc.onveniente di rappresentare in modo troppo manifesto l'importanza dei territori attraverso i quali si debbono tracciare le linee della delimitazione. Tanto più facilmente l'Inghilterra consentirà alla delimitazione da noi desiderata, quanto minore sarà agli occhi suoi il valore dei territori sovra i quali essa dovrà

consentire ad interdirsi la propria azione. Non bisogna perdere di vista che il Foreign Office ritiene che la nostra politica di awiluppare l'Etiopia è la causa prima dell'esito favorevole che gl'intrighi della Francia in quel paese sembrano conseguire. A parecchie riprese, nei colloqui extra-ufficiali, sir Ph. Currie mi ha domandato se in Italia mai nessuno avesse pensato al vantaggio che avremmo potuto conseguire dal chiamare gli abissini al mare? Ancora recentemente l'alto funzionario che conserva le tradizioni della politica internazionale della Gran Bretagna, mi diceva che, dopo di aver cercato di ricacciare gli abissini all'interno, verrà il momento in cui tutti faremo a gara per aprire loro gli sbocchi al mare. A questo tendono i francesi in questo momento e con questo mezzo si sono molto inoltrati nelle simpatie di Menelik al quale fanno sperare comoda ed aperta completamente la via a Gibuti. Non oserei affermare che in questi discorsi di sir Ph. Currie sia l'intenzione di suggerire a noi di praticare, rispetto all'Etiopia, una politica che faccia, direi così, concorrenza alle offerte francesi. Ma è cosa certa e della quale, ritengo, convenga a noi di tenere conto, che al Foreign Office prevale il concetto che l'Italia avrebbe assai meglio e molto più solidamente stabilito le sue relazioni particolari con l'Etiopia, se a base di esse avesse posto lo assicurare a quell'Impero gli sbocchi al mare.

390 l Cfr. n. 386.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI 1

T. 1051. Roma, 22 maggio 1893, ore 11,40.

Prego vivamente ringraziare lord Rosebery per il tenore della lettera della regina Vittoria a MeneliP e per la trasmissione che ce ne è affidata. Nel presente procedimento ravvisiamo una nuova prova dell'amicizia di codesto Governo e della solidarietà dei nostri interessi in Africa.

392

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DALLA VALLE 1

T. 1054. Roma, 22 maggio 1893, ore 12,05.

Codesto Gabinetto ci aveva cortesemente fatto sapere che, salvo nostro diverso desiderio, l'imperatore Guglielmo non risponderebbe alla recente lettera di Menelik.

2 Risponde al T. 1162 di Tornielli del 21 maggio, non pubblicato. Per il tenore della lettera della regina Vittoria cfr. n. 392. 392 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 394.

In seguito nostro concerto col Gabinetto inglese, la regina Vittoria risponde a Menelik dichiarando che secondo la sua interpretazione l'art. 16 del nostro trattato non dà la facoltà di denunzia ma solo quella di concordare opportune modificazioni ed esprimendo la speranza che Menelik prenderà in attenta considerazione le eventuali osservazioni dell'amico della regina il re d'Italia. Questa lettera della regina Vittoria sarà rimessa a noi acciocché per mezzo nostro arrivi a Menelik. Saremmo assai grati a codesto Governo se anche l'imperatore Guglielmo scrivesse lettera analoga rimettendola del pari a noi per il recapito.

391 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 394.

393

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 462/292. Londra, 22 maggio 1893 (per. il 29).

Durante la visita che feci il 17 di questo mese a lord Rosebery al Foreign Office, Sua Signoria mi disse di aver notato una speciale attività della nostra diplomazia in tutto ciò che si attiene alle cose di Bulgaria. Siccome era stato detto più volte che l'Inghilterra e l'Italia aveano interessi uguali in quegli affari, così non poteva sembrarci indiscreto il desiderio suo di sapere se avevamo qualche ragione speciale di seguire con tanta cura l'andamento delle cose bulgare.

Risposi che nei carteggi diplomatici a me comunicati dal mio Governo, io non mi era avveduto vi fosse traccia della particolare azione diplomatica dell'Italia negli ultimi incidenti bulgari. Tutta la cura dei nostri agenti mi pareva rivolta ad impedire qualunque cosa potesse dare motivo o pretesto ad altri di reclamare o protestare. Nelle situazioni politiche incerte, grande era il benefizio del tempo e vi era una specie di prescrizione internazionale che veniva a legittimare agli occhi di tutti le situazioni stesse. Bisognava però, perchè ciò avvenisse, prevenire gli incidenti che potevano dare causa ad atti protestativi. Mi sembrava pertanto che, in ogni ipotesi, l'azione diplomatica italiana si fosse spiegata tanto nell'interesse generale di evitare perniciosi sconvolgimenti, quanto nell'interesse stesso del Governo stabilito a Sofia, alla consolidazione del quale non giovavano certamente le proteste del Gabinetto di Pietroburgo.

Lord Rosebery replicò tosto che egli non aveva avuto alcuna intenzione di dolersi della posizione diremo così di prima linea che gli agenti italiani aveano preso principalmente nell'occasione del progettato passaggio per Costantinopoli del principe Ferdinando di Bulgaria. Egli avea osservato nei rapporti inglesi sovra le cose bulgare che sempre si parlava di preferenza di ciò che facevano gli agenti italiani. Gli era da ciò rimasta l'impressione che il mio Governo dovesse avere qualche motivo speciale di apprensione che possano in quella direzione prodursi complicazioni fin qui evitate principalmente in grazia del temperamento pacifico dello czar. Se a Roma si fosse saputo in proposito alcuna cosa da lui ignorata, gli sarebbe riuscito gradito di esserne informato.

Nei carteggi comunicatimi in verità vi è qualche cosa che può aver prodotto nel Governo di Sua Maestà l'impressione che il tempo era venuto di far sentire al Governo di Sofia consigli di prudenza. Il linguaggio dell'ambasciatore di Austria-Ungheria a Pietroburgo con il suo collega d'Italia 1 e le confidenze da lui fatte circa gli avvertimenti mandati a Vienna, hanno un peso incontestabile. Ma a me non parve che di quelle confidenziali comunicazioni del conte di Wolkenstein al barone Marochetti fosse lecito fare uso senza speciale autorizzazione di

V.E. È troppo facile far nascere sospetti nelle cose diplomatiche quando queste cadono nel pettegolezzo di conversazioni particolari che non possono mai essere ripetute ed intese nel vero e proprio loro senso. Mi pare però che, sollevandoci al di sopra di quest'ordine di cose, noi dobbiamo considerare, nella domanda fattami da lord Rosebery, il desiderio legittimo dell'Inghilterra di conoscere quali ragioni mossero l'Italia ad agire con qualche energia in una situazione nella quale la diplomazia austro-ungarica si palesava per lo meno inerte. Pare a me che converrebbe, anche per gli scopi generali della politica, che io fossi autorizzato da V.E. a ripigliare il discorso sovra questo soggetto in una prossima visita a lord Rosebery. Io potrei dirgli che il Governo del re, informato della interrogazione rivoltami, desiderava far conoscere al Gabinetto britannico le impressioni sue circa lo stato di cose attualmente esistente in Bulgaria il quale, senza costituire un pericolo imminente per la pace, richiedeva però un periodo di sosta in tutto ciò che avesse potuto accrescere l'irritazione personale dello czar contro il principe Ferdinando. Di questo si erano ricevute a Roma informazioni che doveano essere pervenute ugualmente a Vienna ed a Londra, e questo costituiva, in riguardo alle cose di Bulgaria, un fattore troppo importante per poterne fare astrazione dai Governi, come il nostro, sinceramente interessati al mantenimento della pace.

Prego V.E. d'impartirmi in proposito le sue istruzioni2 .

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 1064. Roma, 23 maggio 1893, ore 23,35.

Officiosa Bulgaria del 18 maggio da lei speditami dice nel cortile Assemblea Tirnovo sventolavano grandi stendardi con colori e armi di Parma e Bulgaria. Prego chiedere al ministro degli affari esteri se notizia vera. Attendo risposta telegrafica1•

2 Cfr. n. 405. 394 1 Cfr. n. 398.

393 1 Cfr. n. 367.

395

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1184. Parigi, 24 maggio 1893, ore 18,10 (per. ore 20,15).

Presidente della Repubblica, cui ho ora consegnato la lettera di S.M. il Re, mi ha detto che il Consiglio dei ministri ha deciso d'inviare a Palestro 1 generale Fabre, che vi fu ferito 2•

396

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1197. Pera, 25 maggio 1893, ore 16,15 (per. ore 16,40).

Anche l'ambasciatore d'Inghilterra farà passi presso la Sublime Porta perché essa incoraggi il sultano ad approvare operato delegati turchi nella delimitazione frontiera tripolo-tunisina.

2 Cfr. il seguente passo di una lettera personale di Ressman a Brin del 26 aprile: «Qui si discorre molto delle splendide feste e dimostrazioni di Roma in occasione delle nozze d'argento. Vi fu e v'è del veleno in alcuni fogli radicali ma non è meno vero che in generale l'impressione è salutare, toccandosi questa volta colle mani in quale conto sia tenuta l'Italia e sia tenuta la sua amata dinastia nel mondo. Se sapremo evitare le questioni irritanti e perseverare in un contegno tranquillo e benevolo, come finora con tanto senno fece il presente Gabinetto, spero che la détente si continuerà e ci darà, se non risultati direttamente utili, almeno il profitto di una decrescente tendenza a nuocerei. Si rimpianse qui da molti che delle nozze d'argento la Francia non siasi valsa per risvegliare da noi i ricordi delia passata fratellanza inviando a Roma un rappresentante speciale che fosse stato a Magenta ed a Solferino. È verissimo, come fu accennato in un giornale inglese, che era sorta l'idea di mandarci il maresciallo Mac Mahon. L'eroe di Magenta, l'antico presidente della Repubblica, sarebbe stato più che un ambasciatore, ... un programma. Ne fu fatta la mozione da uno dei ministri nel Consiglio; si sapeva che alcuni generali desideravano quella designazione; due altri ministri la propugnarono. Ma il Consiglio indietreggiò per la paura d'andare incontro ad appassionate recriminazioni di tutta la stampa radicale che avrebbe, dicevano gli oppositori, attaccato a fondo il presidente stesso della Repubblica e gridato due volte di più contro l'Italia vedendo rimesso in scena ed incaricato d'una simile missione l'uomo in cui non scorgono che l'autore del tentativo anti-repubblicano del 16 maggio!». Cfr. anche quanto scrisse Ressman a Brin in una lettera personale del 26 maggio: «Non posso a meno d'esprimere anzitutto a V.E. il vivo mio compiacimento per la pronta soluzione della crisi ministeriale che ella volle annunziarmi e mi felicito di conservare un capo benevolo, e convinto, al pari di me, per ciò che concerne la difficile politica verso questo Paese, della necessità di non fare il passo più lungo della gamba. Come sempre, anche quest'ultima nostra crisi provocò qui apprezzamenti amari e pronostici pessimisti; ma amici e nemici savii si mostrano ora contenti della permanenza d'un Gabinetto che diede alla Francia prove indubbie di moderazione e di buon volere».

395 1 Per l'inaugurazione dell"ossario dei caduti nella battaglia del 1859.

397

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 1079/463. Parigi, 26 maggio 1893 (per. il 29).

Ebbi jeri un'udienza dal signor Develle e gli riparlai della delimitazione nel paese dei Danakil e degli Issa Somali. Mi espressi con lui negli stessi termini usati da V.E. nel recente suo dispaccio qui in margine menzionato 2• Gli ricordai le ultime proposte che al predecessore di V.E. erano state fatte il dì 24 maggio 1891 dall'ambasciatore della Repubblica a Roma ed esposte dal marchese di Rudinì a questa

r. ambasciata in un dispaccio del giorno seguente 25 maggio 1891, divisione I, sezione I, n. 19559/4373 , e gli dissi che le medesime potrebbero essere opportunamente prese da noi come punto di partenza per arrivare ad un pronto accordo.

Il signor Develle prese nota della data da me indicatagli, ripetendomi anche questa volta la promessa che prenderebbe notizia delle ultime istruzioni date al rappresentante di Francia in Roma nel 1891. Ma egli osservò che allora le trattative non approdarono perché nel momento in cui pareva prossimo un accordo fu da noi rinnovata la Triplice Alleanza. Potrei da quest'osservazione arguire ch'egli esita d'essere più corrivo del suo predecessore, la causa delle facilitazioni allora negateci sussistendo pur sempre e temendo egli di dare all'opposizione un'arma contro la sua politica. Siccome in quest'occasione menzionai di nuovo la spiacevole circostanza che la recente lettera del re Menelik fu trasportata da Obock ad Aden sullo stazionario francese «L'Etoile», egli mi disse che appena il giorno precedente, cioè l'altr'jeri, essa gli era st!lta consegnata da una persona che non mi nominò, ma che suppongo possa essere lo stesso signor Lagarde, governatore d'Obock, qui giunto da poco, come rilevo dalla qui unita nota pubblicata dal Temps di jersera4 . Domandai al signor Develle quale uso intendesse fare della lettera del negus, ricordandogli il modo con cui agirono altre Potenze a noi amiche. Egli mi rispose che, avendola appena ricevuta, non aveva potuto deliberare in proposito.

Incidentalmente io chiesi nella conversazione a questo signor ministro degli affari esteri, se fosse v~ro che il re Menelik e ras Makonnen avessero ricevuto il gran cordone della legion d'onore (così è narrato nella nota confidenziale partecipata al conte Tornielli dal Foreign Office, documento diplomatico n. 278, XCIV, annesso VI, confidenziale) 5 .

Il signor Develle, al quale naturalmente non feci cenno della sorgente di quest'informazione, mi rispose che ciò certo non avvenne da quando egli è a capo del Ministero degli affari esteri e che non aveva memoria che ciò fosse avvenuto quando egli siedeva nel Consiglio dei ministri con un altro portafoglio 6 .

2 Cfr n. 385.

3 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie II; ma cfr. ivi nn. 290 e 310.

4 Non si pubblica.

5 Cfr. n. 373, allegato.

6 Brin rispose con D. 19931/448 del 31 maggio: «La prego di non lasciarsi sfuggire le occasioni propizie che non mancheranno di presentarsi, per tornare col ministro francese sull'argomento della delimitazione e della pretesa denuncia del Trattato d'Uccialli. Tali questioni interessano vivamente il R. Governo».

397 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 400.

398

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1221. Sofia, 27 maggio 1893, ore 15,15 (per. ore 15,37 ).

In questo momento ho ricevuto risposta ufficiale sulla bandiera Parma 1 che io spero soddisfacente. Ministro degli affari esteri dichiara che nessuna bandiera Parma era alla Camera dei deputati Tirnovo 2 . Spedirò lettera ministro affari esteri 3 .

399

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1222. Pera, 27 maggio 1893, ore 15,45 (per. ore 17).

Da amico ho detto oggi al gran visir, per caso era presente ministro affari esteri, di consigliare al sultano di approvare delimitazione frontiera tripolo-tunisina stabilita dai delegati ottomani. Sua Altezza mi assicurò essergli a cuore la integrità dell'Impero ottomano. Per conseguenza, non si cederebbe alla pressione francese.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

T. 19343/155. Roma, 27 maggio 1893.

Il r. console generale a T ripoli mi ha inviato, il 18 corrente un rapporto 1 , nel quale conferma le notizie che già precedentemente aveva fornite, che, cioè, la commissione mista incaricata della delimitazione dei territori tripolo-tunisini ha compiuto i suoi lavori, ma che, non potendo venire ad un accordo, la decisione definitiva della questione è stata rimessa al sultano.

Nel mio dispaccio del 9 corrente 2 le ho manifestato, intorno a siffatto argomento, il pensiero del Governo del re. Ho indi rilevato, con soddisfazione, dai

2 Era stata esposta non la bandiera del Ducato di Parma ma quella della Casa di Borbone-Parma.

3 Per la risposta cfr. n. 40 l. 400 l R. 187/95, non pubblicato.

2 Cfr. n. 379.

telegrammi della S.V. in data del 20 e del 253, che gli ambasciatori d'Austria-Ungheria, di Germania e d'Inghilterra si sono mostrati disposti a fare, d'accordo con lei, pratiche amichevoli, presso la Sublime Porta, nell'intento di persuadere il sultano a non cedere alle eventuali pressioni della Francia.

Le accludo ora qui copia del rapporto del r. console generale a Tripoli. Esso può fornirle l'opportunità di richiamare nuovamente, su questo affare, l'attenzione dei colleghi.

Vorrei, soprattutto, che la S.V. insistesse su questo concetto che, essendo dimostrato oramai il diritto della Turchia di esercitare la sua piena sovranità fino alla linea Biban-Remada, qualora, in questa occasione, la Sublime Porta non facesse valere efficacemente il suo diritto, le operazioni di confinazione attualmente in corso perderebbero il loro carattere di un semplice «accertamento di frontiera», per assumere quello di una «modificazione della reale linea di confine fra la Tripolitania e la Tunisia»; per il quale fatto, le Potenze interessate al mantenimento dell'equilibrio territoriale potrebbero chiedere ragione al Governo ottomano. Le stesse Potenze, invece, presterebbero sicuramente il loro appoggio morale al Governo del sultano se questo tien fermo nel sostenere il suo buon diritto.

Nel caso, poi, in cui la Francia non si arrendesse alle giuste rivendicazioni della Sublime Porta, e persistesse così a rendere impossibile l'accordo, sarebbe da esaminarsi, tra lei ed i colleghi, se non convenga suggerire al Governo ottomano di comunicare alle Potenze amiche le conclusioni del negoziato tecnico, affinché, col prenderne atto, esse abbiano modo di fissare, nell'interesse stesso della Sublime Porta, sul terreno diplomatico i termini della questione. Dalle accoglienze che i tre colleghi saranno per fare a questo nostro concetto potrò argomentare se per avventura ci giovi di farne oggetto di proposta formale presso i Governi amici4 .

398 1 Risponde al n. 394.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 1106 bis. Roma, 28 maggio 1893, ore 13,30.

Mi riservo pronunciarmi quando avrò ricevuto nota codesto Ministero degli affari esteri 1 . Della nostra simpatia verso la Bulgaria abbiamo dato e non cesseremo

4 Della risposta di Bisio (R. riservato 391/186 dell'8 giugno) si pubblicano i due passi seguenti: «Ho sottoposto all'apprezzamento dei miei tre suddetti colleghi [di Austria-Ungheria, Germania e Inghilterra] il suggerimento che l'E.V. vorrebbe dare al Governo ottomano nel caso il cui la Francia non si arrendesse alle giuste rivendicazioni della Sublime Porta, ed essi credono che per ora non sia necessario di farne oggetto di proposta formale presso i Governi amici ... Il gran vizir ha dato agli ambasciatori suddetti le più ampie assicurazioni che i diritti della Turchia nella Tripolitania saranno fatti rispettare dal Governo del sultano, cui sta a cuore l'integrità dell'Impero più che ad ogni altro, e proponeva al barone Calice la riunione di una conferenza per decidere se sorgesse controversia tra la Turchia e la Francia a tale riguardo; proposta respinta da S.E.». 401 l Risponde al n. 398.

di dare costanti prove, ma noi non potremmo tollerare manifestazioni le quali, per quanto destituite d'ogni pratico effetto, offenderebbero pur sempre la legittima nostra suscettibilità nazionale2 .

400 3 Cfr. nn. 388 e 396.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1237. Pera, 29 maggio 1893, ore 15,10 (per. ore 15,35).

Ho saputo in via privata e confidenziale che l'ambasciata di Francia, malcontenta dell'indugio dei lavori di delimitazione frontiera tripolo-tunisina, ha fatto capire alla Sublime Porta che il Governo francese potrebbe credersi giustificato fare esso stesso delimitazione dispensandosi dal concorso dei delegati ottomani. Se questa informazione è esatta parrebbe che i francesi vogliano esercitare una assai forte pressione sulla Sublime Porta. Probabìlmente non sarà che una minaccia1•

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

D. 19674/140. Roma, 30 maggio 1893.

Mi è pervenuto testè dalla r. legazione a Tangeri un rapporto contenente notizie che, qualora corrispondano alla realtà dei fatti, sono certamente assai gravi.

Le truppe algerine avrebbero violata la frontiera marocchina verso Figuig e il sultano avrebbe protestato contro siffatta violazione di territorio direttamente al ministro di Francia in Tangeri, chiedendo la stretta osservanza del trattato di delimitazione del 1845.

Trasmetto, qui unita, a V.E., copia del rapp011o del comm. Cantagalli 1 , pregandola di richiamare, in forma amichevole, sull'argomento l'attenzione del ministro di Stato.

È questione che ha speciale importanza per la Spagna e per l'Inghilterra le quali più di noi e più di qualsiasi altra Potenza hanno interesse al mantenimento dello statu quo nel Marocco.

Evidentemente se i Gabinetti di Madrid e di Londra rimangono indifferenti alla cosa, siccome si può desumere dal contegno dei loro rappresentanti a Tangeri, non può essere certamente il caso che il Governo del re s'impegni esso in un'azione isolata. Ma qualora la Spagna e l'Inghilterra decidessero di agire e ne prendessero l'iniziativa, noi saremmo eventualmente disposti ad appoggiare la loro azione. Ritengo però, e sarà bene che V.E. lo accenni al ministro di Stato, che, sulle decisioni della Francia, dovrebbe esercitare speciale efficacia l'atteggiamento che la Spagna stimasse opportuno di prendere al riguardo.

401 2 Cfr. il seguente passo del D. 2038/145 di Brin a Sonnaz del 3 giugno: «La nota che a questo proposito le è stata diretta da codesto ministro degli affari esteri, rettificando i fatti che ci erano stati riferiti, e chiarendo l'equivoco in cui sarebbero caduti alcuni rappresentanti della stampa presenti alla cerimonia, ci sembra tale da chiudere l'incidente con nostra piena soddisfazione». 402 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. 1117, pari data. 403 1 R. 469/124 del 20 maggio, non pubblicato.

404

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1256. Londra, 31 maggio 1893, ore 19,32 (per. ore 21,30).

Delimitazione Tripolitania. Ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli riferisce che ministro degli affari esteri gli ha detto nulla sarebbe deciso, prima dell'arrivo dei commissari partiti da Tripoli per portare spiegazioni Sublime Porta.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 19909/257. Roma, 31 maggio 1893.

Ho letto con particolare interesse il rapporto inviatomi da V.E. in data dei 22 corrente n. 462/292 1 , circa le osservazioni a lei fatte da lord Rosebery sul nostro atteggiamento rispetto alle cose di Bulgaria. Approvo il linguaggio da lei tenuto in tale occasione non che il tenore di quello che l'E.V. si propone di tenere, eventualmente, in ulteriore colloquio con codesto segretario di Stato per gli affari esteri.

Ciò che, sopratutto, importa mettere in sodo si è che il Governo del re non ha punto mutato nè intende mutare il contegno che di concerto coi Gabinetti amici ha finora serbato verso la Bulgaria. Né è fuori di luogo di rammentare, a questo proposito che, quando ebbe inizio la fase presente della questione bulgara mercè il progetto di modificazioni statutarie che si sta ora traducendo in atto, il R. Governo si associava appunto ad officii di cui codesto Gabinetto in certa guisa prendeva l'iniziativa. E quando da ultimo poté per un istante supporsi che il principe di Bulgaria volesse recarsi a Costantinopoli a farvi visita al sultano, noi non facemmo, con l'azione nostra, che assecondare un consiglio che al principe era già stato dato in occasione del suo passaggio a Vienna unendoci a pratiche amichevoli che la

301 Germania, come qui mi fu fatto sapere personalmente dal barone di Marschall, aveva, su richiesta della Russia, consentito di fare presso il sultano per mostrargli gli imbarazzi a cui una udienza accordata al principe avrebbe potuto esporlo.

Vero si è, piuttosto, che da alcun tempo si vengono rinnovando incidenti che mentre parrebbero denotare, da parte del Principato un meno esatto apprezzamento della situazione, potrebbero provocare per il Principato medesimo e per la quiete generale non lievi complicazioni. Furono precisamente siffatti incidenti che ci indussero a porgere, in forma schiettamente amichevole, al Gabinetto di Sofia suggerimenti di prudenza che confidiamo possano essere ascoltati.

Fra gli incidenti a cui ho ora alluso mi basta citare i due seguenti: l'annunzio ufficioso, fatto dare a Sofia, di una udienza che il principe Ferdinando avrebbe avuta da S.M. il Re2 , mentre tale notizia era assolutamente destituita di qualsiasi fondamento, e la apparizione recente nel giornale ufficioso di Sofia, la Svohoda, di articoli direttamente e ruvidamente ingiuriosi per la persona dello czar.

Siffatte manifestazioni inconsulte non possono non essere deplorate dagli amici della Bulgaria, e da quanti sono solleciti del mantenimento della pace.

405 l Cfr. n. 393.

406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 19912/260. Roma. 31 maggio 1893.

Ringrazio V.E. del pregiato suo rapporto del 21 corrente1•

In mancanza di precise notizie in ordine ai negoziati per la delimitazione dei territori della Compagnia britannica del Niger col Camerun, V.E. espone utili considerazioni circa l'interesse che noi abbiamo a che, in tale spartimento di territori sia rispettato l'hinterland reclamato dalla Turchia per la Tripolitania colla nota dell'ottobre 1890.

Apprezzo le giuste considerazioni di V.E.; e convengo che non sarebbe opportuno né prudente fare a Londra osservazioni circa i diritti del sultano sull'hinterland tripolino.

Non credo però che sarebbe il caso di richiamare su questa faccenda, nemmeno molto discretamente, siccome l'E.V. suggerisce, l'attenzione della Turchia, e di spingerla a meglio tutelare i suoi proprii interessi. Di fronte all'inerzia oramai consuetudinaria di cui la Sublime Porta fa prova in questioni di ben maggiore importanza sarebbe vano sperare che i nostri suggerimenti possano avere un effetto vantaggioso nell'affare dell'hinterland tripolino e persuadere il Governo ottomano a spiegare una maggiore attività a fin di assicurarsene il possesso.

D'altra parte poi mi trattiene, dal fare qualsiasi pratica a Costantinopoli, il dubbio che la Sublime Porta possa adombrarsene come di indizio di un nostro troppo accentuato interesse per l'avvenire della Tripolitania.

A mio parere, in base alle indicazioni che fino ad oggi posseggo, miglior consiglio è di rimanere per ora in un contegno di assoluto riserbo. Aspetto ora altre notizie da Berlino. Vedremo se queste e l'ulteriore svolgersi degli avvenimenti consiglieranno di mutare il nostro atteggiamento.

405 2 Cfr. n. 357. 406 I Cfr. n. 389.

407

IL MINISTRO A LISBONA, SPINOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 178/115. Lisbona, 31 maggio 1893 1 .

Come era stato annunciato dall'E.V. al marchese Maffei 2 , giunsi in Madrid il

mattino del 27 corrente.

Mi recai tosto alla r. ambasciata per spiegare al prelodato mio collega come la

sopraggiunta crisi ministeriale avesse ritardato l'invio delle istruzioni scritte, che

l'E.V. contava di fargli pervenire per mezzo mio. Il marchese Maffei giudicò con

veniente di procurarmi un abboccamento col ministro di Stato per gli affari esteri e

lo invitò meco a colazione pel dì seguente. .

Il signor Moret mi confermò, di punto in punto, quanto il r. ambasciatore

aveva telegrafato a V .E. 3 in ordine alle pratiche fatte da S.M. la Regina Maria Pia

presso S.M. la Regina Reggente, passando recentemente per Madrid; alla risposta

fatta pervenire a Roma per mezzo della r. ambasciata in Parigi; a temute emergenze

rivoluzionarie in Portogallo; al modo più sicuro di reprimerle; al poco assegnamento

da farsi sulla mente, sulla energia, sull'iniziativa di chi è preposto a reggere i destini

di questo Paese. Il signor Moret soggiunse che il marcio s'allarga nell'esercito

portoghese; che l'oro francese fomenta la corruzione; che al Quai d'Orsay esiste

copia di una lettera di S.M. la Regina Maria Pia in cui è richiesto l'intervento

spagnolo in Portogallo; che ivi cresce l'impopolarità della dinastia; che Zorrilla

s'agita a Parigi e seconda le vedute del Governo francese, al quale preme in parti

colar modo che nella penisola iberica sia proclamata la Repubblica, per averla con

sé, all'ala destra, nell'eventualità di una guerra europea; che tutti gli uomini di

Stato spagnoli erano molto preoccupati del nuovo indirizzo di Zorrilla, fondato

sulla unione iberica repubblicana e sulla rivoluzione per arrivarvi; che solo l'azione

moderatrice della Russia può calmare gli ardori francesi, nell'interesse del principio

monarchico. Il ministro di Stato spagnolo ha tracciato il tema che è mio compito

di studiare, di analizzare per porre in sodo se ne siano fondati, o meno, i concetti e

gli apprezzamenti.

E già ho potuto accertare, in un lungo colloquio avuto con questo signor presidente del Consiglio e ministro per gli affari esteri, che il tema spagnolo concorda poco con quello portoghese. Secondo il signor Hintze Ribeiro, dopo l'avvento . al potere dell'attuale Gabinetto, tutto cammina meglio in Portogallo; lo spirito

2 T. s.n. del 16 maggio, non pubblicato.

3 Cfr. n. 370.

dell'esercito è di molto migliorato; al comando delle principali divisioni militari vennero testè chiamati ufficiali superiori intelligenti e fidi; il re è ora in frequente contatto con le truppe, la qual cosa giova molto a rialzare il morale; è attiva e continua la sorveglianza contro la propaganda repubblicana e contro le mene rivoluzionarie; né l'una, né le altre sarebbero temibili per ora; un movimento repubblicano non potrebbe assolutamente effettuarsi qui che come contraccolpo di un'imponente rivoluzione in !spagna; Zorrilla avrebbe, è vero, partigiani anche in Portogallo, ma pochi assai per numero e senza valore, mentre l'azione sua principale converge sulla Spagna; la ripugnanza innata ed invincibile del portoghese contro qualunque ingerenza spagnola sarebbe, in ogni caso, un efficace preservativo contro scapigliate manifestazioni repubblicane; l'unione iberica, meglio che qui, sarebbe vagheggiata in !spagna. Delle pratiche fatte a Madrid da S.M. la Regina Maria Pia non il ben che menomo accenno, per fortuna. Temo tuttavia, purtroppo, che qualche cosa sia trapelato. Duolmi assai di dover constatare che, in pochi mesi, la popolarità di S.M. la Regina Maria Pia è stata molto scossa. Se ne attribuisce la causa ai suoi gusti spenderecci, al dissesto delle sue finanze, all'aver voluto recarsi a Roma contro il volere del re e il parere del suo Governo. A me pare però che ciò non basti a spiegare un mutamento così radicale e repentino nella pubblica opinione, tanto più che nelle alte sfere governative non si ignora che il viaggio della regina ha giovato alla politica ed alla finanza dello Stato. Vero è che il signor Mathias Carvalho, rappresentante portoghese a Berlino, si attribuisce il merito delle concessioni ottenute colà ed asserisce che, né l'imperatore, né il barone Marschall, gli hanno accennato che queste concessioni sieno state determinate dall'intromissione dell'augusto nostro sovrano. Conviene dire che nemmeno in Portogallo la reconnaissance est le partage de ce siècle.

Ed ora spetta a me di esporre, in modo sommesso e succinto, la maniera mia di vedere, in ordine alle idee manifestate dai due ministri di Stato, spagnolo e portoghese, idee da me fedelmente riprodotte in questo rapporto. Ripeterò, in primo luogo, ciò che ebbi l'onore di dire a voce, cioè che maggiore errore non può essere commesso da chi si interessa al Portogallo ed alla sua politica di quello di ideare e di chiedere un intervento spagnolo; che la propaganda repubblicana è più attiva e temibile in Ispagna che in Portogallo; che l'oro francese giova principalmente a promuoverla, tanto nell'uno come nell'altro Stato; che, meno il caso d'errori troppo gravi, e madornali di questo sovrano e del suo Governo, non avrà luogo qui un movimento repubblicano che come contraccolpo della proclamazione della Repubblica in !spagna; che, in questa ipotesi, il movimento sarebbe pur sempre unionista e non federalista; che è nell'interesse di tuti gli Stati monarchici di controbilanciare la propaganda francese; che poco o punto vuolsi per ciò fare assegnamento sull'azione della Russia. Lo czar è animato personalmente da buone intenzioni; ma la politica russa è più che mai scettica, egoista e vana. È fiera di avere la Francia ai suoi piedi e troverebbe comodo di avervi anche tutta la razza latina, sia pure retta a Repubblica. Credo che il signor Moret s'apponga al vero, asserendo che la Francia tende a far prevalere le idee repubblicane nella penisola· iberica, per averla alleata nelle eventuali grandi battaglie europee. Essa., secondo il debole mio avviso, più ancora che alla Repubblica tiene a stabilire il suo dominio su tutta la razza latina. Ciò deve dar da pensare agli Stati che compongono la Triplice e più degli altri al nostro.

407 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

D. 20030/452. Roma, 1° giugno 1893.

Facendo seguito al mio dispaccio del 31 maggio p.p. n. 199311448 1 mi pregio di trasmettere qui acclusa a V.E. copia della lettera inviata, per mezzo nostro, da

S.M. la Regina Vittoria a re Menelik 2 , in risposta a quella del 27 febbraio u.s. 3

L'E.V. dovrà lasciare intendere opportunamente al signor Develle che una attitudine diversa che la Francia seguisse in questa occasione non potrebbe conciliarsi col riconoscimento della nostra posizione politica verso l'Etiopia notificata al Governo della Repubblica il 12 ottobre 18894 , e da esso riconosciuta, e colle recenti amichevoli affermazioni fatte da codesto ministro degli affari esteri 5 .

409

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARA TIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 81. Massaua, 2 giugno 189 3 (per. il 18).

Non si può in nessun modo affermare che nel presente periodo di pace la propaganda dei padri lazzaristi sia fatta a nostro danno nella Colonia Eritrea: anzi in generale essi si studiano di mostrarsi amici ossequienti al Governo e di raccomandare l'obbedienza ai di lui ordini perché ciò giova alla propria considerazione presso gli indigeni del Senhait e dell'Oculé Cusai, i quali ascrivono al Governo il benessere e la sicurezza onde godono ora.

La diffusione del cattolicismo procede assai a rilento, sia per la grande indifferenza ed ignoranza della popolazione, sia perché lo zelo di fare proseliti non è soverchio nei missionari. E poi questa diffusione non potrebbe al presente nuocere alla nostra autorità riconosciuta universalmente come superiore e fondata sul rispetto a tutte le credenze e a tutte le religioni.

Secondo il censimento in corso, in tutta la zona di Cheren si hanno 39797 mussulmani, 5896 copti, 4075 cattolici, 20 protestanti: e Cheren fino dal 1852 è si può dire la capitale effettiva della missione. Avrò fra poco i dati per l'Oculé Cusai; ma fino da ora posso dire che sono di assai inferiori a quanto asseriva monsignor Crouzet parlando di 20.000 cattolici.

408 I Cfr. n. 397, nota 6.

2 L'allegato non si pubblica.

3 È la lettera di cui al n. 336, nota 3.

4 Cfr. serie II. vol. XXlll, n. 62.

5 Cfr. nn. 376 e 381.

Batha Agos, il capo deli'Oculé Cusai, dopo il tragico fratricidio fu convertito dai padri di Acrur al cattolicismo, ed ora è fervente cattolico. Ma quando il padre Piccard ebbe a suggerirgli che tutti i cicca dei villaggi dovessero essere cattolici, si affrettò a riferirne al Governo ed il padre Piccard si ebbe dal vescovo un rimprovero severo ed il traslocamento a Massaua. La banda permanente di Batha Agos, sulla quale il cattolicismo ebbe maggior presa, conta ora 468 cattolici, 346 copti, 15 mussulmani. Le altre bande dell'Oculé Cusai hanno pochissimi cattolici.

Oltre l'interesse religioso i padri lazzaristi hanno pure l'interesse materiale per sostenere nell'Eritrea un governo costituito, sia pure italiano, perché Ii protegge e difende i loro beni, massime ad Acrur, ed indirettamente anche ad Alitiena, oltre frontiera, dai predoni e dai guerrieri abissini. E d'altro lato a Cheren essi guadagnano un tanto collo estendersi e col rafforzarsi dei nostri possedimenti verso il Sudan, già campo glorioso di azione dei loro rivali i missionari italiani. In ogni occasione il vescovo ebbe a dimostrarsi entusiasta per l'occupazione di Cassala: e credo ne abbia parlato pure a V.E. ed a S.E. il presidente del Consiglio.

Ma se non nuocciono i padri lazzaristi, certamente non giovano ai nostri interessi, o per lo meno non giovano come potrebbe giovare un ordine religioso italiano. Infatti, checché ne dica il vescovo, i padri lazzaristi punto si curano dell'insegnamento della lingua italiana che tanta importanza ha per l'avvenire della Colonia. Il padre Giannone è qui a Massaua dove la scuola è laica e dove pochissimi o punti sono i cattolici di colore; il bravo padre Longinotti, che insegnava italiano ad Acrur, è stato di là richiamato e, caduto in disgrazia, è morto e non è stato competentemente sostituito. Due altri giovani preti italiani, ancora neofiti, stanno a Cheren: con questi pare al padre Crouzet di avere corrisposto all'art. 5 del modus vivendi1: e a dir vero si può non essere soddisfatti; ma stando alla lettera, non si può esigere di più.

È vero che l'italiano si insegna dalle suore di carità e con molto zelo qui ed a Cheren; ma la Colonia pagando il contributo lo esige e le buone suore non chiedono di meglio. Esse nella missione lazzarista non hanno che un appoggio, che un sostegno, che una dipendenza ecclesiastica.

Una missione italiana sarebbe nell'Eritrea molto accetta specialmente ai capi, che dimostrano un grande desiderio di dare ai figliuoli una educazione italiana e non comprendono la differenza di favella fra noi bianchi, soldati e monaci. La propaganda cattolica poi ne guadagnerebbe un tanto sia per la maggior fiducia che inspirerebbe agli indigeni, sia pel miglior accordo colle autorità italiane, sia perché con animo più aperto i missionari italiani propagherebbero fra i nativi la potenza e la beneficenza d'Italia, sia perché i copti si sentirebbero più spinti a divenire cattolici. Adgù Ambessa da copto si è fatto cattolico quando ha saputo che il comandante italiano era cattolico; e l'esempio del capo fu seguito da tutta la popolazione di Az-Teclezan. Più tardi quando Adgù Ambessa fu arrestato e tradotto ad Assab tutta la popolazione ridivenne copta. Non di rado i padri lazzaristi ripetono: «il Governo italiano è cattolico, voi pure dovete essere cattolici».

Se la Propaganda volesse veramente la diffusione del cattolicesimo certo invierebbe una missione italiana.

409 I Cfr. n. 157.

Non mi consta affatto che i padri lazzaristi parlino, sia pure sommessamente, dei nostri dissapori col papato e del nostro indifferentismo religioso. Nelle attuali contingenze un tale contegno desterebbe la diffidenza fra i nativi verso di loro e la paura di spiacere al Governo al quale sovratutto si vuole obbedire. Qui ora la voce contraria all'Italia, venga dal Vaticano inspirata a preti francesi od a preti italiani, tornerebbe di danno a chi osasse pronunciarla.

Ma se per ora la propaganda lazzarista è più che altro innocua, non è men vero che saviezza consiglia a premunirsi per l'avvenire. Nessuno può negare che la missione diretta da monsignor Crouzet, della quale è anima il padre Coulbeaux, non sia più francese che cattolica e più cattolica che italiana. Ha un bel protestare il padre Crouzet colla sua parola vivace, coi suoi finti entusiasmi, colle sue confidenze, colle sue soverchie dichiarazioni di lealtà. Lo tradiscono le sue ineguaglianze, i suoi scatti, le sue vane promesse; e, sotto la buccia, il francese apparisce più che il cattolico. Onde nel caso spunti un interesse della Fr.ancia in Etiopia od una influenza francese nella politica sulle terre soggette al protettorato italiano, la missione francese, sia pure con tutti i riguardi per sfuggire l'espulsione, sarebbe per la Francia. Ed in caso di conflitto, converrà in momenti critici, quando le popolazioni abissine dell'Eritrea possono essere titubanti od incerte, prendere una risoluzione estrema, lasciando magari oltre confine (Alitiena) un covo di preti indigeni ed europei che conoscono a fondo forze e debolezze della situazione?

Ed a parte l'influenza francese, se mai nell'interno della Colonia Eritrea scoppiassero torbidi od una guerra si manifestasse fra la Colonia Eritrea e l'Abissinia, la missione dei padri lazzaristi probabilmente non farebbe per noi sacrifici, ma prenderebbe consiglio dall'interesse e dalla paura. In ogni caso desterebbe sospetti e diffidenze nelle autorità militari e politiche e nella popolazione italiana nella Colonia, per ora indifferente alla missione francese.

Ma lasciando i pericoli di guerra, è facile vedere come anche in tempo di pace la situazione offra non pochi inconvenienti.

Monsignor Crouzet pretende che tutti gli ecclesiastici nella Colonia Eritrea sieno sotto la di lui dipendenza. Dunque dipenderanno direttamente da lui gli eventuali cappellani al servizio delle truppe e i parroci nei futuri centri di colonizzazione italiana. Anzi, se non erro, il vescovo francese crede in grazia degli articoli del modus vivendi di nominare egli medesimo questi parroci e questi cappellani scegliendoli fra i lazzaristi; saranno italiani è vero, ma la scelta non si farà in vista degli interessi nazionali nostri ma dei suoi; ed avrà sempre, come verso padre Bonomi, i fulmini pronti per farli arare nel campo suo.

In ogni caso quando si costituiscano nuclei di contadini italiani, non si correrà rischio di dare la giurisdizione loro ecclesiastica in mano ai monaci francesi? E non si correrà il rischio di avere per l'avvenire una sorgente di screzi, di turbamenti, una diminutio capitis dell'autorità coloniale così di fronte agli europei come di fronte agli indigeni la cui mente non giunge a comprendere la divisione del potere? E tutto ciò non sarà un impedimento all'italianizzarsi, che è sinonimo di consolidarsi, della Colonia per l'avvenire?

I padri lazzaristi non mancheranno certo alla lettera ed allo spirito del modus vivendi firmato il 23 ottobre 1892. Anzi mi sento già venire dalla missione la domanda di stipendio come cappellano militare pel padre Giannone a norma dell'art. 2; e quando richiedessi il servlZlo a qualche chiesa subito mi sentirei ricordare l'art. 3. In quanto all'art. 4 il richiedere ed assistere delle autorità governative eritree alle pompe ecclesiastiche in certe occasioni di feste nazionali giova all'influenza dei lazzaristi più che non convenga alla nostra e quindi anziché mostrarsi restii, essi solleciteranno gli inviti. Ricordo la funzione a Saganeiti. L'art. 5 (per me sempre il più importante) può essere osservato a beneplacito del vescovo Crouzet e punto impegna un di lui eventuale successore.

In tale condizione di cose i padri lazzaristi nulla faranno che possa lontanamente toccare il modus vivendi, ovvero dare occasione o pretesto di denunziarlo. La sospensione a divinis del padre Bonomi (che io credo assai lontana) potrebbe essere un'occasione; ma se si ammette la dipendenza di ogni ecclesiastico stanziato nella Colonia dal vescovo, quale dovrebbe essere il contegno del Governo locale in un atto, per quanto riprovevole, sempre di pura giurisdizione ecclesiastica?

Certo che le alte considerazioni fatte dall'E.V. nell'ultimo dispaccio consiglierebbero in questo caso all'espulsione dell'ordine o a quella del di lui capo. Ma per conto mio non so bene fino a dove impegni il modus vivendi: e non so quali conseguenze al di fuori della Colonia avrebbe un rimedio così radicale.

Vi è la quistione dei beni che godono i padri della missione, quantunque mi sembri che i loro titoli di possesso, massime a Cheren, sieno molto discutibili. D'altro lato mi pare che ai beni si possa applicare puramente e semplicemente la legge italiana. Vi è la quistione del servizio religioso e della cura di anime europee ed indigene, quantunque io creda che la Propaganda mai si indurrebbe ad abbandonare la chiesa cattolica dell'Eritrea perché copti molto facilmente tornerebbero tutti i cattolici: d'altronde si potrebbe fare assegnamento sopra altri preti indigeni od italiani e sopra il fascino che esercita fra gli indigeni l'interesse proprio ed il potere dei governanti.

Ad ogni modo questa dell'eventuale sospensione a divinis del padre Bonomi è quistione assai delicata della quale, pur assumendo ogni responsabilità, non potrei essere giudice io soltanto: e quindi sarei a pregare V.E. di darmi istruzioni.

In conclusione i monaci francesi per ora né creano imbarazzi né propagano idee sovversive, né la loro condotta è ostile agli italiani; ma è sempre una condotta negativa che a lungo andare snerva e nuoce.

Altri problemi più urgenti sia verso l'Etiopia sia verso il Sudan si impongono per ora e consigliano a procedere calmi e guardinghi. Ma a «colonia italiana missione italiana». E perciò dal momento che V.E. mi fa l'onore di chiedere il mio parere direi che una soluzione logica, pratica e all'unisono coi sentimenti della Madre Patria e della Colonia, del problema sempre rinascente potrebbe consistere nel far sapere alla Propaganda che entro un tal termine la missione deve essere italiana, con quei temperamenti e con quelle forme che le circostanze potrebbero suggerire. Sono persuaso che la Propaganda, per quanto a malincuore, verrebbe a patti. In caso contrario io credo che la Colonia non sarebbe turbata dall'espulsione totale o parziale dei missionari francesi onde è parola nelle lettere ministeriali del 30 luglio 1892 e 27 aprile 18932 .

409 2 Cfr. nn. 63 e 365.

410

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA; AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1274. Berlino, 3 giugno 1893, ore 18,12 (per. ore 18,45).

Rispondo suo telegramma 22 maggio 1 . Lettera di S.M. Imperatore di Germania a Menelik, redatta nello stesso senso di quella della regina d'Inghilterra, è pronta. Subito che sarà firmata da Sua Maestà, mi sarà rimessa perché la faccia pervenire all'E.V.2•

411

IL MINISTRO A T ANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 522/143. Tangeri, 4 giugno 1893 (per. 1'11).

Ho l'onore di porre sotto gli occhi di V.E. un interessante rapporto confidenziale del cav. Gentile, da Fez1 .

Il r. segretario-interprete, quindici giorni dopo il suo arrivo, è stato ricevuto in udienza privata da Sua Maestà Sceriffiana. Nel rapporto che le trasmetto, egli riferisce la conversazione avuta coll'imperatore intorno ad argomenti politici.

Ella scorgerà, signor ministro, quali siano in giornata le opinioni, i sentimenti prevalenti alla Corte. Il lavoro dei francesi ha portato frutto quale essi speravano. Per contra, hanno diminuito d'assai la stima, la deferenza, l'ossequio, in che era tenuto, in altri tempi, tutto quanto sapeva d'inglese. Cause recenti -ben note a

V.E. -altre più antiche, ma il cui ricordo agita ancora l'animo del sultano, hanno menato a tale risultato. Il cav. Gentile le enumera.

Non sono tutti fondati i giudizi che Sua Maestà reca sullo stato delle cose d'Europa, sugli intenti delle varie Potenze. Ma, egli è chiaro, si mostra bene informato. Con ispeciale abilità, questo sovrano è stato condotto a considerare, sotto aspetto di minaccia per lui, l'azione degli inglesi in Egitto. Ne sospetta. La campagna, riuscitagli a bene, contro le domande commerciali della Gran Bretagna, auspice la Francia e gli emissari suoi, provoca in lui compiacenza e fiducia. Appena oggi si

2 La lettera fu trasmessa da Solms con N. 324 del 24 giugno; Lanza ne aveva inviata copia con R. 705/284 del 5 giugno. Kalnoky assicurò Nigra che, appena fosse giunta la lettera di Menelik, avrebbe seguito lo stesso procedimento dei Governi inglese e tedesco (R. 1327/485 da Vienna del 2 giugno, non pubblicato). 411 l Se ne pubblica solo il seguente passo: «Nè tralasciai di ripetere a Mulay Hassan le parole da me udite dalla bocca di S.E. il nostro ministro degli affari esteri, lorquando fui ultimamente in Italia; parole che S.E. mi autorizzava a profferire, alla prima opportuna contingenza, dinanzi al sultano: che l'Italia, cioè, agisce, nella questione marocchina, di pieno accordo colla Gran Bretagna, risultandole essere questa Potenza del tutto aliena dall'intrattenere vedute ambiziose su questo Paese».

accorge che, per evitare un male, può avere incorso in un più grande e peggiore. Ma, guardingo, cauto nel suo linguaggio, non rivela il fondo del suo pensiero.

Parmi che il cav. Gentile abbia fatto discorso quale si doveva aspettare da lui. Il ritardo posto da Sua Maestà a riceverlo, una evidente freddezza da parte di ministri e cortigiani, danno segno non dubbio che di quanto ha potuto essergli detto dei fatti nostri, il sultano ha conservato, principalmente, una impressione: essere noi amici dell'Inghilterra. Per questa ragione diffida. Se il soggiorno del nostro dragomanno a Fez dovesse necessariamente prolungarsi, non mancherà occasione di nuovi colloqui. L'assoluta correttezza del nostro procedere, farà rinascere poco a poco la pristina completa fiducia. Non sarà senza vantaggio, io stimo, per i nostri amici, per noi -cui pure sta a cuore l'indipendenza di questo Stato -l'indipendenza d'azione del suo regnante che oggi si culla in pericolose illusioni, ravviluppato, più che noi creda, da fila di sottili intrighi, tenuto in continua sorveglianza e mascherata tutela. l miei ulteriori rapporti corroborano siffatto apprezzamento.

Del linguaggio imperiale ho intrattenuto il mio collega britannico, reduce dalla costa da due o tre giorni. Egli vede, eziandio, dove le cose vadano, grado a grado, a parare. Certamente, la studiata calma, lo scrupolo del suo contegno, volto ad attenuare, ad arrotondare angoli, avrà, in non lieve misura, placate le ire, moderate le diffidenze della Corte; più, mi disse, non gli era lecito fare. Un errore, un insuccesso, avrebbero resa più aspra la situazione, rovinata la sua carriera. Fra breve egli partirà; la sua missione, temporanea, è quasi compiuta. Lascia il Marocco, aggiunse, col profondo convincimento che nulla qui possa ottenersi per rafforzare la compagine dell'Impero, per aiutarlo a resistere all'avanzarsi della penetrazione francese, se non per forza di una volontà, di un accordo comune di tutte le Potenze. Giova prendere atto di simigliante dichiarazione.

P. S. Opportunamente rileva pure il cav. Gentile -e ciò viene in appoggio a miei anteriori apprezzamenti -il silenzio serbato da Sua Maestà sulle cose della frontiera.

410 1 Cfr. n. 392.

412

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 107. Let Marejìà, 4 giugno 1893 (per. il 1° agosto).

Il signor governatore mi rimette in copia la lettera che Menelik scrisse al nostro augusto sovrano in data 27 febbraio scorso 2 . A parte la forma, che rivela il malanimo degl'ispiratori e dei segretari insieme alla loro politesse di un ordine molto

412 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 403. 2 Cfr. n. 330, allegato.

310 inferiore, la sostanza non mi spaventa, se Menelik è in buona fede. Al 27 febbraio la congiura di Mesciascià Worchiè non era ancora scoperta e l'imperatore parlava del «suo uomo di fiducia»; ma oggi non avrà più il coraggio di fare altrettanto visto che quel deggiasmacc ha finito come doveva, cioè incatenato per alto tradimento: e si deve anzi trovare mortificato di aver avuta troppa premura nello scrivere perché tutto quello che domanda lo portai io e nelle lettere sovrane ed in quelle dell'E.V. Se l'imperatore non ha scritto altro non crederei neppure opportuno che

S.M. il Re rispondesse a quella lettera: basterebbe, secondo me, che l'E.V. per incarico sovrano ne accusasse ricevuta e che in pari tempo ricordasse a Menelik che il R. Governo per mezzo del dott. Traversi aveva provveduto alla sistemazione di tutti gli affari prima che l'imperatore pensasse a scrivere: che si nutre fiducia nella buona riuscita delle trattative perché dalle lettere portate dal prefato dott. Traversi, Sua Maestà avrà vedute le nostre buone intenzioni. Questo è quanto si dovrebbe scrivere all'imperatore, quando V.E. lo creda opportuno.

Io dopo domani torno ad Addis-Abeba ed in attesa riprenderò le trattative dell'art. 17 perché per esso considero come definitive le istruzioni che ho.

413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. PERSONALE. Roma, 5 giugno 1893.

Le confermo con questa l'espressione già datale ufficialmente della mia soddisfazione per le informazioni che ella mi ha date circa le notizie giunte costà da Londra dei cordiali rapporti che abbiamo col Governo inglese 1 .

Ella sa quanta importanza io annetta a questo risultato e sono lieto nel vedere che la Germania apprezzi questa nostra politica ed i risultati ottenuti che so quanto collimano con gli intenti dei nostri alleati.

Tutto ciò dispiace molto a palazzo Farnese che ci descrive come servitori umilissimi dell'Inghilterra, sacrificando ad essa i nostri interessi che, come si sa, sarebbero così bene tutelati dalla Francia.

Queste insinuazioni trovano eco fra gli uomini politici e nei giornali dell'opposizione. Si dice e si ripete che la Triplice Alleanza non concorre per nulla a tutelare i nostri interessi nel Mediterraneo che sono costantemente danneggiati dall'azione francese, e che questa azione per parte della Francia è giustificata dalla nostra presenza nella Triplice.

Biserta che si fortifica malgrado che ciò significhi una vera mutazione dello stato territoriale nel Mediterraneo, la rettificazione vale a dire l'allargamento per parte della Francia del confine della Tunisia sul territorio tripolitano sono citati ad esempio come giustificazione delle loro tesi.

Ella avrà veduto l'intervista (questa intervista è stata debolmente smentita) del presidente del Senato francese signor Challemel Lacour che svolge lo stesso tema. Secondo esso la Francia, sicura della pace e di non essere disturbata, si afferma sempre più e svolge la sua azione a Tunisi in senso ostile agli interessi d'Italia, e questa secondo lui è quella che paga le spese della Triplice che lascia le mani libere alla Francia.

È purtroppo da temere che in occasione dell'accertamento della frontiera tunisina-tripolitana che si sta ora discutendo a Costantinopoli la Sublime Porta in presenza delle minacce francesi ceda come è suo solito. Noi dobbiamo essere molto prudenti nella nostra azione a Costantinopoli poiché troppo zelo da parte nostra desterebbe sospetti, e ci farebbe posare come eredi presuntivi.

L'Inghilterra in questo momento non è precisamente in odore di santità a Costantinopoli. La voce più sentita è quella della Germania e quindi la sua azione presso la Sublime Porta in questa circostanza sarebbe la più efficace.

Se si vedesse che anche per questa rettifica di frontiera l'azione invadente della Francia trionfasse e che dopo Tunisi si iniziasse un'azione consimile sopra la Tripolitania è certo che si farebbe strada l'opinione che per ciò che riguarda lo statu quo nel Mediterraneo la Triplice Alleanza non servirebbe a tutelare gli interessi d'Italia e si darebbe una grande arma agli oppositori.

La Riforma ed altri giornali hanno già inforcato questo cavallo di battaglia, e già si parlò di ciò in occasione della discussione del bilancio degli esteri.

Un'azione concorde a Costantinopoli delle Potenze alleate ed amiche potrebbe dare coraggio alla Sublime Porta per difendere i suoi diritti, e poiché si tratterebbe di vera invasione di territorio le Potenze che hanno l'impegno di difendere l'integrità della Turchia hanno titolo ad interloquire e far sentire alla Sublime Porta che non può fare gettito della sua integrità senza assumersi grave responsabilità, e che le Potenze hanno diritto di tutelare questa integrità anche contro la volontà della Porta.

413 l R. 690/277 del 30 maggio, non pubblicato.

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

T. 1179. Roma, 6 giugno 1893, ore 23.

R. agente Sofia telegrafa 1 quanto segue: «Come sultano proibì partenza esarca bulgaro per la Bulgaria Stambuloff prega V.E. dare ordine al r. ambasciatore a Costantinopoli di voler unirsi ai passi dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria per permettere venuta esarca in Bulgaria. Colla mia solita riserva non ho preso veruno impegno, salvo trasmettere all'E.V. supplica Stambuloff». Prima di deliberare desidero d'urgenza da lei notizie sull'avvenuta proibizione e sull'atteggiamento degli ambasciatori di Inghilterra e di Austria-Ungheria2 .

414 I Con T. 1300 dello stesso 6 giugno . . 2 Per la risposta cfr. n. 417.

415

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1306. Parigi, 7 giugno 1893, ore 11,45 (per. ore 14,20).

Col titolo «Fine di un protettorato», il Figaro pubblica un pessimo articolo, a proposito esposizione fatta al gruppo coloniale della Camera sull'ultimo atto del negus dal noto Chefneux, reduce dall'Abissinia. L'articolo pare scritto apposta per fare indietreggiare il ministro degli affari esteri da ogni trattativa di delimitazione con noi. Ne parlerò oggi a Develle 1•

416

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1310. Berlino, 7 giugno 1893, ore 16,34 (per. ore 17,30).

Discorsi Kalnoky, alle delegazioni 1 , non hanno molto piaciuto questo Governo. Sono ritenute e ottimiste e imprudenti certe affermazioni; mentre, se siamo in periodo calma politica, tutte questioni sono lungi essere risolte. Pure ammettendo bisogno Austria tenere linguaggio più che possibile rassicurante in questa fase sua politica monetaria, questo Governo trova parole Kalnoky andate oltre lo scopo. È certo che queste parole non accresceranno numero voti favorevoli legge militare prossima Reichstag; e, perciò, sovratutto, com'è naturale, non incontrano qui pieno gradimento.

417

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1313. Therapia, 7 giugno 1893, ore 20,45 (per. ore 2 del/'8).

Sultano impedisce effettivamente esarca bulgaro partire di qua. Stambuloff desidera ardentemente che egli vada a Sofia a fare visita al principe di Bulgaria.

Riuscendo otterrebbero due scopi: riconoscimento del principe di Bulgaria da parte della Chiesa bulgara, e rottura definitiva tra esarca e la Russia. Ambasciatore d'Austria-Ungheria, ambasciatore d'Inghilterra assicurano non avere fatto pratica alcuna, né si mostrano disposti farne. Segue rapporto 1•

415 1 A questo telegramma Ressman fece seguire lo stesso giorno un rapporto dopo l'incontro con Develle. Se ne pubblicano i passi seguenti: «Il signor Develle non aveva ancora letto l'articolo da me incriminato. Se lo fece portare seduta stante e ne prese notizia. Mi dichiarò nel modo più categorico ch'esso non emanava in nessuna misura da suggerimenti usciti dagli uffizi del suo ministero ... Disse che, a suo giudizio, la Francia non era bensì nel caso di doverci aiutare nel Mar Rosso, ma che non intendeva neppure asteggiarvici e che dovevamo rimanervi nelle nostre posizioni attuali. Ed avendolo io stretto di nuovo per le trattative d'una definitiva delimitazione insistendo affinché mi rivelasse senza reticenze la sua intenzione. egli mi disse che le crederebbe premature e lealmente aggiunse che. quantunque risoluto a non sottostare a pressioni parlamentari o della stampa, gli era pure giuocoforza di tener conto d'opposizioni come quelle che si produrrebbero se andasse contro l'opera dei suoi predecessori e si facesse accusare di soverchia debolezza e condiscendenza». 416 1 Cfr. n. 421 e nota l allo stesso.

418

IL CONTE DE' BOJANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIOLITTI 1

L. PERSONALE. Roma, 7 giugno 1893.

A tutte le questioni esistenti tra la S. Sede ed il Governo, e concernenti i prossimi concistori, si era stabilita un'equa soluzione; mancava il patriarcato di Venezia2 . Questa sera il cardinale Rampolla, a nome del S. Padre, mantenne ferma l'idea che non spetta all'Italia l'juspatronato, come non l'aveva l'Austria; non si accettava quindi che monsignor Sarto facesse la solita domanda, ma proponeva però che il Governo facesse il r. decreto di nomina del patriarca in virtù del r. patronato; e che anzi si sarebbe proclamato nel concistoro del 15 in luogo che in quello del 12, onde lasciar maggior tempo al Governo. E soggiungeva che tutti gli altri Governi facevano le nomine dei vescovi senza la domanda di questi.

S.E. l'on. Gianturco non accettò la proposta del cardinale volendo la istanza di monsignor Sarto, osservando che la domanda è necessaria da noi, non esistendo rapporti ufficiali tra la S. Sede ed il Governo; ed aggiunse che il Ministero, ravvisando un atto ostile da parte della S. Sede per tale negazione di juspatronato, si mostrerà a sua volta ostile non risolvendo più le questioni pendenti e che si credevano risolute.

Tutto questo forse si vuole cagionare all'opera mia che non si trova abbastanza intelligente; mentre credevo dovermi prestare a creare quel periodo di armistizio indispensabile alla conclusione di una pace. Forse si desidera altra persona più propria in momenti di conflitto, io quindi mi ritiro.

Nel darne avviso subito anche all'E.V. a sollievo di ogni responsabilità, mi corre obbligo di ringraziarla del!a benevolenza sempre usatami, della quale serberò riconoscente memoria.

del 9 giugno. 418 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. I. cit., pp. 149-150 e in F. FONZI, Documenti sul conciliatorisnw, cit., p. 209.

2 Con L. personale dell'Il maggio de' Bojani aveva comunicato a Giolitti: «Nel linguaggio del segretario di Stato trovai molta equanimità e desiderio di non fare da parte della S. Sede cose sgradite al R. Governo. Jersera fu la prima volta che dalla S. Sede, quasi ufficialmente, si è proposto un accordo preventivo per la scelta di candidati a vescovati».

417 1 Non pubblicato. Il senso del presente telegramma fu comunicato all'agenzia a Sofia con T. 1195

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 1186. Roma, 8 giugno 1893, ore 12.

Secondo un sunto telegrafico qui giunto dell'articolo del Figaro' il signor Chefneux avrebbe espressamente dichiarato essergli stata affidata una missione dal presidente della Repubblica. Questo è un punto che merita d'essere chiarito. Io penso che ella dovrebbe francamente interrogare a tal riguardo il ministro degli affari esteri 2 .

420

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1326. Parigi, 9 giugno 1893, ore 17,50 (per. ore 20,10).

Develle mi ha detto oggi che la commissione coloniale della Camera ha infatti ricevuto e udito Chefneux 1 . S.E. mi ha promesso d'interrogare presidente della Repubblica circa l'allegazione del signor Chefneux d'avere ricevuto da lui una missione in Etiopia, cosa che considererebbe incostituzionale. Si riservava di decidere. quindi se sia luogo ad una rettifica pubblica che gli chiesi2 .

421

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1400/509. Vienna, 9 giugno 1893 (per. il 13).

Nell'ultima visita da me fatta al conte Kalnoky, la conversazione cadde naturalmente sui discorsi da lui tenuti in seno alle due delegazioni, ungherese ed

austriaca 1• Io gli dissi che i principali organi della pubblica opmwne in Italia avevano accolto con favore le sue dichiarazioni pacifiche e gliene feci complimento. Ma gli chiesi se un'eguale favorevole impressione erasi prodotta in Russia e segnatamente in Germania.

Il conte Kalnoky mi rispose che sapeva da un telegramma di Pietroburgo che le sue parole pacifiche e amichevoli verso la Russia erano state molto apprezzate dal Gabinetto russo. Il conte di Wolkenstein informava difatti che il signor Schischkine gli aveva manifestato la sua soddisfazione; e aggiungeva che le parole del signor Schischkine acquistavano una speciale importanza dal fatto che questo personaggio si era il giorno prima intrattenuto coll'imperatore e col signor de Giers. I sunti telegrafici di articoli del Giornale di Pietroburgo e di altri periodici russi confermavano la buona impressione prodotta nel pubblico russo dalle dichiarazioni del ministro austro-ungarico.

In quanto riguarda la Germania, il conte Kalnoky mi disse che l'ambasciatore austro-ungarico a Berlino, signor de Szogyény aveva telegrafato di essersi intrattenuto col cancelliere conte de Caprivi, e che anche questi si era mostrato lieto del linguaggio tenuto dall'oratore ministeriale alle due delegazioni e del voto di fiducia che queste gli avevano unanimemente accordato. Il carattere del conte de Caprivi non permette di mettere in dubbio la sincerità delle sue parole, anche perchè in fondo il cancelliere germanico nei suoi ultimi discorsi non aveva dipinto la situazione politica dell'Europa con colori molto diversi da quelli usati dal conte Kalnoky. È però lecito di chiedersi se egli non avrebbe preferito che le dichiarazioni del ministro austro-ungarico non fossero cadme proprio nel mezzo dell'agitazione elettorale germanica. A ogni modo è positivo che una parte notevole della stampa tedesca di Berlino, di Monaco, di Amburgo e di altri centri, capitanata dalla National Zeitung, critica vivamente i discorsi del conte Kalnoky e accusa questo ministro d'aver parlato in un senso ottimista contrario alla verità dei fatti e di aver preparato un'evoluzione verso la Russia a scapito degli interessi tedeschi.

Ma intorno all'impressione prodotta in Germania dal linguaggio tenuto dinanzi alle delegazioni riunite a Vienna l'E. V. sarà già stata più esattamente e più pienamente informata dalla r. ambasciata a Berlino2• A me preme soltanto di riferire qui ciò che mi fu detto dal conte Kalnoky circa il sentimento del cancelliere germanico, e di notare d'altra parte la vivacità di linguaggio con cui i giornali

2 Cfr. n. 415.

viennesi risposero alle critiche dei giornali dell'Impero germanico, e specialmente a quella della National Zeitung. I giornali viennesi comparsi ieri, Wiener Tageblatt, Deutsche Zeitung, Vaterland, Neue Freie Presse, si distinguono per la severità con cui giudicano le critiche dei loro confratelli germanici, critiche che essi dicono interessate e prodotte specialmente dal dispetto del non aver trovato nei discorsi del conte Kalnoky un incoraggiamento ai sostenitori del progetto di legge militare tedesco. La Neue Freie Presse dichiara, del resto, che gli attacchi della National Zeitung non hanno nessuna correlazione coll'opinione pubblica in Germania nè col modo di vedere del cancelliere germanico. Il linguaggio aggressivo e le accuse della stampa germanica hanno dovuto produrre sull'animo del conte Kalnoky un viva impressione, talchè egli ha creduto necessario di ritornare oggi stesso dinanzi alla delegazione austriaca sull'argomento, e di spiegare meglio il significato dei suoi due precedenti discorsi. Il conte Kalnoky, accennando alle accuse della stampa germanica tenne a dichiarare che l'alleanza dell'Austria-Ungheria, e le sue intime relazioni colla Germania rimangono inalterate. Si volle vedere, diss'egli, nelle affermazioni sulle speranze di pace e sulle migliorate relazioni colla Russia una contraddizione colla politica del Gabinetto di Berlino. Ciò non ha fondamento. L'aumentata fiducia nel mantenimento della pace non risulta punto da fatti nuovi, bensì da un sentimento generale, che si fa strada dovunque in Europa. Egli non disse già che si debba cessare dal rinvigorire le forze difensive, anzi affermò che questa era una necessità nell'interesse stesso della pace, e che il disarmo era un'utopia. Il conte Kalnoky disse poi recisamente che egli vedeva nel progetto militare germanico una garanzia per la pace e che credeva che colla sua adozione ne sarebbe aumentato dovunque il sentimento della pubblica tranquillità. Passando alle relazioni dell'Austria-Ungheria colla Russia il conte Kalnoky dichiarò che l'annunziato miglioramento di esse era stato falsamente interpretato come un'evoluzione politica del Governo austro-ungarico. Egli rammentò che è cosa riconosciuta dalle Potenze alleate che la Triplice Alleanza non esclude le amichevoli relazioni di ciascheduno degli alleati con altre Potenze e citò il principe di Bismarck, il quale si era espresso in questo medesimo senso precisamente rispetto alla Russia, la di cui amicizia egli considerava come una garanzia di pace. Aggiunse per prova che ciò che potrà farsi dal Gabinetto di Berlino in questa medesima via, sarà considerato dall'Austria-Ungheria con fiducia e accompagnato dai suoi voti. Il conte Kalnoky trovò strano che si voglia scorgere nelle sue parole un sintomo di allontanamento dell'Austria-Ungheria dalle sue alleanze. Ripetè ancora una volta che queste alleanze rimangono ferme come prima sullo stesso terreno, e saranno mantenute lealmente. Esse sono difensive e hanno per solo scopo la pace. Le dichiarazioni di esso conte Kalnoky non possono essere messe in opposizione con questa situazione, le relazioni austro-ungariche colla Russia non sono in opposizione colle alleanze e colla politica dell'Austria-Ungheria e non portano con sè alcuna evoluzione politica per parte del Gabinetto di Vienna.

Tali sono le spiegazioni che il ministro austro-ungarico degli affari esteri ha creduto dover dare in seguito alla campagna fatta contro di lui e contro i suoi discorsi dalla stampa germanica. Rimane ora a sapere come esse saranno ricevute dall'opinione pubblica in generale, e da quella della Germania in particolare. Quanto alla prima, non vi è dubbio che queste spiegazioni confermando così esplicitamente lo scopo pacifico e difensivo della Triplice Alleanza, saranno ricevute piuttosto con soddisfazione dalla maggioranza delle popolazioni. E anche per quanto riguarda la Germania è da prevedersi che esse eserciteranno un effetto calmante sulla stampa, benchè per avventura rimanga pur sempre agli occhi degli interessati il doppio gravame, cioè quello del tentato riavvicinamento dell'Austria-Ungheria colla Russia, e quello dell'aver accennato ad un progressivo pacificamento in Europa al momento stesso in cui il Governo germanico lotta fieramente per ottenere un aumento nell'esercito. L'opinione pubblica tedesca, per quanto si può giudicare dal linguaggio dei giornali mentovati di sopra, è troppo eccitata perchè si possa difendere da un sentimento di gelosia vedendo migliorarsi i rapporti fra la Russia e l'Austria-Ungheria, e perchè possa ammettere che veramente il conte Kalnoky non aveva la possibilità di scegliere un altro momento per le sue dichiarazioni, giacché l'epoca della riunione delle delegazioni era stata fissata da un pezzo per il mese corrente, all'infuori di ogni considerazione di politica internazionale.

419 l Cfr. n. 415. 2 Per la risposta cfr. n. 420. 420 l Risponde al n. 419. 2 Con T. 1351 del 12 giugno Ressman comunicò che Develle avrebbe fatto pubblicare una nota dichiarante che Chefneux non aveva avuto alcuna missione dal Governo francese.

421 1 Nigra aveva comunicato con R. 1342/488 del 4 giugno: «La parte più importante del discorso del conte Kalnoky è indubbiamente quella che si riferisce al miglioramento delle rela7ioni fra l'Austria-Ungheria e la Russia, relazioni che già erano buone e ora sono diventate migliori. L'oratore si congratulò particolarmente delle disposizioni favorevoli verso l'Austria-Ungheria delJ"imperatore Alessandro e del suo Governo. e vede in questo fatto, con ragione, un motivo a bene sperare della pace europea. Anzi il conte Kalnoky si lusinga che una tale circostanza potrà, col tempo. essere un potente motivo per far cessare l'attuale tensione militare in Europa, e ricondurvi una situazione normale favorevole a quella pace che è l'obbiettivo della politica austro-ungarica. li pubblico, solenne annunzio di un miglioramento delle relazioni fra l'Austria-Ungheria e la Russia, sembrami poi costituire il Jàtto politico internazionale il più importante che sia succeduto in Europa dopo la visita della flotta francese a Kronstadt». Con R. !372/499 del 7 giugno aveva aggiunto: «La seduta di jeri della delegazione austriaca non portò a luce alcun nuovo elemento politico. Il discorso del conte Kalnoky fu la conferma del già detto da lui, con una leggera attenuazione alla affermazione delle migliorate relazioni fra l'AustriaUngheria e la Russia, affermazione che non conveniva a questo Governo fosse interpretata, come forse fu, in modo eccessivo».

422

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1337. Berlino, 10 giugno 1893, ore 16,16 (per. ore 16,50).

Jeri Kalnoky, dinanzi delegazioni, cercò correggere effetto prodotto in Germania dai suoi primi discorsi. Credo mio dovere osservare che se taluni giornali qui interpretarono parole Kalnoky relativamente Russia come rallentamento legami Austria-Ungheria e Germania tale non fu interpretazione data dal Governo imperiale. Questo che ora non si preoccupa che della legge militare, si dolse solo effetto che parole Kalnoky avrebbero prodotto tra avversari della legge. Esso, come telegrafai 1 , trova troppo ottimiste, non prudenti, certo, parole Kalnoky nelle condizioni attuali Europa; ma non disapprova certamente che si coltivino relazioni con Russia.

423

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI 1

D. RISERVATO 21383/288. Roma, 11 giugno 1893.

Col dispaccio del 15 u.s. n. 447/28!2, V.E. mi faceva conoscere che la pratica relativa alla delimitazione dalla parte del golfo d'Aden rimaneva tuttora stazionaria in attesa della controproposta, già annunciataci, del Governo dell'India.

423 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 405-406.

2 Cfr. n. 384.

V.E. non ignora l'importanza che il R. Governo annette a quel negoziato. Nè dubito, da parte mia, di poter fare, in siffatta questione pieno assegnamento sullo zelo di cui già altra volta ella diede prova, allorchè si trattò di preparare le trattative che condussero al protocollo del 24 marzo 1S91.

Come ella giustamente osservava nel suo rapporto del 4 u.s. n. 420/259 3 è un fatto nuovo che l'Inghilterra dimostri nei suoi rapporti con noi di preoccuparsi degli intrighi francesi, e c'inviti in certo modo a premunircene. Sfortunamente ce ne manca il mezzo efficace, essendo noi troppo lontani dall'Harar, e non avendo in mani nostre la strada che dalla costa del golfo d'Aden conduce a quella provincia abissina. Se dobbiamo, quindi, attribuire un significato pratico al suggerimento del Foreign Office, la questione di Zeila si presenterebbe di nuovo, in circostanze a noi favorevoli. Vorremmo, e per questo faccio particolare appello alla cooperazione di lei, affrettarne la soluzione.

La conversazione del colonnello Stace col cav. Cecchi riferita a V.E. con dispaccio dell'l l aprile p.p. n. 13367/1644 acquista certamente maggior valore dalla comunicazione che il Governo inglese e per mezzo suo e per mezzo di lord Vivian ci ha fatto del promemoria relativo agli intrighi francesi 5 . Tale comunicazione che ci autorizza a considerare i consigli delle autorità di Aden come aventi relazione diretta colle preoccupazioni summenzionate degli inglesi, ci permette di citare la conversazione dello Stace in appoggio delle nostre domande.

Un'altra circostanza favorevole è la pretesa oramai affacciata dagli inglesi, di estendere fino all'So parallelo l'hinterland del protettorato del golfo d'Aden, pretesa risultante da colloqui avuti col residente di Aden non solo dal cav. Cecchi, ma benanche dal governatore Baratieri, durante la sua visita in quel porto. Il nostro governatore non volle entrare nel merito della questione, ma osservò tuttavia al suo interlocutore che la linea ora desiderata dagli inglesi taglierebbe fuori l'Harar dalle nostre coste dell'Oceano Indiano. D'altra parte il desiderio d'estendersi fino all'So parallelo vorrebbesi fondare sul fatto asserito che le tribù protette dagli inglesi penetrino molto addentro nell'Ogaden per ragione di commerci e di pascoli. Un equo componimento della questione potrebbe consistere nello accettare per limite meridionale del protettorato inglese l'So parallelo voluto dall'Inghilterra, prolungandolo anche sino alla costa, in modo da lasciare agli inglesi la penisola del Guardafui, ma attenendosi da noi in cambio la cessione di Zeila coi territorii abitati dalle tribù degli Issa e dei Gadabursi.

La cessione di Zeila ci metterebbe in grado di lottare efficacemente contro i maneggi francesi in Etiopia e all'Harar, maneggi che potrebbero tornare funesti anche agli interessi inglesi se riuscissero a scalzare in Abissinia la nostra influenza. Essa toglierebbe, d'altra parte, una causa di dissidio fra le autorità etiopiche dell'Harar e gli inglesi, mentre le incursioni e le costruzioni di fortilizi da parte degli abissini che danno la maggior molestia alla residenza di Aden avvennero appunto fra Gildessa e Bia Cabuba, nel paese dei Gadabursi, dai quali l'Inghilterra verrebbe a disinteressarsi completamente.

4 Non pubblicato, ma per il rapporto da Aden cfr. n. 337.

5 Cfr. n. 373, allegato.

Questi sono i nostri concetti dei quali desidero fin d'ora informare in via riservata V.E. Il miglior modo di mettere innanzi la nostra controproposta sarebbe di contrapporla alla risposta che sarà formulata dal Governo dell'India. Anche questa è ragione per cui importa far presente al Foreign Office l'opportunità di sistemare senza soverchio indugio la questione della delimitazione, e di affrettare quindi il lavoro ora in corso delle autorità di Aden e di Bombay.

422 l Cfr. n. 416.

423 3 Cfr. n. 373.

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATO 21535/291. Roma, 12 giugno 1893.

Mi pregio trasmettere qui acclusa, a V.E., copia d'un rapporto del r. amba~ sciatore a Parigi 1 , relativo alla condotta della Francia nella questione etiopica.

Come V.E. scorgerà facilmente, le risposte del ministro francese degli affari esteri alle stringenti interrogazioni del cavalier Ressman sono state completamente evasive e ci fanno ritenere pienamente giustificate le preoccupazioni del Governo di Londra circa i maneggi delle autorità d'Obock e di ras Gibuti. Tale contegno del signor Develle, del quale tengo che V.E. sia fin d'ora informata, sarà da noi fatto presente a suo tempo al Governo di Londra, in appoggio degli argomenti esposti nel mio dispaccio dell'l l corrente n. 21383/2882 che dovranno giustificare la nostra domanda formale del possesso di Zeila al Governo britannico3 .

425

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1372. Parigi, 14 giugno 1893, ore 19,15 (per. ore 21,05).

Ministro degli affari esteri mi dice che ha definitivamente deciso di non rispondere alla lettera del re Menelik. Essendomi querelato della insufficiente smentita circa pretesa missione Chefneux 1 , egli mi disse che già invitò il presidente del gruppo coloniale a pubblicare una più soddisfacente dichiarazione circa udienza data a quel negoziante.

2 Cfr. n. 423.

3 Si pubblica qui un passo di una L. personale di Ressman a Brin del 24 giugno: «Più ci avviciniamo

al termine della vita di questa Camera e con ciò della vita del Ministero, e più diminuisce la voglia dei ministri d'impegnarsi in alcuna direzione, cosicché anche per la nostra delimitazione del Mar Rosso non spero più nulla dal signor Develle». 425 1 Con T. 1358 del 13 giugno, non pubblicato, Ressman aveva comunicato che il Temps, menzio nando l'udienza data dal gruppo coloniale a Chelneux, aveva scritto: «Benché non sia incaricato di alcuna missione del Governo egli rende grandissimi servizi al nostro Paese».

424 1 Cfr. n. 415, nota l.

426

IL CONSOLE A GERUSALEMME, MINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 124/42. Gerusalemme, 15 giugno 1893 (per. il 25).

Col pregiato dispaccio del 27 scorso maggio n. 19347/26 divisione I sezione I 1 l'E.V. mi faceva invito a riferirle in speciale rapporto circa le odierne condizioni della Chiesa in Palestina e circa gli attacchi di cui era fatto segno questo clero italiano da parte della stampa francese.

Dai precedenti rapporti, nei quali ebbi occasione di trattare argomenti connessi con quel tema (protezione degli istituti tedeschi, azione della Terra Santa, congresso eucaristico etc.), emerge abbastanza chiaramente, se non m'inganna il mio giudizio, quali forze, influenze ed interessi qui contrastino sul terreno religioso e su quello politico, gli uni per difendere la posizione acquistata, gli altri per prendere il sopravvento.

Dovendo ora in special modo ragionare della Chiesa cattolica e del clero italiano, mi converrà lasciar da parte quanto concerne i riti dissidenti che, quantunque diano luogo talvolta a conflitti ed incidenti coi latini, hanno però una situazione perfettamente distinta.

A tutto ciò che è cattolico sovrasta il protettorato della Francia, il quale si esplica per altro, secondo le diverse comunità, con azione e con criterii differenti:

l) sui luoghi santi e sulle missioni francescane che ne sono derivate, siffatto protettorato viene esercitato in forza di un diritto storico, che ebbe in altri tempi la sua ragion d'essere e mai fu finora formalmente contestato da alcun'altra Potenza. Ma contro esso, e sopratutto contro l'estensione arbitraria che vi diedero per mire politiche gli agenti francesi, resiste da tempo e tenta di rivoltarsi la maggioranza dei frati di Terra Santa, composta di italiani in prevalenza, di spagnuoli e di tedeschi; avendo esperimentato a proprie spese come quella tutela vada a beneficio dei protettori ed a detrimento dei protetti;

2) sulle numerose corporazioni francesi, trapiantatesi dappoi in Levante, la Francia ha una diretta e potente influenza sia per ragione di giurisdizione, sia in virtù della stessa tutela religiosa. E questa volle pure estendere per analogia ad istituti e missioni di fondazione straniera; ma a questa pretesa tedeschi ed austriaci si rifiutarono;

3) sul clero cattolico indigeno e sui riti orientali uniti, non per un diritto riconosciuto, ma per abusiva consuetudine e per tolleranza della Turchia, la Francia mantiene una specie di protezione e di sorveglianza; non riluttandovi il clero e le popolazioni locali che da essa traggono profitto economico ·ed appoggio contro le autorità ottomane. Costoro servono quindi con maggior zelo la causa e gli interessi del Governo protettore e fanno capo ai consolati francesi; così a Beirut i maroniti del Libano; in Siria, Palestina ed ovunque i greci-cattolici e le altre confessioni riconosciute dalla Chiesa di Roma.

Attese le opposizioni e le resistenze dei primi cioè dei francescani di Terra Santa i consoli di Francia si valgono dei secondi, ossia delle congregazioni francesi, per scalzar quelli e, quando riuscisse, soppiantarli; e così degli orientali per combattere ed imbrigliare il clero latino in genere (quando non francese), fra il quale essi vanno pure scapitando di autorità e simpatia.

Sia combinazione, sia piuttosto accorgimento della Curia romana, o meglio di Propaganda fide che deve stimare al loro giusto prezzo i benefici del protettorato, fatto è che la somma delle cose ecclesiastiche fu quasi sempre affidata, in queste contrade, in mano di italiani. Ed ora non solo di italiani, ma altresì di francescani, reputati più avversi alla Francia. Tali sono infatti i due delegati apostolici d'Egitto e di Siria; tale il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Piavi; e se francescano non è il suo vescovo coadiutore, monsignor Appodia romano, anch'egli è giudicato, pei suoi sentimenti, al pari degli altri.

Indi la parola d'ordine fu di attaccare e denigrare non solo i francescani, ma anche i vescovi italiani, e particolarmente questo patriarca. In ciò si distinse la stampa francese. Le più basse accuse, le calunnie più invereconde furono largamente adoperate; si svisarono e snaturarono i fatti per colpire le persone. Fra i molti articoli, qui sparsi, letti e commentati, uno merita in singolar guisa di fissare l'attenzione per l'eccesso dell'offesa e per i sentimenti che disvela. Ho l'onore di accluderne un esemplare2 . Esso comparve nell'Eclair in data del 16 marzo u.s.; ed è diretto contro monsignor Piavi, prelato intelligente e fino, animo indipendente e battagliero.

Già prima delegato apostolico in Siria, aveva fatto parlar molto di sé, attirandosi l'inimicizia dei consoli francesi e la simpatia delle autorità locali. Sua colpa fu d'aver negletto, quando non ostacolato, gli interessi francesi per curare esclusivamente quelli della Chiesa; e se le pressioni del Governo della Repubblica sul Vaticano non erano riuscite a farlo smuovere dal suo posto, valsero forse ad allontanare da lui la dignità della porpora, cui sembrava chiamato; il suo nome fu varie volte infatti citato nella stampa italiana fra i preconizzati pel cardinalato.

Nominato patriarca di Gerusalemme, al qual posto sperava la Francia installare un suo nazionale per dominarvi il clero secolare latino e le sue missioni, non dovevano posare gli odii e si ritornò vivamente alla carica. Oltre il presente articolo, altri comparvero in diversi periodici, ugualmente ostili al patriarca ed alla Terra Santa; mi duole non essere in grado di produrli. Apparvero, se ben rammento, sull' Autorité, sul Pèlerin e qualche altro giornale. Aiutano la stampa, dal canto loro, le corporazioni francesi qui stabilite, anelanti all'esclusiva egemonia sui cattolici.

Non sarebbe facile trarre ora, da tale situazione, pronostici per l'avvenire. Sembra però che la guerra, mossa al nostro clero, debba piuttosto ridondare a vantaggio che a danno degli interessi nazionali, purché la Curia romana nulla muti all'attuale ordinamento. La custodia di Terra Santa per la sua costituzione organica, il patriarcato latino pér la sua occasionale composizione, vanno rendendosi sempre più insofferenti di ogni contatto e dipendenza dal Governo protettore; e sono tratti necessariamente a vagheggiare un nuovo ordine di cose. Che se le speranze e gl'ideali dei nostri religiosi potessero un giorno influire nei consigli vaticani, gli è assai probabile che quel giorno segnerebbe la fine del protettorato francese.

Ove dovesse, nell'avvenire, verificarsi sì importante innovamento, è a ritenersi

che la Chiesa non cercherà di assoggettarsi alla protezione di altro Stato (il che

riprodurrebbe su per giù gli stessi inconvenienti); ma, fatta libera di sé, provvederà

essa stessa alla tutela dei propri interessi, e meglio che ora non sia. Le mutate

condizioni della Turchia, la tolleranza osservata verso ogni culto, la sorveglianza

dei rappresentanti delle varie Potenze, allontanano oggi quei pericoli che rende

vano una volta necessario il protettorato; e l'emancipazione della Chiesa conse

guirebbe la simpatia dello stesso Governo ottomano, al quale non garba che,

sotto il manto di questioni religiose, si mantenga un'influenza politica straniera. I

funzionarii turchi non mancano infatti, quando se ne presenti l'occasione, di far

intendere al clero quanto maggior vantaggio esso avrebbe a rivolgersi, pei suoi

affari, direttamente alle autorità locali; e quando ciò facciano, le vertenze si

liquidano con maggior celerità e giustizia. Naturalmente i consoli di Francia si

oppongono a siffatti tentativi.

Appare infine manifesto che, una volta fissata l'indipendenza della Chiesa, i

varii Stati cattolici verrebbero a trovarsi nel Levante sul piede di una quasi

perfetta uguaglianza; e l'influenza nostra non avrebbe che ad avvantaggiarne,

sinché gli italiani continueranno a tenere nella gerarchia ecclesiastica i più alti

posti e la prevalenza del numero.

426 l Non pubblicato.

426 2 Non si pubblica.

427

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1389. Costantinopoli, 16 giugno 1893, ore 14,25 (per. ore 17,40 ).

Si crede a Palazzo che, nell'udienza di congedo accordata dal sultano a Clare Ford, Sua Maestà abbia fatto nuove proposte relative all'Egitto. L'8 corrente la Sublime Porta ha telegrafato confidenzialmente a Rustem pascià che ben presto gli manderà un progetto di convenzione da sottomettere al Governo inglese 1• L'ambasciatore di Francia ha fatto insinuare a Palazzo, per mezzo del primo dragomanno, che la Francia, in caso di bisogno, ajuterebbe la Sublime Porta nei

·negoziati egiziani 2 .

un colloquio col sultano: «Il silenzio di Sua Maestà sulle cose d'Egitto e l'atteggiamento di apparente

rassegnazione ai fatti compiuti non deve però, a mio avviso, interpretarsi in senso troppo ottimista. Il

sultano non avendo trovato questa volta incoraggiamenti espliciti per un'azione favorevole alle sue

rivendicazioni in Egitto, temporeggia, ma, come mi diceva poco dopo il gran vizir, non potrà mai

rinunciare, come califfo, a fare valere il suo diritto di reclamare l'indipendenza dal dominio straniero di

uno Stato mussulmano posto sotto l'alta sua sovranità. Le condizioni generali dell'Europa non gli

porgono l'occasione di sollevare ora la questione, ma se le circostanze mutano e può sperare che altre

Potenze lo secondino, coglierà il destro per reclamare lo sgombero degli inglesi».

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna

con T. 1247 dello stesso 16 giugno.

427 1 Cfr. quanto aveva riferito Collobiano con R. confidenziale 120/60 del 20 febbraio a proposito di

428

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 512/172. Madrid, 19 giugno 1893 (per. il 29).

Non ho mancato di chiamare la seria attenzione di questo signor ministro di Stato, sul cont~nuto del dispaccio, direttomi dali'E.V. li 30 scorso maggio 1 , intorno alle gravi violazioni di frontiera, commesse dalle truppe algerine verso Figuig, dal commendator Cantagalli segnalate.

Il signor Moret non aveva ricevuto informazione di sorta, su di ciò. Ma, non provavane meraviglia, poichè considerava come se la legazione di Spagna da lunga pezza non esistesse a Tangeri, talmente essa era decaduta, dall'ultima volta ch'egli fu ministro di Stato, vale a dire dal 1888, epoca in cui era rappresentante di Spagna alla Corte marocchina il signor Diosdado, uomo espertissimo, e degno emulo dell'antico inviato inglese sir Drummond Hay.

Col richiamo del signor Diosdado, la influenza spagnuola a Tangeri andò di mano in mano diminuendo. ed il signor Moret, parlandomi, realmente a cuore aperto, m'assicurò che le cose avevano raggiunto oggi un tale estremo, che doveva addivenire a qualche risoluzione energica. Non essergli lecito, però, agire in questo momento. Egli non ha che interinalmente il portafoglio del Ministero di Stato, e non reputa di possedere, perciò. autorità sufficiente a tradurre in atto il nuovo indirizzo che contempla.

La modificazione del Gabinetto spagnuolo, dal signor Sagasta costantemente ritardata, presto s'imporrà come una necessità inevitabile, e se il signor Moret continuerà, come mi lusingo, ad avere la direzione del dipartimento, che ora solo regge provvisoriamente, v'ha campo a sperare una salutare riforma. Egli è l'unico uomo di Stato spagnuolo che capisca la politica estera, che vi accordi importanza, e, di certo, la situazione delle cose nel Marocco gli inspira il più profondo sconforto. Identico sentimento è pure da me diviso, e non so davvero come, nonostante la sua buona volontà, potrà il signor Moret riuscire a far argine alla lenta, ma incessante, sicura invasione francese.

L'attuale ministro di Stato, ad interim, non aveva, lo ripeto, notizia alcuna dei fatti esposti dal signor commendator Cantagalli, di cui lesse con vivo interesse il rapporto, sebbene l'attività sempre crescente della Francia al Marocco, gli fosse stata additata da Berlino.

Recentemente l'ambasciatore spagnuolo presso il Governo imperiale, aveagli' inviato un articolo della Ga:::::etta di Colonia, il quale, mentre da un lato raccomanda alla Nazione tedesca di non rimanere indifferente a quanto si svolge nell'occidente africano. ammette che colà non vi ponno essere che due influenze: la francese e l'inglese, e che la prima, in questo istante, aveva sopraffatto la seconda. Il signor Moret avendomi pregato di prendere conoscenza di tale articolo, ne unisco una traduzione al presente rapporto 2 , ed avendo poi egli anche alcuni dì dopo trasmes

428 I Cfr. n. 403. 2 Non si pubblicano gli allegati.

somi, con biglietto particolare, un altro estratto, questa volta d'un giornale stampato al Marocco, invocando sul suo contenuto la mia speciale considerazione, egualmente ne mando a V.E. una versione italiana.

Detto secondo articolo, pigliando le mosse dallo sviluppo che assume ognor di più la posizione della Francia a Tunisi, stabilisce il parallelo di quanto o tosto o tardi avverrà nell'Impero sceriffiano. I tetri vaticini dell'Eco Mauritano sono, a parer mio, purtroppo fondati.

Anche avanti di leggere l'articolo dell'indicato periodico, si è ripresentata alla mia mente l'aggressione di Tunisi, e tutte le relazioni che giungono attualmente dal Marocco, hanno una dolorosa somiglianza con quelle che dal Bardo erano indirizzate alla Consulta nel 1880.

Quando ferveva l'emozione destata nei Gabinetti europei, per le prime pretese accampate dai francesi sull'oasi di Tuat, ebbi l'onore di dirigere parecchi rapporti al predecessore di V.E., fra i quali mi permetto citarne uno, quello, cioè, delli 17 dicembre 1891 (documento diplomatico n. 1140 -XL)\ per l'analogia che offre con taluni dei riflessi manifestati dall'Eco Mauritano, circa il costante lavorio della Francia, nell'intento di creare, alle proprie porte, un immenso impero africano, dalle frontiere di Tripoli al Senegal, al Sudan, ed alle regioni equatoriali.

In questo istante medesimo, in cui la vertenza della delimitazione tripoli-tunisina di confine, sembra volgere alla peggio, mi si conceda, altresì, rammentare d'aver io rassegnato a codesto r. ministero, fin dal 1887, una mia conversazione col signor Cambon, antico residente francese a Tunisi, di poi ambasciatore a Madrid, conversazione la quale dissipava l'esistenza di qualsiasi dubbio, riguardo ai veri divisamenti del Governo della Repubblica, precisamente su quella linea del Mokta, attualmente fonte di tanta contestazione (documento diplomatico n. 227 -LXXI)4 .

Tutti questi soggetti di preoccupazione sono direttamente tra di loro connessi; ma, la sola a giustamente commoversene fra le Potenze, è l'Italia.

Nella controversia di confine sovr'indicata, il r. incaricato d'affari a Costantinopoli, dopo d'aver affermato non essere «improbabile che il sultano dia la sua approvazione alla frontiera tracciata dai commissari franco-tunisini», aggiunge che, per sventare prontamente l'influenza delle pressioni francesi, «è necessario che il Governo del re provochi dai Gabinetti di Vienna, Berlino e Londra istruzioni in proposito ai rispettivi ambasciatori» (documento diplomatico n. 588 -LXXI)5 .

Quasi nell'identico giorno, il r. ministro a Tangeri, riferendo le voci di violazioni francesi della frontiera verso Figuig, scrive: ..... «per quanto m'è dato intendere, i miei colleghi della Gran Bretagna e di Spagna si mostrano fino a certo punto indifferenti; al postutto il sultano non ha mosso lamento, nè con essi, nè con me. Tacciono per conseguenza» (documento diplomatico n. 1452 -serie XL) 6 .

Triste stato di cose!

Se ne prenderà alfine pensiero l'Inghilterra? Non spetta a me il rispondere. Ma, nella questione di Tuat, dopo tutti gli sforzi messi in opera dall'Italia, il sultano venne lasciato in balia della Francia. Nella vertenza di Figuig succederà altrimenti?

4 R. confidenziale da Madrid del 21 luglio 1887, non pubblicato nel vol. XX della serie n.

5 R. da Costantinopoli del 21 maggio, non pubblicato.

6 R. 469/124 da Tangeri del 20 maggio, non pubblicato.

Il commendatore Cantagalli, nel già mentovato documento diplomatico, asserisce, senz'ambagi, che Mulay Hassan «vuoi sbrigarsela da sè, che ne uscirà menomato», ma esser suo tornaconto avere la «forte e vicina Francia, se non amica, propiziata almeno, e pacifica».

Nei rivolgimenti che l'avvenire tiene in serbo, qualunque sieno le vedute del Governo britannico intorno al punto rilevantissimo di litorale africano che fronteggia Gibilterra, conviene confessare che, per ora, il Gabinetto di S. Giacomo, se non altro in apparenza, non dimostra d'interessarsi gran fatto ai progressi che in silenzio va compiendo la Francia al Marocco.

Essendo quest'ambasciatore d'Inghilterra in congedo, ho stimato opportuno, con approvazione del signor Moret, di comunicare i documenti da lui rimessimi all'incaricato d'affari britannico, il quale s'affrettò a porgerne notizia al Foreign Office.

Ho dovuto ritardare alquanto l'invio di questo rapporto. Stante il carattere riservato di quanto ho nel medesimo l'onore di rassegnare, ho voluto aspettare d'aver mezzo di farlo pervenire in Italia con occasione sicura. Lo affido adesso a persona di fiducia, la quale Io imposterà a Torino.

428 3 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie n.

429

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 546/336. Londra, 20 giugno 1893 1 .

Dopo che io ebbi l'onore di indirizzare a V.E. il mio rapporto del 21 maggio

(n. 461/291)2 mi pervennero, circa l'affare della delimitazione delle zone d'influenza italiana ed inglese, verso il territorio di Berbera e Zeila, i tre dispacci ministeriali del 31 di quello stesso mese e delli Il e 12 corrente3 .

Ringrazio V.E. per avermi esposto in termini chiarissimi gl'intendimenti finali del Governo di Sua Maestà, né in me mancherebbe il proposito di avviar le cose al conseguimento dei medesimi, se a ciò bastassero le forze mie.

Qualunque possa essere la difficoltà di risolvere una questione, giova certamente lo avere della sua posizione un esatto concetto. Mi accingo perciò ad esporre al R. Governo l'intiero pensiero mio a questo riguardo.

In parecchie occasioni dacché mi trovo a rappresentare il mio Governo in Londra, ho dovuto, nelle mie corrispondenze con il r. ministero, accennare al fatto anormale della posizione speciale dell'Italia in Abissinia, mentre le più naturali e facili vie per la miglior parte di quel Paese rimanevano nelle mani di altri Stati europei. E quando a più riprese, nei miei colloquii al Foreign Office, sentii mettere in dubbio l'efficacia dell'azione dell'Italia sovra un Paese al quale i mezzi nostri potevano accedere soltanto traversando il territorio inglese, mi era giuocoforza,

2 Cfr. n. 390.

3 Cfr. nn. 423 e 424. Il D. 19229/265 del 31 maggio non è pubblicato.

nell'intimo dell'animo mio, di ammettere il buon fondamento di quelle incertezze e di quei dubbii. Scaturì dal convincimento mio che a mantenere ed a sviluppare l'influenza italiana in Abissinia, non bastassero gli accessi al Tigré, la via di Assab e quella che si cercava di avere nel sud verso Kaffa, la proposta che io feci, anteriore al protocollo di delimitazione del 24 marzo 1891, che si abbandonassero all'Inghilterra le ragioni nostre sul Giuba e sulla costa dei Benadir se questa avesse voluto cederci il paese di Berbera e Zeila. Altra volta proposi al Governo del re che si cedessero alla Francia i diritti che in teoria ci danno le capitolazioni a Tunisi, se questa voleva cedere a noi il suo stabilimento del golfo di Aden.

Ricordo queste cose perché desidererei che V. E. sapesse che nessuno è, più di me, convinto che senza un accesso diretto e sicuro allo Harar ed allo Scioa, la nostra posizione speciale in Etiopia non può esser mantenuta in modo serio ed efficace.

Ma quando io faceva la proposta sovra menzionata, né l'azione francese aveva preso lo sviluppo attuale nell'Harar e nello Scioa, né il Gabinetto di Londra aveva motivo di prevedere che ciò dovesse accadere in tempo così prossimo.

Ora le circostanze sono mutate e bisogna tenerne conto. Il mutamento, purtroppo non è in nostro favore.

L'aggiornamento del negoziato di delimitazione fu voluto da lord Salisbury, quando qui si avvicinava il momento delle elezioni generali. Non voleva allora il Gabinetto inglese dare motivo o pretesto alla Turchia di muovere osservazioni o presentare proteste le quali si connettessero con il grave affare della occupazione britannica in Egitto. Il Gabinetto succeduto a quello di lord Salisbury ereditò gli stessi scrupoli. Io mi debbo riferire al rapporto che ebbi l'onore d'indirizzare a

V.E. il 21 gennaio di quest'anno 4 per ricordare da quale punto di vista il Foreign Office considera la eventualità di una cessione all'Italia di un qualunque territorio che abbia appartenuto all'Egitto. Il Governo di Sua Maestà rammenta indubbiamente che, in seguito alla autorizzazione sua, io qui proposi e lord Rosebery accettò che la delimitazione avesse a risultare da una dichiarazione reciproca dell'Italia e dell'Inghilterra di non volere oltrepassare la linea che un preliminare concerto dei due Governi determinerebbe. Con questo procedimento si sarebbe escluso, almeno nella forma, che dall'Inghilterra si cedessero ad altri territorii sovra i quali preesistevano diritti dell'Egitto e conseguentemente della Porta ottomana, ed eliminata così la difficoltà di massima che aveva fatto sospendere da lord Salisbury il negoziato, ed avea lungamente tenuto titubante il suo successore a ripigliarlo, la questione si avviò verso lo studio preliminare della linea di demarcazione (rapporti 6 marzo, 6, 16, 21, 22 aprile) 5 .

Non possiamo dunque dimenticare sovra quale base lord Rosebery ha accettato la ripresa delle trattative e, se noi vorremmo introdurre nella prestabilita intesa circa il modus procedendi una variazione sostanziale, io temo che tutte le difficoltà, rimosse mediante questa intesa si riaffacceranno ed aggiungendosi esse alle altre che pure sono prevedibili ne risulterà una condizione di cose inestricabile.

Non ho aspettato le sollecitazioni di V.E. per insistere presso lord Rosebery acciocché il negoziato per la delimitazione della linea di delimitazione abbia seguito.

429 4 Cfr. n. 231. 5 Cfr. n. 359. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

327 Ne parlai a Sua Signoria quasi ogni volta che ebbi a visitarla, ed, ancora recentemente nella conversazione che ebbi al Foreign Office, il 14 di questo mese. Durante la presenza mia, egli chiamò il suo segretario, lo pregò di verificare a quale punto stavano le cose all'India Office e di riferirmene. Il giorno 16 ricevetti da quel funzionario il biglietto seguente: «Abbiamo appunto in questo momento saputo che nessuna nuova risposta è stata ricevuta circa la delimitazione dei somali, ma che un telegramma è stato mandato dall'India Office al Governo di Bombay».

Le informazioni che pervennero al r. ministero per altro tramite misero V.E. in grado di sapere che il dicastero britannico incaricato di esaminare la linea di demarcazione da noi domandata con il memoriale presentato in dicembre 18926 , proporrà talune variazioni le quali avrebbero per effetto di allontanare la zona d'influenza italiana dall'Barrar. Il R. Governo è venuto nella determinazione che, quando questa variazione di tracciato gli sarà proposta, il negoziato abbia a portarsi sovra una nuova base. Invece di insistere per l'adozione da parte dell'Inghilterra della linea indicata nel nostro memoriale l'E.V. si propone di chiedere a lord Rosebery la cessione all'Italia del territorio di Zeila, ossia della via che rivaleggia con quella di Gibuti per accedere all'Barrar. In compenso l'Italia cederebbe alla Gran Bretagna tutto il territorio compreso a nord dell'8° parallelo fra questo e il mare.

È mio stretto dovere di sottoporre all'illuminato giudizio del Governo di Sua Maestà le ragioni per le quali si deve prevedere un rifiuto dell'Inghilterra a siffatta nostra proposta.

Queste ragioni sono di due ordini: le une si connettono con le difficoltà d'ordine interno parlamentare le quali costringono il Gabinetto Gladstone ad evitare naturalmente qualunque cosa possa cagionare risveglio ed inasprimento nella questione dell'occupazione dei territorii egiziani, le altre nascono dal timore in cui presentemente è entrato il Governo della regina di veder sorgere sulla costa africana del golfo di Aden uno stabilimento od un protettorato francese di qualche importanza. Circa le prime di queste ragioni io scrissi lungamente e ripetutamente al r. ministero. Furono esse quelle che ritardarono la continuazione delle trattative di delimitazione. Esse s'imponevano al Gabinetto Salisbury, come s'impongono, e forse più ancora, al Gabinetto Gladstone. Per evitarle fu prestabilita, or sono pochi mesi, l'intesa relativa alla dichiarazione in forma negativa da farsi dai due Governi in guisa che dalla medesima abbia a risultare non una ricognizione degli altrui diritti territoriali, od una cessione di territorii, ma soltanto l'inibizione che ciascuno impone a se stesso di oltrepassare una determinata linea 7 . È di manifesta evidenza che questo modus procedendi, da noi proposto e dall'Inghilterra accettato, non può servire per la reciproca cessione dei protettorati nostri al sud di Berbera e del porto anglo-egiziano di Zeila. Bisogna dunque prevedere innanzi tutto che portando le trattative sovra una base completamente diversa noi ci ritroveremo in presenza di tutte le difficoltà preliminari che quell'intesa aveva eliminato. Comprendo bene che una intesa stabilita da qualche mese, possa essere abbandonata di comune accordo, quando le circostanze mutate consigliano di ciò fare. Ma io non vedo che per il Gabinetto di Londra vi siano in questo momento motivi che possano indurlo a seguirei sovra un diverso terreno.

429 6 Cfr. n. 204, allegati. 7 Cfr. n. 266.

Le notizie pervenute al Governo di Sua Maestà circa l'atteggiamento della Turchia nella vertenza egiziana, non sono tali da far supporre che il Gabinetto di Londra possa in questo momento dimostrarsi meno riguardoso di ciò che fu in passato per tutto quanto direttamente o indirettamente si connette colla vertenza stessa. Né la situazione che è fatta al signor Gladstone da una maggioranza vacillante fra un minimum di 20 ed un maximum di 40 voti, dalla ostruzione parlamentare e dalle divisioni che si producono nella deputazione irlandese, è oggi migliore di quella in cui si trovò lord Salisbury nel 1892, ed in cui era il Gabinetto attuale sei mesi or sono.

Per le questioni colle quali si collega la cessione di Zeila, ossia di un territorio che l'Egitto ha evacuato, che la Turchia fu invitata ad occupare e per il quale questa riceve annuo tributo dal Governo kediviale è cosa assai grave e che le condizioni generali presenti, certamente non favoriscono. Il R. Governo ha osservato argutamente che se il sultano nella delimitazione della Tripolitania cedesse alla Tunisia territorii sovra i quali la sua sovranità si estende, le Potenze potrebbero richiamarsi ai trattati esistenti per contestarle il diritto di fare tali atti di cessione. Mi guardai bene di mettere innanzi qui un simile ordine di idee precisamente perché mi pareva che l'argomento che se ne ritraeva si ritorcesse contro di noi in altre questioni di non minore importanza; ma mi par certo che l'Inghilterra a buon diritto potrebbe opporci la questione preliminare se noi le chiedessimo la cessione di Zeila.

Sicuramente ciò non farebbe il Governo inglese, se un interesse suo proprio sufficiente gli consigliasse altra via. Questo interesse io non vedo; né mi pare che le conversazioni seguite ad Aden bastino a farne supporre l'esistenza.

Lo sviluppo della posizione presa dai francesi nel golfo di Aden ha impensierito l'Inghilterra, principalmente dopo che l'azione francese nello Barrar e nello Scioa ha paralizzato la nostra. Non può essere nelle viste e negli interessi della Gran Bretagna che una colonia importante od un protettorato considerevole della Francia si stabilisca in quella contrada. La conseguenza logicamente prevedibile di questo stato di cose è che per parte dell'Inghilterra si escogiti tutto ciò che potrebbe rinforzarla nelle posizioni occupate a fianco della Francia e si respinga ogni cosa che quelle posizioni potesse realmente od anche soltanto apparentemente indebolire.

La relazione del colonnello Stace circa i territorii di Zeila e di Berbera, la prima che, circa quella regione, è presentata al Parlamento britannico mette in luce le condizioni di assoluta inferiorità della posizione territoriale presente dell'Inghilterra per rivaleggiare colla Francia posseditrice di Gibuti. Per supporre che il Governo inglese in questa sua sfavorevole condizione voglia immetterci nel possesso di Zeila, bisognerebbe ritenere che questo fosse nella convinzione che gli italiani a Zeila farebbero ciò che la Gran Bretagna non vorrebbe o non saprebbe fare. Conoscerebbe assai male il concetto che gl'inglesi hanno di loro stessi chi pensasse a questo modo. Ed anche prescindendo da ciò, non mi pare savio il supporre che il Governo di Londra voglia cedere Zeila all'Italia, pur sapendo che non saremmo noi certamente in grado di entrare in lotta di rivalità colla Francia, di far l'enorme spesa che è necessaria per mettere Zeila in condizioni uguali a quelle di Gibuti, di creare la facilità degli sbocchi che oggi non esiste, di contrastare vittoriosamente a tutti i vantaggi che la natura ha dato al porto posseduto dalla Francia. Se tutte queste cose si potessero fare agevolmente stando in Zeila l'Inghilterra le farebbe essa stessa e non cederebbe a noi l'onere ed il profitto dell'impresa. Il mio modo di vedere può essere errato; ma io dalle cose che osservo sono indotto a confermarmi nell'opinione da me già altra volta espressa a V.E. (rapporto 21 maggio 93) che cioè la facilità di ottenere dall'Inghilterra il riconoscimento delle nostre zone d'influenza è in ragione inversa del valore che essa può attribuire ai territori sovra i quali dovrebbe interdirsi la sua azione. Oggi che per tener testa alla influenza francese che penetra da Obok e da Gibuti l'attenzione dell'Inghilterra si è specialmente rivolta al suo possedimento africano del golfo di Aden, l'Italia è in condizioni ancor meno favorevoli delle passate per negoziare circa la sua delimitazione.

Ritengo che non appartenga a me di esaminare i motivi che potrebbero indurre il R. Governo a proporre all'Inghilterra di prendere una nuova base di trattativa e di procedere con l'Italia ad uno scambio di territorii africani. Ancor meno è nel compito mio il prendere in considerazione il valore vero che Zeila può avere, gli oneri che si dovrebbero incontrare per dare a quella posizione l'importanza che ora non ha, le difficoltà che dall'attrito diretto, immediato, colla Francia nascerebbero. Queste sono cose che eccedono il limite di quanto deve essere apprezzato dal rappresentante italiano in Londra, ma io ritengo parimente che il mio primo dovere sia quello di avvisare il Governo di Sua Maestà degli ostacoli che potrebbero sorgere qui sulla via che egli vorrebbe seguire. Pare a me che nella condizione presente dei rapporti dell'Italia con l'Inghilterra, e forse ancor più nella opinione che di essi hanno i Governi nostri alleati, stia per noi un elemento non spregevole di forza che sostiene la nostra posizione, non solamente di fronte a Governi a noi poco amici, ma anche nei rapporti nostri con gli altri. Questa forza subirebbe un grave scacco quando si dovesse incontrare un rifiuto assoluto dell'Inghilterra in cosa da noi ritenuta di molta importanza.

E siccome io di tale rifiuto, per le ragioni sovra esposte, debbo sottoporre a

V.E. la previsione, così io debbo pure aspettare che, dopo di avere preso in considerazione le ragioni stesse, il Governo del re mi faccia conoscere le sue deliberazioni 8 .

429 1 La data di arrivo manca poiché il documento è tratto dal fondo ambasciata a Londra.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

D. 22926/512. Roma, 21 giugno 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare V.E. del suo rapporto n. 1219/522 in data del 15 corrente1• Prendo atto con compiacimento della decisione del Governo francese, di non rispondere alla lettera di re Menelik, come pure del buon volere dimostratoci dal signor Develle in occasione dell'incidente del signor Chefneux. Certo però, a troncare qualunque commento ed a premunire nel comune interesse i due Governi da ogni malinteso, gioverebbero soprattutto fatti concreti e palesi, come senza dubbio potrebbe essere un accordo circa le rispettive sfere d'influenza nel Mar Rosso e nel golfo d'Aden.

429 8 Per la risposta cfr. n. 444. 430 1 Non pubblicato, ma cfr. n. 425.

431

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 22 giugno 1893, ore 23,50.

L'empereur Guillaume avait, depuis son séjour à Naples, invité notre prince royal aux grandes manoeuvres d'automne. Le comte de Solms renouvelle, maintenant, l'invitation en voie officielle. Un tableau annexé à sa note indique que les grandes manoeuvres s'ouvriront le 2 septembre en Lorraine et qu'il y aura, le 3, un service religieux à Metz. La seconde période se déroulera, depuis le 9, en Bade et Wurttemberg. Devant prendre les ordres de Sa Majesté sur la réponse à faire, je désire avoir, d'abord et d'urgence, avec V.E. un échange personnel d'idées. Il y a lieu, avant tout, de remarquer que les manoeuvres allemandes co1ncideront à peu près avec les nòtres, auxquelles le prince royal devrait prendre part avec sa brigade. Ceci, bien entendu, ne serait pas un empèchement pour accepter l'invitation de l'empereur, mais ce serait une circonstance à utiliser dans le cas où l'on se trouverait d'accord à reconnaìtre que l'exécution du projet comporte des ménagements spéciaux. Le point à résoudre, et sur lequel j'appelle d'une manière toute particulière v otre attention, est celui-ci. Peut-il convenir à l'Italie, à l' Allemagne, au groupe allié, que la présence du prince royal d'Italie à des grandes manoeuvres ayant pour terrain le théatre des revers français de 1870 et donnant probablement à l'empereur l' occasion de prononcer des discours commémoratifs, excite chez nos voisins un sentiment d'irritation pouvant irréparablement compromettre les efforts pacifiques de la Triple Alliance? J'ai lieu de penser que, si la décision du roi devait s'inspirer de cette préoccupation, Sa Majesté n'hésiterait pas à s'en ouvrir avec l'empereur avec la confiante et fraternelle franchise qui caractérise leurs rapports mutuels. Mais, pour le moment, je me bome expressément à demander là-dessus votre avis, à savoir quelle serait, d'après votre jugement, l'impression intime de l'empereur si le roi motivait, avec de pareilles considérations, la proposition d'un plan selon lequel le prince royal, retenu d'abord en Italie par ses devoirs militaires, ne suivrait en Allemagne que les grandes manoeuvres de la seconde période. V.E. doit sur ce point me répondre en pleine conscience et sincérité, mais le plus tòt que possible. Je désire, en outre, vous interroger, également d'urgence, sur les deux points suivants qui auront une influence évidente sur les décisions de Sa Majesté: l) L'attaché militaire français assistera-t-il à la première période des manoeuvres allemandes? 2) Croyez-vous que le prince Henri de Prusse accepterait une invitation du roi pour les manoeuvres navales qui auront lieu chez nous en aoiìt prochain? V.E. comprend que l'intervention de n otre prince aux manoeuvres allemandes en Alsace-Lorraine se trouverait notablement atténuée par la présence simultanée de l'attaché militaire français et par la participation du frère de l'empereur à nos propres manoeuvres navales. Veuillez, en me répondant, employer ce mème chiffre sans mettre au télégramme mon adresse personnelle 1•

431 1 Per la risposta cfr. n. 433.

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 24 giugno 1893. ore 17,30.

Già da alcuni giorni i giornali francesi hanno pubblicato la notizia che alle prossime manovre tedesche in Alsazia Lorena assisterà, invitato dall'imperatore, il principe di Napoli. Non mi pare che la notizia abbia suscitato notevoli commenti. Desidero conoscere il pensiero di lei circa l'eventuale verificarsi di tal fatto 1 .

433

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. BRIN

T. S.N. Berlino, 25 giugno 1893, ore 6.

J'ai intime conviction qu'il ne soit pas convenable autrement que par un échange tout à fait personnel d'idées entre le roi et l'empereur, de toucher la question des conséquences que pourrait avoir la présence de Son Altesse Royale aux grandes manoeuvres en Alsace-Lorraine 1• Ici, naturellement, o n n'admet pas de distinction entre l'un ou l'autre territoire légalement impérial, comme nous n'admettrions pas une distinction entre la province romaine et !es autres. Toute discussion sur ce sujet pourrait amener des doutes sur nos sentiments envers l'esprit du traité conclu. Ceci posé, je crois inadmissible l'exécution d'un pian qui porterait à faire assister le prince royal aux grandes manoeuvres en Bade et Wiirttemberg et non aux manoeuvres en Alsace. Si ce pian serait interprété favorablement en France, il soulèverait discussion et mécontentement en Allemagne. Je suis d'avis qu'il serait préférable que le prince n'assiste ni aux unes ni aux autres manoeuvres 2 . Mais, pour faire cela, il faudrait, je le répète, que S.M. le Roi s'en ouvre directement, et en manière tout à fait privée avec I'empereur ou bien avoir prète une excuse qui ne laisse aucun marge à interprétation douteuse. Si le prince est occupé aux manoeuvres du 2 au 16, cela peut ètre une excuse plausible, étant nature! que Son Altesse Royale ne désire pas et que le roi ne veuille pas le Iaisser quitter sa brigade dans cette occasion importante et dans une importante période d'instruction, la première année de son commandement. Si te! n'est pas le cas je crois moindre inconvénient accepter l'invitation sans restriction, d'autant plus que cette acceptation en principe a déjà eu lieu à Naples, quitte à

2 Il 23 giugno, essendo Lanza fuori sede, Dalla Valle aveva telegrafato: «Je laisse à l'ambassadeur le soin de répondre, à son retour ici, aux différentes questions posées par V.E. Cependant s'il m'était permis de dire ma pensée, je serais d'avis que le prince de Naples s'abstienne, sous un prétexte quelconque, de prendre part aux grandes manoeuvres qu'auront lieu en Alsace-Lorraine. Surtout on doit pas oublier l'attitude de la presse française, en 1889, à la seule crainte de voir le roi accompagner l'empereur à Strasbourg, lors de son retour de Berlin en Italie».

trouver, dans les deux mois qui nous séparent des manoeuvres, le moyen ou de renoncer à la venue du prince, ou d'atténuer l'impression en France. En aucun cas, excepté entre le roi et l'empereur, mettre en avant les susceptibilités françaises qu'ici on pourrait interprèter comme affaiblissement du sentiment italien envers l'alliance de l'Allemagne. J'ai lieu de croire que l'attaché militaire français n'assistera pas à la première période des manoeuvres allemandes, comme il avait déjà décidé l'année dernière, le Gouvernement français ayant admis le principe de ne pas laisser voir l'uniforme français dans les provinces cédées. Quant à l'invitation du prince Henri à notre manoeuvre navale, j'ignore si elle pourrait ètre acceptée, vu les occupations du prince. Elle serait certes agréable à l'empereur, mais elle ne pourrait certainement pas atténuer l'effet de la présence de notre prince royal en Alsace, si cet effet n'était pas favorable en France, comme il est naturel de supposer.

432 l Per la risposta cfr. n. 434. 433 l Cfr. n. 431.

434

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Parigi, 25 giugno 1893, ore 13,30.

La presenza del principe di Napoli alle manovre in Alsazia Lorena 1 susciterebbe qui indubbiamente nuova tempesta di recriminazioni e sarebbe commentata come ritorno ad una politica di provocazioni. Malgrado l'apparente pacificazione, gli animi francesi sarebbero esacerbati da una simile affermazione della nostra alleanza su quel terreno che è sempre la loro corda sensibile, mentre, a poco a poco, nella speranza di ricondurci abilmente a sé, la Francia diventò meno intransigente. Non crederei savia politica irritarla con un atto che diventerebbe pretesto per nuove ingiurie e del quale non vedrei, d'altronde, alcun vantaggio pratico.

435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 26 giugno 1893, ore 0,30.

l'ai soumis à Sa Majesté v otre télégramme 1 . Un point do i t, dès maintenant, ètre considéré comme étant tout-à-fait acquis. L'invitation pour les grandes manoeuvres a été acceptée à Naples, et cette acceptation, pour ce qui concerne le roi et le prince de Naples, est maintenue. La circonstance tout dernièrement apprise que la première période des grandes manoeuvres aura pour théatre l'Alsace Lorraine, n'est certainement pas de nature à modifier les décisions de Sa Majesté et de

Son Altesse Royale. Je désire que V.E. soit, à cet égard, aussi affirmatif que possible. Ceci posé, je vous prie d'appeler amicalement et franchement l'attention du chancelier sur l'effet que la présence de notre prince royal à Metz pour prendre part aux grandes manoeuvres allemandes pourra produire en France. Nous n'avons, quant à nous, aucun motif particulier de ménager !es susceptibilités françaises. Mais il est à prévoir que la présence de notre prince sur la frontière française pourra donner à la France le prétexte d'envisager et de dénoncer un fait aussi norma! qu'une manoeuvre militaire de l'Allemagne sur son propre territoire comme ayant un caractère de provocation qui est également étranger à nos intentions et au but de l'alliance. Les informations que Ressman nous envoie 2 ne nous laissent aucun doute, à cet égard. Considérée sous cet aspect, l'intervention de notre prince aux grandes manoeuvres allemandes implique une question de responsabilité politique que nous sommes tout disposés à partager avec le Gouvernement allemand, mais qui mérite, de la part des deux Cabinets, un examen sérieux. Te! est le langage qu'après en avoir conféré avec le roi, je vous prie de tenir au comte Caprivi. Le chancelier, qui connaìt nos sentiments, est mieux que personne en mesure d'apprécier et de faire apprécier en haut lieu un scrupule où il n'y a, de notre part, rien d'égolste, et qui cesserait d'exister dès le moment où la situation ne paraìtrait pas, à Berlin, comporter de pareilles préoccupations. V.E. doit saisir l'occasion pour faire part dès maintenant au chancelier de l'intention, que Sa Majesté aurait d'inviter le prince Henri à nos manoeuvres navales qui seront commandées par S.A.R. le due de Gènes. Celles-ci devant se tenir dans une période assez large, en aout et en septembre, Sa Majesté espère que rien n'empèchera l'acceptation d'une invitation qu'elle se réserve d'adresser aussitòt qu'on aura la certitude qu'elle cadre avec la volonté de l'empereur et qu'on connaìtra, quant à l'époque, !es convenances du prince 3 .

434 l Risponde al n. 432. 435 l Cfr. n. 433.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 26 giugno 1893, ore l.

En vue des tiraillements actuels entre Bismarck et l'empereur, ainsi qu'entre l'ancien et le nouveau chancelier, je n'ai pas voulu mentionner, dans le télégramme que je viens de vous adresser 1 , le précédent de Strasbourg en 18892• Tout était alors prèt, et mème en voie d'exécution, mais le prince de Bismarck, tenant compte de l'explosion de colère que la simple annonce du fait avait déterminée dans l'opinion publique en France, a su amener le jeune souverain à renoncer au projet. V.E. connaissant le terrain sur !eque) elle doit marcher peut juger si et dans quelle mesure il y a lieu de rappeler ce précédent qui offre assez d'analogie avec le cas actuel.

3 Per la risposta cfr. n. 439. 436 l Cfr. n. 435.

2 Cfr. serie II, vol. XXII, nn. 589, 590, 591.

435 2 Cfr. n. 434.

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 26 giugno 1893, ore 20.

Mon collègue de la marine désire 1 que V.E. sache que l'attaché naval, le capitaine Volpe, actuellement à Vienne, est chargé de sonder le terrain auprès du Département impérial et royal de la marine en vue d'une coopération éventuelle des deux flottes alliées.

438

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma. 26 giugno 1893, ore 20, 15.

Un point sur lequel l'attention du chancelier devrait ètre particulièrement appelée, c'est que la mauvaise humeur de la France se manifesterait très probablement envers nous par quelque incident spécial qui nous obligerait nécessairement à modifier l'attitude conciliante qu'on ne cesse, de Berlin, de nous recommander. Ce changement d'attitude pouvant avoir des conséquences graves pour les deux Puissances alliées, une pareille éventualité devrait ètre nettement envisagée dans vos pourparlers avec Caprivi.

439

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Berlino, 27 giugno 1893, ore 17,59.

Le chancelier étant exclusivement occupé, aujourd'hui, pour les élections, et le baron de Marschall étant de retour, je viens d'avoir avec celui-ci une longue conversation sur la question de la présence du prince de Naples aux grandes manoeuvres allemandes. Je n'ai pas manqué de poser la question dans les termes indiqués dans votre premier télégramme d'hier 1 et j'ai fait valoir les arguments si sagement développés par V.E. Le baron de Marschall s'est réservé d'examiner la délicate question avec le chancelier et me fera connaìtre l'avis du Gouvernement

impérial. Personnellement il apprécie la délicatesse du Gouvernement du roi. Sans qu'il me l'ait déclaré, j'ai compris qu'il est lui-meme d'avis qu'il aurait mieux valu que l'invitation n'eùt pas été faite. Mais, faite et acceptée, comme elle a été annoncée ici par l'empereur mème, au point que !es ordres sont déjà donnés en conséquence, et connus certes en France aussi, il craint que la renonciation ne donne lieu à des commentaires pires que le fait en lui-meme. De toute manière, la question sera mùrement examinée. J'aurai l'occasion d'en reparler et je m'empresserai d'en informer V.E. 2 . '

437 l L. del 24 giugno, non pubblicata. 439 l Cfr. n. 435.

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE A GERUSALEMME, MINA

D. 23727/36. Roma, 27 giugno 1893.

Col suo rapporto del 15 corrente n. 124/421 la S. V. si è affrettata a soddisfare il desiderio da me precedentemente manifestatole di avere speciali informazioni sulle odierne condizioni della Chiesa in Palestina e sugli attacchi ai quali è fatto segno codesto clero italiano.

Dall'esame della situazione ella è tratta a conchiudere che la guerra mossa al nostro clero in Terra Santa debba anzi che nuocere piuttosto giovare agli interessi nostri in codesti Paesi, come quella che determina da parte dei religiosi italiani una salutare reazione che va ogni giorno più accentuandosi.

Le son grato in particolar modo delle opportune considerazioni da lei svolte sul tema propostole assicurandola che mi giungeranno sempre egualmente gradite quelle maggiori informazioni che sull'interessante e delicato argomento ella fosse in grado di favorirmi.

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 28 giugno 1893, ore 13,20.

Je vois avec plaisir que vous avez apprécié et fait apprécier par le secrétaire d'Etat 1 !es arguments développés dans mes télégrammes 2 . J'espère que les conseils de la sagesse prévaudront chez l'empereur. En y contribuant vous aurez rendu un grand service aux deux Pays.

440 l Cfr. n. 426. 441 l Cfr. n. 439.

2 Cfr. nn. 435, 436 e 438.

439 2 Cfr. n. 442. Per la risposta di Brin cfr. n. 441.

442

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Berlino, 28 giugno 1893, ore 16,16.

Je viens de parler avec le chancelier. Il remercie V.E. de lui avoir fait part de ses préoccupations 1 . Il admet que la presse française pourra faire des commentaires désagréables, mais il ne croit pas que le prince de Naples parsa présence aux manoeuvres en Alsace puisse aigrir davantage !es relations entre le Gouvernement français et le Gouvernement italien. Il est d'avis, au contraire, que la France se persuadera de la solidité de l'alliance, et cela contribuera à tenir éloigné le danger de la guerre. Du reste, au point où en sont les choses, la renonciation à la venue du prince royal, de quelque manière qu'on l'explique, laisserait une impression pénible sur l'empereur, et cette impression ne s'effacerait jamais plus. Le chancelier, qui, m'a-t-il ajouté, connait bien son souverain, est si persuadé de tout ceci, qu'il croit convenable de ne pas parlerà Sa Majesté des préoccupations de V.E. et m'a prié qu'il ne lui soit, d'aucune manière, fait mention, ni de ma part, ni de Rome. Quant à l'invitation du prince Henri aux manoeuvres navales italiennes, il ne doute pas qu'elle sera fort agréable et acceptée, ne fùt-ce que pour peu de jours. Mais sur cela le chancelier me parlera encore plus tard après avoir sondé le terrain après le retour de Sa Majesté de Kiel 2 .

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 29 giugno 1893, ore 20,10.

J'ai soumis au roi votre télégramme d'hier 1• Nous en tiendrons naturellement au conseil du chancelier. L'affaire suivra maintenant son cours régulier.

444

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 24298/320. Roma, l° luglio 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare V.E. per i suoi rapporti nn. 538/334 e 546/336 in data del 20 u.s. 1 .

2 ln seguito all'accettazione di massima del principe Enrico, Lanza fu incaricato con T. 1645 del 16 luglio, non pubblicato, di annunziare ufticialmente l'invito che fu inviato dal re all'imperatore il 23 luglio (T. 1707, non pubblicato). 443 1 Cfr. n. 442. 444 1 Cfr. n. 429; il R. 538/334 non è pubblicato.

Apprezzo grandemente le considerazioni svolte rispetto a Zeila. E per questo appunto desidero meglio chiarirle, in proposito, il mio pensiero.

Non fu mai animo mio di risollevare la questione di Zeila. Bensì due circostanze hanno potuto farci credere che la questione di Zeila avrebbe dovuto naturalmente, e quasi spontaneamente, affacciarsi in occasione delle trattative per la delimitazione delle rispettive zone di influenza nella Somalia settentrionale.

Le due circostanze di fatto a cui alludo sono ben note a V.E. L'una di esse è la conversazione avuta dal colonnello Stace col console Cecchi 2 , e da me già a suo tempo riferitale, nel corso della quale il residente britannico dichiarò esplicitamente che l'Inghilterra non teneva affatto al possesso di Zeila, e ci consigliava di domandarne la cessione. L'altra circostanza consiste nell'accenno fatto all'E.V. da sir Ph. Currie, che, cioè, anzichè chiudere da ogni lato l'Abissinia, dovevamo aprirle gli sbocchi del mare 3 ; il quale accenno non avrebbe manifestamente significato alcuno se non implicasse in certa guisa il consiglio, per l'Italia, di mettersi essa stessa in grado di potere offrire allo Scioa uno sbocco sul mare, nè, allo stato delle cose, altro sbocco di tal fatta si può concepire tranne appunto Zeila.

Ed ora altro sintomo nella stessa direzione potrebbe ravvisarsi nella pubblicazione del Blue Book inviatomi da V.E. e relativo al protettorato della costa Somali, e nella poca importanza che in termini molto accentuati si dà al porto di Zeila.

Ad ogni modo non è certo la mia intenzione di riaprire senz'altro un negoziato per Zeila e tanto meno di esporci ad un rifiuto da parte dell'Inghilterra. Bensì è stata contemplata l'eventuale cessione di quel porto e dei territori degli Issa e dei Gadabursi come compenso per l'estensione fino all'So parallelo dell'hinterland della costa somala protetta dall'Inghilterra e della cessione da parte nostra della penisola del Guardafui, con l'intelligenza che, sembrandole propizie le disposizioni, un siffatto accomodamento dovesse suggerirsi da V.E. quando dovremo pronunciarci sulla controproposta inglese per la delimitazione annunziataci già da qualche tempo, e che speriamo prossima. E poichè, nel frattempo, coll'esperienza e col tatto suo abituale, ella avrà modo di scandagliare opportunamente il terreno, così il timore di una intempestiva nostra iniziativa, con effetti non favorevoli per gli amichevoli rapporti tra i due Governi deve reputarsi affatto escluso dalle ragionevoli previsioni.

442 l Cfr. n. 435.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI 1

D. 24451/7. Roma, 2 luglio 1893.

Mi pregio di trasmettere a V.S. perché voglia consegnarle a re Menelik, le risposte della regina Vittoria e dell'imperatore Guglielmo alla sua lettera circolare del 27 febbraio u.s. 2• Le unisco anche le traduzioni affinché la S.V. sia informata

3 Cfr. n. 390. 445 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 421-422.

2 lvi, p. 361 è ed. la lettera a Gugliemo II.

del contegno che l'Inghilterra e la Germania intendono seguire relativamente alla pretesa denuncia del Trattato di Uccialli. La Germania ha dato inoltre istruzione al suo consolato di Aden di non ricevere per l'avvenire le comunicazioni del sovrano abissino e di dichiarare che il Governo imperiale non le accetta per altro tramite che non sia quello del Governo italiano.

L'imperatore d'Austria non ha ancora ricevuto la circolare del negus. Qualora gli pervenga, il Gabinetto di Vienna ci ha già informato che vi sarà data risposta analoga a quelle della Germania e dell'Inghilterra.

Il Governo francese ha dichiarato d'aver ricevuto la lettera di Menelik: ha deciso però di non darvi risposta. Dalle informazioni che il r. ambasciatore in Russia ha raccolto, non consta che la lettera di Menelik sia pervenuta allo czar.

È chiaro adunque che nessuna delle Potenze dà ragione alle pretese di Menelik e parecchie invece espressamente gli danno torto. È sperabile che il sovrano etiopico intenda il valore di questo fatto. A lei spetta di fargliene comprendere tutta l'importanza.

In quanto ci concerne le nostre intenzioni sono sempre le stesse. Non possiamo e non vogliamo ammettere la denuncia del trattato, ma siamo sempre disposti a negoziare per amichevoli modificazioni di mutua convenienza, giusta le istruzioni che già vennero impartite alla S.V. Aspettiamo da lei notizia dei risultati delle sue trattative e naturalmente il nostro atteggiamento dipenderà da quello che sarà preso da Menelik.

Frattanto S.M. il Re d'Italia non risponde alla lettera del 27 febbraio 3 . E non risponde sia perché la sua risposta sarebbe superflua dopo la lettera reale dell'li agosto 1892, consegnata alla S.V. 4 , alla quale non è stato dato ancora alcun riscontro dal negus; sia perché re Menelik già sembra pentito dell'invio della sua circolare, come la S.V. me ne ha informato col rapporto del 30 marzo u.s. n. 835 . S.M. il Re non risponde, poi, soprattutto perché certe frasi contenute nella lettera del 27 febbraio hanno naturalmente prodotto sfavorevole impressione sull'animo del nostro sovrano ed è necessario che tale impressione venga corretta da Menelik col mezzo d'un nuovo messaggio se desidera che possa continuare il suo carteggio col re d'Italia, e rinnovare i suoi buoni rapporti con noi, essendo questa una condizione essenziale per arrivare a tale risultato.

444 2 Cfr. n. 337.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI1

D. CONFIDENZIALE 24452/8. Roma, 2 luglio 1893.

Facendo seguito all'altro mio dispaccio di quest'oggi 2 , desidero spiegarle nettamente la situazione politica dell'Italia rispetto all'Etiopia, affinché ella procuri di farla opportunamente e chiaramente intendere a re Menelik.

445 3 Cfr. n. 330, allegato.

4 Cfr. n. 38, nota 4.

5 Ed. in L'Italia in Afi'ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 379-380.

446 I lvi, pp. 422-424. 2 Cfr. n. 445.

La questione, ravvisata dal lato europeo, può considerarsi risoluta, nel concreto, in nostro favore. L'Inghilterra è apertamente favorevole alla nostra politica; la Russia, almeno per ora, rimane inerte; gli altri Governi sono del tutto indifferenti. Solo per la Francia manca una definitiva soluzione.

Colla Francia noi siamo disposti a trattare per una delimitazione che valga a rimuovere qualunque ragione di dissidio: ma non possiamo obbligarla a venire ad un accordo, né vogliamo certamente sacrificare per cotesta faccenda interessi di maggiore momento. Tale essendo la situazione, la S.V. non dovrebbe avere grande difficoltà a convincere re Menelik che le oscillazioni della sua politica finiranno per nuocergli e per nuocergli gravemente. La Francia, o per dir meglio, gli agenti francesi più o meno autorizzati possono dargli lusinghe e promettergli vantaggi, mentre dal canto suo il Governo di Parigi non vuole compromettersi e va sino al punto (è bene che questo si sappia da Menelik) di dichiarare èsplicitamente che non riconosce il suo dominio sopra l'Barar. All'infuori dei maneggi non ufficiali dei signori Ilg, Chefneux e compagni, intrighi che hanno politicamente ben poco valore, nulla può fare la Francia per Menelik, né in bene né in male. Vi fanno ostacolo le stesse condizioni di fatto in cui si trova l'Etiopia, e la posizione geografica dei possedimenti francesi.

Ben diversa è la cosa in quanto concerne i rapporti fra l'Italia e l'Etiopia. Dopo che gli avvenimenti ci hanno tratto a Massaua ed indi condotto sull'altipiano, la politica e l'avvenire dell'Etiopia sono indissolubilmente connessi coll'atteggiamento che questa vorrà tenere verso l'Italia. Se le sue disposizioni verso di noi sono altrettanto amichevoli quanto lo sono quelle che ci animano a suo riguardo, essa avrà, mercé l'influenza dell'Italia sul Tigré, pace ed integrità dalla parte del nord. Ma se, contrariamente al vivo nostro desiderio, Menelik ci mettesse nella condizione di dover fare astrazione dalla sua amicizia, che pur ci sta a cuore, noi ci troveremmo nella necessità di prender consiglio soltanto dai nostri diretti ed immediati interessi. Quali e quanto gravi conseguenze potrebbero derivarne per Menelik non è mestieri di chiarire. Ma su questo punto conviene che la S.V. sia ben recisa e non lasci a Menelik alcuna illusione.

Tra le eventualità che ci indurrebbero senz'altro a prendere risolutamente posizione nel senso sopra indicato vi sarebbe, senza dubbio, quella già accennata come probabile dai giornali di Parigi, che Menelik, contrariamente all'art. 17 ed anche allo spirito di quell'altro patto modificato che si mostrò disposto ad accettare nel comune interesse, lasciasse accreditare direttamente sia presso di lui sia presso qualche suo governatore, agenti ufficiali francesi; tali agenti non potrebbero essere accreditati che presso il residente italiano 3 . Una simile condiscendenza da parte di Menelik condurrebbe necessariamente ad immediata rottura. Anche su questo punto deve essere esplicito il linguaggio di lei.

Queste sono le avvertenze, questi i criteri che la S.V. deve mettere sott'occhio a re Menelik per indurlo a prendere verso di noi quell'atteggiamento che solo gli conviene e che noi siamo disposti a ricambiare con pari cordialità. Giacché, mi preme di ripeterlo, noi desideriamo sinceramente un accordo. In caso diverso non potremo esimerci dal prendere le mutate circostanze come norma della nostra azione eventuale. Intanto, non potendo questo stato d'incertezza indefinitamente protrarsi, noi dobbiamo insistere acciocché Menelik ci presenti prontamente le sue proposte.

446 3 Il sospetto che la Francia volesse accreditare dei consoli in Etiopia era stato formulato da Brin con D. 23474/526 del 24 giugno, diretto all'ambasciata a Parigi. Con R. 1333/577 del 28 giugno Ressman lo aveva giudicato infondato.

447

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1506. Costantinopoli, 3 luglio 1893, ore 16 (per. ore 16,15).

Gran vizir mi ha detto che il rapporto dei commissari ottomani per la delimitazione della frontiera tripolitana è ora sottoposto al Consiglio dei ministri, che non ha presa ancora deliberazione, e mi ha assicurato nuovamente che la Sublime Porta manterrà fermamente i suoi diritti. Ministro affari esteri ha detto all'incaricato d'affari britannico che, dopo aver ottenuto dal ministro della guerra gli schiarimenti necessari sull'argomento, ne conferirà ufficiosamente con l'ambasciatore di Francia, rinnovando dichiarazioni a me fatte dal gran vizir, circa intenzioni dalla Sublime Porta1•

448

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1508. Costantinopoli, 3 luglio 1893, ore 16,48 (per. ore 17,30).

Nello stato attuale della questione delimitazione frontiera Tripolitania riferita nel precedente telegramma 1 , prima di consigliare alla Sublime Porta di comunicare alle Potenze le conclusioni del negoziato tecnico, che essa non considera ancora esaurito, sarebbe il caso di far pervenire direttamente al sultano consiglio di non accettare soluzioni contrarie al suo diritto. Per questo scopo, Germania è, a mia conoscenza, Potenza la più adatta ad esprimere consiglio in questo senso al sultano. Ambasciatore di Germania, il quale sta per partire congedo, è disposto di far questo passo purchè riceva istruzioni in proposito dal suo Governo. Considero la cosa opportuna e la sottometto all'E.V., perchè ottenga dal Governo imperiale che siano tosto trasmesse istruzioni in questo senso al principe di Radolin 2 .

2 Questo telegramma fu trasmesso a Lanza con T. 1356 del 4 luglio con la seguente istruzione: «Il suggerimento dell'ambasciatore mi sembra opportuno. Prego V.E. di intrattenerne il segretario di Stato acciocchè, se consente, come speriamo, possa tosto impartire al principe di Radolin le occorrenti istruzioni». Per la risposta di Lanza cfr. n. 449.

447 l Questo telegramma fu comunicato alle altre ambasciate con T. 1352, pari data. 448 l Cfr. n. 447.

449

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1523. Berlino, 5 luglio 1893, ore 15 (per. ore 15,20).

Il ministro degli affari esteri col quale ieri ho parlato circa questione della delimitazione confini Tripolitania, accogliendo di buon grado mia domanda, promise dare istruzioni principe Radolin nel senso del telegramma di V.E. 1 in data ieri 2 .

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1375. Roma, 6 luglio 1893, ore 13,40.

Un giornale di Berlino annuncia che oltre al principe di Napoli anche un arciduca austriaco assisterà alle grandi manovre tedesche. Prego verificare e telegrafare se esatta questa notizia di cui grandemente ci compiaceremmo1 .

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 25412/361. Roma, 8 luglio 1893.

Mi giova chiamare, in modo speciale, l'attenzione dell'E.V. sul qui accluso rapporto (in data del 25 giugno p. p.) del r. ministro a Tangeri 1 .

Come l'E.V. rileverà, il cav. Gentile, nell'ultima parte di una sua lettera, diretta al r. ministro, e che questi mi comunica, accenna all'impressione da lui avuta nei suoi colloqui cogli alti funzionari del Makhzen, secondo la quale S.M. Sceriffiana non ravviserebbe, per quanto concerne la questione del Marocco, costante uniformità di politica fra le Potenze appartenenti alla Triplice Alleanza.

Il comm. Cantagalli togliendo da ciò occasione, e accennato al fatto che il ministro d'Austria-Ungheria non è sempre in grado, nè ha troppo diretto interesse di prendere, per parte sua, personale iniziativa o spiccato atteggiamento, svolge alcune considerazioni in ordine specialmente all'azione della Germania nel Marocco.

2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Costantinopoli con T. 1368, pari data. 450 1 Per la risposta cfr. n. 458. La richiesta era stata ripetuta con T. 1625 del 13 luglio. 451 1 R. riservatissimo 602/167, non pubblicato.

Per parte mia, di buon grado riconosco che nell'interesse dell'integrità dell'Impero sceriffiano e allo scopo di preservare il sultano dal cedere ad influenze avverse al gruppo delle Potenze alleate, l'opera del conte di Tattenbach è, ad un tempo, provvida e sagace.

Ad eliminare, però, i dubbi che sembrano esser sorti nell'animo di S.M. Sceriffiana, gioverebbe che il ministro germanico ricevesse istruzione di non perdere di vista l'eventuale pericolo che ci è additato, e l'opportunità che il sultano abbia, invece, in ogni occasione, a constatare che, anche nelle cose del Marocco, le Potenze alleate sono in tutto concordi; e ciò, anche quando l'azione dell'una o dell'altra fra esse possa, in una data circostanza, essere, per avventura, di varia misura ed intensità, a seconda della maggiore o minore importanza dei rispettivi interessi, per quanto riguarda argomenti o vertenze d'indole particolare.

E l'azione che in questo senso sarà per esplicare il conte di Tattenbach, con quei mezzi che, nella particolare e sperimentata abilità sua, gli parranno più opportuni ed acconci, sarà così diretta a mantenere il sultano in un esatto e corretto apprezzamento del vero stato delle cose; giacchè, nel fatto, il gruppo delle Potenze centrali sta appunto per la politica di conservazione del Marocco; politica nella quale si trovano parimenti concordi, per parte loro, le tre Potenze più direttamente interessate nelle cose dell'Impero sceriffiano.

Sarò, quindi, grato all'E.V. se vorrà nei suoi colloqui col cancelliere e col segretario di Stato insinuare il concetto che forse non sarebbe inopportuno l'invio al conte di Tattenbach di istruzioni confidenziali nel senso ora da me accennato 2 .

449 1 Cfr. n. 448, nota 2.

452

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 603/378. Londra, 9 luglio 1893 (per. il 29).

Con telegramma del 3 corrente', V.E. mi ha significato le risposte date dal gran vizir al r. ambasciatore a Costantinopoli e dal ministro degli affari esteri ottomano all'incaricato d'affari d'Inghilterra circa l'esame che colà si stava facendo della delimitazione della Tripolitania verso Tunisi proposta dai commissari della Turchia. Risultava da quelle risposte che il Governo del sultano era intenzionato di mantenere ferme le sue ragioni territoriali. Avrebbe tuttavia il ministro degli

affari esteri espresso l'intenzione di avere sovra questo affare delle officiose conferenze con l'ambasciatore francese.

L'ultima volta che io ebbi occasione di conversare con lord Rosebery di questo interesse2 , mi sono avveduto che non conveniva a me di spiegare a questo riguardo un'azione troppo insistente. Il punto di vista dal quale Sua Signoria si mette, quando si tratta di cose che interessano la Francia, è costantemente quello di evitare qualunque apparenza di voler contestare a quest'ultima il passo dove un interesse britannico ben chiaro e palese non suggerisca di fare altrimenti. Epperò questo principale segretario di Stato di S.M. la Regina sembrava desideroso di sapere quale interesse tecnico militare o di viabilità commerciale spingeva l'Italia ad annettere tanta importanza al tracciato della frontiera tripolo-tunisina. Egli non era ben informato della importanza tecnica della linea proposta dai commissari ottomani in confronto dell'altra voluta dai franco-tunisini. Se si fosse trattato soltanto d'interessi limitati alle tribù finitime dei due Paesi, egli sarebbe stato indotto ad opinare che il maggiore vantaggio che si poteva desiderare era che una delimitazione si facesse, mentre assai più pericolosa appariva la situazione se, in conseguenza delle resistenze dell'una o dell'altra delle parti interessate, il confine avesse dovuto rimanere indeterminato e contestato.

Non mi pare che in massima si potrebbe trovare una facile replica a siffatto modo di vedere in questa questione. Ciò che maggiormente può interessare anche l'Italia è che una frontiera sia stabilita e rispettata. Gli sconfinamenti sono tanto più facili dove non esiste una delimitazione precisa e recente. Che il territorio di Tripoli sia di qualche diecina di miglia più vasto o più ristretto, può sembrare cosa di non gran momento se in quella zona di territorio la Tripolitania non viene a perdere posizioni strategiche o linee commerciali di qualche valore. Siccome lord Rosebery non conosce finora che. nella questione della delimitazione ora in esame a Costantinopoli, interessi di tale categoria siano in giuoco, io suppongo che la sua azione presso la Porta ottomana non si spiegherà oltre quel limite che esclude la supposizione che l'Inghilterra, per partito preso, voglia osteggiare gli interessi francesi. Di questa mia persuasione stimo opportuno che il R. Governo sia informato per averne egli stesso norma nella misura della sua azione diplomatica 3 .

451 2 Lanza rispose con R. 961/377 del 28 luglio di cui si pubblica il passo seguente: «La cosa è un po' delicata e non posso toccarla che in via indiretta quando me ne venga il destro. Per spiegare i dubbi che pajono esser sorti nella Corte sceriffiana sull'uniformità di vedute della Triplice Alleanza, il r. ministro a Tangeri ne dà essenzialmente la colpa all'atteggiamento della legazione germanica verso il ministro sceriffiano, sembrandogli che il conte di Tattenbach assuma una parte troppo preponderante. Ora, finchè questa attitudine non nuoccia agli interessi comuni delle tre Potenze -e di ciò non trovo la dimostrazione nel rapporto del commendator Cantagalli -corrisponde troppo alle istruzioni del Governo imperiale cui piace avere ovunque il primo posto, per essere disapprovata; e disapprovazione sembrerebbe qualunque invito al Tattenbach à s'ejfacer per non offuscare il rappresentante austriaco e italiano». 452 1 Cfr. n. 447, nota l.

453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1556. Berlino, IO luglio 1893, ore 15,15 (per. ore 17,46).

Segretario di Stato mi ha fatto sapere, in questo momento, aver ricevuto telegramma di Radolin che annunzia essersi egli, come da ordine ricevuto, messo d'accordo con Collobiano per passi da fare questione confine Tripoli-Tunisi. Se

452 2 Cfr. n. 389. 3 Per la risposta di Brin cfr. n. 472.

344 condo ambasciatore di Germania a Costantinopoli, non sarebbe ancora giunto momento opportuno agire direttamente verso il sultano, ma non mancherà, con unione nostro ambasciatore, impiegare tutti i mezzi che valgano impedire Porta disapprovare opera suoi delegati commissione mista delimitazione.

454

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. 25691/157. Roma, 10 luglio 1893.

Mi pregio di ringraziare V.E. del rapporto n. 216/149 in data del 23 giugno

u.s. 1 . Delle dichiarazioni da lei ricevute al Ministero imperiale degli affari esteri relativamente al contegno disinteressato che la Russia intende seguire nella questione etiopica giova al R. Governo di prender atto e prego quindi la E.V. di voler ciò fare alla prossima occasione opportuna.

455

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

L. PERSONALE. Roma, 11 luglio 1893.

La Camera ha finito i suoi lavori e così comincia un'epoca di tranquillità per i ministri, che conviene utilizzare. Come ella comprende una delle più grosse questioni per me è sempre l'Africa.

Dalle sue lettere mi pare d'intravedere che anche costà vi è una certa preoccupazione proveniente dall'incertezza dei nostri rapporti con Menelik.

Mi pare che questi meni per il naso il Traversi e che questi subordini tutto all'idea di star bene con Menelik. Ed io per mio conto desidero questo risultato, ma bisogna pure prevedere il caso che mi pare probabile che Menelik non faccia nulla per riannodare buone relazioni con noi e prendere una risoluzione sia per fare capire a Menelik che è suo interesse star bene con noi sia per regolarci altrimenti quando Menelik non voglia ciò fare, perché il peggio sarebbe di avere Scioa e Tigré contro di noi.

Da tutto ciò ella vede quanto io desidererei di avere una conferenza con lei per parlare di tutte queste cose, e stabilire una linea di condotta da seguirsi con costanza e risoluzione. Ma questo mio desiderio è subordinato all'interesse del servizio.

Se ella senza inconvenienti può fare una corsa in Italia io sarei contentissimo e lascio a lei di farla quando crede. Se no sarà necessario di intenderei per corrispondenza. Oramai ella è al corrente di tutto quanto succede in Africa sia allo Scioa che all'Eritrea e quindi può giudicare le cose nel loro complesso e dare un buon consiglio su quanto si deve fare. Bisogna partire da questo principio che bisogna fare ogni sforzo per evitare complicazioni che ci obbligherebbero ad inviare truppe e fare nuovi sacrifici per l'Eritrea. Se ora od in un prossimo avvenire questa eventualità dovesse avverarsi, io credo che il Paese non vorrebbe più saperne dell'Eritrea.

Antonelli ha a più riprese manifestate le sue preoccupazioni che l'attuale tranquillità all'Eritrea è foriera di tempeste e detto che gravi pericoli ci sovrastano. E così ha messo le mani in avanti ed al minimo fatto come quello di De Martino potrà dire che le sue previsioni si avverano, condotta tanto più facile per lui che non decampa mai dall'idea che noi dobbiamo per mezzo di Menelik tenere tutta l'Abissinia sotto la nostra influenza ma non dice mai in che modo possiamo raggiungere questo scopo quando Menelik non vuole andare d'accordo con noi.

Ora se questo fatto si avvera come mi pare probabile bisogna che adottiamo una politica che ci assicuri contro i capricci di Menelik e nello stesso tempo non ci imponga nuovi sacrifici. È possibile tutto ciò? Ecco di cosa vorrei parlarle, e nello stesso tempo definire una quantità di altre questioni. Ma se la situazione non è tale che ella possa allontanarsi, bisognerà avere pazienza e trattare tutte queste questioni per corrispondenza.

P. S. Le sarei grato di farmi sapere telegraficamente quanto avrà deciso circa la sua venuta 1•

454 1 Non pubblicato.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1611. Roma, 12 luglio 1893, ore 13.

La Nuova Stampa Libera annuncia che il ministro Falkenhein mandò telegrafica adesione all'indirizzo del Congresso cattolico di Cracovia. Prego telegrafarmi subito se la notizia è vera1 .

455 1 Si pubblicano qui due passi, rispettivamente di una lettera del 21 giugno e del R. riservato 1078 dell'8 luglio di Baratieri a Brin, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-M(Jr Rosso, tomo IX, cit., pp. 424-425: «Da un anno vi è sempre sul tappeto la proposta di convegno con Mangascià. Aspetto lettere da Traversi e tiro in lungo; ma non sono più così contrario al convegno come lo ero l'anno scorso perchè forse il convegno potrebbe imporre a Menelik e mostrargli la potenza dell'Eritrea sopra il Tigré, perché certo scemerebbe o toglierebbe ogni autorità ai capi contrari alla egemonia italiana, perché sarebbe gradito alle popolazioni al di qua ed al di là della frontiera, perché dissiperebbe le voci ognora rinascenti di coalizioni per riprendere i paesi posti sulla destra del Belesa e del Mareb». «Oramai, a mio modo di vedere, è giunto il tempo di mostrare all'imperatore Menelik che egli col contegno suo verso l'Italia e verso i di lei protetti corre un brutto rischio perché l'Italia è molto potente nella Colonia Eritrea e perché tiene nelle sue mani le sorti del Tigré e con esse l'avvenire del trono di Salomone». 456 1 Per la risposta cfr. n. 457.

457

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1581. Vienna, 13 luglio 1893, ore 13,40 (per. ore 14,15).

Ecco il testo del telegramma di Falkenhein al Congresso cattolico 1: «Mentre, con cordiali ringraziamenti, accuso ricevuta gentile invito per partecipazione Congresso cattolico Cracovia, esprimo rammarico non potervi assistere, e auguro con tutto il cuore il migliore risultato». Francamente non trovo, in questo telegramma, nulla che possa dar luogo ad osservazioni, e credo che bisognerebbe mettere in guardia opinione pubblica italiana contro non giustificate in tolleranze.

458

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1594. Vienna, 14 luglio 1893, ore 16,15 (per. ore 18).

Imperatore essendo assente, Kalnoky non può darmi informazioni sicure circa presenza arciduca alle manovre tedesche, ma mi disse non avere inteso parlare di nessun invito 1 .

459

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Therapia, 19 luglio 1893.

Nella corrispondenza ufficiale le ho riferito quanto succede qui in occasione della visita del khedivé.

L'Inghilterra sembrando decisa di non volere, per ora, entrare in negoziato, il khedivé partirà senza aver ottenuto gran cosa dalla sua visita. Ne rimarrà però un'irritazione e relazioni tese fra Abbas pascià e gli inglesi. Le lagnanze

contro lord Cromer furono vivissime e credo in parte un po' giustificate. Io ed i miei colleghi d'Austria e di Germania ci siamo studiati di consigliare la prudenza, facendo poi ben capire a Tigrane pascià che da nostra parte non vi era da sperare che s'intervenisse nell'appoggiare le loro lagnanze contro l'Inghilterra. L'ambasciatore di Francia si dimena molto per persuadere agli egiziani che la Francia li sostiene e così pure, ma con minor calore, l'ambasciatore di Russia.

Dalle informazioni che sj hanno qui non sembra possibile che in Egitto possano nascere torbidi. Ma risulta però di tutto ciò una condizione di cose assai delicata per le relazioni tra l'Inghilterra e la Turchia. Lord Rosebery tiene qui un linguaggio assai fermo che obbliga il sultano a molta prudenza.

Per la questione dello sgombro, credo che per ora non si solleverà.

Informo V.E. che seppi dal signor Nelidow stesso che la notizia dei giornali circa ad un viaggio della squadra russa nel Mediterraneo è vera e che anzi alcune navi vi sverneranno. Mio collega dice che la Russia usò sempre avere qualche nave nel Mediterraneo, per istruzione, il Baltico essendo gelato nell'inverno, e che ciò non costituisce un fatto nuovo.

Ho nulla da aggiungere a quanto già riferii circa alla questione della frontiera tripolina 1 . Nella condizione attuale delle cose non è ancora il caso di provocare la

S. Porta a comunicare il risultato del negoziato tecnico, cosa che del resto si potrà decidere solo più tardi. Il pericolo per me sta nell'inerzia dei turchi e perciò ieri ancora mi feci promettere dal ministro degli affari esteri che avrebbe raccomandato al suo collega della guerra di fare occupare Bordj el Biban.

457 l Cfr. n. 456. 458 1 Risponde al n. 450.

460

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1651. Pietroburgo, 20 luglio 1893, ore 12,58 (per. ore 14,08).

Benché non ufficialmente notificata si assicura che avrà luogo a Tolone la restituzione della visita a Kronstadt, di cui si tratta nel mio rapporto del 15 corrente1 . In queste sfere ufficiali si attribuisce a necessità tecniche scelta di un porto nel Mediterraneo. So confidenzialmente che per ottenere scelta Tolone, Francia utilizza qui la nota rivalità fra Brest e Cherbourg e l'opportunità di mandare a vuoto gli intrighi di quella municipalità, che si sono manifestati perfino in indirizzi all'ambasciatore di Russia a Parigi 2•

459 l Cfr. n. 448. 460 l Non pubblicato. 2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna con T. 1685, pari data.

461

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 1689. Roma, 21 luglio 1893, ore 16,45.

Prego porgere particolare ringraziamento per amichevole atteggiamento codesto Governo rispetto alla lettera di Menelik ed all'Abissinia in genere 1 .

462

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1671. Costantinopoli, 22 luglio 1893, ore 15,40 (per. ore 16).

Il khedive ha assicurato l'incaricato d'affari britannico che egli intende procedere d'accordo con Inghilterra e dimostrarsi deferente ai suggerimenti del Gabinetto di Londra nell'interesse dell'Egitto. Sua Altezza fu molto esplicita nel suo discorso e diede la sua parola d'onore a garanzia della verità delle sue intenzioni. La fermezza di linguaggio usata da Rosebery coll'ambasciatore di Turchia a Londra ed il procedere cauto e diffidente del sultano, in ordine alla quistione d'Egitto, hanno fatto impressione sull'animo del khedive, il quale, malgrado incoraggiamenti ricevuti, qui non ha trovato, da parte del sultano, l'appoggio che sperava, e si vede quindi costretto a mostrarsi più cauto nel suo procedere. Sua Altezza partirà giovedì.

463

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1686. Berlino, 24 luglio 1893, ore 15,38 (per. ore 17,15).

. Notizia restituzione visita Kronstadt a Tolone giunta naturalmente anche dipartimento, e confermata con aggiunta squadra russa rimarrebbe un anno nel Mediterraneo. Presenza russa nel Mediterraneo dà a pensare sultano e, secondo opinione che qui regna, lo rende meno di mai inclinato subire influenza francese. Si vuole vedere già sintomo di ciò nel non avere Turchia insistito su proposte fatte Londra, relativamente Egitto. Cancelliere e segretario di Stato gradiscono assai rallegramenti di V.E. esito legge militare 1 e porgono, mezzo mio, ringraziamenti.

461 1 Con R. 292/172 del 12 luglio, non pubblicato, Marochetti aveva riferito che Giers e Siskin erano intenzionati a non dar risposta alla lettera di Menelik e a non creare imbarazzi all'Italia in Etiopia. 463 1 Con T. 1644 del 16 luglio, non pubblicato, Brin aveva incaricato Lanza di porgere le sue felicitazioni per l'approvazione della legge militare, considerata «un grande successo per la politica imperiale e anche un notevole beneficio per la causa pacifica dell'alleanza».

464

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 644/409.

Londra, 24 luglio 1893 (per. il 29).

In un breve abboccamento che io ebbi con lord Rosebery nel pomeriggio del 17 di questo mese, trovai Sua Signoria molto preoccupata delle notizie in quel giorno pervenutegli dal Siam. Un'interrogazione dovea essere fatta al Gabinetto nella seduta di quel giorno della Camera dei comuni, e lord Rosebery veniva appunto, al momento in cui io lo incontrava, di avere conferito con il signor Gladstone circa le risposte da darsi al Parlamento. Era presente una terza persona a questo nostro incontro, ciò che non impedì che lord Rosebery mi chiedesse se l'Italia avesse interessi suoi da difendere al Siam e quasi subito dopo portasse il discorso sovra lo sviluppo delle forze navali italiane. Noto l'associazione di idee che guidava nel suo discorso questo signor ministro per gli affari esteri.

Due giorni dopo io rividi lord Rosebery in occasione del ricevimento ebdomadario degli ambasciatori. Mi premeva di dare alla nostra conversazione una direzione che permettesse a lui di spiegarsi chiaramente. Sua Signoria riconosceva che le notizie ricevute dal Siam lo aveano vivamente impressionato. Egli sapeva bene che gli interessi speciali dell'Italia nel Siam erano di poco conto. Le complicazioni alle quali dava origine l'eccessiva iniziativa delle autorità francesi dell'Indo China, erano probabilmente deplorate dal Gabinetto di Parigi che non poteva avere alcun interesse a fàr nascere una tensione di rapporti fra la Francia e l'Inghilterra. Ciò che fin qui si conosceva dell'autorità e della forza di resistenza del Ministero francese di fronte alle correnti dell'opinione pubblica, non dava purtroppo la sicurezza che il medesimo non si lascerebbe trascinare in una via diversa di quella che egli stesso avrebbe preferito seguire. In questa debolezza del Governo di Francia bisognava ravvisare il maggiore pericolo che nei rapporti fra l'Inghilterra e la Francia possa sorgere una situazione che Sua Signoria non esitava a qualificare come grave. Dissi dal canto mio che il giudizio che Sua Signoria recava degli interessi particolari dell'Italia nel Siam mi pareva fondato nella realtà delle cose; ma che gli interessi generali della politica italiana bastavano per rendere il Gabinetto di Roma attento a tutto ciò che concerneva i rapporti della Gran Bretagna con le altre Grandi Potenze dell'Europa. Era di manifesta evidenza che il mio Governo doveva essere ansioso di sapere come si svolgeva l'incidente creato nelle relazioni dell'Inghilterra con la Francia dalle ostilità aperte dagli uffiziali francesi dell'Indo China contro il Siam. Io avrei dunque riferito a V.E. le cose stesse che aveva udite e che, per maggior sicurezza di una fedele interpretazione, riassumevo nei termini stessi nei quali le ho sovra esposte. Lord Rosebery trovò che il suo pensiero si trovava dalle mie parole perfettamente espresso, ed io ne ho reso conto tosto a V.E. per telegramma 1 .

464 I T. 1654 del 20 luglio, non pubblicato.

Non vi è dubbio che i fatti di guerra avvenuti al Siam hanno posto l'Inghilterra in una situazione dispiacevolissima. Il Gabinetto di Parigi avea dato a Londra l'assicurazione che nulla si farebbe contro lo Siam senza che l'Inghilterra ne fosse avvisata. Questa assicurazione avrebbe nè significato nè valore se, interpretandosi le parole nel loro senso letterale, si volesse ritenere che il Gabinetto di Parigi avrebbe adempiuto all'impegno preso informando quello di Londra di aver autorizzato le ostilità contro lo Siam. Ma neppure quest'informazione fu data preventivamente; sicchè al Foreign Office la notizia che le cannoniere francesi avevano forzato il passaggio del fiume vincendo la resistenza dei fortilizi di sbarramento, pervenne nel tempo stesso nel quale tutto il pubblico europeo ne era informato.

Non si può dire che lord Rosebery si sia lasciato sorprendere dagli avvenimenti. Da molto tempo egli avea portato la persistente sua attenzione verso il punto dove le complicazioni sono nate. Ma o egli non potè attraversare la via alla Francia, o egli si dimostrò troppo credulo nelle dichiarazioni che gli venivano da Parigi. Ad ogni modo l'autorità che questo ministro si era acquistata dacchè è entrato a far parte del Gabinetto del signor Gladstone, ne risulta scossa profondamente ed oso dire con sensibile danno nostro, poichè sarà col fatto una volta dippiù dimostrato che le condizioni generali della politica esteriore della Gran Bretagna sono oggidì tali da impedirle di reagire con vigoria anche contro le più sfacciate inosservanze degli impegni presi quando pure gravi interessi suoi sono in giuoco. Meglio assai sarebbe stato per noi che le cose che da siffatto incidente saranno per risultare con l'evidenza dei fatti, non fossero avvenute.

465

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALISSIMO 1718. Londra, 26 luglio 1893, sera (per. ore 12 del 27).

J'ai trouvé aujourd'hui Rosebery très préoccupé de la tournure que l'affaire de Siam a pris. Il m'a dit que, jusqu'ici, il avait eu seulement une communication de l'ambassade de France, disant que le Gouvernement français avait l'intention de mettre le blocus. Comme je l'ai poussé à s'expliquer, lord Rosebery, après un long silence, que je me suis gardé d'interrompre, m'a dit «c'est ainsi que commencent !es guerres». Il se plaignait surtout du ton de la presse de Paris. Heureusement on lui avait permis de s'abstenir de donner des explications au Parlement. Ceci faisait que l'on ne saisissait pas encore en Angleterre toute la gravité de la question. Il ne s'agit pas de savoir si la France s'est bien ou mal conduite envers le Siam. La questi o n était si l' Angleterre peut avoir, sur les frontières des Indes deux Grandes Puissances européennes prétes à s'entendre entr'elles. A un certain moment de cette conversation j'ai demandé à lord Rosebery s'il m'autorisait à télégraphier à V.E. les paroles très sérieuses que j'avais entendu, c'est à dire que «c'est ainsi que commencent !es guerres». Il y pensa un instant, et ensuite il m'a dit: «le préfère que vous disiez à Rome seulement que je trouve notre situation vis-à-vis de la France très tendue»; puis, en se reprenant, il ajouta «il vaudra mieux dire que cette situation est grave, parceque tendue c'est trop peu». Il me raconta ensuite qu'il avait fait partir Dufferin pour Paris vendredi dernier, et que celui-ci n'avait réussi à voir Develle que le samedi vers six heures du soir, et que, depuis, il n'avait plus pu le voir. Il y avait là un très mauvais symptome. «On veut avoir, disait-il, une victoire facile sur les anglais» et, sur mon observation que les élections étaient pour beaucoup dans cette affaire, il me répondit vivement: «je ne sais si une guerre tonkinoise les aiderait beaucoup à conserver la majorité». l'ai demandé si je pouvais, sans indiscrétion, le questionner sur ce que l'on en pensait à Berlin et si on lui en disait quelque chose. Il me fit observer que, si à Paris on savait seulement que l'Allemagne se mèle de cette affaire, !es esprits en France se monteraient à excès et ne connaìtraient plus freins. Il envisagea ensuite la probabilité qu'une guerre, mème pour une affaire asiatique, entre la France et l' Angleterre ne se localiserait pas. Les ennemis de la France sont assez nombreux en Europe pour qu'ils ne profitent pas de cette occasion. l'ai exprimé, de mon còté, l'espoir que les choses n'arriveraient pas à de pareilles extrémités, tout en gardant, dans mon langage, une très-grande mesure. l'ai seulement repété à deux reprises que V.E. s'attendait certainement à avoir de moi des informations sur l'état des relations de l'Angleterre avec la France. Bien que je ne puisse pas me figurer que !es anglais veuillent faire la guerre à la France pour cette question, je dois appeler toute J'attention la plus sérieuse de S.M. le Roi et de son Gouvernement sur la conversation que j'ai eue aujourd'hui au Foreign Office. Je suis d'avis que le langage de lord Rosebery est d'une gravité telle à nous obliger d'entrer, sans délai, en échange d'idées avec l'Allemagne, pour établir la ligne de conduite commune à suivre. Nous sommes, plus que l'Allemagne, intéressés à maintenir le prestige de la première Puissance maritime de l'Europei.

466

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 1717 bis. Roma, 27 luglio 1893, ore 20,25.

In un colloquio confidenziale con Tornielli lord Rosebery si è mostrato assai preoccupato delle conseguenze che la questione del Siam potrebbe avere per i rapporti tra l'Inghilterra e la Francia I. La prego di indagare e d'informarmi quali notizie siano a questo riguardo costì giunte da Londra, e quale ne sia l'impressione di codesto Governo 2 .

465 l Cfr. n. 466. 466 l Cfr. n. 465. 2 Per la risposta cfr. n. 468.

467

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Parigi, 27 luglio 1893.

Le informazioni che colla lettera del 16 corrente1 l'E.V. ebbe la bontà di darmi sulle circostanze nelle quali fu deciso l'intervento del principe di Napoli alle manovre in Alsazia-Lorena mi provano che le sarebbe stato difficile d'impedirlo. Ma può nondimeno sorprendermi che lo stesso imperatore di Germania non si sia fatto uno scmpolo (come già non se n'era fatto uno quando tentava di condurre il nostro re a Strasburgo) di aggravare le difficoltà della nostra situazione rispetto a questo Paese. Fedele al programma di pace, l'imperatore pareva difatti convinto che appunto nell'interesse del mantenimento della pace giovava di ricondurre a migliore intelligenza l'Italia e la Francia dall'una, l'Austria e la Russia dall'altra parte. L'ultimo discorso di Kalnoky alle delegazioni e la recente stipulazione dell'accordo commerciale fra Vienna e Pietroburgo tenderebbero a provare che da quel lato la politica di conciliazione dà qualche frutto. La visita del principe di Napoli in Alsazia sarà invece qui considerata, checchè da noi si pensi e si dica. come una offesa ed una sfida, come un impegno da noi preso anche per l'avvenire, come una presa di possesso di quest'avvenire per parte dell'imperatore germanico. D'una o d'un'altra interpretazione a noi poco potrebbe importare, se non fosse pur sempre vero che questo Paese resta ancora in grado di danneggiarci e che ad ogni modo non c'è nulla da guadagnare irritandolo. Sia pure nervosità da donne, a che vale eccitarla? Noi abbiamo rispetto alla Francia interessi speciali che ci deve essere lecito di tutelare in ogni miglior modo, secondo le esigenze dei tempi e delle circostanze. senza che per ciò debba o possa soffrirne la nostra posizione nella Triplice Alleanza ch'è la nostra salvaguardia a cui siamo e, spero, saremo in ogni seria prova fedeli.

Comunque sia, possiamo prepararci ad un diluvio di ingiurie per l'ora in cui il fatto si produrrà. Intanto feci e fo il mio possibile affinchè se ne parli poco, e per buona ventura tra le elezioni ed il Siam la stampa ha altri pascoli. Eppure non pochi giornali mi fecero chiedere se la notizia fosse vera. Non avendone avuta partecipazione ufficiale non ebbi bisogno nè di smentirla, nè di confermarla. Talchè v'è in questo momento un po' di sosta nell'abbaiare; trovai l'ultimo urlo in un recente numero della Lanterne che qui acchiudo.

Informai V.E. ieri con un telegramma2 della ultima mia conversazione con Develle sulla questione spezzati. Malgrado le buone intenzioni del ministro degli esteri, è dubbio che il Consiglio ammetta che si possa mandare in atto una modificazione della convenzione monetaria senza l'assenso del Parlamento, e con ciò nella migliore delle ipotesi e se non sorgerà un potente partito t~worevole alla denunzia il ritiro degli spezzati potrebbe essere notificato appena nel dicembre e

467 I Non rinvenuta. 2 T. lì\3 del 16 luglio, non pubblicato.

compito nel marzo o nell'aprile. Io farò ogni sforzo per far prevalere l'avviso che si possa dispensarsi dell'approvazione parlamentare: resta però a sapersi se in primo luogo anche il Belgio vorrà ammettere la reciproca immediata e generale ripresa degli spezzati. Il telegramma da Anversa cui alludeva il mio d'ieri pareva a Develle uscito da un gruppo di banchieri belgi, e non da un suggerimento del Governo belga; ma io non ho nessun modo di accertarlo. Credo soltanto che in questo momento noi dovremmo agire con diligenza a Bruxelles.

Lord Dufferin continua a trattare con Develle per indurlo a restringere le sue pretensioni sulla sponda sinistra del Mekong. Ciò che importa agli inglesi è che la Francia non si impadronisca del Principato di Luang Prabang. Lord Dufferin mi dice che la Francia avendo domandato al Governo della regina di potervi mandare un vice console ha con ciò stesso riconosciuto di non avere nè punto nè poco su quel Principato il diritto in virtù del quale oggi vorrebbe annetterlo. Fino ad ora lord Dufferin spera ancora un accordo e tutto prova che dalle due parti v'è poca voglia di spingere le cose agli estremi.

Pregai ieri I'E.V. d'accordarmi un congedo. Sono da più d'un anno sulla breccia ed ho bisogno di mutare per un pajo di mesi orizzonte. Mi proporrei di girare prima un poco, e poi di andare in Italia nel settembre per avere l'onore di rivedere V.E. là dove potrò trovarla.

468

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE J735. Berlino, 28 luglio 1893, ore 22,32 (per. ore 23).

Notizia giunta da Londra a questo Governo imperiale concorda con quella ricevuta da V.E. 1 , e conferma grande preoccupazione di Iord Rosebery per affare Siam. Segretario di Stato affari esteri mi soggiunge che trova esorbitante pretesa francese territorio Mekong nord 18° grado. Lord Rosebery pare deciso resistere energicamente se sostenuto da suoi colleghi Gabinetto, e spera Francia ceda timore trovare Triplice Alleanza dietro Inghilterra. Questo Governo imperiale intuisce, sebbene Iord Rosebery non ne abbia fatto cenno, che riuscirebbe gradito Inghilterra se Italia o Germania intervenisse mediatrice; ma è assolutamente contrario a tale intervento, il quale se indurrebbe Francia a cedere attirerebbe però suo rancore e conseguenza verso Potenza mediatrice mentre Inghilterra ritornerebbe sua politica isolamento. Questo Governo imperiale si manterrà adunque, e spera trovare Italia concorde, nel mantenersi benevolo, ma prudente riserbo in questo conflitto tra Francia e Inghilterra se non si entra periodo aperte ostilità 2 .

468 l Cfr. n. 466. 2 Cfr. in proposito quanto comunicò Tornielli con il n. 503.

469

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 334/190. Pietroburgo, 28 luglio 1893 (per. il 7 agosto).

In un recente 'colloquio col ministro russo delle finanze, S.E. mi parlava della recente legge militare votata al Reichstag, deplorando vivamente la costosa esagerazione degli armamenti militari «quando tutte le Nazioni vogliono la pace»; e nel corso della conversazione si esprimeva circa le relazioni tra la Francia e la Russia in termini che meritano di essere testualmente riferiti alla E.V.

Il signor Witte disse: «Nous n'avons pas et nous n'aurons pas de traité d'alliance avec la France parceque nous perdrions notre liberté d'action et si l'occasion s'en présentait nous pourrions mieux, dans de telles conditions, exercer notre ròle de modérateur ou de médiateur.

Il est vrai, comme vous le présumez, que, le cas échéant nous ne laisserons pas anéantir la France, mais notre action pourra s'exercer alors de façon à ne pas justifier des caprices ou des imprudences».

470

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1727 bis. Roma, 29 luglio 1893, ore 17,20.

Avendo il generale Dal Verme particolarmente studiato le nostre questioni di delimitazione in Africa, ed avendo anzi avuto dal mio predecessore un incarico ufficiale per la delimitazione con la Francia, vorrei suggerirle di farsi da lui fornire, se così ella crede, prima della sua partenza che ritengo prossima, tutte quelle nozioni che potessero sembrarle utili per ripresa, che spero vicina, del nostro negoziato con l'Inghilterra 1 .

470 l In vista della missione affidatagli Brin aveva dato a Dal Verme in data 11 luglio istruzioni di cui si pubblica il passo fmale: «Premesse queste circostanze che costituiscono lo stato di fatto, il Governo del re affida al generale Dal Verme la missione segreta di investigare in Inghilterra lo stato degli animi, il pensiero degli uomini che si trovano a conoscenza di siffatte questioni, allo scopo di chiarire fino a qual punto sussistano le difficoltà e gli ostacoli, e se la facilità di risolvere la vertenza quale è dipinta da Aden, trovi riscontro in Inghilterra, e ciò per mettere in grado il Governo del re di farsi una idea esatta della situazione, e averne norma nell'iniziare le trattative. Tutto ciò. s'intende, deve essere trattato in via indiretta, in quei modi che saranno consentiti al generale Dal Verme dalla conoscenza che ha di non pochi ufficiali superiori, e di qualche uomo politico, senza accennare minimamente a nessun incarico diretto all'uopo avuto dal Governo, giustificando invece la sua presenza in Inghilterra coll'incarico avuto dal ministro della guerra di studiare l'impiego dei treni batteria per la difesa delle coste».

471

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, PALUMBO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

N. RISERVATISSIMA 2986. Roma . ... 1 luglio 1893 (per. il 29).

Aderendo alla richiesta verbale fattami da V.E. pregiomi rimettere copia di tre lettere avute dal r. addetto navale a Vienna relative alla cooperazione delle forze navali dell'Impero austro-ungarico in caso di guerra.

Tali lettere portano i numeri di protocollo e le date seguenti: n. 99 del 29 giugno 1893, n. 100 del 30 giugno 1893, n. 103 del 3 luglio 1893 2 .

ALLEGATO.

L'ADDETTO NAVALE A BERLINO E VIENNA. VOLPE, AL MINISTRO DELLA MARINA, RACCHIA

R. RISERVATISSIMO 99. Vienna, 29 giugno-l" luglio 1893.

Dati i seguenti fattori: l'alta ed influente posizione che ha in Austria S.E. il generale Beck capo di Stato Maggiore dello esercito; la particolare amicizia e fiducia di cui S.M. lo imperatore onora il detto generale; la molto secondaria importanza che nello Impero ha la marina da guerra, a malgrado le sue pagine gloriose di 27 anni or sono; la subordinazione estrema che la marina ha in Austria, rispetto alle cose dello esercito: lo stato di assoluta dipendenza in cui le più alte autorità dello esercito si sforzano di tenere la marina verso le forze militari terrestri, neutralizzando con ciò l'opera e gli obiettivi dell'ammiraglio Sterneck; l'assenza da Vienna del r. addetto militare, colonnello Pollio (al presente in missione a Belgrado); e finalmente un telegramma diretto da S.E. il ministro Brin a S.E. il r. ambasciatore; e dal conte Nigra comunicatomi; telegramma che porta la data del 26 corrente\ per tali ragioni tutte, credetti far bene chiedere udienza speciale a S.E. il generale Beck, dal quale fui molto benevolmente accolto stamane; ed al quale tenni, con la necessaria prudenza, parola dello argomento di cui nelle istruzioni della E.V.; regolandomi nel senso di cercare di scandagliare stato di disposizione di massima, più che nel senso di fare comunicazioni officiose o d'intavolare discussioni su personali opinioni, al riguardo.

Il generale mi ascoltò con attenzione sostenuta; c mi rispose in termini cortesi; apparentemente confidenziali ed espansivi: e nondimeno assai vaghi nella sostanza; e non inclini ad agevolare lo scopo impostomi.

* Narrata, da parte mia, la preoccupazione in cui è e permane il nostro Stato Maggiore (per lo esercito) circa [a tutela delle ferrovie lungo il mare Ionio, da Siracusa a Taranto, in caso di guerra, nei primi 15 giorni della nostra mobilitazione: ed accennato al grosso compito

che spetterà verosimilmente, alla nostra flotta, nell'alto Tirreno; od anche meglio, con più ardimento, fra Bonifacio e Tolone; constatato come la marina imperiale e reale abbia di recente alquanto aumentato il numero delle sue navi a largo raggio di azione; fatti gli elogi del buono ordinamento della detta marina, sotto più rapporti; e procurato di fare apprezzare al generale i danni della inerzia forzata cui sarebbe costretta la valevole marina dello Impero, se legata ad una base di operazione così interna, come quella di Pola; ed, in cambio, il vantaggio iniziale, per la marina indicata, col prendere l'offensiva da Taranto, oggi sufficientemente tutelata contro un'azione del nemico, mi sforzai a sviluppare le mie asserzioni pel verso favorevole all'obiettivo da raggiungere.

Il generale ammise tosto come buono il concetto da cui partivo, dichiarando ch'esso era stato attentamente studiato presso il suo ufficio. Aggiunse, però, che la conclusione a cui il medesimo ufficio era costantemente venuto imponeva alla marina imperiale e reale, un compito assai più ristretto; avendo le forze navali austro-ungariche uno spiccato carattere per la difesa ravvicinata delle coste; e sventuratamente solo di una parte minima delle medesime.

Il generale mi ripeté più volte la linea Ancona-Pola essere stata definitivamente riconosciuta come quella che più si adatta, in guisa pratica, alla specie ed al numero delle navi di cui dispone la marina imperiale al presente. Affermò, in due riprese che la indicata marina, in caso di bisogno, certamente assumerebbe la protezione della ferrovia Jitoranea italiana situata a nord di Ancona; o nelle adiacenze meridionali, non lontane, di detta piazza forte* 4 .

Procurai allora, in via subordinata, sostenere la tesi che dal momento in Adriatico sono due soli gli Stati interessati a tutelare la estesa grandissima de' rispettivi litorali, sia misura appropriata e molto più efficace contrastare addirittura al nemico lo accesso, in detto mare, da Otranto stesso, date le eccellenti posizioni di rifugio e di approvvigionamento di Brindisi e di Taranto, anzi che partire dalla norma di aspettare ad incontrarlo e combattere sopra una linea così interna quale Ancona-Pola. Dichiarai avrei compreso pienamente la necessità

o la convenienza parziale di una linea di crociera o di azione Ancona-Pola, quando non fosse stata disponibile l'acconcia stazione navale che è al giorno di oggi Taranto; ove tutto quanto è richiesto da un arsenale marittimo e da una base strategica ad una flotta è o pronto del tutto od in via di prossimo completamento.

Il generale obbiettò che, a suo avviso, Taranto non è abbastanza difeso; ed aggiunse possedere informazioni particolareggiate doversi ancora molto da fare in quella località, dal punto di vista difensivo, per renderla paragonabile a Pola.

Ammisi ciò essere vero solo in parte sul fronte marittimo ed in gran parte sul fronte terrestre; ma, doversi benanche porre a calcolo che con le nuove artiglierie di cui sono dotate le navi --contro le quali Taranto è munita ~ Pola, che dispone unicamente di antiche artiglierie, si troverà, di fatto, in condizioni protette meno buone delle attuali opere parziali difensive di Taranto; poiché non sarà, virtualmente, in caso di obbligare il nemico ad allontanarsi; od, in altri termini, le numerose batterie di Pola, senza poter recar danno alle navi nemiche, agenti da lontano, sono, al presente, esposte a subire in silenzio ed impotenti, l'azione delle moderne granate navali, a lunga portata.

Avanzai, inoltre, la considerazione che il nemico, sempre fuori il tiro delle batterie terrestri, potrà anche, per vari motivi danneggiare con più facilità arsenale e città a Pola; che non fare altrettanto od in eguale misura a Taranto.

Il generale portò allora la conversazione, sempre sull'argomento di un caso di guerra, intorno a tre altri punti; i quali svolse rimanendo, qualche volta, in termini vaghi od indecisi;

e dando, più spesso alla tesi come una tendenza ad eliminare il concetto di un'azione diretta delle forze navali dello Impero, in unione alle forze navali italiane; od in accordo con le medesime; od in pro' delle speciali esigenze militari imposte dalla configurazione geografica e topografica della nostra penisola e dalla ubicazione delle nostre ferrovie litoranee.

I tre punti sono questi: l) La Triplice Alleanza, in caso di guerra, disporrà, probabilmente, sul mare del concorso dell'Inghilterra (e, ad avviso del generale, l'Inghilterra, nel proprio bene inteso interesse, dovrebbe concorrere). Posto sia così, la flotta italiana attaccherà, in unione alla flotta inglese, le forze navali francesi; od assumerà la difesa passiva delle proprie coste, con o senza lo appoggio delle navi inglesi. 2) Conceduto o meno lo intervento dell'Inghilterra, le forze navali austriache, numericamente infime, unite alle italiane, ragguardevoli in numero e potenza, non altererebbero sensibilmente la sproporzione fra belligeranti. Ma, senza Io intervento dell'Inghilterra, l' Austria deve assolutamente provvedere alla difesa ravvicinata ed immediata di parte almeno delle proprie coste, contro l'azione isolata delle navi francesi; o contro una possibile ed assai temibile coalizione marittima franco-russo-greca. 3) L'Italia dovrebbe difendere le proprie ferrovie litoranee, a malgrado la disparità delle condizioni locali, come nel fatto, I'Austria sarà obbligata a fare in più punti, sul proprio territorio galiziano, prossimo alla frontiera russa.

Certo nell'Ionio, navi potranno essere adoperate dal nemico, a scopo di rovinare ferrovie; ma se la difesa delle ferrovie vuol'essere compiuta dal mare e sul mare, quale enorme numero di navi converrebbe adoperare, solo fra Siracusa e Taranto!

Nell'Ionio, non basterebbero, verosimilmente, 10 incrociatori e 30 torpediniere!

È evidente che il nemico sarà tentato di distruggere ferrovie; ma non eseguirà c1o inviando unicamente qualche nave; bensì, spenendo sul posto, per la ferrovia medesima da distruggere, come ordinari passeggieri, in abito borghese, ufficiali, sottufficiali o soldati, muniti di poche cartucce di dinamite; o pure, sequestrando, con l'uso di piccole navi ausiliarie veloci, barche pescherecce, a vela, ne' paraggi prossimi alla ferrovia destinata ad essere danneggiata; ed armando queste barche con apposite comandate di uomini prelevate dal proprio equipaggio di guerra, per mandarle ad eseguire la distruzione; e poi raccoglierle, se si potrà! Oramai, asserì il generale, a queste eventualità bisogna provvedere; e le migliori difese delle ferrovie sono o debbono essere: la polizia locale, all'uopo vigile ed esercitata; le milizie territoriali in moto; e pattuglie frequenti; e vedette; e provviste di materiali di ricambio nelle stazioni più vicine alle località considerate in pericolo.

Ciò noi -· disse il generale --abbiamo preparato in Galizia e ciò voi dovere preparare nell'Ionio ed altrove. Mostrai con la deferenza necessaria, non consentire in tutto quanto il generale credette dovermi esporre nei tre punti indicati; appoggiandomi alla esperienza mia personale delle cose del mare; ed alle mie personali persuasioni sul modo probabile di esplicarsi della futura guerra marittima; più fulminea, nella sua azione, di quanto potrà verificarsi in terra; e su' violenti colpi di mano eseguibili oggi, con immensa praticabilità e simultaneità, via di mare; e recanti conseguenze di molto superiori a' danni del passato.

Dopo aver fatto cenno di volo ad altri soggetti, S.E. il generale Beck mi dette commiato, co' modi cortesissimi in lui abituali; e facendomi l'onore di accompagnarmi di persona fino al limitare esterno del suo ufficio.

Tale, per sommi capi, la conversazione, che durò circa un'ora. Innanzi di congedarmi il generale Beck mi disse avere ottenuto dal sovrano facoltà d'inviare tre ufficiali di Stato Maggiore a Chicago, a scopo di studiare, agli Stati Uniti d'America, la questione de' ponti metallici per uso di guerra (riparazione sommaria, cioè. de' ponti da ferrovia; traghetti

eventuali, per corpi di truppa; e materiale mobile da ponti, di rapido collocamento); questione stata colà -a dire del generale -risoluta in modo commendevolissimo da quel genio militare. E, finalmente, saputo da me che ho istruzioni di tornare a Roma, donde venni, m'incaricò di presentare a S.E. il generale Cosenz i suoi saluti personali amichevoli, comunque, egli disse, non avea mai avuto la fortuna di stringere la mano al dotto ed autorevole collega ch'egli ha nello esercito italiano.

l" luglio 1893.

P.S. Riapro la lettera, per rendere noto all'E.V. sul desiderio espressomi da S.E il r. ambasciatore conte Nigra, che lessi le due relazioni accluse alla detta autorità; incontrandone l'approvazione.

471 1 Privo di giorno di partenza. Si colloca sotto il 29 luglio, data in cui pervenne al Ministero degli esteri. 2 Si pubblica solo il primo allegato. Per il contenuto dei due successivi si rimanda a M. GABRIELE, l.:e cm!Vi'n::ioni navali di'Ila Triplice, Roma. Ufficio storico della marina militare, 1969. pp. 137-138. 3 Cfr. n. 437.

471 4 Il passo fra asterischi è ed. in GABRIELE, Le convenzioni navali della Triplice, cit.. pp. 135-136.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 28447/364. Roma, 31 luglio 1893.

La ringrazio del rapporto n. 603/378 direttomi il 9 di questo mese 1 .

Con esso V.E. mi riferisce che lord Rosebery, non essendo bene informato dell'importanza tecnica della linea proposta dai commissari ottomani in confronto di quella voluta dai franco-tunisini per la delimitazione della frontiera fra le due Reggenze, si è mostrato desideroso di sapere quale interesse tecnico militare o di viabilità commerciale spinge l'Italia ad annettere tanta importanza a quella delimitazione. V.E. avverte che forse Sua Signoria, in questa questione come in ogni altra in cui è interessata la Francia, desideri evitare ogni apparenza di osteggiare gli interessi francesi là dove non sono interessi britannici chiari e palesi. Ma l'interesse delle Potenze sollecite del mantenimento dell'equilibrio nel Mediterraneo ben si spiega di fronte alla presente questione.

Non si tratta infatti degli effetti, più o meno insignificanti, che possono derivare dal possesso della breve zona per cui si contende: si tratta invece di sostenere il principio dell'integrità dell'Impero ottomano, principio che vulnerato in un punto potrà poi esserlo in altri, tra cui precisamente nell'hinterland tripolino, attraversato dalle vie che, dall'interno dell'Africa, scendono al mare.

Ed il principio sarebbe indubbiamente vulnerato dal momento che, essendo ormai tecnicamente accertato il confine, se il sultano cedesse alle proposte della Francia, non si tratterebbe più di una delimitazione, ma di una variazione di confine tra le due Reggenze. Ed il principio dello statu quo territoriale è la base fondamentale della schietta amicizia che le Potenze del gruppo alleato hanno per la Turchia.

Confidiamo adunque che nella presente questione anche l'Inghilterra continuerà, in opportuna misura e secondo le circostanze, ad associarsi all'azione delle Potenze alleate.

472 l Cfr. n. 452.

473

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1750. Roma, 1° agosto 1893, ore 19,45.

Ho ricevuto il telegramma del 28 1 ed il rapporto del 292 relativi all'affare del Siam. La prego di dire al segretario di Stato che circa l'atteggiamento verso l'Inghilterra ebbi sempre ed ho tuttora un pensiero pienamente conforme al suo, e di tale concordanza schiettamente mi compiaccio.

474

IL DOTTOR NERAZZINI, IN MISSIONE AD HARAR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1777. Aden, 2 agosto 1893, ore 10,20 (per. ore 10,20) 1.

Arrivato 14 luglio. Ricevimento eccezionalmente onorifico, malgrado la opposizione elementi contrari che ultimo momento consigliava a Makonnen non ricevermi. Egli impose con fermezza sua volontà. Notizie risposte regina d'Inghilterra, imperatore di Germania impressionarono vivamente nostro vantaggio2•

2 Non pubblicato. 474 l Sic.

2 In data 16 luglio Nerazzini aveva inviato da Harar a Baratieri un lungo rapporto, trasmesso per conoscenza a Br in il 17 luglio, di cui si pubblicano i passi seguenti: «Del resto noi in questo momento siamo chiamati ad assistere ad uno di quei periodi né nuovi né inaspettati nella storia etiopica, di forte reazione cioè e di continuo sospetto verso l'elemento europeo in genere. È una vera lotta fra progressisti e conservatori; ed oggi questi ultimi hanno il sopravvento e cercano di circondare i primi con un'atmosfera di diffidenza. L'imperatore attuale, che una volta poteva dirsi alla testa di quelli che più cercavano contatti e rapporti con la civiltà europea, non ha la forza di proseguire nella sua via, oscilla sempre, e sopraffatto dagli elementi conservatori che ha intorno a sé, cede alla loro influenza e così paralizza l'azione di coloro che, come ras Makonnen, Io avevano consigliato e aiutato in quel primitivo programma. In tal maniera anche la posizione di ras Makonnen è resa difficilissima e grave: non manca chi sorveglia le di lui azioni, e chi cerca di fargli carico delle relazioni intime da lui contratte in Italia, anche creando malevole insinuazioni ... Né creda V. E. che questo contegno ostile sia esclusivo e personale verso un funzionario italiano. Monsignor Taurin ... ha dovuto subire in questi ultimi giorni arresti e vessazioni, che poi furono sconfessate e dichiarate avvenute per equivoco, ma che pur nonostante non hanno mancato di deprimere la posizione morale di monsignore».

473 l Cfr. n. 468.

475

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Therapia, 2 agosto 1893.

A complemento di quanto le riferii nell'ultima mia lettera 1 , circa alla squadra russa nel Mediterraneo, aggiungo che mi fu detto da persona bene informata che la Russia ha l'intenzione di stabilire in un porto della Grecia un deposito di carbone, come usava prima del 1860 avere alla Spezia e poi a Ventimiglia.

Il khedivé è partito in complesso poco soddisfatto e credo con sentimenti più moderati. La situazione sarà però sempre tesa se gli inglesi non addolciranno un poco il loro modo di procedere. Sembra che lord Cromer sarà per qualche tempo fuori dell'Egitto.

Per la questione di Tripoli nulla di nuovo. Il mio collega di Germania ha insistito vivamente perché la Sublime Porta vigilasse ed ha fatto anche avvisare il sultano. Il gran vizir gli disse che pur troppo le Potenze non dimostrarono tanto interesse quando i francesi occuparono Tunisi e non ha torto.

Il pericolo per me sta sempre nell'inerzia dei turchi e non tralascio di stimolarli a premunirsi. I francesi pel momento qui non parlano su questo argomento coi turchi. Cambon parte fra breve e saprò se ha fatto qualche cosa 2 .

476

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Vienna, 2 agosto 1893.

Il corriere partendo stasera, e il conte Kalnoky essendo tornato in città, sono andato a vederlo per sentire se vi era qualche cosa che tornasse conto di scriverle per questa occasione. Il conte Kalnoky mi disse che in questo momento fortunatamente non c'era alcuna questione politica che lo preoccupasse in modo speciale. Ma mi parlò di Siam. A proposito dell'accomodamento intervenuto egli non sa ancora quali possono esserne i risultati. È indubitato che gl'inglesi non sono contenti, e c'è di che. Se la condotta della Francia a Siam avesse per effetto d'indisporre l'Inghilterra a segno da farla ravvicinare alla Triplice Alleanza, il conte Kalnoky naturalmente ne sarebbe lieto. Ma egli dubita, e io più di lui.

2 Si pubblica qui il seguente passo del R. 1709/306 del l o agosto con cui Machiavelli commentava un aumento delle forze militari in Tunisia: «Siccome le forze attuali sono più che sufficienti al mantenimento dell'ordine, considerata anche l'indole mitissima della popolazione indigena, il loro aumento non potrebbe passare inosservato, e non sarebbe, forse, fuori di luogo il sospetto che si collegasse alla controversia per la delimitazione della frontiera fra la Tunisia e la Tripolitania».

361 Quando la Russia tendeva a Merv, gl'inglesi mostravano anche maggiore irritazione ed esprimevano minacce. Il linguaggio dei loro giornali era anche più vivace che ora non sia. Or bene, i russi andarono a Merv malgrado la contraria promessa data dallo czar Alessandro II al conte di Dufferin, allora mio collega a Pietroburgo; e l'Inghilterra sorbì la pillola. D'altro lato è chiaro che questo successo della Francia si ripercoterà altrove, per esempio a Costantinopoli, e darà ai francesi una forte spinta a fare quel che loro piace in Europa e specialmente nel Mediterraneo. Questa tendenza si farà anche più marcata quando arriverà la flotta russa a Tolone. È questa una situazione non buona per noi, né per i nostri alleati. Ma noi non possiamo cambiarla, e non si cambierà finché l'Inghilterra resta nelle sue attuali disposizioni. Si figuri che lord Rosebery non ha voluto leggere le celebri note scambiate fra lord Salisbury e noi e l'Austria e la Germania. Egli vuole poter dire al Parlamento che non sa niente di tutto ciò. Lo ha confessato al conte Deym. Ma ritenga questo per lei, giacché Kalnoky me lo disse confidenzialmente.

Adesso passo a parlarle di affari correnti. Ho ricevuto il dispaccio qui unito 1 dal ministero. Ho subito reclamato con nota d'oggi presso il Governo austriaco contro il divieto relativo all'introduzione di animali per le barriere di Casotto e Vezzano. Ma per la seconda parte del dispaccio, per quella cioè che riguarda l'invio di veterinarii austriaci ad ispezionare senza autorizzazione le mandrie italiane, ho bisogno di sapere esattamente ciò che ella crede ch'io debba fare. Ella sa che l'Austria accusa i nostri comuni di frontiera, cioè alcuni di essi di aver fatto false dichiarazioni di immunità di malattia, mentre invece la malattia fu constatata. Le autorità austriache rimangono naturalmente diffidenti, e vogliono rendersi conto, prima di dare permessi, del vero stato delle cose. Si tratta di sapere se ciò facendo facciano bene o male. Certo possiamo reclamare per il mistero che si mette in ciò. Ma quanto alla cosa in sé, si può domandare se non sarebbe bene che quel servizio diventasse pubblico e regolare. Insomma c'è qualche cosa da fare in questa direzione, mi pare. Ma io non sono competente. E ho bisogno che il ministero mi dica chiaramente che cosa io debbo fare, e segnatamente se io devo protestare contro questo invio segreto di veterinarii e chiedere che cessi, o quale altra domanda io debba inoltrare.

E a questo proposito io mi permetto di chiamare la di lei attenzione sopra il modo veramente troppo negligente con cui si compilano i dispacci che mi si mandano, quando essi devono segnarmi una direzione precisa e non lo fanno. Veda il presente dispaccio. Arriva al ministero una nota dell'altro Ministero dell'interno. Invece di esaminare questa nota e di cavarne le direzioni occorrenti e dire alla r. ambasciata che dovrà chiedere questo e quest'altro, e far questo e quest'altro, si trova più comodo di trascrivere la nota tale e quale, e di dire a me: veda lei di contentare come può il ministro dell'interno. Così ultimamente mi giunse un simile dispaccio relativo ai fanali sui bastimenti. Mi si trasmise la copia della nota del Ministero della marina, nota mal fatta del resto, senza nemmeno indicarmi nel dispaccio ministeriale che cosa io doveva fare di quella comunicazione. Ella vede

476 I Non pubblicato.

362 quanto questo sistema lasci a desiderare. Il r. ministero deve dar lui le sue istruzioni. Non deve limitarsi a fare il trasmettitore delle note degli altri ministeri. Io desidero che in ogni occasione il ministero abbia a dirmi: faccia questo e quest'altro in modo chiaro e preciso. Se la cosa poi non si potesse fare o fosse conveniente che non si facesse, io lo dirò. Ma intanto è importante che il ministero legga, esamini, e ordini e non si limiti a copiare e a mandarmi le note degli altri ministeri lasciando che io tenti di capire e di cavarmela.

Scusi questo sfogo, la prego, e mi tenga conto del buono scopo che mi proposi nello scriverle di queste minuzie 2•

475 1 Cfr. n. 459.

477

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 702/267. Madrid, 4 agosto 1893 (per. 1'11).

Se dalla fine di giugno non ho più avuto occasione di riferire conversazioni a

V. E. sugli affari del Marocco, si è perché, nel periodo trascorso da quella data, le preoccupazioni dei ministri spagnuoli furono interamente concentrate sui numerosi ed ardui problemi di politica interna, che si agitavano davanti alle Cortes. Più volte cercai di rappresentare al signor Moret la gravità delle notizie che da Tangeri continua a ricevere la E. V., sui maneggi, coronati di pieno successo, della Francia. Ma lo trovai per lo più disattento, limitandosi egli a rispondermi se ne intratterrebbe più tardi. Che gli occorreva studiare pacatamente quanto era accaduto, negli anni in cui era rimasto lontano dal Ministero di Stato. Che, compiuto questo esame, avrebbe poi veduto se v'era mezzo di concertare un'azione comune con noi e coll'Inghilterra, per far argine alla non interrotta invasione della Francia, su tutti i punti dell'Impero marocchino. Sventuratamente, però, mi par di scorgere che egli non possiede un concetto ben preciso, sul rimedio che con vantaggio potrebbe essere impiegato per arrestarla, e bisogna confessare, d'altronde, che non sarebbe facile averlo.

L'interessante rapporto del comm. Cantagalli in data 16 giugno 1 , da V. E. comunicatomi, dipinge la situazione, collo stesso pessimismo, che trapela dalla mia relazione del 19 dello stesso mese 2•

Il r. ministro a Tangeri narra, che il suo collega d'Inghilterra deplora quanto avviene nel Magreb, ma tace. Pur troppo, questa volta potrei dire altrettanto del signor Moret, allorquando lo informai, colla dovuta riserva, dei fatti esposti dal cav.

2 Cfr. n. 428.

Gentile. II comm. Cantagalli allude, eziandio, nel suo citato rapporto, alla indifferenza dimostrata da lord Salisbury all'epoca in cui veniva sollevata la questione del Tu,at, c ricorda come Sua Signoria considerasse la regione sì lontana ed il danno tanto remoto, da non meritare se ne crucciasse. Or bene, questo contegno trova oggi il suo riscontro in quello di lord Rosebery, e ne do una prova all'E. V. Sir H. Drunmwnd Wolff passò parte del mese di maggio e quasi tutto giugno a Londra, in congedo. Al suo ritorno a Madrid, avendogli io domandato se avesse discorso a lungo col suo capo delle cose del Marocco, n'ebbi in risposta che non ne avevano neppure pronunciato il nome. Davvero la nostra è vox clamantis in deserto!

Non è questa certo una ragione per affievolirci nella nostra attitudine di vigilanza, e, per quanto mi concerne, procurerò in tutti i modi di spingere il ministro di Stato a decidersi per quel partito risoluto, che da qualche tempo mi afferma di voler prendere.

Intanto, sono già in grado di rassegnare d'aver avuto campo a convincermi, che non esiste punto nel pensiero del signor Moret, il progetto di mandare uno stazionario da guerra a Tangeri, per assistere il rappresentante di Spagna colà, nelle emergenze, cui si riferiva il rapporto del commendatore Cantagalli in data 20 luglio, da V. E. trasmessomi col suo dispaccio delli 29 stesso mese 3 .

476 2 Si pubblica qui il post scriptum di una lettera personale di Nigra a Brin del 16 giugno 1892: «Ove ciò non le dispiaccia, io le proporrei di tralasciare reciprocamente nella nostra corrispondenza particolare e anche nella telegrafica il titolo di eccellenza. Quanto alla corrispondenza telegrafica mi preme di avvertirla, che salvo suo avviso in contrario, intendo ridurla ai limiti i più ristretti non solo per ragione di economia (che è pure una ragione buona), ma anche nell'interesse della trattazione degli affari. Così del resto eravamo intesi col di lei predecessore. Mi permetto d'impegnarla a far lo stesso, salvi ben inteso i casi d'urgenza, e sempre che ella non ci veda inconveniente, ma ci scorga un vantaggio come io ce lo vedo». 477 l Non pubblicato.

478

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLJ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 679/425. Londra, 5 agosto 1893 (per. il 13 ).

Ringrazio V. E. del dispaccio 31 luglio ultimo 1 , con il quale ella, rispondendo al rapporto che ebbi l'onore di indirizzarle il 9 di quello stesso mese 2 , mi fa osservare, in riguardo alle obbiezioni fatte da lord Rosebery, che nella determinazione della frontiera tripolo-tunisina non si tratta degli effetti più o meno insignificanti che può avere il possesso della breve zona per la quale contendono la Tunisia e la Turchia; ma si tratta di sostenere il principio della integrità dell'Impero ottomano, principio che vulnerato in un punto, potrà esserlo poscia in altri e precisamente nell'hinterland tripolitano attraversato dalle vie che, dall'interno dell'Africa, scendono al mare. Soggiunge V. E. che tale principio sarebbe indubbiamente vulnerato dal momento che, essendo ormai tecnicamente accertato il confine, se il sultano cedesse alle proposte della Francia, non si tratterebbe più di una delimitazione, ma di una variazione di confine.

Non so se nel mio rapporto delli 9 luglio io sia riuscito a mettere in luce abbastanza chiara l'opinione che io mi sono fatta del modo di pensare di lord Rosebery in questo affare speciale ed in generale in tutte le questioni nelle quali egli s'incontra con l'interesse opposto della Francia.

Questa opinione è nata in me dopo di avere a parecchie riprese conversato con l'attuale principale segretario di Stato per gli affari esteri d'Inghilterra sovra questo soggetto. Io lo t:ovai riluttante ad elevare questa questione ad una discus

364 sione di principii, per lui la determinazione della linea di confine fra la Tunisia e la Tripolitania è questione pendente fra i due Stati limitrofi. La commissione di delimitazione ha fatto certi studii e la scelta del tracciato proposto dai commissari ottomani o di quello voluto dalla Francia non ha importanza se un interesse tecnico militare o di viabilità non determina la preferenza da darsi all'uno o l'altro dei tracciati stessi. Finché la linea di confine non è stabilita fra due Paesi che, entrando fra di loro in trattativa per deteminarla, ammettono che essa è indeterminata, non si può parlare di cessione di territori. Il soggetto della trattativa è il riconoscimento della sovranità alla quale i territori stessi appartengono. Lord Rosebery molto difficilmente si rimuoverà da questo suo modo di vedere. Egli si preoccupa manifestamente di non voler adottare di fronte alla Francia un contegno che possa essere sospettato di essere diretto a contrastare a quella Potenza, per partito preso, il passo in qualunque questione. Se la linea tracciata dai commissari ottomani fosse preferibile dal punto di vista militare o commerciale, non dubito che questo signor ministro non esiterebbe ad appoggiare risolutamente la Porta ottomana contro le pretensioni francesi. Ma io ho motivo di credere che se la preferenza della linea anzidetta dipendesse soltanto da ragioni locali di proprietà private, pascoli o tasse, egli non ci seguirebbe facilmente in una via nella quale si eleverebbe a questione di alto principio politico un affare di così scarso interesse generale.

Il R. Governo, a ragione, teme che una soverchia condiscendenza da parte sua in riguardo ad un punto della frontiera tripolitana possa invogliare la Francia a maggiori pretese a pregiudizio del diritto della Turchia sovra l'hinterland della Tripolitania. A questo riguardo però non possiamo dimenticare che tale diritto fu assai mal rispettato nell'accordo anglo-francese che riconobbe alla Francia la facoltà di espandersi sino allago Tchad. Timide furono in quel tempo le osservazioni e le proteste della Turchia e debole assai è stato l'eco che esse trovarono nei Gabinetti del gruppo alleato del quale l'Italia fa parte.

477 3 Non pubblicato. 478 l Cfr. n. 472. 2 Cfr. n. 452.

479

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. RISERVATO 691/433. Londra, 7 agosto 1893 (per. il 13).

Conformemente al desiderio espressomi da V. E. con il telegramma delli 29 di luglio2 , ebbi con l'onorevole generale, conte L. Dal Verme una conferenza circa le trattative qui in corso per la delimitazione delle zone d'influenza verso il golfo di Aden. Egli mi disse, con la competenza speciale che lo distingue nella materia, le cose stesse che già mi risultavano tanto dalle istruzioni ministeriali quanto dall'esame che più volte ebbi l'occasione di fare io stesso delle sfavorevoli condizioni geografiche nelle quali l'Italia si trova per far sentire la sua azione nell'Barar e nello Scioa. Dal

479 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit. pp. 446-447. 2 Cfr. n. 470.

canto mio gli esposi cose che egli avea diggià avuto occasione di leggere nella mia corrispondenza con il R. Governo. Risultò una volta dippiù dimostrato che in questo affare vi sono due criteri diversi che possono guidare la condotta del R. Governo; l'uno che tiene conto quasi esclusivamente degli interessi locali in Africa, l'altro che considera questi interessi congiuntamente a quelli assai più complessi che si connettono con la situazione generale nella quale non conviene all'Italia di mettere in evidenza un suo dissidio anche parziale e limitato con l'Inghilterra. Il primo criterio è suggerito da considerazioni geografiche e dalla necessità nostra di mantenere efficacia agli accordi con l'Etiopia. Il secondo dallo esame della situazione diplomatica ed in ispeciale modo da quella che è creata dalle presenti condizioni dell'Egitto non meno che dagli accordi esistenti fra l'Inghilterra e la Francia rispetto all'Harar. È infatti di manifesta evidenza che il Gabinetto di Londra debba temere, in questo momento, di suscitare a se stesso delle difficoltà con il Governo kediviale, con la Turchia e fors'anche con la Francia se venisse ad introdurre una variazione qualsiasi nello statu quo risultante dalla sua occupazione dei territori e luoghi altre volte presidiati dagli egiziani. E per altra parte può sembrare disputabile se l'accordo che interdice reciprocamente all'Inghilterra ed alla Francia razione nello Harar, conserverebbe il suo valore quando l'Inghilterra cedesse Zeila ed il paese dei Gadabursi ad un paese che da quel patto non è vincolato.

Il generale Dal Verme, considerando la difficoltà di condurre innanzi una trattativa di questo genere in Londra, dove, ad ogni passo, occorrerà interpellare il Governo di Calcutta il quale, a sua volta, dovrà consultarsi con quello di Bombay poi con quello di Aden, suggerirebbe di proporre all'Inghilterra di affidare lo studio della linea di delimitazione ad una commissione che potrebbe riunirsi ad Aden. In sostanza è dal residente per la costa dei Somali il quale soggiorna abitualmente in Aden, che il Governo inglese prenderà avviso circa la linea di delimitazione. Si sa che il residente attuale non annette valore alla conservazione di Zeila nei possedimenti inglesi. Lo studio della linea di delimitazione e l'accordo circa la medesima avrebbero dunque maggiore probabilità di riuscire favorevoli alle vedute del R. Governo se fossero affidati a commissari che si riunissero in Aden. Tale è l'opinione dell'onorevole generale Dal Verme alla quale mi accosterei volentieri se veramente V.E. ritiene che il possesso di Zeila abbia per l'Italia un così gran valore da non poter soprassedere di chiederne la cessione all'Inghilterra anche nelle sfavorevoli circostanze di questo momento.

480

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. 1703 bis 1 . Roma, 8 agosto 1893, ore 14,40.

Ricevuto rapporto circa convegno con Mangascià2 . Anche per questo mi rimetto a V. E. che ben conosce nostri intendimenti e nostra situazione sia verso

2 R. riservato 1169 del 21 luglio (ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 434-438) del quale si pubblica qui solo il passo seguente: «Senza dare soverchia importanza ad un eventuale convegno con Mangascià, questo mi pare probabile, che accettato, gioverebbe assai al partito abissino

366 Menelik sia verso Tigré. Il telegramma 3 posteriore al rapporto annunciante sua venuta ai primi di settembre mi fa presumere convegno avverrebbe dopo suo ritorno costì. In tal caso se ne potrà meglio parlare in Roma.

480 1 Dopo il n. 1759 il registro dei telegrammi in partenza ritorna al n. 1660.

481

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

ANNESSO CIFRATO l. Madrid, 9 agosto 1893.

Le Gouvernement espagnol a des craintes sérieuses que les républicains vont tenter un gros coup, profitant des causes nombreuses aujourd'hui existantes. Zorrilla, d'après des informations que l'on a, voudrait aussi sortir de la longue inaction et les autres chefs malgré leurs dissensions intestines seraient disposés à lui prèter leur appui.

Malgré toutes les précautions déjà prises si ces prévisions pessimistes se réalisent, ce serait certes une chose dangereuse ne fùt-ce que au point de vue mora! et pour le contrecoup que cela pourrait avoir en Portugal.

Par un télégramme de Londres en clair qui a passé par Madrid, le comte de Paris avertisait sa fille du mème danger.

Pendant son pressant séjour ici, la reine Maria Pia a dit à la reine régente et à ses ministres que le roi d'Italie avait appelé, avec succès, l'attention de l'empereur d'Allemagne sur la nécessité de ne pas tolérer que la France favorise un mouvement républicain dans la péninsule ibérique. Le Gouvernement espagnol est toujors convaincu que l'aide principale, mème en fait d'argent, vient de la République voisine.

482

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 1879. Parigi, 12 agosto 1893, ore 18,40 (per. ore 21,05).

Non può più esservi dubbio che nulla varrà ad attenuare il profondo risentimento che qui produrrà la presenza del principe di Napoli alle manovre d'Alsazia-Lorena. L'opinione pubblica scatterà, già ora, in previsione di un fatto, che pure taluni sperano ancora non si avveri. I ministri, per noi meglio disposti, esitano ad impegnarsi a cosa

favorevole all'Italia, crescerebbe la nostra influenza nel Tigré a beneficio della pace, sarebbe per avventura ammonimento efficace al negus neghesti: respinto, offenderebbe l'orgoglio abissino e forse deteminerebbe una corrente (contraria a noi) verso lo Scioa, della quale potrebbe valersi Menelik per continuare o (se mai per il momento ora smettesse) per riprendere più tardi il di lui contegno ostile all'Italia. Naturalmente il convegno non dovrebbe effettuarsi se non dopo avere fatti i conti, ed avere ben determinato le condizioni così per rispetto alle eventuali domande, come per salvaguardia al prestigio italiano». 480 3 T. 1756 del 30 luglio, non pubblicato. 481 l Al R. 721/275, non pubblicato.

che l'opinione possa prendere per una concessione all'Italia. Ed è problematico che dal Consiglio dei ministri del 24 agosto prossimo esca, nella migliore ipotesi, una decisione per l'affare spezzati, che sia una accettazione pura e semplice della nostra proposta, senza alcuna riserva che comporti nuovi indugi; nel qual caso, sopravvenendo poi la visita in Alsazia, il clamore pubblico spingerà all'intransigenza. A qualunque costo segnalo a V. E. di nuovo questa connessione della questione economica, col movente politico; connessione che rende inefficaci argomenti come quelli dati nel suo telegramma di ieri 1• In quanto alla nostra pretesa di rinunzia ad un vantaggio, qui rispondono che anche essi dovrebbero rinunziare al vantaggio di avere nelle loro provincie meridionali molti spezzati che vi sono utilissimi in questo momento di forte trans.azione; talché, ritirando ora i nostri, le popolazioni si querelerebbero2 .

483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, GALLINA

D. 30290/37. Roma, 13 agosto 1893.

Telegrammi da Shanghai recano che pochi giorni fa ebbe luogo a Mien-Yang un conflitto tra cinesi cattolici e cinesi non cattolici, conflitto che avrebbe avuto per effetto la distruzione della chiesa della missione cattolica; i missionari non ebbero però a soffrire alcun danno nelle persone.

Queste notizie mi furono confermate per telegrafo dal r. console in Shanghai, il quale non riferisce però i particolari del fatto. Prego la S. V. di assumere a questo proposito diligenti informazioni, e di richiamare poi sullo spiacevole incidente tutta l'attenzione del Governo cinese, per la stretta applicazione dell'accordo stabilito nel novembre-dicembre del 1888 fra la r. legazione d'Italia e lo Tsung-li-Yamen 1•

Mien-Yang è situato nella provincia di Hupé indicata, fra altre, nella nota del

r. ministro d'Italia, in data del 26 di novembre, come quella nella quale non trovansi che missioni italiane, da cui, il Governo dell'Impero celeste prese impegno di non ricevere alcuna domanda, lagnanza o reclamo che non venisse presentato pel tramite della r. legazione d'Italia.

La missione di Mien-Yang è libera di chiedere o no, secondo che più gli sembri opportuno, l'appoggio della r. legazione, ma qualora essa volesse far pervenire i suoi reclami allo Tsung-li-Yamen o direttamente o per mezzo di altra rappresentanza estera a Pechino, il Governo cinese, in omaggio all'accordo stipulato, dovrebbe rifiutarsi dal prendere i reclami stessi in considerazione.

Gradirò di ricevere a questo proposito dalla S. V. informazioni e schiarimenti 2 .

2 In una lettera personale a Brin del IO agosto Ressman aveva scritto: «Bisogna che il R. Governo si renda conto di un fatto tristissimo, odiosissimo, ma ch'è un fatto. La nostra situazione politica domina e non cesserà di dominare tutti i nostri rapporti con questo Paese, il quale sarà sempre disposto a fare un po' di male a se stesso purché creda di fare con ciò male maggiore a noi. Abbiamo tentato l'applicazione di lenitivi, di calmanti, e giovava poco, ma pure un poco; basta che si qualifichi il viaggio in Alsazia di provocazione perché la belva torni a voler mordere». 483 l Cfr. in proposito serie II, vol. XXII, nn. 13, 296, 383.

2 Cfr. il T. 2580 di Gallina dell'8 ottobre: «Ho ricordato accordo 88 a questo Consiglio dei ministri che mi ha dato formale assicurazione rimanervi fedele». Cfr. anche il n. 559.

482 1 T. 1534, non pubblicato.

484

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 30511/386. Roma, 16 agosto 1893.

Con rapporto in data 5 agosto 1 , V. E. mi conferma l'impressione sua, già manifestatami nel rapporto del 9 luglio 2 circa l'atteggiamento di codesto Governo di fronte alla questione relativa alla delimitazione della frontiera tripolo-tunisina.

Secondo V. E. lord Rosebery, fedele alla sua politica di tenere, rispetto alla Francia, un contegno che non possa essere sospettato d'inceppare, per partito preso, l'azione di quella Potenza, là dove non sono interessi inglesi chiari e precisi, non si indurrà, ora, a prestare il suo appoggio alla Turchia contro le pretese francesi, se non nel caso in cui la linea tracciata dai commissari ottomani sia preferibile dal punto di vista militare, o commerciale. Che se la scelta di quella linea dovesse dipendere da ragioni locali, di proprietà private, di pascoli o di tributi, V. E. non crede che codesto principale segretario di Stato vorrebbe considerare la questione alla stregua dei principii dell'alta politica, quando l'affare si presentasse, invece, come privo di ogni interesse generale.

Malgrado il valore di queste considerazioni, io non potrei credere che, nel momento decisivo, il Gabinetto inglese voglia tenersi in un atteggiamento di tanta indifferenza, di fronte a una questione che è, agli occhi nostri, questione di principio e tale da implicare un vero e proprio interesse di conservazione o di equilibrio nel Mediterraneo. Quali che siano i criterii ed i procedimenti del Governo britannico nelle questioni internazionali, lord Rosebery non può, nel caso presente, dissimulare a se stesso la correlazione che per noi esiste, in base ad intelligenze che egli non può ignorare, fra la situazione in Egitto e le condizioni del rimanente litorale nord-africano. Considerata sotto questo aspetto la questione del confine tripolino tocca indirettamente anche ad interessi tali, per l'Inghilterra, da escludere l'ipotesi di una sua completa indifferenza od inerzia ..

485

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

T. 1919. Marsiglia, 18 agosto 1893, ore 9,10 (per. ore 10,30).

Agente consolare in Aigues-Mortes mi telegrafa essere colà avvenuta, ieri, rissa sanguinosa tra francesi e italiani, nella quale, degli italiani, sette furono

2 Cfr. n. 452. 485 1 Ed. in LV 76, p. 3. Avvertiamo una volta per tutte che i documenti editi in questo Libro Verde sono largamente modificati. Per il punto di vista francese cfr. Documents Diplomatiques Français ( 1871-1914) l'e Série (1871-1900) t ome X (21 aoùt 1892 -31 décembre 1893), Paris, Imprimerie nationale, 1945, nn. 337 sgg.

369 morti, quattro moribondi, venti feriti, e che arrivata truppa si ristabilì, pel momento, la calma. Mi è impossibile recarmi sul luogo perché signor Rocca essendo in congedo e signor Majnoni gravemente ammalato, rimaniamo solamente due funzionari per sentire i ricorrenti ordinari che si affollano in cancelleria 2 . Ho telegrafato all'agente consolare fare inchiesta fra gli italiani della rissa avvenuta, e spedirmi relazione ragguagliata.

484 l Cfr. n. 478.

486

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, DURANDO'

T. 1780. Roma, 18 agosto 1893, ore 14,20.

Anche per effetto morale ritengo indispensabile ella rechisi tosto a Aigues-Mortes donde potrà telegrafarmi esatti particolari 2 . Ho dato ordine telegrafico a Rocca di rientrare al suo posto.

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1788. Roma, 18 agosto 1893, ore 23,55.

Ho ricevuto i suoi telegrammi del pomeriggio 2 circa i fatti di Aigues-Mortes. Le sarà intanto giunto come giunse a me il telegramma3 nel quale il console Durando ha riassunto le deposizioni degli operai a lui condotti dall'autorità locale. Debbo constatare che tanto queste deposizioni quanto i rapporti da lei letti al Ministero dell'interno escludono che siavi stata provocazione da parte dei nostri operai. Giova confidare che sia fatta pronta ed esemplare giustizia. Il manifesto del sindaco che giustifica ed approva l'eccidio e la cacciata dei nostri operai è qualche cosa di enorme. La prego di richiamare sopra un simile documento l'attenzione di codesto Governo il quale sentirà senza dubbio l'obbligo suo di provvedere. Se il male non si tronca tutto dalla radice e si lascia accreditare l'opinione che i nostri operai unicamente perché più laboriosi e più so brii possano essere impunemente espulsi e massacrati le conseguenze ne saranno incalcolabili e codesto Governo ne avrà la responsabilità gravissima 4 .

2 T. 1922, 1926, 1927 e 1928, non pubblicati.

3 T. 1925, non pubblicato.

4 Per la risposta cfr. n. 488.

485 2 Cfr. n. 486. 486 l Ed. in LV 76, p. 4. 2 Risponde al n. 485.

487 l Ed. in LV 76, pp. 7-8.

488

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

T. 1940. Parigi, 19 agosto 1893, ore 18,10 (per. ore 21).

Develle ritornerà appena lunedì sera 2 . Ho, intanto, subito detto al direttore politica, che lo rimpiazza, il sentimento del R. Governo ed il mio proprio sull'antropofago manifesto del sindaco d' Aigues-Mortes; però meno feroce di quello di un articolo del Matin d'oggi.

489

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1952. Washington, 19 agosto 1893, ore 21 (per. ore 7 del 20).

Alle mie ripetute osservazioni verbali circa ritardo nomina ambasciatore americano Roma, segretario di Stato risponde che il ritardo deriva unicamente dalle esigenze interne che spiego con la mia lettera particolare in data d'oggi 1 che prego

V. E. di attendere. Segretario di Stato non ammette che questo ritardo possa essere da parte nostra interpretato come mancanza di riguardo verso l'Italia per la quale mi ha rinnovato sentimenti rispettosi amichevoli.

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DALLA VALLE

T. 1797. Roma, 19 agosto 1893, ore 22,30.

Mentre attendiamo che giustizia si faccia per i casi di Aigues-Mortes, ho fin da ieri sera 1 richiamato in particolar modo l'attenzione del Governo francese sul manifesto del sindaco che con mostruosa aberrazione dichiara legittima soddisfazione la sanguinosa cacciata e l'eccidio dei nostri operai. Il nostro ambasciatore ha istruzione di fare comprendere che qui si tratta d'un atto ufficiale, pubblico, accertato, rispetto al quale non occorre indagine alcuna né può esistere varietà di giudizio. Se tardasse almeno su questo punto la dovuta repressione, la situazione si

2 Risponde al n. 487. 489 l Non rinvenuta. 490 l Cfr. n. 487.

farebbe gravissima, tantoché noi crediamo debito nostro d'informarne fin d'ora, e per ogni evenienza, i nostri alleati, i quali non potranno certo non nconoscere esserci dovuta, a questo riguardo, una immediata riparazione.

488 l Ed. in LV 76, p. IO.

491

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1799. Roma, 19 agosto 1893, ore 23,25.

Ricevo il suo telegramma di stasera 2 . Ritengo che V. E. non si sarà limitata ad esprimere il nostro sentimento sul manifesto del sindaco di Aigues-Mortes ma avrà anche fatto comprendere che noi attendiamo a tale riguardo un pronto provvedimento del Governo francese. Si tratta d'un atto ufficiale, pubblico, accertato, rispetto al quale non occorre indagine alcuna né può esistere varietà di giudizio. L'opinione pubblica qui, è molto eccitata ed assai più si ecciterà se tarda a questo riguardo la dovuta riparazione.

492

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 369/216. Pietroburgo, 19 agosto 1893 (per. il 5 settembre).

Mi si confida che quest'ambasciatore di Francia essendosi infonnato presso il Gabinetto imperiale per sapere quale seguito sarebbe stato dato alla lettera che il re Menelik ha indirizzato anche a S. M. l'Imperatore di Russia ebbe in risposta ch'essa era stata messa agli atti; ma che se in avvenire sorgesse l'opportunità di rispondervi si farebbe ciò senza far menzione del Trattato d'Uccialli e limitandosi solo alle consuete formole di cortesia in uso nella corrispondenza coi sovrani orientali.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1803. Ronza, 20 agosto 1893, ore 13,20.

Questa sera una dimostrazione popolare percorse le vie della città. Carabinieri e guardie impedirono ogni violenza. La dimostrazione due volte penetrò in piazza

2 Cfr. n. 488. 493 I Ed. in LV 76, p. 13.

Farnese donde fu fatta sgombrare dalla pubblica forza. La prima volta furono lanciati sassi che senza far danno al palazzo ruppero i vetri d'un fanale della piazza. Le comunico questi particolari acciocché ella possa smentire ogni contraria versione. Aggiungo ad ogni buon fine che collegio Santa Chiara dove furono abbattuti stemma pontificio e stemma cardinalizio non è collegio di nazionalità né di patronato francese quantunque sia seminario per chierici francesi, e che l'autore dello sfregio fu tosto arrestato deferito all'autorità giudiziaria 2•

491 1 Ed. in LV 76, p. 12.

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1812. Roma, 20 agosto 1893, ore 15,15.

Dodici padri di famiglia italiani hanno telegrafato da Nimes al r. consolato in Marsiglia correre pericolo non potere uscire di casa essere minacciati di morte desiderare rimpatrio. Il r. vice console telegrafò tosto al prefetto del Gard. È però evidente che senza un atto pubblico che dimostri solenne sconfessione del movimento antitaliano preconizzato dal manifesto del sindaco di Aigues-Mortes la situazione si farà minacciosa fra i due Paesi. Mi meraviglio che codesto Governo non senta la gravità della cosa e l'urgenza somma per onore Francia di un provvedimento energico e spontaneo da parte sua.

495

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1973. Vienna, 20 agosto 1893, ore 16,45 (per. ore 17,55 ).

Ho comunicato al conte Kalnoky contenuto del dispaccio di V. E. di questa notte1 . Egli riconosce gravità dei fatti ed è d'avviso che il Governo francese dovrebbe dare soddisfazione immediata. Kalnoky, di sua propria iniziativa, farà conoscere questo suo sentimento al Governo francese, nell'interesse europeo. Crede non dovere intervenire ufficialmente per non aggravare situazione 2 .

pari data. 494 l Ed. in LV 76, p. 15. 495 1 Cfr. n. 490.

2 Brin incaricò Nigra con T. 1819 dello stesso 20 agosto di ringraziare vivamente Kalnoky del quale apprezzava «pienamente il corretto ed amichevole pensiero».

493 2 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. 1804,

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MAROCHETTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DALLA VALLE

T. 1816. Roma, 20 agosto 1893, ore 23,25.

I particolari dei fatti d' Aigues-Mortes venendo man mano a conoscenza del pubblico hanno determinato una agitazione sempre più crescente. Il Governo si adopera con ogni mezzo a calmarla, ma è evidente che, se continua a mancare una soddisfazione qualsiasi da parte del Governo francese, i nostri sforzi a poco gioveranno. Ciò che la pubblica coscienza soprattutto si aspetta è un provvedimento contro il sindaco di Aigues-Mortes, il quale, nel suo manifesto, legittima la strage, dichiarandola giusta soddisfazione dovuta agli operai francesi. Intorno a questo punto stimo utile comunicarle il seguente telegramma or ora giuntomi da r. ambasciatore in Vienna: «Ho comunicato al conte ... (vedi telegramma

n. 1973 da Vienna) 1».'

497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. CONFIDENZIALE 1817. Roma, 20 agosto 1893, ore 23,15.

*Mi rendo ragione delle particolari difficoltà del momento 1• Ma pur sento l'obbligo assoluto di insistere per un immediato provvedimento* 2 rispetto al sindaco. La sua destituzione è ormai il solo modo di troncare una agitazione che si vien facendo sempre più pericolosa e di permettere indi il pacifico e normale svolgimento della situazione. Non posso rassegnarmi al pensiero che, avendo così semplice e facile modo di soluzione, codesto Governo esiti ad adottarlo esponendo entrambi i Paesi alle più gravi eventualità. Come sintomo della situazione le dirò che ho dovuto fermare oggi un telegramma diretto alla Dalziel di Parigi nel quale apertamente si enunciava la previsione di una guerra tra i due Paesi.

pari data. 497 1 Con T. 1972 dello stesso 20 agosto Ressman aveva comunicato: il direttore degli affari politici Nisard «osservò, deplorando, che nelle circostanze del momento attuale, in piena crisi elettorale, i ministri essendo lontani l'uno dall'altro, ogni rapida risoluzione era impossibile».

2 Il passo fra asterischi è ed. in L V 76, p. 16.

496 1 Cfr. n. 495. Il telegramma di Nigra fu comunicato anche all'ambasciata a Parigi con T. 1815,

498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1820. Roma, 20 agosto 1893, ore 23,55.

Venne oggi alla Consulta l'incaricato d'affari di Francia. Egli ammette la piena legittimità della nostra aspettazione di un pronto provvedimento rispetto al sindaco di Aigues-Mortes. Ritengo che in questo senso avrà costì telegrafato. Avendo però egli accennato alla possibilità che la soddisfazione abbia a consistere in una spiegazione del manifesto, ed essendo probabile che egli metta costì innanzi siffatto concetto, debbo nettamente dichiarare che una simile soluzione sarebbe ed in se stessa, ed in relazione con la attuale situazione, assolutamente insufficiente.

499

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1821. Roma, 21 agosto 1893, ore 0,35.

Questa sera nuova dimostrazione percorse la città. Ordini precisi erano stati dati per impedire accesso alle due ambasciate di Francia ed agli stabilimenti francesi. Un gruppo di dimostranti tentò penetrare piazza Farnese ma fu tosto respinto. Sfortunatamente mentre ciò avveniva un altro gruppo girando per i vicoli dietro palazzo trovò cordone di truppe meno poderoso che riuscì sfondare penetrando così a ridosso nella piazza. Ne seguì violenta colluttazione durante la quale furono gettati sassi contro i vetri del palazzo e si tentò forzare inferriate. Due ufficiali furono feriti. La piazza sgombrata fu tosto occupata da truppe sopraggiunte rinforzo. Dimostranti tentarono pure accostarsi ambasciata presso Santa Sede ma furono vigorosamente respinti 2 . L'ordine di non lasciare penetrare i dimostranti in piazza Farnese essendo perentorio, e l'esecuzione di quest'ordine essendo mancata per insufficienza delle disposizioni prese, il prefetto ed il questore sono stati tosto sospesi e si procederà ora ad inchiesta per precisare le responsabilità. Intanto tutto ciò prova quanto siano fatali gli indugi del Governo francese.

2 Fin qui il telegramma fu trasmesso in chiaro.

498 1 Ed. in LV 76, p. 17. 499 l Ed. in LV 76, p. 18.

500

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1984. Aigues-Mortes, 21 agosto 1893, ore 9,55 (per. ore 12,50).

Informazioni da me assunte da ogni fonte affermano che gli italiani furono i primi ad assalire un riparto di loro compagni francesi. Allora i francesi si sono uniti per vendetta: donde la selvaggia persecuzione. Ora tutto è tranquillo. Autorità civili e militari francesi furono di una cortesia estrema. Ritorno questa sera a Marsiglia.

501

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. 1825. Roma, 21 agosto 1893, ore 12,45.

I miei telegrammi di ieri sera e stamane2 le mostrano quanto grave sia la situazione. Essi le mostrano altresì che da parte sua il R. Governo non ha esitato neppure un istante, di fronte agli eccessi occorsi ieri sera, a prendere i provvedimenti necessari per mettere interamente fuori di causa la propria responsabilità. Ma è evidente che una Nazione intera non può aspettare indefinitamente che giustizia le sia fatta. Se tarda da Parigi l'attesa e dovuta riparazione, vano sarà ogni nostro sforzo per frenare la crescente agitazione. Se il signor Develle non è tornato ella deve recarsi senza indugio dal presidente del Consiglio, vederlo personalmente ad ogni costo, e non uscire dal colloquio senza avergli fatto comprendere la gravissima responsabilità che si assume non accordandoci subito quanto meno quel principio di riparazione di cui l'atto enorme del sindaco di Aigues-Mortes gliene fornisce facile modo. Sono circostanze solenni nelle quali per evitare danni irreparabili un ambasciatore può se occorre giungere fino al capo dello Stato3 .

502

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 1999. Parigi, 21 agosto 1893, ore 19,30 (per. ore 22).

Ho avuto ora lungo colloquio col presidente del Consiglio che ho con tutti argomenti possibili tentato persuadere estrema urgenza risoluzione radicale. Devo

2 Cfr. nn. 496, nota l, 497, 498 e 499.

3 Per la risposta cfr. n. 502.

anzitutto constatare che mi parlò nel modo il più conciliante e non ebbe una sola parola dura pei fatti avvenuti da noi riconoscendo il buon procedere del R. Governo. Mi espresse suo rammarico che, essendo egli il solo ministro presente nel gravissimo momento delle elezioni, che tutto assorbirono, non potè fare e decidere da sé ogni cosa, quantunque subito colpito dal manifesto, credette dovere lasciare presiedere sindaco di Aignes-Mortes, che è funzionario elettivo, alle elezioni di jeri, per non rieccitare passioni di una popolazione, uscita da sì grandi torbidi. Ma fin da questa mattina, egli lo sospese dal suo ufficio e lo chiamò a Parigi insieme al prefetto del Gard. Lo vedrà domani alle 3; lo farà poi con atto completorio. Misi tutto in opera per indurlo a pronunziare subito destituzione, ma mi rispose che in fatto, con la sospensione, sindaco già più non funzionava, che gli era indispensabile, prima di andare oltre, di conferire col ministro degli affari esteri, che ritornerà nella notte; che, in ogni caso, destituzione doveva farsi con decreto presidenziale. Mi affermò e ripetè che non poteva fare né più presto né altrimenti, esprimendo speranza che V. E. e il R. Governo comprenderanno ragioni che a lui s'impongono. Suo linguaggio fu tale da !asciarmi fede che domani sera seguirà alla sospensione la revoca, e che egli non aspetterà neppure il Consiglio dei ministri del 24 per fare firmare decreto presidenziale. Dupuy protestò quando gli parlai di movimenti anti-italiani, dicendo che gli eccessi operai furono fatti isolati, e deplorando che, invece, da noi si manifestò vero movimento anti-francese 1 .

501 l Ed. in LV 76, p. 19.

503

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 726/450. Londra, 21 agosto 1893 (per. il 29).

Fissati alcuni punti di massima circa le cose del Siam, l'Inghilterra e la Francia sono convenute fra di loro di studiarne e discuterne l'applicazione quando sarà chiuso il periodo delle elezioni generali francesi. Dell'ultima tensione dei rapporti fra i due Governi resta certamente memoria ugualmente dispiacevole nei due Paesi. Né l'uno, né l'altro, pur cantando vittoria, stima essere uscito dalla difficoltà con piena soddisfazione di amor proprio e di interessi. Vantano naturalmente i francesi l'umiliazione del Siam, l'acquisto dei territori, la rinvigorita posizione morale e materiale consolidata nell'Indo-Cina. Affermano benché più timidamente gli inglesi di aver ottenuto tutto ciò che hanno domandato; cioè il rispetto del paese ceduto dall'Inghilterra al Siam sotto la condizione espressa che questi non lo cederebbe ad altri, la formazione dello Stato intermedio fra i possessi anglo-indiani e l'lndo-Cina francese, e perfino l'integrità del Regno siamese poiché dalla Francia si afferma e si mantiene che i territori tolti al Siam appartenevano all'Hanam. Mi pare certo

che né gli uni né gli altri abbiano ragione di essere contenti. I francesi sentono che, davanti l'imminente conflitto armato con la Gran Bretagna, non hanno osato avanzare. Gli inglesi comprendono che il loro prestigio in Asia ha sofferto grandemente.

Vi sono lati secondari della situazione che vogliono pure essere considerati. Parlo di quelli che osservo nel paese dove mi trovo. È ormai accertato che nei giorni nei quali le maggiori risoluzioni s'imponevano, si manifestò nel Gabinetto presieduto dal signor Gladstone quella doppia corrente di tendenze opposte che paralizza la politica esteriore dell'Inghilterra. Persone che possono esserne perfettamente informate, mi hanno assicurato che se all'energia di lord Rosebery avessero dovuto seguire i fatti, la scissione nel Gabinetto sarebbe stata inevitabile. Credo meno bene informati coloro che attribuiscono la partenza di lord Rosebery per Amburgo, non al consiglio del medico, ma al dispetto suo verso taluni suoi colleghi ed al desiderio di separare ormai la politica sua da quella del Gabinetto G!adstone. Certamente quando m'incontrai l'ultima volta con Iord Rosebery alla vigilia della sua partenza per il continente, egli non mi lasciò l'impressione di un uomo soddisfatto, bensì piuttosto egli mi appariva come persona rassegnata al meno male possibile.

Durante il periodo acuto del conflitto siamese, udii questo primo ministro per gli affari esteri contemplare pacatamente la eventualità della guerra, calcolare freddamente che, se questa scoppiava fra l'Inghilterra e la Francia, i numerosi nemici di quest'ultima non avrebbero potuto rimanere inerti spettatori della lotta. Ma io non udii da lord Rosebery sillaba che accennasse a domanda di mediazione d'altre Potenze, o di alleanze. Il concorso altrui nella guerra era, nelle previsioni sue, reso necessario dalla cura che ciascuno deve avere dei propri interessi dell'avvenire. Dico questo perché mi pare utile che il R. Governo sappia che la situazione preveduta ed analizzata nelle sue conseguenze a Berlino per il caso in cui l'Italia o la Germania avessero dovuto assumere I'uffizio di courtiers complaisants 1 , non mi sembra sia mai stata qui contemplata dal ministro dirigente la politica esteriore dell'Inghilterra. Egli tasteggiò con molta cautela di linguaggio l'Italia e la Germania. Ignoro ciò che facesse rispetto all'Austria-Ungheria. Avrei però qualche motivo di credere che da quella parte egli si sia astenuto da qualsiasi pratica. Non è Iord Rosebery tale uomo da non aver meditato Io scopo delle sue mosse. Né egli ignora che, nello stato delle cose, l'iniziativa di una mossa verso l'Inghilterra non poteva venire che dalla Potenza maggiore nel gruppo dell'alleanza centrale. Dalla parte dell'Italia egli aveva soltanto interesse ad accertarsi che il nostro Governo non sarebbe rimasto inerte davanti al pericolo che la forza navale dell'Inghilterra dovesse soccombere nella lotta con la Francia. Ritengo che da un pezzo le idee di Iord Rosebery sovra quest'ultimo punto debbono essere ben stabilite nel senso che l'Italia considera come questione d'interesse comune con I'Ighilterra il mantenimento dell'equilibrio delle forze navali principalmente nel Mediterraneo. E quanto all'altro punto, con la riserva e la discrezione che la gravità del momento imponeva, stimo aver lasciato comprendere a Sua Signoria che l'azione dell'Italia non poteva essere che coordinata con quella della Germania.

Ho avuto il sospetto, nei giorni decisivi del conflitto del Siam, che due cose trattenessero lord Rosebery dal prendere più vigorose risoluzioni. Per vincere le difficoltà creategli dai colleghi nel Gabinetto era mestieri si producesse un fatto che lo autorizzasse a rompere gli indugi con la certezza di strascinare con sé l'opinione pubblica inglese. Credo che ciò si sarebbe verificato se l'ammiraglio francese avesse intimato alle cannoniere inglesi la partenza da Bangkock, L'ammiraglio si dimostrò prudente e tolse al ministro della regina l'occasione di dimostrarsi audace. Ma non solamente trattenne lord Rosebery il timore di non essere sostenuto bastantemente dall'opinione pubblica dell'Inghilterra, egli rimase, a parer mio impressionato dalla riserva della Germania. Sarebbe forse troppo arrischiato il mio giudizio se io affermassi che egli ha potuto interpretare quel contegno come inspirato da timidità al Gabinetto di Berlino. Però per ben giudicare della impressione che può essersi prodotta qui dal contegno della Germania in quest'occasione, non bisogna pretermettere di osservare che in Inghilterra non si professa generalmente una fede assoluta nella superiorità delle forze della Triplice Alleanza in confronto di quelle della Francia spalleggiata dalla Russia. Non potrei perciò opinare che il calcolo fatto a Berlino che la riserva delle Potenze della Triplice Alleanza nella questione del Siam possa dare da pensare all'Inghilterra ed indurla ad accostarsi ad essa, sia per riuscire. I contatti coloniali potranno certamente far nascere altri incidenti fra l'Inghilterra e la Francia simili a quelli del Siam. Ma io ritengo che in quest'ultimo incidente l'una e l'altra abbiano imparato qualche cosa. A Parigi ormai si deve sapere che esiste un limite anche nella tolleranza della politica inglese e che l'Inghilterra non ha ancora rinunziato completamente a fare la guerra. A Londra si sa che chi facesse la guerra alla Francia corre il rischio di restare solo a farla. Mi pare che questi insegnamenti della esperienza renderanno ugualmente caute le due Nazioni e che se alcuno avesse pensato che il Siam costituirebbe fra le medesime quel pomo di discordia che fu lanciato nell'affare di Tunisi fra le due principali Potenze del Mediterraneo, il calcolo sia da considerarsi come fallito. Né l'una né l'altra delle due Nazioni ha morso all'amo e ne è prova che, benché scontente entrambe, si accorderanno fra di loro per un componimento di cui il Siam farà le spese.

E per questi motivi io ritorno alla conclusione di altro mio rapporto 2 che, nell'interesse nostro sarebbe stato che fra i Gabinetti di Londra e di Parigi la tensione dei rapporti non avesse mai raggiunto il grado di acuità che essa ebbe nelle settimane passate.

502 1 In L V 76. p. 20 è pubblicato un telegramma che si richiama al presente. La stessa osservazione vale per i nn. 507. 510. 512 e 513 cui si richiamano documenti pubblicati in LV 76, pp. 25 e 29.

503 l Cfr. n. 468.

504

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 727/451. Londra, 21 agosto 1893 (per. il 29).

Con il corriere di Gabinetto arrivato ieri, ho ricevuto il dispaccio ministeriale delli 16 corrente 1 , relativo alla delimitazione della frontiera tripolo-tunisina. Era

mio dovere di far conoscere a V. E. il punto di vista dal quale il Gabinetto inglese considera quella questione. Per esso la questione stessa si pone in questi termini: dove dalle ctue parti si ammette la necessità di precisare il confine, non di fare soltanto la materiale demarcazione del medesimo, non può sorgere la questione della cessione di territorio per il fatto che l'una all'altra linea di frontiera sia preferita. Le Potenze potrebbero tuttavia avere un interesse proprio nella preferenza dell'una o l'altra linea, quando tale preferenza fosse giustificata da ragioni strategiche, o di viabilità commerciale.

Stando al suo ultimo dispaccio codesto r. ministero sembra credere che l'Inghilterra sia rimasta completamente indifferente quando noi l'abbiamo invitata a seguirei nell'azione diretta ad incoraggiare il sultano a tenere fermi i suoi diritti territoriali, riconosciuti dai suoi commissari, contro le pretensioni dei franco-tunisini. Ciò non è esatto in linea di fatto. Lord Rosebery mi significò di aver impartito in proposito istruzioni all'ambasciata inglese a Costantinopoli. Dippoi egli s'informò presso di me delle ragioni che potevamo avere nello spiegare siffatta azione ed, in questa circostanza, dimostrò quale era in questo affare il suo modo di vedere. Non mancherò naturalmente di insistere, quando ne potrà essere il caso, nel nostro, però dubito assai che qui vi sia presentemente favorevole disposizione per adottarlo.

Ma nel dispaccio al quale rispondo vi è cosa di molto momento, della quale non mi posso rendere perfettamente ragione e sovra la quale mi occorre quindi chiedere a V. E. di essere prontamente illuminato. V. E. mi scrive che «quali che siano i criteri ed i procedimenti del Governo britannico nelle questioni internazionali, lord Rosebery non può, nel caso presente, dissimulare a se stesso la correlazione che, per noi, esiste, in base ad intelligenze che egli non può ignorare, fra la situazione in Egitto e le condizioni del rimanente litorale nord-africano». Poi ella soggiunge: «Considerata sotto questo aspetto, la questione del confine tripolino, tocca indirettamente anche ad interessi tali, per l'Inghilterra, da escludere l'ipotesi di una sua completa indifferenza od inerzia». La cognizione che io ebbi finora degli accordi esistenti fra l'Italia e l'Inghilterra non basta a spiegarmi il significato delle parole di V. E. Io non conosco intelligenze delle quali lord Rosebery debba essere informato cd alle quali io potrei richiamarlo mettendo in connessione fra di loro la situazione in Egitto e la questione della determinazione del confine fra la Tripolitania e la Tunisia. lo sarei, pertanto, riconoscente a V. E. se ella mi desse in proposito sollecito schiarimento, affinché non avvenga, per colpa mia involontaria, che un interesse del nostro Paese non sia sostenuto con ogni mezzo possibile 2 .

Trovandomi oggi a parlare con sir Ph. Currie che, durante l'assel17a di lord Rosebery riceve le comunicazioni d'indole politica al Foreign Office, gli dissi che, dai rapporti comunicatimi da V. E. risultava che la brigata francese in Tunisia sarebbe presto portata ad un'intera divisione 3 . Si poteva ragionevolmente credere che tale aumento di forze fosse fatto in reìazione alle difficoltà incontrate nella delimitazione verso Tripoli. Era mestieri non perdere d'occhio questi preparativi,

504 2 Per la risposta cfr. n. 525. 3 Cfr. n. 475, nota 2.

poiché un incidente di qualche gravità era sempre da temersi da quella parte. Senza consentire, né dissentire in questo mio apprezzamento, il sotto-segretario di Stato replicò che egli aveva creduto che la brigata francese in Tuni~ia avesse sempre avuto un effettivo più considerevole di quello ordinariamente compreso in tale denominazione. I francesi dovevano avere fra i 9 e 10.000 uomini in Tunisia. Se la brigata divenisse divisione, forse l'aumento effettivo numerico delle truppe non riuscirebbe molto sensibile. Gli feci osservare che io non aveva finora ricevuto istruzione di chiamare l'attenzione del Foreign Office sovra questa circostanza e ne parlava perciò a titolo informativo. L'Inghilterra non poteva essere interessata meno di noi a prevenire le sorprese che altri forse stavano preparando.

503 2 Cfr. n. 464. 504 I Cfr. n. 484.

505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN1

T. 1835. Roma, 22 agosto 1893, ore 3,45.

Ho successivamente ricevuto i due telegrammi2 . La ringrazio e riconosco che il linguaggio del presidente del Consiglio non poteva essere improntato a maggiore elevatezza di sentimenti. Di fronte alle dichiarazioni del signor Dupuy ed al convincimento di lei che la revoca non tarderà a seguire la sospensione del sindaco, la autorizzo a dichiarare che, apprezzando le dimostrateci amichevoli disposizioni, non dubitando che un atto definitivo, egualmente spontaneo, seguirà tosto la sospensione del sindaco, e pienamente confidando, per la punizione dei colpevoli, sull'opera efficace ed imparziale del magistrato francese, il R. Governo è lieto di poter considerare come soddisfacentemente chiuso l'attuale incidente. Non mi dissimulo e non posso dissimulare ai ministri francesi che la revoca del sindaco è la sola soddisfazione di cui, checché si concordi tra i due Governi, possa effettivamente appagarsi la pubblica opinione profondamente ferita dall'odioso manifesto. Confido, quindi, nel reciproco interesse, che non tardi il definitivo provvedimento. Tuttavia, sperando di poter intanto calmare l'agitazione e sopratutto premendomi di lasciare a quel provvedimento un carattere di piena spontaneità farò pubblicare domani una nota ufficiosa così concepita: «Il ministro degli affari esteri ha autorizzato il r. ambasciatore a Parigi a dichiarare che, dopo la sospensione, spontaneamente decretata, del sindaco di Aigues-Mortes dalle sue funzioni, il R. Governo, apprezzando le amichevoli disposizioni dimostrategli dal Gabinetto di Parigi, ed avendo, per la punizione dei colpevoli piena fede nell'opera efficace ed imparziale del magistrato francese, è lieto di poter considerare come soddisfacentemente chiuso l'attuale incidente».

505 t Ed. in LV 76, pp. 21-22. 2 Cfr. n. 502. Il T. 1992 del 21 agosto non è pubblicato.

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. URGENTE 1837. Roma, 22 agosto 1893, ore 13,05.

Sento di dover aggiungere poche parole al mio telegramma della notte scorsa 1 . Confido che i ministri francesi apprezzeranno il procedere con cui ho voluto lasciare ad essi pieno e pubblico il merito della spontaneità per la destituzione del sindaco. Ma debbo confermarle che la commozione qui continua ad esser grave, e che, se quel provvedimento mancasse o si facesse troppo aspettare, avrei vivo timore di vedere irreparabilmente compromessa quell'opera di conciliazione a cui ho voluto contribuire dichiarando senza esitazione la chiusura dell'incidente. V. E. non potrà mai adoprare sufficiente intensità di linguaggio per esprimere l'urgenza assoluta che una buona notizia da Parigi tronchi ogni agitazione.

508

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2022. Parigi, 22 agosto 1893, ore 20,50 (per. ore 21,45).

Ricevo da Develle, dopo il suo convegno col presidente del Consiglio, lettera che riassumo: «Sindaco inviò dimissioni al ministro dell'interno. Questi credette non poterle accettare, giudicando indispensabile che una seria inchiesta stabilisca condotta sindaco, il quale pretende aver protetto gli operai italiani. In tal caso potrebbe accettarsi dimissione, altrimenti dovrà destituirlo. Presidente della Repubblica potendo solo destituirlo, questione gli sarà sottomessa giovedì».

508,

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2029. Parigi, 23 agosto 1893, ore 12 (per. ore 14,45).

Aiutante di campo del duca d'Aosta annunzia che Sua Altezza reale ritornando Italia passerà Parigi sabato prossimo. Gli [rispondo] che in questo momento non

506 I Cfr. n. 505.

382 potrei rendermi garante che il duca d'Aosta, alla vigilia del viaggio del principe di Napoli, non riceva qualche affronto in Francia. Se pare a V. E., come a me, prudente evitarlo, la prego di telegrafare Londra 1 .

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN 1

T. URGENTE 1843. Roma, 23 agosto 1893, ore 12,20.

Rispondo senza indugio al suo telegramma 2• La destituzione pura e semplice del sindaco è certo il provvedimento che meglio corrisponde alla situazione e che meglio sarà apprezzato dalla pubblica opinione. Il Governo francese, nel suo stesso interesse, non dovrebbe esitare ad appigliarsi a quel partito. In ogni modo, poi, e qualora, non astante il proprio convincimento, e gli officii di lei, il Governo francese si limitasse ad accettare la dimissione, non possiamo veramente dubitare che il provvedimento serebbe adottato e pubblicato in termini tali da escludere assolutamente ogni possibilità di dubbiosa interpretazione sul carattere e la portata del provvedimento stesso.

510

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2041. Parigi, 23 agosto 1893, ore 17,40 (per. ore 22,30).

Ho rimproverato a Develle d'aver mancato promessa, spontaneamente fattami ottenere destituzione sindaco. Egli mi ha risposto che quando presidente del Consiglio annunziò al sindaco che sarebbe revocato, questi si mise a piangere e giurò che col manifesto impedì eccidio maggiore, e che, cinto della sua sciarpa, protesse, frapponendosi con rischio di vita, partenza italiani. Develle lo qualificò d'imbecille e di bruto, e mi ha detto che quando ieri, dopo il nostro colloquio, andò a chiedere immediata revoca Dupuy, questi aveva bensì deciso non accettare dimissioni sindaco, ma credeva necessaria inchiesta per accertare sue affermazioni. Develle ripetè mio fiato per ridire ancora che il manifesto sussisteva ed era ingiustificabile.

pregare il duca d'Aosta di scegliere la via del Gottardo. 509 1 Ed. in L V 76, p. 28.

2 T. 2023 del 22 agosto, non pubblicato.

508 l Con T. 1853, pari data, non pubblicato, vennero date istruzioni all'ambasciatore a Londra di

511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 1857. Roma, 24 agosto 1893, ore 0,20.

Rispondo senza indugio al suo telegramma di stasera 1 relativo al sindaco. Come già le telegrafai stamane2 deve essere in ogni ipotesi cosa assolutamente intesa che se, invece della destituzione, si accetta la dimissione, il provvedimento sarà pubblicamente motivato nel senso che sarebbe stata meritata la destituzione, ma si accetta invece la dimissione unicamente per essere risultato dimostrato che il sindaco salvò effettivamente degli italiani con pericolo della sua vita. Però io persisto a pensare che la destituzione pura e semplice è la sola soluzione veramente conveniente, mentre altra metterebbe in una posizione delicata tutti quanti, Dupuy, Develle, lei e me specialmente che, avendo avuto piena fede nelle parole a lei dette, me ne resi in certo modo garante. Certo la mia posizione diventerebbe insostenibile per avere peccato di soverchia fiducia. Ma la conservazione delle buone relazioni tra i due Paesi è cosa talmente superiore che non ritornerei sulla parola da me data di considerare chiuso l'incidente, salvo a provvedere alla mia dignità con una risoluzione che concernerebbe solo la mia persona. Cerchi di vedere ancora Develle prima del Consiglio.

512

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2053. Parigi, 24 agosto 1893, ore 13,30 (per. ore 16,10 ).

I ministri partirono sino dall'alba per Fontainebleau, ove Consiglio cominciò alle 10. Spero, nondimeno, Develle, avrà, prima del suo ritorno, sunto del tele-· gramma di V. E. 1 che Nisard mi promise inviargli subito. Come V. E., così ebbi anch'io, nella più pericolosa delle situazioni, principalmente la pace in vista, e la ringrazio d'una risoluzione che la onora altamente. Bisognava, ad ogni costo, chiudere incidente. Paese giudicherà più tardi se sia stata facile l'opera mia, quando, dopo l'annunzio del viaggio di Alsazia, che qui destò il più possibile profondo ed universale risentimento, bisognava strappare una qualche riparazione, pure evitando che, per i gravissimi fatti accaduti in Italia, si producesse uno scoppio, e ci si rispondesse con esigenze inammissibili. Intanto già comincia nella stampa il crescendo per quel viaggio.

51 l l Cfr. n. 510. 2 Cfr. n. 509. 512 1 Cfr. n. 511.

513

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2058. Parigi, 24 agosto 1893, ore 20,30 (per. ore 22,50).

Develle mi comunica nota redatta per l'Havas dopo Consiglio dei ministri così concepita: «Ministro dell'interno fece conoscere Consiglio dei ministri che sindaco aveva indirizzato dimissioni al prefetto. Le prime informazioni raccolte dall'inchiesta stabilendo che sindaco protesse rischio di vita operai italiani, ministro dichiarò che, in questa condizione e per quanto fosse regrettable la proclamazione che motivò decreto sospensione, egli non credeva, nello stato attuale delle cose, dover proporre altra misura».

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 1870. Roma, 25 agosto 1893, ore 0,45.

Non le nascondo che la nota Havas, comunicatale dal signor Develle 1 , mi fa una pessima impressione. In ogni modo, avendo sotto gli occhi il sunto della lettera a lei diretta ieri l'altro dal signor Develle 2 , non posso menomamente dubitare che la dimissione del sindaco sarà stata accettata. È questo un punto che va subito chiarito. Imperocché, se altrimenti fosse, ne sorgerebbe, come ella può ben comprendere, un incidente grave 3 .

515

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

T. URGENTE 2070. Parigi, 25 agosto 1893, ore 18,15 (per. ore 20,15).

Ecco la dichiarazione categorica testuale che mi fa Develle: «Sono io che mi sono opposto all'accettazione immediata della dimissione del sindaco, dicendo che,

2 Cfr. n. 507.

3 Per la risposta cfr. n. 515. 515 l Ed. in LV 76. p. 30.

se egli non potrà provare essersi condotto tanto eroicamente come afferma, bisognerà destituirlo, e che, dopo accettazione dimissione, ciò più non si potrebbe. Se il Governo italiano desidera invece che la dimissione sia subito accettata, ciò sarà fatto ad un suo cenno. In nessunissimo caso, poi, il sindaco, che non è più in funzioni, vi sarà rimesso». Domandai a Develle quanto potrà durare l'inchiesta, rispose circa otto giorni. Prego ora V. E. telegrafarmi se vuole immediata accettazione dimissione2 . Develle, che parte fino a mercoledì prossimo, ha già lasciato per tal caso sue istruzioni.

514 l Cfr. n. 513.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN1

T. 1882. Roma, 26 agosto 1893, ore 13,30.

Desidero che ella faccia pervenire al signor Develle i miei ringraziamenti per le sue franche e cordiali spiegazioni2 . Agli occhi miei sta, sopra ogni altra considerazione, l'evidente e comune interesse che si chiuda l'adito ad ogni ulteriore polemica

o recriminazione. Da questo punto di vista mi sembra preferibile l'immediata accettazione della dimissione del sindaco, ed io la prego poiché ora è data a noi la facoltà, di fare conoscere che tale è il nostro pensiero. Le precedenti e le attuali dichiarazioni del Governo francese rispetto al sindaco costituiscono una amplissima e categorica sconfessione. In ciò e non nella materialità del provvedimento consiste l'obiettivo nostro, che consideriamo quindi oramai pienamente raggiunto anche con l'immediata accettazione della dimissione.

517

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2077. Parigi, 26 agosto 1893, ore 20,15 (per. ore 21,45 ).

Acceptation de la démission du maire de Aigues-Mortes est un fait accompljl. Nisard me communique note officieuse déjà envoyée agence Havas ainsi conçue: «On sait que le maire suspendu de ses fonctions à raison de sa proclamation avait adressé au préfet du Gard une lettre dans laquelle il déclarait s'incliner devant

2 Cfr. n. 515. 517 l Sin qui ed. in LV 76, p. 31.

cette mesure et offrait démissions. Les renseignements recueillis pour l'enquète établissant que le maire a protégé au péril de sa vie les ouvriers italiens, le Gouvermement a décidé d'accepter sa démission 2».

515 2 Per la risposta di Brin cfr. n. 516. 516 l Ed. in LV 76, pp. 30-31.

518

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2083. Parigi, 27 agosto 1893, ore 15,45 (per. ore 18).

Come già ho riferito a V. E. 1 , Develle venne da me, dopo il Consiglio dei ministri di giovedì, a portarmi, non solo informazione decisione presa circa spezzati, ma anche, e principalmente, per annunciarmi, in persona, deliberazione Consiglio circa sindaco. Questa premurosa visita personale costituisce una riparazione di più, e non è senza peso dopo l'assedio del palazzo Farnese. Quando, nel nostro ultimo colloquio di ier l'altro, dissi al ministro degli affari esteri che rimpiangevo essere stato egli assente nel momento in cui fu pubblicato manifesto sindaco, egli con forza mi rispose che certamente avrebbe fatto destituire sull'istante il sindaco, coerente al severissimo giudizio da lui già prima espressomi, su quell'atto; infine giovare bene porre in chiaro che colle parole: «En l'état» la pena pubblicata dopo il Consiglio dei ministri implicitamente riconosceva che la destituzione sindaco stava ancora sospesa sul suo capo. Immediata accettazione dimissione fu voluta da noi. Ultima dichiarazione fattami da Develle non lascia dubbio a questo riguardo, e, dunque, non vedo sofismi con i quali si possa sostenere non esservi stata riparazione; anzi coll'averci, il ministro degli affari esteri, lasciato scelta tra la accettazione immediata dimissione e la (ancora possibile) destituzione, egli ha dato al provvedimento un carattere nettissimo di vera riparazione, togliendogli carattere di un atto puramente volontario.

519

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2084. Parigi, 27 agosto 1893, ore 15,45 (per. ore 18).

Incidente sindaco è chiuso. Domanda riunione delegati monetari è fatta e fin a quella nulla di più può essere ottenuto. Prego V. E. telegrafarmi se in vista delle considerazioni già espostele, ella non stimi giunto per me estremo momento partire

zioni fornitemi da quell'agente consolare durante la mia dimora colà, sindaco s'adoperò a tutt'uomo per salvare italiani assediati nella panetteria che il 16 agosto telegrafò ripetutamente a Nimes per aiuto e che nel suo proclama concetto dominante fu tradito da una frase. Ciò stante, e sopratutto in seguito all'impressione riportata dalle dichiarazioni fattemi dal sindaco stesso al mio arrivo ad Aigues-Mortes, secondo mia coscienza, esso meriterebbe di essere mantenuto in carica». 518 l T. 2060 del 24 agosto, non pubblicato.

in congedo. Pronto a regolarmi secondo le convenienze e la volontà del R. Governo, devo, però, esprimere parere che, per evitare incidenti, sarebbe opportuno che io non fossi qui quando avrà luogo viaggio Alsazia 1 .

517 2 Cfr. quanto comunicò Durando da Marsiglia con T. 2110 del 30 agosto: «... secondo le informa

520

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2086. Parigi, 27 agosto 1893, ore 15,45 (per. ore 18).

Figaro, riferendo, secondo giornali inglesi, comunicazione che, circa questione spezzati, mi fu fatta da Develle1 , aggiunge: «Vogliamo sperare riproduzione questa notizia incredibile; bastava provocare smentita da parte Governo francese; non è, in vero, momento, di fare cosa grata re Umberto e ai suoi sudditi».

521

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2095. Parigi, 28 agosto 1893, ore 19 (per. ore 21 ).

Direttore commercio invierà domani a Develle progetto risposta adesiva nostra domanda convocazione conferenza monetaria. Credo converrà fare attenzione alla motivazione della risposta: direttore si querela pubblicità data costì alla decisione, presa da questo Consiglio dei ministri, circa spezzati italiani, osservando che massima riserva s'impone affinché gli interessi contrari non paralizzino buona volontà del Governo. Già comincia, dopo l'urlo del Figaro 1 , una campagna ostile nella stampa.

522

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 186. Addis Abeba, 26-29 agosto 1893 (per. il 2 novembre).

Il giorno 17 andante coi dispacci di V. E. n. 24451/7 e 24452/8 2 mi arrivavano le lettere di S. M. la Regina d'Inghilterra e di S. M. l'Imperatore di Germania che

opportunità di non trovarsi a Parigi durante la l'isita in Alsazia del principe di Napoli. 520 l Cfr. n. 518, nota l. 521 l Cfr. n. 520. 522 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso. tomo IX, cit. pp. 447-452.

2 Cfr. nn. 445 e 446.

la mattina stessa del 18 presentai a Sua Maestà. Se Menelik era in certo modo preparato a quel che doveva succedergli, e per quel che avevo scritto all'imperatrice colla mia lettera n. 152 del 2 luglio (vedi allegato al mio rapporto n. 153 del 16 luglio)3 e per quel che, senza volerlo, gli aveva scritto Makonnen sulle comunicazioni fatte alla Camera da V. E. a riguardo delle risposte delle Potenze, non mi pare che lui si aspettasse tanto.

Presentate le lettere, le tradussi col gherasmacc Josef all'imperatore e non mancai d'illustrarne l'importanza e di comunicare a Sua Maestà quel che riguardava l'Austria e la Russia. Della risposta della Francia parlai da ultimo, commentandola come era mio dovere e facendo rilevare a Sua Maestà che gl'intrighi e le lusinghe dei riostri avversari non passavano il Mar Rosso e che essi, dopo aver spinto l'imperatore nel precipizio, bellamente si ritiravano; che il Governo della Repubblica non avrebbe guastato le sue relazioni con noi per cose di simil genere. L'imperatore, che, contro l'abitudine orientale, si era già mostrato impaziente alla lettura delle lettere sovrane, a queste ultime mie illustrazioni, mal celando lo sdegno per lo scacco subito, «chi mi porta tutti questi malanni sei tu» mi disse, cogli occhi rossi di sangue. «No, risposi, vi ho portati due milioni di cartucce e Vostra Maestà, mancando ai patti, appena avute le cartucce in mano denunziava il trattato; se qualcuno deve inquietarsi sono io. Del resto Vostra Maestà oggi subisce le conseguenze dei consigli di gente malvagia e inesperta ed è giusto che sia. Vostra Maestà non ha nessuna ragione d'inquietarsi con me». Al che Menelik un po' rabbonito disse che quando fosse inquieto con me avrebbe scritto al R. Governo che gli mandasse un altro uomo. «Maestà, dissi, se oggi io non riuscirò ad accomodare gli affari, come è nostro vivo desiderio, non un altr'uomo il Governo d'Italia manderà in questi paesi, che ci costano tanti pensieri, tanta pazienza e tanti denari. Noi avevamo le migliori buone intenzioni, ma che a queste, per riuscire, dovevano rispondere altre e tali da parte dell'imperatore». Queste ed altre cose dissi a Sua Maestà e che per brevità e per non ripetermi tralascio. V. E. le troverà ampiamente svolte nell'unito allegato I, del quale dirò in basso la causa. Stretta Sua Maestà dalle mie osservazioni e punto nel suo amor proprio com'era, aveva assolutamente perduta la calma e non sapeva più discutere. Quando gli domandai una ricevuta delle lettere che gli avevo consegnato arrivò perfino a rifiutarmela adducendo, puerilmente, che quelle lettere le avevano portate uomini di ra;; Makonnen e non io. Non ebbi pena però a fargli capire la ragione ed il giorno dopo mi mandò il documento richiesto, che io trasmetto tradotto a V. E. (allegato II). Ubriaco di tanti discorsi che gli avevo fatti non comprese che una sola cosa forse: che le Potenze lo avevano umiliato e mi scrisse quella lettera per sapere quello che gli avevo detto e gli dovevo dire. Forse anche mi richiese di scrivergli, per la nota buona fede, per assicurarsi se propriamente il linguaggio franco e reciso, che avevo tenuto con lui mi era imposto dal R. Governo oppure era opera della mia fantasia. Per questo e per togliere ogni illusione all'imperatore credetti mio dovere scrivere la lettera che, come ho detto, V. E. troverà nell'allegato I. Nella discussione non fu risparmiato neppure il ras Makonnen. Quando tradussi la frase dell'imperatore di Germania che vi dice di aver sentito che Menelik non vuol rinnovare il trattato

coll'Italia, il re, scattando, disse «io non ho scritto questo». «Neanche io, risposi, e neanche il Governo italiano» e impazientito aggiunsi che questa politica delle frasi sbagliate, delle parole non scritte o mal tradotte aveva fatto il suo tempo. Del resto Sua Maestà dava i fogli in bianco col suo sigillo a Makonnen e se questi faceva di sua testa noi non lo dovevamo sapere: il responsabile era sempre Sua Maestà e di questo Menelik dovette pienamente convenire e darsi torto in presenza dei pochi che assistevano a quell'udienza difficile. So che poi Menelik rientrato presso l'imperatrice fece un grande sfogo dicendo che era lei, che era Makonnen e gli altri che gli facevano arrivare questi guai, che lui non voleva denunziare tutto il trattato e via di seguito. La Taitù però, da donna accorta, lasciò passare la tempesta e poi, more solito, dimostrò che in quelle lettere non vi era nulla che potesse destare la sua suscettibilità e lo calmò e quest'operazione deve esser riuscita tanto più semplice inquantoché son troppi i consiglieri della denunzia interessati a dimostrare che han fatto bene come han fatto.

29 agosto 4

Queste le vicende di Corte il primo giorno della presentazione delle lettere. Ispirati da Ilg s'illudevano sull'importanza del mio linguaggio reciso perché, poco pratici di affari, credevano che fosse l'effetto del mio carattere impetuoso e nel dubbio mi richiesero di mettere per scritto quello che avevo detto a voce. Quando la mia lettera fu tradotta anche pei più fieri quello fu un colpo inaspettato ed oggi stesso, che so n passati diversi giorni, nascondono malamente la loro preoccupazione; oserei quasi dire che alla Corte si trovano imbarazzati quando mi vedono. L'imperatore non sa che risoluzione prendere per paura della moglie, dei suoi capi e del clero, soltanto cerca di nascondere la sua titubanza. La Taitù impreca, resiste, si divincola ma senza saper proporre un qualche rimedio efficace. Lo stesso Ilg, il più compromesso in questo affare della denunzia non sa contenersi e propone una cosa più assurda dell'altra. «Noi, come dice lui, scriveremo ancora alle Potenze e faremo vedere come è sorto l'art. 17, che è un inganno. L'Europa è mistificata: noi spiegheremo come stanno le cose e vedrete». E questo pare che sarà il partito che finirà per prevalere, di scrivere cioè ancora alle Potenze per dire che non vogliono l'art. 16 e l'art. 17, perché, dicono, guadagneremo ancora tempo e chi sa che intanto non succeda qualche cosa che ci tolga d'imbarazzo. Non ho bisogno di dimostrare all'E. V. quanta poca importanza abbiano questi progetti, che finiranno per apportare nuove umiliazioni all'imperatore. Menelik in cuor suo forse oggi accetterebbe qualunque patto con noi, preoccupato com'è dei suoi affari interni, ma non osa e probabilmente non oserà mai per tema dei suoi capi. Menelik per quel suo carattere irresoluto, che non ha mai saputo punire i nemici, né premiare gli amici si è alienato tutti gli animi e guai a lui se noi soffiassimo nel fuoco. Menelik dopo la congiura di Mesciascià Worchiè è invecchiato di cent'anni e non si fa troppe iilusioni sulla fedeltà dei suoi, che, erroneamente, crede si convertirebbero in aperti ribelli il giorno che accettasse la nostra protezione. Attorno a lui non vi sono che dei cospiratori e dei malcontenti.

Menelik, che, dopo la denunzia del trattato, credeva di esser libero da ogni imbarazzo della politica estera non pensava che alle sue costruzioni ed al commercio

ed anche ora, per distrazione, quello delle vie, delle macchine, delle nuove città da fare forma il suo argomento prediletto. Anche oggi se potesse avere una carovana da Massaua ne sarebbe lietissimo e farebbe tutto il suo possibile per agevolargli la via, giacché ad onore del vero non associa la politica agli altri affari. Questa è la situazione e questo è l'uomo.

Con un po' di pratica delle faccende abissine noi senza sacrifici potremmo mettere a soqquadro il paese, ma è da domandarsi se ora ci conviene. Io son sempre fermo nella mia idea che fintanto non avremo paralizzato azione francese di Gibuti facendoci cedere Zeila o finché non avremo occupata l' Aussa (per quanto questa, avuta Zeila, potrebbe ritardarsi) non ci convenga di provocare lo sfacelo di questo Impero in dissoluzione. Noi lavoreremmo per quelli che si trovano vicini ai paesi ricchi, che naturalmente ne approfitterebbero per arrivarci prima di noi, con quanto nostro danno non ho bisogno di dimostrare. Noi con quelle due operazioni, immediata quella dell' Aussa, se non potremo avere l'altra, isoliamo Menelik e scoraggiamo i nostri avversari, che potremo sempre far tornare a nostro piacere, come dissi nei miei rapporti n. 102 del 20 maggio e 109 del 4 giugno 5 . Dobbiamo poi, se è possibile, far decadere Menelik dai diritti, che gli accorda la Conferenza di Bruxelles come accennai in altro mio rappporto e poi seguire la nostra via senza preoccupazioni. Noi col nostro contegno abbiamo smentita la taccia di malafede di cui ci accusavano e l'ultimo invio di cartucce è una prova luminosa delle nostre buone intenzioni. Il modo come Menelik ha corrisposto a tante nostre premure giustificherà qualunque risoluzione saremo costretti a prendere. Credo però mio dovere significare all'E. V. che, se dopo l'atto energico e necessario di questi giorni, il R. Governo credesse di arrestarsi, ritenendo sufficienti le ragioni scritte, qua per reazione, dopo tanta paura, diventerebbero orgogliosi e impertinenti. Credo poi che sarebbe opportuno assegnare un limite all'imperatore, per le proposte di modificazione dell'art. 17, dichiarandogli che se entro quel dato tempo non farà comunicazioni possibili all'inviato del R. Governo noi riterremo come definitivo e l'articolo in parola e tutto il trattato, come del resto è del nostro diritto. Attendo istruzioni.

ALLEGATO I

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II

L. Addis Abeba, 22 agosto 1893.

Ecco quello che io debbo dire alla Maestrà Vostra. S.M. il Re Umberto non risponde a Vostra Ma.està per molte ragioni: la principale è che certe frasi della lettera del27 febbraio 6 hanno naturalmente prodotto sfavorevole impressione sull'animo del nostro sovrano. Non credo che le lettere inviate ultimamente da Vostra Maestà correggeranno quell'impressione. Se Vostra Maestà vuol mantenere corrispondenza con S. M. il Re d'Italia bisogna che Vostra

422 5 Non pubblicati. 6 Cfr. n. 330, allegato.

Maestà con altro messaggio faccia dimenticare quelle frasi, che un re non deve mai scrivere e punisca quelli che inviarono la lettera aperta al mare. Io dovevo consegnare a Vostra Maestà le lettere di S. M. la Regina d'Inghilterra e di

S. M. l'Imperatore di Germania, come feci. Dovevo dire a Vostra Maestà, come dissi, che a

S. M. l'Imperatore d'Austria non era ancora arrivata la sua lettera di denuncia: che se fosse arrivata, la risposta di quel sovrano sarebbe stata identica a quella della Germania e dell'Inghilterra. Che il Governo della Repubblica francese aveva dichiarato al nostro ambasciatore che aveva ricevuta la lettera dell'imperatore Menelik, ma che non vi avrebbe risposto. Che la Russia si trovava nelle condizioni dell'Austria. Come era mio dovere feci osservare la grande importanza che queste risposte avevano per noi e per voi. Dissi anche a Vostra Maestà chi è che non vuoi riconoscere la sovranità dell'Etiopia sul possedimento di Harar. A questa notizia mi parve che Vostra Maestà non prestasse tutta l'attenzione che meritava: Vostra Maestà vi rifletta e vedrà quali serie conseguenze può avere per lei.

L'interpretazione data da tutte le Potenze all'art. 16 risolve in nostro favore la questione della denuncia. Questo fa sì che ogni proposta potremmo noi oggi rifiutare perché fuori di luogo e di tempo e pretendere l'osservanza del trattato quale è, l'art. 17 compreso. Però il Governo di S. M. il Re d'Italia, quando trovi in Vostra Maestà le stesse buone disposizioni che animano lui, è sempre disposto a venire ad un amichevole componimento, purché sia sollecito. Dissi anche che tutti gli intrighi e tutte le lusinghe usate dai nostri avversari non hanno politicamente alcun valore e non passano il Mar Rosso. Nessuna Potenza può e vuole compromettersi in queste nostre faccende: nessuna ha da questa parte gl'interessi che vi ha l'Italia. Vostra Maestà se prende una carta vera può convincersene subito. La Francia non ha che Gibuti ed Obok e l'Inghilterra Zeila e Berbera. Tutto il resto è nostro. L'Inghilterra e la Francia tutte e due assieme non hanno speso nei loro possedimenti un milione: noi nei nostri ve ne abbiamo spesi quattrocento circa, né siamo decisi a fermarci. E una cosa, creda Vostra Maestà, che noi in Europa alla ragione dei milioni crediamo più che a quella delle armi. La nostra stessa posizione nel Tigrè, ogni giorno più sicura e più solida, non è un fattore trascurabile. Le popolazioni del nord intelligenti come tutti gli abissini, vedono troppo bene quale enorme differenza esiste fra i nostri possedimenti e quelli dei vostri capi. Da una parte l'abbondanza, la pace e la sicurezza. Dall'altra la miseria e la guerra continua. Il loro cuore non può titubare nel giudicare. I capi del nord poi (che giova nasconderlo?) si trovano come si trovava Vostra Maestà all'epoca del re Giovanni. Vostra Maestà non ha bisogno che io le dica di più. Se Vostra Maestà giudica con calma questo stato di cose vedrà come ormai l'avvenire dell'Etiopia sia legato in gran parte all'Italia e quanto interesse abbia Vostra Maestà a mantenere buoni rapporti con noi. Le nostre intenzioni son note: Vostra Maestà ne ha avute troppe prove per poterne dubitare: Vostra Maestà sa quante pene e quanti disagi ha avuto l'inviato del Governo italiano per ricondurre la pace fra i due Paesi, sebbene né il Governo italiano, né il suo inviato siano stati trattati coi dovuti riguardi. Se le intenzioni di Vostra Maestà sono identiche alle nostre potremo intenderei subito, ma, ripeto, bisogna far presto. Non possiamo, né vogliamo rimanere in uno stato d'incertezza, che dura da tanto tempo. Che Vostra Maestà mi faccia delle proposte: le nostre le conosce. Che se contrariamente al nostro vivo desiderio noi dovremo fare astrazione dalla sua amicizia, che ci sta a cuore, noi prenderemo consiglio dai nostri interessi e sceglieremo la via che più ci conviene. Delle conseguenze abbiamo troppi dati per non dubitarne.

Alcuni giornali poi attribuiscono a Vostra Maestà l'intenzione di accettare all'Barar e qui agenti officiali di altri Paesi. Noi non lo possiamo credere, chè questa per noi sarebbe causa di una immediata rottura. Il trattato denunziato contro lo spirito dell'art. 16 e contro l'impegno assunto da Vostra Maestà nelle lettere che l'anno passato inviava per mio mezzo in Italia, il nessun conto della carovana delle cartucce, le continue razzie sulla via dell'Aussa (senza motivo ora), che ci costa tanti danari e tante altre cose, basterebbero da sole, senza quella notizia dei giornali a rompere la più salda amicizia.

Ora Vostra Maestà mi permetta un consiglio da vecchio amico del suo Paese. Rifletta che ad una buona lite è preferibile un mediocre accomodamento. Pensi che noi siamo suoi vicini di casa e che coi vicini è bene stare in buona amicizia. Vostra Maestà sa come l'Italia non ha mai pensato a voler far serva l'Etiopia, che unita a noi può essere faro di civiltà nel Continente africano, di quella civiltà che sta tanto a cuore alla Maestà Vostra. Ma di una cosa Vostra Maestà sia pure sicura, che la troppa condiscendenza non vuoi dire debolezza: che il Governo italiano per la sua dignità, pei suoi interessi è fermamente deciso di uscire da una situazione come l'attuale.

ALLEGATO Il

L'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II, AL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI

L. Addis Abeba, 19 agosto 1893.

Ho ricevute le due lettere arrivate dal Governo inglese e dal Governo di Germania. Però avendoti domandato se dal Governo d'Italia mi erano arrivate lettere, mi hai detto che erano arrivate a te, non a me. Ora dunque gli affari che parlammo jeri, che il Governo d'Italia ti disse di dire a me scrivili in una lettera, traducila in amarico e mandamela.

519 1 Ressman aveva già scritto con L. confidenziale a Brin del 14 agosto, non pubblicata, della

422 3 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 431-434.

422 4 Questa seconda parte del rapporto fu inviata parzialmente in cifra.

523

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2108. Vienna, 30 agosto 1893, ore 14,50 (per. ore 15).

Oggi, al suo ritorno in città, ho veduto Kalnoky, che si mostrò lieto della chiusura dell'incidente di Aigues-Mortes. Egli trova che il Governo italiano fu abile, previdente, energico e mi ha autorizzato a dirglielo 1•

524

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1918. Roma, 31 agosto 1893, ore 14,40.

Lieto apprezzamento così autorevolmente espresso conte Kalnoky 1 circa condotta nostro Governo occasione incidente Aigues-Mortes prego ringraziarlo. Ringrazio E. V. premura comunicarmelo, lusingatissimo se tale premura indicasse V. E. condividere opinione Kalnoky.

523 1 Per la risposta cfr. n. 524. 524 1 Cfr. n. 523.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 32682/408. Roma, 2 settembre 1893.

La ringrazio del rapporto n. 727/451 in data del 21 agosto1 , col quale V.E., riferendo sulla questione relativa alla delimitazione della frontiera tripolo-tunisina, mi esprime il desiderio di conoscere quale connessione possa tale questione avere con la politica egiziana, date le intelligenze fra l'Italia e la Gran Bretagna cui accennavo nel precedente mio dispaccio del 16 agosto2 .

Su così grave e delicato argomento mi riservo d'intrattenere a voce l'E.V., in propizia occasione; mi limito ora a rilevare che la politica del Governo del re, rispetto all'Egitto, è stata, in certo modo, assodata nelle stesse circostanze e nella stessa forma in cui dichiaravasi, del pari, assodata la politica inglese rispetto alla rimanente costa nord-africana.

526

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 762/467. Londra, 4 settembre 1893 (per. il 16).

Nelle visite da me fatte al Foreign Office, durante l'assenza di lord Rosebery, non ho mancato di richiamare all'attenzione di sir Ph. Currie l'attesa, nella quale da troppo tempo stava il mio Governo, di una risposta relativa alla delimitazione delle rispettive zone d'influenza dell'Italia e dell'Inghilterra verso il possedimento britannico di Zeila e Berbera. Le risposte che io ebbi dal sotto segretario di Stato permanente mi persuasero, una volta dippiù, che non solamente le tradizionali lentezze degli uffizi dell'India erano causa di tanto indugio; ma che in quegli uffizi s'incontravano ostinate resistenze ad accogliere in massima la proposta nostra di una delimitazione. Nella conversazione sir Ph. Currie si lasciò sfuggire qualche parola la quale alludeva alle obbiezioni presentate dall'India Office e che egli credeva mi fossero state comunicate e siccome io insisteva invece nel ripetere che lord Rosebery mi aveva sempre promesso la .comunicazione delle osservazioni relative alla linea da tracciare, essendo la questione di massima già stata da assai tempo fra di noi risoluta, così sir Ph. Currie non andava più oltre nella esposizione di quelle obbiezioni, le quali manifestamente sono la cagione del ritardo che questa pratica soffre.

L'ultima volta che io parlai con questo alto funzionario dell'importanza che noi annettiamo a risolvere questo affare di delimitazione, egli mi promise di rinnovare presso l'India Office le indagini e le sollecitazioni ed infatti, con suo biglietto particolare, dippoi mi ha informato che il vice re delle Indie aveva risposto ad una sollecitazione telegrafica aver egli fatte nuove premure al Governo di Bombay dal quale presentemente il ritardo dipendeva.

Lord Rosebery è ritornato a Londra da due giorni. A me importerebbe ora conoscere con sollecitudine se il Governo di Sua Maestà desidera che io faccia una proposta formale di rimettere a delegati speciali che si riunirebbero ad Aden, la trattativa per la determinazione della linea di confine fra le due zone d'influenza, secondo il suggerimento del generale conte L. Dal Verme, da me esposto a V.E. il 7 agosto con il rapporto n. 691/433 1 .

527

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2209. Parigi, 6 settembre 1893, ore 20,15 (per. ore 22).

Ministro affari esteri mi· ha poc'anzi dichiarato che, nel comune interesse, assolutamente non conveniva fissare in questo momento data della riunione Conferenza monetaria, poiché tale fatto, inevitabilmente reso pubblico, sarebbe oggetto, nelle attuali contingenze, di acerbi malevoli commenti; ha soggiunto, però, che, ad ogni modo, questa data non sarebbe lontana da quella indicata dall'E.V., cioè ultimi giorni di settembre, e che l'avremmo da concertare in un prossimo abboccamento, probabilmente mercoledì venturo. S.E. ravvisa pericolosa ogni pubblicità data alla riunione monetaria. Manifesto è desiderio di Develle di lasciare passare impressione prodotta dalle manovre imperiali. Camera francese si aprirà primissimi novembre.

528

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 777/476. Londra, 7 settembre 1893 (per. il 16).

Sir Ph. Currie mi ha indirizzato, conformemente alle istruzioni di lord Rosebery il memorandum qui unito 1 , relativo ai lavori d'indole militare che si fanno, o si

2 Cfr. n. 484. 526 l Cfr. n. 479. Per la risposta cfr. n. 536. 528 1 Non si pubblica.

faranno prossimamente a Biserta. La comunicazione mi è fatta con lettera privata per informazione del mio Governo. Naturalmente la comunicazione stessa è conseguenza delle ripetute mie insistenze per condurre ad uno scambio di notizie che i due Governi d'Italia e d'Inghilterra per avventura possedessero circa quei lavori. Però non manca di speciale significazione il fatto che lord Rosebery abbia appunto in questi giorni pensato a dare qualche soddisfazione alle insistenze mie che non datano di ieri.

In questi giorni il principale segretario di Stato per gli affari esteri si trova particolarmente impegnato nei lavori del Parlamento e mi fu detto che, appena terminata la discussione del bill per l'Irlanda davanti alla Camera dei lords, egli debba recarsi per qualche tempo in !scozia. Questa sua assenza, trattandosi di un interesse gravissimo, ma non di carattere sommamente urgente, mi pare dia a me il tempo di proporre al R. Governo lo esame di una linea di condotta che non potrei scegliere senza la preventiva approvazione di V .E.

Mi pare scorgere da parecchi sintomi che al periodo di vera o simulata indifferenza per i preparativi militari della Francia in Tunisia, sia succeduto, o stia per succedere un altro più conforme agli interessi che a noi conviene di tutelare. Ritengo che ciò sia l'effetto naturale di un concorso di circostanze del quale giova rendersi conto per paterne profittare.

La tensione dei rapporti prodottasi fra l'Inghilterra e la Francia nelle questioni asiatiche e la prospettiva prossima della creazione nel bacino del Mediterraneo di una permanente stazione navale russa hanno certamente contribuito, assai più delle mie insistenze presso il Foreign Oftìce, a chiamare l'attenzione del Governo inglese sovra gli armamenti francesi anche nella Tunisia. Or io credo che le preoccupazioni che al presente esistono al Foreign Office e probabilmente anche in altri dicasteri inglesi, appianino la via ad intelligenze più intime di quelle che, in altre circostanze, sarebbero state possibili fra i Gabinetti di Roma e di Londra. A parer mio, tali intelligenze non dovrebbero però prendere il carattere di combinazioni politiche prestabilite, ma mirare principalmente e direttamente allo scopo di mantenere nel Mediterraneo uno stato di forze marittime sempre superiore a quello di cui la Francia e la Russia riunite potrebbero nei vari tempi disporre. Comprendo che questa mia proposta tenderebbe a stabilire fra l'Inghilterra e l'Italia una specie di convenzione militare la quale, invece di seguire, precederebbe gli accordi per una politica comune. Però siccome questi ultimi accordi sarebbero, nella convinzione mia e di non pochi uomini di Stato inglesi, una conseguenza naturale della esistenza di comuni interessi i quali non permetterebbero all'uno dei due Paesi di rimanere indifferente allo scadimento politico e militare dell'altro, così io stimo che, date le condizioni ben note dell'Inghilterra riguardo alle alleanze permanenti, il miglior modo di rendere queste possibili e sicure, nelle varie eventualità che potrebbero prodursi, stia appunto nel prestabilire un'intesa circa gli armamenti navali necessari per l'equilibrio del Mediterraneo.

Finora della creazione della stazione navale russa in questo mare non si ha la certezza assoluta. Non si conoscono le proporzioni che a tale stazione si vorrebbero dare. In Inghilterra non mancano gli increduli i quali non possono persuadersi che la Francia sia talmente acciecata da non comprendere che l'interesse suo esige che la espansione russa non possa mai oltrepassare gli Stretti del Mar Nero. Ma prossimamente, secondo ogni probabilità, i fatti dimostreranno che l'acciecamento francese sovra questo punto è completo ed allora io non dubito che, in questo Paese, si produrrà una inquietudine della quale noi potremmo profittare se sapremo mantenere il proposito nostro entro i limiti accettabili da un Gabinetto inglese.

Non posso pretermettere, toccando a così grave argomento, di osservare che la questione degli armamenti marittimi non può considerarsi separatamente da quella degli armamenti terrestri che ai primi servono di base. Sembrerebbe quindi logico e naturale che si dovessero, in un'intesa quale io propongo, prendere in considerazione non solamente il numero e la qualità delle navi in armamento, ma anche la potenzialità degli arsenali e delle basi di operazione delle flotte. Però, se noi vogliamo arrivare a mettere una base di accordo con l'Inghilterra che ci assicuri contro il pericolo di essere sopraffatti nel Mediterraneo, dobbiamo restringere gli accordi preliminari al minimo possibile lasciando che per necessità di cose questi s'abbiano a sviluppare ed estendersi col tratto successivo secondo le esigenze che si affacceranno.

Ho sentito a dire, senza però che io abbia ragione di credere, che lord Rosebery abbia, nel suo recente viaggio in Germania, incontrato segretamente il cancelliere Caprivi per dare seguito e fors'anche corpo ad intelligenze delle quali sarebbero state gettate le prime basi in un colloquio che il principale segretario di Stato per gli affari esteri della regina avrebbe avuto con l'imperatore Guglielmo alle regate di Cowes. Questo solo io so in proposito che, cioè, in quel colloquio si deve aver parlato della stazione russa nel Mediterraneo e di Biserta, poiché lord Rosebery stesso, conversando con me, uscì a dire qualche parola che mi persuase che delle due cose dovea egli essersi intrattenuto con l'imperatore tedesco. Necessariamente a Berlino si deve sapere meglio quale fondamento abbiano le voci relative a questi recenti abboccamenti. E se i medesimi avessero diggià condotto i due Governi d'Inghilterra e di Germania sulla via di una speciale intesa, non gioverebbe probabilmente e p·er molti rispetti a noi d'inframmetterci, non richiesti, nella trattativa. Io ho però sempre considerato come uno dei principali interessi creati dalla politica nostra delle alleanze quello che, per mezzo dell'Italia ed in vista degli interessi connessi con la esistenza della medesima, l'Inghilterra debba o prima o poi essere condotta ad accostarsi al gruppo del quale l'Italia stessa fa parte. In altre parole pare a me che se per la supremazia assoluta delle forze destinata a mantenere la pace, il concorso della Gran Bretagna è desiderabile, per l'Italia in particolare è essenziale che tale concorso sia determinato dalla presenza sua nella alleanza. Quindi è che, se il terreno non fosse preoccupato da trattative in corso fra il Gabinetto di Londra e quello di Berlino, io stimerei il momento presente come opportuno per far intendere che i preparativi franco-russi nel Mediterraneo richiedono che senza indugio siano prese intelligenze precise fra l'Italia e l'Inghilterra per mantenere nello stesso mare un armamento che in ogni tempo valga a controbilanciare quello delle altre due Potenze riunite.

Il primo effetto di siffatta intesa riesce alla guarentigia reciproca degli armamenti italiani ed inglesi contro qualunque sorpresa ed inchiude necessariamente la base di ogni altro accordo politico che le circostanze conducessero a determinare.

Il R. Governo potrà esaminare ciò che nelle cose da me fin qui esposte egli potrebbe adottare e quando in proposito io avrò ricevuto le istruzioni di V.E., potrò vedere quale seguito sarà conveniente di dare alla comunicazione fattami fare ieri in forma privata da lord Rosebery circa i lavori di Biserta 2 .

525 l Cfr. n. 504.

529

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

Roma, 8 settembre 1893, ore 23,20.

Telegrafo segnala molti articoli stampa russa singolarmente malevoli Italia 2 e che spingono Francia ad atti ostili operai italiani. Ambasciatore Vlangaly visita ieri prese iniziativa per dirmi non dare importanza tali articoli giornali secondo lui poco influenti. Oggi partendo mi disse che ad ogni modo aveva scritto suo Governo. Certo opinione pubblica francese non ha bisogno eccitamenti contro nostri operai che già lasciano in gran numero Francia perché minacciati. In questo momento ogni manifestazione russa ha grandissima influenza per aggravare le cose. La informo per regolare occorrendo suo linguaggio.

530

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. 33445/205. Roma, 8 settembre 1893.

Col rapporto del 19 u.s. n. 369/216 1 , V.E. mi riferisce la risposta che il Gabinetto imperiale avrebbe dato all'ambasciatore di Francia relativamente alla lettera inviata da Menelik all'imperatore. Tale risposta contradice purtroppo alle dichiarazioni del signor di Giers e del signor Sciskin partecipatemi col rapporto del 12 luglio p. p. n. 29211722 , delle quali V.E. fu incaricata di prender atto con sincero compiacimento. Non gioverebbe infatti di sostenere che una lettera dello czar dove non si faccia menzione del Trattato d'Uccialli non possa urtare le nostre suscettibi

2 Marochetti aveva al contrario segnalato con R. 356/209 del IO agosto, non pubblicato, un articolo del Novoe Vremia che auspicava l'intensificazione dei rapporti commerciali italo-russi. 530 l Cfr. n. 492.

2 Cfr. n. 461, nota I.

398 lità; mentre tale lettera risponderebbe alla pretesa denunzia di Menelik, e quand'anche non entrasse nell'argomento, avrebbe sempre praticamente, ed agli occhi del negus, l'importanza d'una accusa di ricevuta della denunzia stessa.

Prego quindi V. E. di voler cogliere l'occasione propizia per riaprire la questione col Gabinetto imperiale, dichiarargli nuovamente che il R. Governo ritiene il Trattato d'Uccialli in perfetto vigore e per nulla suscettibile d'essere denunciato, e che la nostra posizione politica verso l'Etiopia rimane quale fu notificata ai vari Stati nell'ottobre 1889 3 . Ella aggiungerà che il Governo del re prese atto formale della comunicazione amichevole del signor di Giers che non sarebbe stata data risposta alla lettera di re Menelik, e confida che non si vorrà ritornare sopra ad una tal decisione.

528 2 Per la risposta di Brin cfr. n. 532. 529 l Minuta autografa.

531

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 430/248. Pietroburgo, 10 settembre 1893 (per. il 16).

Il signor de Giers prendendo l'iniziativa del discorso mi disse jeri che il contr'ammiraglio Avellan è stato scelto per comandare la squadra russa che si reca a Tolone «parce qu'il sai t à peine le français, qu'il est finlandais, par conséquent exempt de chauvinisme russe. On pourra ainsi éviter des discours inopportuns! La consigne donnée au baron de Mohrenheim est de recommander le silence autant que possible».

S.E. aggiunse: «Il n'y a entre la France et nous aucune entente pour marcher d'accord dans la Méditerranée» e proseguì studiandosi di persuadermi non trattarsi che di una semplice restituzione di visita, ed osservando come la spontaneità dell'atto di cortesia internazionale che la squadra si prepara a compiere sia resa men viva dalle continue insistenze dell'ambasciatore di Francia, e ciò al punto che le navi russe sembrano, piuttosto che far una visita, rispondere ad un invito.

Il signor de Giers mi rammentò, quanto alla presenza permanente d'una squadra russa nel Mediterraneo, che tale era stato il caso durante più anni a varj intervalli, quindi non capire il significato che taluni avevano pensato di dare alla determinazione dell'autorità imperiale di marina. Questa squadra mediterranea, del resto, se sono ben informato nell'assenza del r. addetto navale cav. Crespi, si comporrà per il presente di sole 3 navi, cioè di due corazzate e dello stazionario russo al Pireo. Le due altre corazzate che colle precedenti formeranno la squadra che si deve recare, verso il nostro 15 ottobre a Tolone partiranno per il Pacifico via di Suez, dopo la visita alla marina francese.

Ad ogni buon fine, devo segnalare all'E.V. una variante fra quello che mi disse credere il signor de Giers che cioè il punto di concentrazione della squadra di visita sarebbe Cadice e la dichiarazione del signor Scischkine il quale il giorno precedente m'indicava Minorca.

530 3 Cfr. serie II, vol. XXIII, n. 62.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATO 34593/4271 . Roma, 16 settembre 1893.

Ho ricevuto e letto con molto interesse il di lei rapporto riservato del 7 volgente2 nel quale prendendo occasione dalle informazioni comunicatele in seguito ad ordine di lord Rosebery sui lavori che la Francia sta eseguendo a Biserta, e combinando questo fatto con altri indizi, V.E. argomenta che le preoccupazioni che al presente esistono al Foreign Office possano appianare la via ad intelligenze più intime di quelle che, in altre circostanze, sarebbero state possibili fra i Gabinetti di Roma e di Londra.

Anche lord Vivian tornato recentemente a Roma dopo aver veduto lord Rosebery che tornava dal continente mi ha parlato delle preoccupazioni manifestategli da quel ministro sull'attuale situazione europea, del pericolo che l'opinione pubblica in Francia si esalti in occasione della visita della squadra russa e pel fatto della creazione d'una divisione navale russa nel Mediterraneo. Lord Vivian mi parlò pure delle vive simpatie di lord Rosebery pel nostro Paese, e dell'approvazione che dà alla nostra politica pacifica e prudente. Non mancò però di ripetermi che anche questa volta lord Rosebery gli aveva confermato che nessun uomo di Stato inglese potrebbe legare l'Inghilterra con trattati in vista di eventi possibili ma incerti.

Questo dimostra sempre più la giustezza del pensiero espresso dall'E.V. che non dobbiamo prefiggerei il compito di provocare delle intelligenze che abbiano il carattere di combinazioni politiche prestabilite; e trovo molto saggia ed acuta l'idea manifestatami da V.E. che si otterrebbe un gran risultato nell'interesse nostro se si riuscisse ad intenderei con l'Inghilterra per assicurare lo scopo di mantenere nel Mediterraneo uno stato di forze marittime sempre superiore a quello di cui la Francia e la Russia potrebbero nei vari tempi disporre.

A questo riguardo credo utile di dire a V.E. come varie volte lord Vivian mi espresse il parere e mi disse che tale era ancora il parere di lord Rosebery come sarebbe politiq saggia per l'Italia di curare specialmente la sua marina, diminuendo anche se occorresse le spese per l'esercito. Senza entrare a discutere questa idea, certo essa dimostrerebbe come l'Inghilterra dia grande importanza a trovare nella marina di una Potenza amica come la nostra un valido ausilio.

532 I Minuta autografa. 2 Cfr. n. 528.

Tutto ciò fa sperare come l'idea così giusta di V.E. potrebbe nelle circostanze attuali trovare un ambiente favorevole nelle sfere governative inglesi.

Per tutte le ragioni svolte con tanta efficacia ed evidenza dalla E.V. io mi applaudirei molto che tale concetto potesse attuarsi. Non solo quindi io l'autorizzo a fare delle aperture in questo senso quando V.E. riconoscesse venuto il momento opportuno di ciò fare, ma posso assicurarle che il R. Governo sarebbe dispostissimo a stabilire i nostri armamenti marittimi sopra una base tale da concorrere con tutti i nostri mezzi ad assicurare questo risultato di mantenere fra le due marine uno stato di forze marittime nel Mediterraneo sempre superiore a quello della Francia e Russia unite. Un simile accordo costituirebbe un elemento così potente di sicurezza pel nostro Paese, che se l'E.V. riuscisse ad attuarlo, acquisterebbe un titolo di benemerenza verso il re ed il Paese di cui potrebbe con ragione esser fiero 3 .

533

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI1

D. S.N. Roma, 16 settembre 1893.

Lord Vivian, tornando dall'Inghilterra, dopo assunto il suo congedo è venuto a vedermi il 12 corrente.

Credo utile di portare a conoscenza di V.E. il riassunto di tale conversazione.

Mi disse che prima di partire aveva veduto il conte Rosebery, che era tornato a Londra, dopo avere fatto la cura delle acque di Hombourg.

Il conte Rosebery gli aveva manifestato, ancora una volta, le sue simpatie per l'Italia e la sua politica pacifica e prudente e lord Vivian mi ripeté che avevamo nel conte Rosebery un sincero amico.

Quel ministro si mostrò preoccupato dello spirito di chauvinisme che si è svegliato in Francia, e temeva che la visita delle navi russe a Tolone potesse aumentarlo; e conchiuse che occorre di essere attenti e preparati.

Lord Vivian avendomi domandato se era vero della domanda della Germania per avere dall'Italia un porto, od isola, per una stazione navale, gli risposi che la notizia non aveva alcun fondamento. Lord Vivian mi disse che il conte Rosebery gli aveva parlato della notizia, data da giornali tedeschi, che vi era un accordo speciale fra l'Italia e la Russia, mediante il quale questa ultima, in caso di pericolo di aggressione da parte della Francia contro noi, si sarebbe incaricata di fare da mediatrice. Gli risposi che non vi era ombra di fondamento in questa voce. Egli mi disse che, durante il suo recente soggiorno a Hombourg, il conte Herbert Bismarck l'aveva assicurato dell'esistenza di questo accordo; ciò che aveva molto colpito il conte Rosebery.

532 .1 Cfr. n. 537. 533 l Minuta autografa.

534

IL DOTTOR NERAZZINI, IN MISSIONE AD HARAR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 5. Harar, 19 settembre 1893.

Ringrazio vivamente V.E. per avere accolto la mia proposta a riguardo del pagamento dei due milioni di cartucce, e per non avere insistito nel rimborso dei talleri 3619 Y2 quale spesa di trasporto dall'Italia ad Assab, mostrando così anche una volta al Governo etiopico il massimo spirito conciliativo, accompagnato da un'attitudine di munificenza quale si addice a un Governo come il nostro. Non ho potuto ancora partecipare a ras Makonnen tale notizia, che deve giungergli molto grata, perché mi recai il 17 decorso dal ras in Cambolge per altre comunicazioni; ed egli, dopo di aver parlato con me, partiva per una breve gita verso Ciallanco e sarà di ritorno o in Harar o in Cambolge fra due giorni.

In questo ultimo mio colloquio col ras ho trattato l'argomento della Chiesa abissina di Gerusalemme, facendogli rilevare come, per l'azione energica ed ·amichevole del nostro r. console, le questioni di Gerusalemme erano state favorevolmente risolute, secondando pienamente i di lui desideri e quelli della regina Taitù. Il ras ne è rimasto soddisfattissimo e per mio mezzo ringrazia V.E. della sollecitudine dimostrata in questo affare, che molto gli stava a cuore.

Ho pure partecipato a ras Makonnen l'attitudine che intende assumere l'imperatore di Russia a riguardo della lettera circolare dell'imperatore Menelik con la quale denunziava il Trattato di Uccialli: e così ho potuto dimostrare con molta calma l'effetto che unanimemente ha prodotto in Europa presso tutti i regnanti quel suo atto inconsulto e dannosamente a lui consigliato. Aggiunsi che noi eravamo sicuri e tranquilli del nostro operato, che avevamo l'approvazione completa di tutte le Potenze europee, e che quindi aspettavamo senza fare ulteriori premure quello che nel proprio interesse e per decoro del suo nome avrebbe creduto di decidere l'imperatore di Etiopia.

Ritengo che ras Makonnen abbia compreso l'importanza che politicamente assume il contegno unanime delle Nazioni europee in questa vertenza fra i Governi italiano ed etiopico, e mi pare di poter credere che il ras partirà per lo Scioa con il proposito fermo d'interporre i suoi consigli allo scopo di persuadere l'imperatore a cambiare indirizzo verso il Governo italiano. Ignoro quale impressione sia stata ricevuta alla Corte di Scioa, dove ho saputo, per via indiretta, che giunsero le lettere delle LL.MM. la Regina d'Inghilterra e l'Imperatore di Germania, da me trasmesse fino dal 2 agosto passato al dottore Traversi. In ogni modo ritengo che oramai il Governo nostro debba avere escogitati tutti i mezzi più dignitosi e conciliativi per venire a un equo accomodamento: ogni ulteriore pratica mi sembrerebbe un atto di troppa ossequiosità, per non dire di debolezza. Conviene aspettare con calma e con fermezza le risoluzioni imperiali: intanto questo incidente suscitato dall'imperatore non mi sembra che abbia la forza di nuocerei troppo perché, se le mie cognizioni sulle basi che regolano la politica coloniale europea non mi fanno assolutamente difetto, mi pare in sostanza che proprio

l'imperatore ha provocato dalle Potenze europee una maggiore affermazione del Trattato di Uccialli, per quello che riguarda gli effetti di quel trattato verso le Potenze firmatarie della Convenzione di Berlino.

Mi permetterà l'E.V. di dirle francamente che la solidità e la serietà di simili trattati io la riguardo e la credo solo dal lato riflettente gli effetti di essi sulla politica coloniale europea, perché dal lato etiopico non hanno un criterio di molta fermezza: in questi Paesi i trattati, le promesse, i giuramenti si fanno e si disfanno con la massima volubilità; quindi hanno sempre un carattere transitorio, non si trasmettono facilmente colle successioni o di governo o di trono, e solo si impongono per forza di circostanze coercitive, che il Governo nostro deve avere l'arte di saper creare e mantenere a sé favorevoli.

La guerra all'elemento europeo in genere e all'italiano in specie è inspirata e condotta dalla regina Taitù, che ha saputo imporsi all'imperatore, il quale ha mostrato sempre una storica debolezza nel cedere alla volontà delle proprie mogli. Ora un grave avvenimento ha posto le radici di un fiero disaccordo fra la regina Taitù e ras Makonnen. La regina, allo scopo di legare a sé Makonnen, di paralizzarlo in qualunque azione che fosse contraria alle sue vedute, e di sorvegliarlo con mezzi più sicuri, ha montato un intrigo contro l'attuale moglie di ras Makonnen per costringere il ras a divorziare e a sposare una nipote della regina, figlia di ras Olié. Makonnen ha sentito l'oltraggio ed è stato punto nei più delicati sentimenti di marito: molto astutamente ha parato il colpo, ha sventato i progetti della regina, costringendo lo stesso imperatore a dare a lui ragione. Ma la guerra con la regina perdura sorda ed accanita. Makonnen certamente non perdonerà l'offesa e coglierà ogni occasione per dimostrare con fatti patenti quanto sia pregiudicevole all'imperatore il seguire sempre i consigli della regina sua moglie. Ma la posizione del ras appunto perciò è difficile: quindi egli deve usare la massima prudenza per non lasciare il suo fianco scoperto a qualche insidia, che può tendergli la potente nemica. Non bisogna dunque meravigliarsi se in questo momento il ras fa una politica così remissiva, così ossequiosa all'imperatore e se prende ogni cura a moltiplicare le apparenze esteriori di questa politica. Ne viene di conseguenza che certi atti di ras Makonnen non debbono essere giudicati per quello che apparentemente dimostrano di essere, ma debbono invece essere analizzati intrinsecamente, studiando bene le ragioni che determinano certe parvenze esteriori.

Il credere che Makonnen abbia disertato la politica amica all'Italia per fare oggi una politica interessata con la Francia, ritengo assolutamente che sia un errore. Il ras è stato con me di una franchezza non comune, mi ha fatto comprendere senza molte reticenze la di lui situazione e mi ha dato prova di moltissima deferenza personale facendomi informare di cose intime di famiglia, quali sono gli intrighi combinati dalla regina contro sua moglie, dopo di che ella vive isolata da tutti, anche dagli stessi capi abissini, mentre io sono fra i pochissimi autorizzati a conversare con lei.

Riassumendo ogni circostanza, io credo che quando ras Makonnen si recherà allo Scioa, non verrà meno alle promesse fatte e a me e al Governo nostro. È vero che per massima generale in Etiopia bisogna diffidare sempre e credere il meno possibile, ma nella presente condizione di fatti mi parrebbe di essere ingiusto verso Makonnen, se io lo sospettassi di una doppiezza che ben considerando non ha ragione di dimostrare.

Del resto non posso mancare di esprimere a V.E. con quanto rispetto e con quanta cordialità mi ha trattato ras Makonnen fino ad oggi: non un atto solo di lui posso dire che abbia avuto la parvenza di poca correttezza. E tanto più mi piace di affermare questo fatto in quanto non può V.E. dimenticare in quali circostanze io sono salito all'Harar, cioè colla denuncia del Trattato fatta allora allora dall'imperatore; col convegno di Gibuti che doveva segnare la decadenza della nostra politica e la brillante aurora di quella francese, coll'opinione pubblica avversissima al nome italiano, con manifestazioni non equivoche di ostilità per parte di una numerosa frazione, che voleva imporre a Makonnen di non ricevermi. Il ras accettò la mia venuta con non comuni e ordinari segni di rispetto: ha continuato sempre nella sua buona via, né perde occasione alcuna per far vedere a tutti che mi tiene nella massima considerazione.

Fino dai primi rapporti da me inviati e a Roma e a Massaua esposi la convinzione di potermi mantenere all'Barar proficuamente e salvaguardando ogni decoro fino alla partenza di Makonnen per lo Scioa: confermo oggi con maggior sicurezza quello che mi parve di poter presagire fino dal primo momento, ed aggiungo alcune frasi testuali di ras Makonnen, che mi rivolse dopo avermi fatta una franca esposizione delle condizioni politiche interne di Harar e della sua posizione verso l'elemento scioano «Se il Governo italiano le avesse dato ordine di partire subito dopo eseguita la missione che le era stata affidata presso di me, avrei pregato il console Cecchi di telegrafare a Roma perché le venisse ordinato di rimanere fino alla mia partenza per Io Scioa e intanto non avrei permesso che lei partisse: ma dal giorno in cui io parto per lo Scioa e lascio per vari mesi gli affari di Harar, sono io il primo che desidero la sua partenza perché non voglio che nascano cose dispiacevoli per me e per lei, e che potrebbero diminuire l'amicizia e la fiducia che ha in me il Governo d'Italia».

Prego V.E. di non dimenticare queste parole perché sono la più valida conferma di quello che io ho scritto sulla convenienza di tenere in Harar un rappresentante veramente ufficiale di S.M. il Re d'Italia.

Se non sopraggiungono ordini nuovi dall'imperatore, ras Makonnen conta di partire per Io Scioa alla metà del mese di novembre: egli vi resterà per vari mesi, perché sembra che l'imperatore voglia recarsi a Worrailù per costruirvi case in mura tura: ed in tal caso, sia che Makonnen debba governare lo Scio a in assenza dell'imperatore, sia che debba accompagnarlo a Worrailù (dove si spera la visita e l'omaggio di ras Mangascià del Tigré) in ogni modo Makonnen starà assente da Harar per molti mesi. Io dunque partirò da Harar alla seconda metà di novembre e mi farò accompagnare in Zeila da una piccola scorta di Makonnen, perché nella strada Harar Zeila sono avvenuti degli incidenti, che rendono la strada non troppo tranquilla, come in parte ho già segnalato a V.E. con altro rapporto. Per questa ragione e, per non andare a prendere imbarco sopra i vapori della Messaggerie in Obock (unico mezzo decente di passaggio per Aden quando manchi l'occasione del vapore da guerra inglese) giacché le attuali relazioni politiche colla Francia mi dissuadono dal farlo, pregherei V.E. a voler far presente al signor generale Baratieri, che ora trovasi in Italia, il mio desiderio di trovare in Zeila una delle nostre navi stazionarie nel Mar Rosso, come ho trovato le altre volte. E così, se il signor generale accoglie favorevolmente questo mio desiderio, potrebbe prevenirne il Governo dell'Eritrea al quale io per mia parte e con dati più precisi rivolgerò a suo tempo la dimanda.

Riconosco peraltro *l'assoluta necessità di non perdere alcuna influenza in Harar e di mantenere rapporti ufficiosi e continui con ras Makonnen * 1 con un mezzo che ottenga gli effetti pratici dovuti alla presenza di un residente, senza averne gl'inconvenienti e senza compromettere il ras. A questo proposito io ho già scritto una lettera privata a S.E. il generale Baratieri, e non appena il signor generale mi avrà espressa la sua opinione, quando questa sia favorevole, ne farò oggetto di un rapporto a V.E. 2

Prego inoltre l'E.V. di volermi informare se nel mese di dicembre S.E. il generale Baratieri sarà di ritorno in Massaua, giacché, in caso affermativo, io desidero di passare da quella città per render conto di tutto anche al signor generale e fare a lui molte comunicazioni verbali nell'interesse della politica Eritrea e per ciò che riguarda queste regioni.

535

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2362. Marsiglia, 20 settembre 1893, ore 15 (per. ore 21,45).

Il Corriere della sera di Milano, 19-20 corrente, annunzia ripartono da Calcinaia 50 operai per Aigues-Mortes, chiamativi con promesse maggiori lucri e sicurezza personale. Spero notizia sia falsa, perché in Aigues-Mortes e paesi circonvicini continua accanita persecuzione contro italiani, donde sempre pericolo vita senza speranza di protezione. A scanso altri guai, suprema necessità esige dissuadere nostri operai recarsi nuovamente colà, e prestar fede a promesse che non sono punto date dalla Compagnia saline, siccome ebbi a dedurre dalla visita fattami dall'ingegnere capo della Compagnia. Quindi nuovo rimpatrio sicuramente a carico R. Governo.

2 Cfr. le istruzioni riservatissime di Nerazzini per Felter, del 12 novembre, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 470-471 di cui si pubblica qui l'inizio: «Con dispaccio del 6 ottobre 1893 n. 37282/9 S.E. il ministro degli esteri, accettando alcune mie proposte circa il servizio politico in Harar in mancanza di un residente ufficiale, ha deliberato, che a cominciare dalla mia partenza da Harar, la S.V. assuma l'incarico del servizio d'informazione da farsi al nostro Governo a riguardo di questa regione, e nello stesso tempo di mantenere con ras Makonnen i nostri rapporti improntati a un carattere di massima cordialità e rispetto, e di buona amicizia per parte del Governo italiano».

534 l Il passo fra asterischi è stato sottolineato al ministero.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 35234/431. Roma, 21 settembre 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto di V.E. n. 762/467 in data del 4 corrente 1•

Ella ben sa che le opinioni personali di sir Ph. Currie sono sempre contrarie a tutto quanto può menomare l'espansione inglese su tutto il continente africano. Le conversazioni avute da V.E. con quel personaggio allorquando si trattò di annullare il compromesso preliminare stipulato colla Compagnia britannica dell'East Africa ne fanno ampia fede. Ma sebbene fossero allora al potere i conservatori, assai più dei liberali gelosi della supremazia coloniale, si riuscì, nonostante, a stipulare il protocollo del 24 marzo 1891, non certo conforme alle vedute di quel sotto-segretario di Stato permanente del Foreign Office.

Come a V.E. fu ripetutamente dichiarato dal conte di Rosebery, e confermato anche per iscritto nella nota direttale il 29 giugno u.s. 2 , le lentezze degli uffici dell'India sono la sola causa alla quale è stato attribuito da Sua Signoria l'indugio nel presentarci una contro-proposta. E lord Vivian al suo ritorno qui a Roma mi ha fatto analoghe dichiarazioni da parte del suo Governo, e mi diede formale promessa di scrivere a lord Rosebery manifestandogli il nostro vivo desiderio di venire ad una conclusione riguardo alla delimitazione suddetta.

Importa infatti al R. Governo di troncare questi indugi, che oramai sono soverchi, perché non rimanga inutile la delimitazione conclusa nel 1891, e sia assicurato un hinterland ai nostri protettorati nell'Oceano Indiano, in modo da congiungerli coll'Impero d'Etiopia. Ed in occasione di tali trattative cercheremo di far comprendere al Foreign Office l'importanza che l'Italia annette al possesso di Zeila, per suggerire possibilmente la cessione di quel porto come compenso ai sacrifici che ci si domanderanno dalla parte dell'Ogaden.

Riguardo alla proposta di trasferire a Aden la sede dei negoziati, mi riferisco al dispaccio ministeriale del 9 corrente n. 336083 ed al telegramma dell'll 4 , posteriori al rapporto di V.E., e che le saranno ormai pervenuti. Secondo l'opinione del generale Dal Verme, e secondo quella dell'E.V., la ragione che faceva ritenere opportuna la scelta di Aden per una conferenza fra i delegati dei due Governi era la presenza in quel porto del colonnello Stace, agente per la costa dei Somali, che si era espresso più volte col console Cecchi in senso favorevole ad una cessione di Zeila all'Italia. Traslocato ormai quel funzionario, l'ambiente di Aden non presenta alcuna condizione propizia ad una conclusione dei negoziati suddetti. Mentre infatti a noi non risulta purtroppo che le idee del colonnello Stace, riguardo a Zeila, siano divise dal

536 I Cfr. n. 526.

2 Trasmessa a Roma con R. riservato 592/372 del 7 luglio, non pubblicato.

3 D. 33608/415, non pubblicato.

4 T. 20 Il, non pubblicato.

governatore Jopp e dai suoi assistenti, l'opera di questi funzionari è stata invece molto attiva nell'estendere l'influenza inglese nell'interno della penisola dei Somali. Io debbo fare quindi nuove premure a V.E. affinché voglia adoperarsi a scuotere le lentezze del Foreign Office e del Governo dell'India.

537

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO 840/503. Londra, 22 settembre 1893 (per. il 27).

Il giorno 20 di questo mese, io mi recai da lord Rosebery ed introdussi la conversazione dicendo a Sua Signoria la soddisfazione con la quale erano state udite da V.E. le cose che lord Vivian le avea dette al suo recente ritorno a Roma 1• Il linguaggio amichevole dell'ambasciatore di S.M. la Regina avea, più che mai, prodotto la migliore impressione, poiché era evidente ognor più l'interesse comune dell'Italia e dell'Inghilterra di contemplare con calma, ma con attenzione, ciò che altri preparano sovra tutto nel Mediterraneo.

Lord Rosebery replicò tosto chiedendomi se il mio Governo avesse avuto qualche speciale notizia delle intenzioni e dei progetti della Russia. L'ambasciatore italiano a Pietroburgo era spesso assai bene informato. Egli non avea più nulla udito di speciale a tale riguardo dopo l'ultima volta che ne avevamo parlato insieme. Poi Sua Signoria notava che la presenza di una squadra russa nel Mediterraneo era meno pericolosa che la presenza di una flotta di quella Nazione nel Mar Nero. Nel Mediterraneo sarebbe stato più facile il colpirla se le circostanze lo richiedessero. Il peggior lato della cosa stava nel fatto che la presenza delle navi russe ecciterebbe l'ebrietà francese e ne accrescerebbe l'agitazione, già tanto incomoda in buon numero di questioni.

Dissi a mia volta che questo stesso pensiero era stato espresso da lord Vivian a

V.E. la quale mi avea informato della conversazione avuta con quell'ambasciatore. Ella mi avea anzi messo, con siffatta informazione, in grado di confermare la smentita di due voci infondate: la prima riguardante il progetto di dare alla Germania un porto italiano per stabilirvi un suo deposito di marina; la seconda relativa ad un'intesa speciale esistente per certe eventualità fra i Gabinetti di Roma e di Pietroburgo.

Il mio interlocutore m'interruppe per dire che del progetto di dare un punto di appoggio alla marina germanica nel Mediterraneo, egli non avea udito cosa alcuna. Forse lord Vivian ne avea parlato di propria iniziativa a V.E. Delle speciali intelligenze esistenti fra la Russia e l'Italia egli avea invece ancora recentemente saputo che il principe di Bismarck ne era sempre persuaso. È questa, soggiunse Sua Signoria, un'antica idea del vecchio uomo di Stato germanico. Ed io a mia volta

osservai che questi restava ognor fedele alla sua dottrina ed al suo sistema, che per imperare sovra tutti conveniva seminare sospetti fra i singoli. Io mi era più volte avveduto che l'animo di lord Salisbury non era sgombro dall'idea di una speciale intimità fra l'Italia e la Russia. Era dunque riuscita assai opportuna l'amichevole franchezza del successore di quel primo ministro, la quale avea dato a V.E. l'occasione di esprimersi con tutta sincerità ed amicizia a questo riguardo.

Sua Signoria sembrava premurosa, in quel giorno, di uscire dal ministero perché l'ora si avvicinava della sua partenza per la campagna, daddove avrebbe preso le mosse il mattino seguente per Balmoral, attuale residenza della regina in !scozia. Non credetti perciò convenisse di entrare, nel corso di questa conversazione, in considerazioni di carattere più intimo e speciale le quali non potrebbero d'altronde svolgersi che in occasione più opportuna, quando cioè fosse accertato, meglio che oggi non lo sia ancora, che il Governo di Parigi darà alla flotta russa un porto del Mediterraneo per stabilirvi la sua stazione permanente.

A lord Rosebery una simile decisione, da parte della Francia, sembra tale una aberrazione che egli si ostina nella incredulità che essa possa essere effettivamente messa in atto. «Non è possibile, egli mi diceva, ancora recentemente, che l'acciecamento vada fino a non contemplare che la Francia è il Paese che più d'ogni altro potrebbe essere compromesso nei suoi interessi dalla espansione russa nel bacino del Mediterraneo. Le costellazioni, che la politica internazionale crea, non hanno carattere di stabilità ed i francesi, in un avvenire forse non remoto, potrebbero amaramente rimpiangere l'errore che oggi commetterebbero».

Bisognerà pertanto aspettare che la Francia abbia veramente dato corpo al progetto di chiamare nel Mediterraneo un contingente di forza navale russa in modo permanente, per muovere da parte nostra i passi che V.E., con parole oltremodo lusinghiere a mio riguardo, mi ha autorizzato a fare 2•

537 l Cfr. n. 533.

538

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DALLA VALLE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1243/479. Berlino, 23 settembre 1893 (per. il 26).

Come l'E.V. ben sa S.M. l'Imperatore Guglielmo trovavasr m Inghilterra a bordo dell'«Hohenzollern» appunto al momento in cui sorsero grandi difficoltà fra la Francia ed il Regno Unito circa gli affari del Siam.

Ora mi fu narrato, confidenzialmente, da persona degna di fede e che mi assicurò di essere benissimo informata, un fatto allora accaduto colà che merita, credo, di essere conosciuto.

Quando il Governo della Repubblica avvertì il Governo della Gran Bretagna di far ritirare le sue navi che trovavansi nelle acque siamesi dietro la linea del blocco, il Governo di S.M. Britannica si dimostrò assai perplesso sul da fare e credette un istante alla possibilità di una guerra imminente con la Francia, che fu poi per fortuna evitata.

Questo pericolo naturalmente preoccupava di molto gli uomini di Stato inglesi, i quali non erano tutti dello stesso avviso intorno ai provvedimenti da adottarsi. La regina pare fosse ad Osborne, ma il principe di Galles era con l'imperatore di Germania, ond'è che trovandosi Sua Altezza Reale con Sua Maestà a bordo dello «Hohenzollern», ed essendo molto impensierito della piega che prendevano gli affari del Siam, Sua Altezza Reale si rivolse all'imperatore e manifestandogli le sue inquietudini in proposito gli chiese se l'Inghilterra in caso di una guerra con la Francia potrebbe contare sulla cooperazione della Germania. A queste aperture l'imperatore avrebbe risposto al principe di Galles in senso evasivo concludendo colle parole «débrouillez-vous», ben lasciando capire così che l'Inghilterra non poteva in quell'occasione contare sulla Germania. 1

Questo colloquio tra S.M. l'Imperatore e S.A.R. il Principe di Galles fu udito da un alto personaggio addetto alla persona dell'imperatore, che l'avrebbe udito coi proprii orecchi e poi riferito alla persona che me lo comunicò, dicendosi certo della cosa. Questa persona soggiunse: «non so se il principe di Galles agì di proprio impulso o per impulso altrui parlando in tal guisa all'imperatore, ma è fuor di dubbio che egli tenne simigliante linguaggio» e concluse la prelodata persona: «la risposta dell'imperatore al principe di Galles non basterà certo perché l'Inghilterra si decida ad aderire apertamente alla Triplice Alleanza, ma servirà forse a che essa si dimostri talvolta verso di questa più benevola che per lo passato, tanto più che i suoi interessi collimano in generale con quelli della Triplice al punto che nell'eventualità di una guerra europea essa dovrebbe tosto o tardi schierarsi dal suo lato».

Il fatto preaccennato parmi abbastanza significativo, perciò mi reco a dovere di portarlo a conoscenza della E.V.

537 2 Cfr. n. 532.

539

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. 216. Addis Abeba, 23 settembre 1893 (per. il 10 novembre).

Negli ultimi miei rapporti dicevo all'E.V. dei progetti che Menelik e i suoi facevano per rispondere a noi ed alle lettere delle Potenze. Dicevo che si era

pubblicato. 539 l Ed. in L "Italia in Aji"ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 456-458.

ventilato di scrivere ancora ai Governi d'Europa per proporre l'abolizione degli art. 16 e 17, oppure a noi soli nello stesso senso e dicevo anche che Menelik ora sostiene di non aver mai avuta l'intenzione di non rinnovare il trattato. Scrivevo anche all'E.V. che forse Menelik voleva consigliarsi prima con ras Makonnen e indirettamente con monsignor Taurin e che per questo ritardava a far proposte. Però i progetti di questo re, che cambia d'idea ogni ora, non finiscono qui. Mi si fa credere che abbia trattato anche di scrivere al R. Governo per domandare un altro funzionario al mio posto in apparenza per lagnarsi di me, come se volessi forzargli la mano, in sostanza per guadagnar tempo. Ma vi ha di più: indirettamente dalla Corte si fa arrivare fino a me la voce che le cose nostre si accomoderanno subito appena che ras Mangascià si sarà presentato all'imperatore: però siccome da altra parte mi si dice pure che Menelik abbia intenzione di trattenerlo se viene, così mi pare che quella voce abbia tutta l'aria di un intrigo per spingere noi ad esortare il ras a presentarsi. Nei giorni scorsi dicevo al re che il R. Governo mi aveva ancora mandati due corrieri per domandar notizie dell'accomodamento promesso già da tanto tempo, poiché era deciso di uscire da questa penosa situazione (sono corrieri di mia testa per tener sveglia l'attenzione di questo re volubile) e Menelik mi ripeteva la storia, ormai vecchia in Etiopia, che prima doveva consigliarsi coi suoi ecc. ecc.: il 20 poi mi mandava la lettera allegata al n. I, per domandarmi se quel che gli avevo scritto il 22 agosto (rapporto 1862 , ali. l) era la parola mia, o era la parola del Governo. Evidentemente Menelik non aveva capito, o non aveva voluto capire quella mia lettera, colla quale rispondeva a quanto mi chiedeva nella sua, allegata al n. II, del ridetto rapporto n. 186.

Nell'annesso allegato n. II di questo rapporto V.E. troverà quel che ho risposto a Menelik, che ora dovrebbe esser convinto delle intenzioni del R. Governo e dovrebbe aver capito che noi vogliamo finire una volta questa questione del trattato; ma una cosa ci nuoce: qui si dice che noi non siamo buoni a nulla, che i nostri soldati non valgono, che i nostri ascari al primo scontro ci tradirebbero e Menelik in questa convinzione non sa decidersi a nulla se prima non l'avremo fatto ricredere col creargli una quantità di imbarazzi.

ALLEGATO I

L'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II, AL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRA VERSI

L. Addis Abeba, 20 settembre 1893.

Buon giorno. Io, grazie a Dio, sto bene. Quando mi consegnasti la lettera della regina d'Inghilterra e la lettera dell'imperatore di Germania dissi: «quello che mi hai detto e quello

che mi manda a dire il Governo d'Italia, scrivilo, fallo tradurre in amarico e mandamelo». Ho veduta la lettera che mi mandasti il 22 agosto 1893. La parola è la tua parola o è la parola del Governo? Mandami questa risposta.

ALLEGATO Il

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEJGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II

L. Addis Abeba, 21 settembre 1893.

Quando ultimamente arrivai al suo Paese ebbi l'onore di presentare a Vostra Maestà una lettera del mio augusto sovrano dalla quale risultava che io mi recavo alla sua Corte nel suo rea! nome, da lui inviato e godendo della sua piena fiducia. Questo solo fatto basta per dar carattere ufficiale a quello che dico e a quello che scrivo a Vostra Maestà sugli affari che riguardano i due Stati: così è nei nostri Paesi. La parola di un inviato, è la parola del Governo. Vostra Maestà pare che di ciò dubiti, forse non è bene informata delle nostre abitudini: dichiaro dunque che non solo la lettera della quale Vostra Maestà parla, ma tutte le altre sugli affari e tutto quello che io dico in nome del Governo s'ispira sempre alle istruzioni che io ricevo da Roma; del resto il numero che io metto nelle lettere ed il modo come le firmo erano sufficienti per togliere ogni dubbio. Noi abbiamo l'abitudine di assumere le responsabilità di quello che scriviamo e firmiamo.

In ogni modo io sono grato a Vostra Maestà di avermi porto l'occasione di far conoscere le ultime volontà del mio Governo, espresse nella lettera n. 179; sono poi grato perché questa dichiarazione determinerà più chiaramente la mia qualità ufficiale presso Vostra Maestà.

538 l La notizia era stata già riferita da Catalani da Copenaghen con T. 2194 del 5 settembre, non

539 2 Cfr. n. 522.

540

IL PREFETTO DI PISA, FIORETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2405. Pisa, 25 settembre 1893, ore 12 (per. ore 13,15).

Sciogliendo riserva, contenuta mio telegramma ieri 1 , circa partenza operaj di Calcinaia per Arles, significo V.E. che i medesimi, nonostante sconsigliati anche dallo stesso Galli Maurizio, capo della squadra, hanno stabilito definitivamente di partire, in numero di 17, per Arles, domani, dichiarando che, pur vedendo il pericolo cui vanno incontro, sono costretti recarsi colà ove hanno certo il lavoro, mentre in patria, mancandone affatto, essi esporrebbersi morire di fame.

540 I T. 2399 bis, non pubblicato.

541

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, SAINT MARTIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 1217/365. Sofìa, 26 settembre 1893 (per. il 30).

Il giornale ufficioso della corte La Bulgarie ha pubblicato una corrispondenza da Roma. che ha l'apparenza di essere stata scritta qui appositamente per inserirvi un inciso relativo al nuovo agente e console generale d'Italia commendatore Riva ed alla linea politica che si desidererebbe che egli seguisse in questa residenza 1• Siccome è noto che S.A. il Principe Ferdinando ha l'alta direzione politica del giornale e che non di rado invia delle note e degli abbozzi di articoli d'indole politica, così non è improbabile che il detto brano sia stato scritto da Sua Altezza perché ne rispecchia fedelmente le idee che precedentemente ha espresse in qualche circostanza. Le suscettibilità del principe Ferdinando sono state particolarmente ferite quando l'agenzia d'Italia non ha inalberata la bandiera in occasione dell'entrata solenne nella capitale della principessa· sposa e quando vennero fatte delle osservazioni al Governo bulgaro sull'inalberamento delle bandiere parmensi; e forse l'avvertimento contenuto nell'articolo in discorso, di cui accludo copia. non è che lo sfogo del rancore di Sua Altezza.

542

L'AMBASCIATORE A PAR1Gl, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2432. Parigi, 27 settembre 1893, ore 19,41 (per. ore 21.50).

Ambasciatore di Germania già tornato qui da tre giorni, si assenterà ancora, ma mi dice che suo Governo desidera che sia qui durante le feste russe. Sarà pure qui mio collega Austria-Ungheria che ritornerà 9 ottobre. Non vidi ancora lord Dufferin, tornato ora dalla provincia, ma è probabile che egli pure rimarrà a Parigi. Con ciò V.E. giudicherà, senza dubbio, conveniente che impari a memoria l'inno russo anch'io 1•

541 1 Dell'articolo si pubblica solo il seguente passo: <de crois pouvoir atlìrmer que M. Riva. le nouveau rcprésentant d'Italie cn Bulgarie, recevra du ministère des instructions très large:,; l'entente franco-russe et la perte de toute illusion sur la possibilité d'empècher l'accord entre la République et le czar sont des causes assez sérieuses pour persuader M. Brin à ne pas pousser trop dans le système d'excessive prudence pour tout ce qui concerne Ics Balkans>>. 542 1 Per la risposta di Brin cfr. n. 544.

543

IL DOTTOR NERAZZINI, IN MISSIONE AD HARAR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. PERSONALE RISERVATO 7. Harar, 27 settembre 1893 (per. il 23 ottobre).

Ras Makonnen mi ha fatto chiamare ieri sera per dirmi che ha ricevuto ieri una lettera di S.M. l'imperatore Menelik nella quale Sua Maestà si lagna per l'asprezza con cui il dott. Traversi si conduce nella questione del pagamento delle cartucce: riferisce inoltre che il dottore, in tutte le questioni che deve oggi trattare allo Scioa, perde di sovente quell'attitudine di rispetto che è dovuta a lui come imperatore, e della quale invece riceve prove continue tanto da S.M. il nostro Sovrano, quanto dal nostro Governo. Ho risposto a ras Makonnen che sopra un argomento così delicato poteva o lui o S.M. l'Imperatore scrivere direttamente al Governo italiano. Ma il ras mi ha risposto a sua volta assai vivacemente e presso a poco in questi termini: «lo le dico cosa mi scrive l'imperatore e glielo dico perché voglio d'ora in avanti informare sempre il Governo italiano di qualunque difficoltà sorga fra noi, per dar prova che rappresenterò in ogni circostanza la parte di amico conciliante. Siccome lei è una persona di fiducia del suo Governo che si trova in questo momento presso di me, così quando io ho partecipato a lei quanto mi scrive l'imperatore, la mia coscienza è tranquilla».

Messo così alle strette, io non posso tenere per me questa comunicazione, né voglio assumere su me la responsabilità del silenzio.

In Abissinia non sono infrequenti queste specie di giuochi di fare apparire una questione personale, quando non accomoda di riconoscere i propri torti in una questione d'indole generale. Per tali arti non vi è spirito d'invenzione uguale a quello etiopico. Ma potrebbe anche esser vero che il dottor Traversi, il quale ha supposto di poter facilmente accomodare la questione del Trattato di Uccialli portando all'imperatore i due desiderati milioni di cartucce, vedendosi poi deluso, abbia perduta la pazienza e si sia posto in un'attitudine poco tranquilla. Egli da prima ha dato la colpa a ras Makonnen e gli ha scritto una lettera, già trasmessa a Roma dal signor Felter per ordine del ras, dove il linguaggio non è certamente corretto, e dove si danno al ras delle colpe che non ha: ma su ciò ho avuto già luogo di pronunziarmi, e credo che la causa di questo dissidio sia 'stato un artifizio dell'imperatore.

Ora la controversia sarebbe sorta coll'imperatore stesso: in ciò vi può essere qualche cosa di vero, perché collo stesso corriere del ras, il signor Felter ha ricevuto una lettera dell'ingegnere svizzero signor Alfredo Ilg, nella quale gli dà notizia che probabilmente seguirà l'imperatore a Worrailù nei Wollo-Galla: in questa lettera,

che il signor Felter gentilmente mi ha comunicato, ho sorpreso un periodo presso a poco in questi termini: «Qui si dice che l'imperatore e il dott. Traversi vogliono mangiarsi, ma non si sa precisamente chi sarà mangiato e credo che tutti e due hanno un po' paura di un'indigestione».

In tale stato di cose sarebbe necessario, quando V.E. si compiaccia1di accettare il mio consiglio, di scrivere subito, o meglio, mandare istruzioni telegrafiche al dott. Traversi, perché assuma un contegno più calmo verso l'imperatore, perché non inacerbisca la sua questione con Makonnen, e soprattutto perché, quando Makonnen arriverà presso l'imperatore (epoca presumibile in cui tutto sarà deciso) non si ponga in un'attitudine ostile, gli faccia qualche atto di ossequio, o meglio, cerchi d'intendersi nuovamente con lui2 giacché sarebbe davvero uno spettacolo originale che ras Makonnen abbia in Harar da un funzionario del Governo tutte le manifestazioni di rispetto e di amicizia ed abbia tutto l'opposto allo Scioa da un altro funzionario dello stesso Governo.

A qualunque costo, ancorché le cose non potessero accomodarsi coll'imperatore non bisogna assolutamente perdere le buone relazioni con ras Makonnen.

Pur troppo è vero che la maggior virtù da esercitarsi in Etiopia è la pazienza, e che sempre in ogni azione bisogna far dominare la calma. Il momento è proprio decisivo; se la questione del Trattato di Uccialli non si accomoda con la prossima andata di ras Makonnen allo Scioa, credo che non si accomoda più. Ma ancorché fallissero i nostri tentativi, ciò che non mi sembra probabile, non credo che il Governo nostro dovrebbe risentirne una grande commozione, da scendere a partiti estremi: il capriccio imperiale non varrebbe mai a diminuire quello che oggi siamo nell'Eritrea.

Dunque, tutto bene considerato, mi sembra che sia poco opportuno il ripetere un atteggiamento alla Pier Capponi con un imperatore, che non è Carlo VIII, per non dover minacciare una suonata di campane, quando non si è certi se valga la pena e se si possa eseguire la minaccia.

543 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX. cit., pp. 460-462.

544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

Roma, 28 settembre 1893, ore 12.

Sono perfettamente d'accordo con V.E. 2 sulla convenienza che come i suoi colleghi ella rimanga a Parigi durante le feste alla squadra russa.

2 Risponde al n. 542.

543 2 Cfr. n. 584. 544 I Minuta autografa.

545

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. S.N. Roma, 29 settembre 1893.

Avendo parlato con ambasciatore d'Inghilterra il quale telegrafa oggi al conte di Rosebery rappresentandogli disastrosa impressione farebbe nell'opinione pubblica in Italia se si rimandasse visita squadra inglese non domandata da parte nostra ma annunziata dal Governo britannico e di cui si occupa ormai tutta la stampa di Europa, lord Vivian ritiene che il conte di Rosebery resisterà all'idea dell'ammiragliato. A Taranto e Catania non havvi colera morbo quindi pretesto non illuderebbe alcuno: effetto politico sarebbe pessimo. Esposi tutto ciò all'ambasciatore d'Inghilterra che se ne farà interprete convinto presso il conte di Rosebery.

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. S.N. Roma, 30 settembre 1893.

Lord Vivian vient de recevoir un télégramme de l'amiral commandant en chef dans la Méditerranée en réponse à sa demande pour ètre renseigné sur la composition de l'escadre destinée à visiter nos ports. Amiral déclare navires ne sont pas encore choisis vu que Malte a imposé quarantaine de 21 jours sur tous les bàteaux arrivant d'un port italien et que cette mesure parait avoir les plus graves conséquences pour l'escadre à son retour des ports italiens. Amiral informe lord Vivian avoir proposé au Gouvernement britannique de remettre visite au printemps quand il y a rarement du choléra et qu'il attendait réponse de l'amirauté. Je m'empresse d'informer V.E. de ces faits qui enlèvent toute signification politique aux paroles du lord de l'amirauté à notre attaché navaP. Malgré cela il sera bien difficile de faire entendre raison à nos politiciens et à nos journaux qui ne peuvent admettre que des intentions de trahison perfide dans tous !es actes du Gouvernement.

546 l Con T. riservato 2449 del 28 settembre Tornielli aveva comunicato: «Primo lord navale dell'ammiragliato ha detto oggi al r. addetto navale che, attesa la condizione sanitaria dell'Italia e il pericolo di quarantena, la visita progettata della flotta inglese stava per essere contrammandata. Egli si è espresso in termini da lasciare intendere che, mentre l'Inghilterra sta attenta e pronta, non vuole aver l'aria di raccogliere il guanto che altri sembra gettarle».

547

IL MINISTRO A COPENAGHEN, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2485. Copenaghen, r ottobre 1893, ore 17,45 (per. ore 23,55 ).

Mi è stato riferito che la regina di Danimarca avrebbe detto ciò che segue a persona di fiducia: «L'imperatore di Russia non ha mai mutato proposito. Egli non ha altro scopo che il mantenimento della pace. L'equilibrio europeo essendo stato compromesso dall'aumento dell'esercito tedesco e dalla visita del principe di Napoli a Metz, gli è sembrato opportuno che la bandiera russa apparisse nel Mediterraneo. Giammai però l'imperatore si lascerà trascinare a complicazioni internazionali dall'eccitazione dei francesi circa la visita Tolone. Governo francese è stato avvertito di contenere le dimostrazioni nei giusti limiti e di non dare alla restituzione visita Kronstadt un'interpretazione che potrebbe provocare difficoltà internazionali e mettere la pace in pericolo».

548

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI 1

T. 2233. Roma, 6 ottobre 1893, ore 13,45.

Rascon venne dirmi ieri fatti di Melilla esser molto gravi. Un fortino esterno sta colà costruendosi dagli spagnuoli ma bande marocchine, per due notti successive, distrussero lavori. Governo spagnuolo ordinò comandante Melilla difendere lavori e, non credendo alle proteste del governatore marocchino che dichiarasi impotente a impedire aggressioni, invierà, quando Governo sceriffiano non prenda subito misure energiche, forze sufficienti per reprimere disordini esso stesso; le quali, vista loro azione, non potrebbero contenersi nei stretti limiti militari guarnigioni spagnuole, ma dovrebbero invadere territorio marocchino. Rascon chiedendo conoscere pensiero R. Governo, risposi rilevando gravità comunicazione; essere noto a Madrid che nostra politica si inspira al nostro desiderio di conservare sta tu quo nel Marocco; dover Governo spagnuolo procedere con prudenza e non adottare misure estreme se non quando Governo imperiale si dimostrasse realmente impotente; essere io disposto far presente al Governo marocchino gravità situazione necessità che esso reprima aggressioni. Rascon approvò ringraziando. Telegrafai a legazione di Sua Maestà a Tangeri 2 .

2 In pari data fu inviato a Tangeri col n. 2234 un telegramma analogo (ed. in L V 79, p. Il) che termina con la seguente istruzione: «Prego perciò la S.V. far comprendere codesto Governo gravità situazione, assoluta necessità che esso reprima disordini, nell'interesse suo proprio, e nell'interesse generale».

548 1 Lo stesso telegramma fu inviato a Madrid alle ore 18 col n. 2237.

549

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

T. 2532. Tangeri, 6 ottobre 1893, ore 21,55 (per. ore 1,35 del 7).

Rispondo odierno telegramma di V.E. 2 incrociatosi col mio 3 . Questo ministro degli affari esteri cui feci presenti gli avvertimenti di V.E. mi rispose aver inviato corrieri celerissimi al sultano, consigliando pronta adozione energiche efficaci misure per punire riffegni, dare alla Spagna dovuta riparazione; occorrere un mese circa per ricevere risposta sultano, la lontananza del quale, e rumori che si fanno correre ad arte di un insuccesso di Sua Maestà, rendono la situazione ancora più delicata; avere egli scritto ancora oggi autorità marocchine frontiera Melilla perché facciano tutto il possibile per reprimere i disordini. Consigliai ministro degli affari esteri di inviare subito Melilla governatore Tangeri, personaggio influentissimo del Riff, colla missione ricondurre riffegni alla ragione. Sid Torres trovò buono consiglio, promise recarsi parlare questa sera col governatore. Espresse egli stesso desiderio che io faccia conoscere sultano avvertimenti di lei. Egli medesimo spedirà mia lettera, accompagnata da una sua propria. Sin da stamane, profittando di un corrier~ spedito da Torres al campo, scrissi al vizir Garnit. rappresentando assoluta necessità reprimere disordini.

550

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 898/532. Londra, 6 ottobre 1893 (per. il 17).

Nel segnare la ricevuta del mio rapporto del 4 settembre (n. 762/467) 1 V.E. nel suo dispaccio del 21 dello stesso mese2 , osserva che più volte le opinioni di sir Ph. Currie si manifestarono contrarie a qualunque cosa potesse menomare l'espansione inglese sull'intero territorio africano. Ella sembra perciò meno disposta ad ammettere che quanto questo sotto-segretario di Stato permanente mi ha detto, abbia peso nella trattativa attualmente in corso per la delimitazione fra l'Italia e l'Inghilterra delle rispettive zone d'influenza verso il golfo di Aden. V.E., ricordando

2 Cfr. n. 548, nota 2.

3 T. 2528, non pubblicato. 550 1 Cfr. n. 526.

' Cfr. n. 536.

ciò che a me fu ripetutamente dichiarato da lord Rosebery ed a lei confermato da lord Vivian, preferisce credere che se, negli ultimi mesi, la trattativa non ha proceduto innanzi d'un passo, ciò abbia unicamente dipeso dalle lentezze burocratiche degli uffizi del Govern"o anglo-indiano.

A mia volta debbo pregare V.E. di prendere in considerazione che, pur non affettando di tagliar fuori dalla trattativa l'alto funzionario che nel Foreign Offìce tiene un grandissimo posto, qualunque sia il Gabinetto in carica, mi limitai a presentargli direttamente le insistenze prescrittemi dalle istruzioni ministeriali, sol quando, durante le assenze di lord Rosebery, non avrei avuto a chi altro far sentire le nostre sollecitazioni. Mi parve notare nel linguaggio di lui qualche accenno ad una risposta, contenente le obbiezioni del Dipartimento delle Indie, che lord Rosebery non mi aveva comunicato e feci conoscere questa circostanza a V.E. perché, mentre essa provava la buona volontà del Foreign Office di appianare le difficoltà oppostegli dal Dipartimento indiano, valeva pure a spiegare la dilazione veramente singolare della risposta in merito alla proposizione da noi da tanto tempo presentata. Qualunque potesse essere la mia curiosità di conoscere le obbiezioni dell'India Office, io dovea mettere dinnanzi a tutto l'interesse di impedire che si riaprisse la discussione sull'utilità, l'opportunità e la necessità della delimitazione. Questo punto era stato assodato in massima. Lo dissi chiaramente a sir Ph. Currie: per il mio Governo restava ferma la accettazione di fare la delimitazione, salvo l'accordo da stabilire circa la linea di demarcazione.

Nello stesso dispaccio ministeriale, al quale rispondo, V.E. mi scrive che importa al R. Governo di troncare questi indugi che ormai sono soverchi, perché non rimanga inutile la delimitazione conchiusa nel 1891.

Convengo pienamente coll'E.V. che l'indugio è soverchio; ma io non conosco altri mezzi per troncarlo fuori di quelli che ho fin qui adoperati. Tosto che lord Rosebery fu qui di ritorno da Omburgo, gli parlai ancora una volta della risposta che si aspettava dall'India Office. Facendo precedere un lungo sospiro, Sua Signoria esclamò: «C'est assommant». Poi, per non darmi tempo ad una interpretazione sfavorevole, egli si affrettò di farmi intendere che la sua esclamazione andava all'indirizzo delle lungaggini dell'India Office. Questo particolare darà a V.E. la misura della insistenza da me spiegata in questo affare.

Nel dispaccio deli'E.V. trovo pure l'osservazione che, sebbene nel 1891 fossero al potere i conservatori, assai più dei liberali gelosi della supremazia coloniale, riuscì al r. ministero di stipulare il protocollo del 24 marzo, non conforme certamente alle vedute del sotto-segretario di Stato permanente del Foreign Office. Non saprei quale deduzione dovrei ricavare da questo confronto che V.E. stabilisce fra le difficoltà felicemente vinte allora e quelle contro le quali mi urto da più mesi senza riuscire a superarle. Forse meglio comprenderei questo confronto se conoscessi le cause che allora produssero la sospensione del lavoro di delimitazione. Era stato accettato dalle due parti che le zone dei due Paesi dovessero essere delimitate sovra tutti i punti dove le medesime vengono in contatto. La trattativa avea procèduto alacremente fino al momento in cui si dovea venire a delimitare il territorio che circonda il possedimento di Berbera e Zeila. Non si sarebbe forse il negoziato arenato appunto quando il Foreign Office più non avrebbe potuto proseguirlo senza un concerto col Governo delle Indie? Potrebbe questa essere una semplice mia suppos1z10ne; ma in ogni modo gioverà che io conosca con precisione il motivo della interruzione del negoziato del 1891 3 .

Una delle maggiori forze dell'amministrazione inglese sta nella continuità dei suoi propositi e della sua azione. Questa, nelle trattative politiche del Foreign Office, è rappresentata dal sottosegretario di Stato permanente. Muti pure il titolare del ministero, la tradizione resta e si può essere sicuri che le obbiezioni del predecessore saranno quelle stesse che verranno opposte dal nuovo ministro.

Benché anche lord Salisbury, nei privati colloqui, affettasse spesso di non dare importanza soverchia alle espansioni africane e scherzasse sovente sovra le delimitazioni geografiche che egli stesso avea concorso a fare; tuttavia io stimo che lo scetticismo personale di lord Rosebery vinca, in questa materia, quello del suo predecessore. Recentemente ancora egli mi faceva osservare che il mondo pareva rinsavire e che all'entusiasmo africano degli ultimi anni, in Inghilterra era succeduto un più calmo e ponderato apprezzamento della realtà delle cose. Ma sarebbe errore il credere che queste personali idee del ministro abbiano mutato il concetto direttivo dell'amministrazione britannica la quale, in materia coloniale, si guida colla politica che nell'idioma inglese si chiama con espressiva figura dog's policy. L'Inghilterra, sia pur sazia, vieta sempre il cibo agli altri. Né questa è cosa nuova d'oggi; né essa muterà prossimamente. Non m'appartiene di qui analizzare il valore di siffatta politica nei suoi effetti. Il mio compito è di segnalare al Governo di Sua Maestà il grado di probabilità che possono avere le nostre aspirazioni ed i nostri desideri di essere accettati dal Gabinetto di Londra. Ora V.E. mi avvisa ancora una volta che, in occasione della trattativa, di cui lamentiamo il tardo progresso, noi dovremo cercare di far comprendere al Foreign Office l'importanza che l'Italia annette al po_ssesso di Zeila, per suggerire possibilmente la cessione di quel porto come compenso ai sacrifici che ci si domanderanno dalla parte dell'Ogaden. Stia pur sicura

V.E. che in questa, come in ogni altra cosa relativa a questo negoziato, la r. ambasciata non mancherà all'obbligo suo di eseguire come meglio potrà le istruzioni che le sono impartite. Però era pure nel dovere di chi ha l'onore di reggere questo ufficio, il rappresentare al Governo del re la scarsa probabilità che l'Inghilterra / voglia aderire al desiderio nostro cedendoci un paese che, prima della occupazione britannica, l'Egitto presidiava. Dopo che io in questo mio carteggio ufficiale ho avuto l'occasione di esporre i motivi di tale previsione, non si sono verificate circostanze che valgano a modificare la medesima. Anzi V.E. mi fa avvertire che, dopo il trasferimento del colonnello Stace ad altra residenza, l'ambiente di Aden ci è divenuto meno favorevole, poiché le idee di quell'agente britannico, relativamente alla eventuale cessione di Zeila all'Italia, non sono divise né dal governatore di quella colonia, né dai suoi assistenti.

P.S. Rimanderò il rapporto del cavalier Nerazzini inviatomi col dispaccio ministeriale del 9 settembre 4 e domandatomi con quello del 29 stesso mese 5 quando sarà chiusa la trattativa per la quale quella relazione mi può fornire utili indicazioni.

549 l Ed. in LV 79, p. 12.

550 3 Per la risposta cfr. n. 578. 4 D. 33608/415, con il quale veniva comunicato un rapporto di Nerazzini del 31 luglio. Né il dispaccio né il rapporto sono pubblicati. 5 D. 36286/442, non pubblicato.

551

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2541. Madrid, 7 ottobre 1893, ore 20,40 1.

*Alla circolare della Spagna sui fatti di Melilla, Inghilterra, come il R. Governo2, ha risposto offrendo i suoi buoni uffici presso Governo sceriffiano, che Governo spagnuolo ha accettato con gratitudine. *3 Francia per contro si è mostrata più riservata e diffidente. *Continua eccitazione ed entusiasmo popolare per la partenza dei rinforzi* fomentati da una parte della stampa, cui interessa aumentare la propria circolazione. Situazione sempre molto pericolosa. Salute di Sagasta migliorata. Domani probabilmente si terrà Consiglio in casa sua.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE1

Roma, 7 ottobre 1893, ore 23.

Approvo suo linguaggio 3 . Notizie Madrid 4 fanno conoscere che opinione pubblica molto esaltata e che Governo sarà spinto ad azione energica. Ad evitare azione militare spagnola importa che Governo marocchino prenda subito iniziativa repressione. Siccome per attendere risposta sultano passerà molto tempo si va incontro a pericolo irrimediabile 5 .

553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E PARIGI 1

T. 2250. Roma, 7 ottobre 1893, ore 23.

Legazione di Sua Maestà a Tangeri mi telegrafò in data di jeri quanto segue: (ripetere telegramma da Tangeri n. 2532 2). Dal linguaggio di questo ambasciatore

1 Cfr. n. 548, nota l.

3 I passi fra asterischi sono ed. in LV 79, p. 13. 552 l Ed. in LV 79, pp. 12-13.

2 Minuta autografa.

3 Cfr. n. 549.

4 Cfr. n. 551.

5 In LV 79 «gravissimo». 553 l Ed. in LV 79, p. 13.

2 Cfr. n. 549.

di Spagna credo rilevare che Governo spagnuolo desidera sinceramente che sultano, consigliato, ove occorra, dalle Potenze amiche, prenda immediatamente iniziativa efficace repressione disordini, evitandosi così la eventualità, non scevra di possibili gravi complicazioni, che opinione pubblica spagnuola, che è vivamente eccitata, obblighi irresistibilmente Governo di Madrid ad intervenire con un'azione più spinta di quanto esso giudica opportuno. Confermando, perciò, alla r. lega" zione a Tangeri precedenti mie istruzionP, di far cioè sentire al Governo sceriffiano consigli di prudenza ed eccitamenti a reprimere aggressioni, ho telegraficamente oggi aggiunto 4 essere urgente che esso si decida in tal senso, mentre collo attendere che il sultano, ora in viaggio, faccia pervenire ordini, si va incontro a pericolo irrimediabile 5 .

551 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

554

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 903/537. Londra, 7 ottobre 1893 (per. il 17).

Ringrazio V.E. del suo dispaccio del 29 settembre1 , con il quale, rispondendo al mio del 21 dello stesso mese 2 , ella mi fa conoscere dove si trova la località da noi detta Giumbo e nelle carte inglesi segnata Gobwen.

Codesto r. ministero non mi fa conoscere il suo avviso sovra gli altri punti toccati in quel mio rapporto.

Le condizioni finanziarie nelle quali attualmente versa la imperiale britannica Compagnia dell'Est-Africa, non permettono di prevedere la lunga vita della medesima. Né il Governo britannico dimostra disposizione a sostituirsi puramente e semplicemente alla medesima. Converrà pertanto, in vista degli interessi italiani nella regione del Giuba, tenerci apparecchiati alle conseguenze che potrebbero derivare dalla dissoluzione della Compagnia. Questa naturalmente ha un solo interesse, quello cioè di far rientrare i suoi azionisti in possesso di una parte almeno del loro capitalé mediante la migliore possibile liquidazione. Non è pertanto da escludersi in modo assoluto che, non riuscendo la Compagnia a vendere i suoi possedimenti al Governo britannico, essa s'industrii a tentare altri Stati europei a comperare la cessione dei punti che sembrano offrire qualche probabilità di avvenire. Uno di questi punti è Kisimaio.

V.E. mi ha comunicato le istruzioni3 impartite da lei al r. console in Zanzibar, in previsione di una eventuale retrocessione di Kisimaio al sultano di quel paese.

4 Cfr. n. 552.

5 In LV 79 «immediato». 554 l D. riservato 36285/44\, non pubblicato.

2 Non pubblicato.

3 D. riservato 33420/49 del 7 settembre, non pubblicato.

Se però questo fatto avvenisse, io stimo che sarebbe bene lo avere prestabilito con il Foreign Office un'intesa che escluda la eventualità della cessione di quella località ad altro Governo straniero che non sia l'inglese. Nelle fasi che precedettero la trattativa di delimitazione della regione del Giuba, ancorchè nessuna formale riserva sia stata fatta in proposito, mi pare sia quanto basti per fondare l'espressione del legittimo desiderio nostro che Kisimaio non abbia dal sultano dello Zanzibar a poter essere ceduto ad altri che all'Italia se la Compagnia dell'Est-Africa od il Governo inglese cessassero di amministrarlo. Ma io non potrei parlare in questo senso con lord Rosebery senza istruzioni di V.E. 4

553 3 Cfr. n. 548, nota 2.

555

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2546. Tangeri, 8 ottobre 1893, ore 13,35 (per. ore 16,10).

Ho tenuto con questo ministro degli affari esteri linguaggio ispirato al telegramma odierno di V.E. 1 Rispose dover attendere ordini sultano. Continua esortare rifegni troncare la questione, tenersi tranquilli. Spera non si verificheranno nuove aggressioni. Governatore Tangeri dichiarò non potere recarsi Melilla. Rappresentanze d'Inghilterra e di Germania hanno dato questo Governo avvertimenti eguali ai nostri.

556

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2551. Madrid, 8 ottobre 1893, ore 20,50 (per. ore 23,35).

Ho avuto oggi colloquio col ministro di Stato portando suo conoscimento telegramma speditomi stamane da V.E. 1 Egli m'incarica dei suoi ringraziamenti per la nostra opera e per i consigli dati a Tangeri; approva pienamente suggerimento di far esercitare senza indugio energica azione sopra insorti marocchini, e prega continuare sforzi per ottenere quel risultato, che solo può dileguare pericolo ulteriore complicazione. Il signor Moret mi pregò rilasciargli un sunto del citato telegramma per sottometterlo alla regina.

555 l Cfr. n. 552. 556 l Cfr. n. 553.

554 4 Per le istruzioni cfr. n. 586.

557

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A MADRID, MAFFEI

Roma, 8 ottobre 1893, ore 23, 15.

Le comunico telegramma nostro reggente Tangeri: (riprodurre telegramma da Tangeri n. 2546 dell'8 ottobre 1893) 2•

(Per Londra). Spero che diffidenza Gabinetto Londra 3 per affari Marocco non si estenda a noi che non abbiamo altro scopo contribuire mantenimento statu quo. Mi pare che aiutare Spagna a non essere obbligata a intraprendere azione militare non possa compromettere nulla. Rascon anche oggi mi disse che Governo spagnuolo desidera evitare azione militare che porterebbe a grandissime spese e comprometterebbe programma economie. Se questo desiderio sincero una riparazione data dal sultano Marocco faciliterebbe opera Governo spagnuolo.

558

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO S.N. Londra, 8 ottobre 1893.

Domani alle tre vedrò Rosebery. Pare vi sia disposizione a mantenere programma prestabilito per la visita evitando però porti dove esiste colera. Però al Foreign Office si ritiene che l'itinerario nei porti italiani incomincia non 1'11 come V.E. mi ha telegrafato 1 ma il 16 corrente mentre fu sempre inteso che l'arrivo delle navi inglesi nei porti italiani dovesse seguire di qualche giorno e non precedere l'arrivo delle russe a Tolone.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, GALLINA

D. 37507/50. Roma, 9 ottobre 1893.

Dal rapporto 99/55 che ella mi ha diretto in data dell'8 agosto scorso 1 , rilevo che, nelle vicinanze di Hankow, una chiesa dipendente da quella missione dei francescani italiani, venne incendiata dal popolo, e che il console francese si diresse

2 Cfr. n. 555.

3 Tornielli aveva comunicato con T. 2547 dello stesso 8 ottobre: «Prego R. Governo avere sempre presente nelle sue mosse che Gabinetto di Londra nutre istintiva, invincibile diffidenza contro tutti, quando si tratta del Marocco, principalmente di Rif e di Tangeri». 558 l T. s.n. del 6 ottobre, non pubblicato. 559 l Non pubblicato.

alle autorità di quella provincia per reclamare soddisfazione. La S. V. si proponeva di chiedere a codesto ministro di Francia, in allora assente da Pechino, i particolari dell'accaduto e le misure da lui prese al riguardo. Ella aggiungeva che, a seconda di antecedenti istruzioni generali del r. ministero, si sarebbe astenuto dal prendere in quest'affare altro interesse che non fosse quello ispiratole dalla nazionalità degli offesi.

Coll'accordo intervenuto fra l'Italia e la Cina, con scambio di note del 26 novembre e del 22 dicembre 1888, il Tsung-li-Yamen ha assunto l'obbligo «di non ricevere per l'avvenire alcuna domanda, lagnanza o reclamo, formulati dalle missioni cattoliche», che trovansi in quelle parti dell'Impero, tassativamente indicate, nelle quali, come si dichiara nell'accordo «non esistono che missioni italiane», se non «pel tramite della r. legazione, la quale sola ha il diritto di rappresentare di fronte al Governo imperiale cinese gli interessi dei propri nazionali».

Nel caso presente trattasi di sfregio fatto ad una chiesa appartenente appunto a missionari italiani. Ad evitare quindi estranee ingerenze nella protezione di nostri sudditi, e perché il Tsung-li-Yamen non abbia ad allontanarsi dagli obblighi contratti di fronte al Governo italiano, invito la S.V. ad esaminare se non sia il caso di cogliere questa occasione per affermare utilmente la nostra intenzione di richiedere la esatta esecuzione del patto ora ricordato.

Nella affermativa occorrerebbe anzitutto diffidare i missionari francescani interessati, che nessun reclamo da essi sporto a favore dei singoli missionari italiani

o a favore della missione può essere ammesso dal Governo cinese se non viene inoltrato pel legittimo tramite di codesta r. legazione e ricordare poi al Tsung-li-Yamen che nel caso presente trova piena applicazione l'accordo del 1888.

Dal rapporto al quale rispondo ho pure rilevato che si sta costì verificando un accentuamento delle ostilità contro gli stranieri nella regione del Yangtze. Quando il timore di maggiori torbidi si confermasse, ed i nostri connazionali fossero in bisogno di materiale ed effettiva protezione, approvo che la S.V. si rivolga, per quest'ultimo scopo, alla legazione britannica, siccome venne fatto in altre analoghe circostanze.

557 l Minuta autografa.

560

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

Roma, 10 ottobre 1893, ore 11.

Giornali francesi continuano a parlare di armamenti italiani e li vogliono fare passare per provocazione. Tanta insistenza però contraria fatti dimostra parola ordine. V.E. sa che per economia anticipiamo congedo classe anziana e parte classe media. Ordinanza Ministero guerra per tale congedo fu pubblicata il 5 settembre e

congedo cominciò subito ed è oramai completo dovendo essere ultimato il 14 corrente. Mio collega guerra diede complete spiegazioni attachés militari russo e francese quindi non mancano notizie ufficiali a codesto Governo. Campagna allarmistica contro noi codesta stampa deve avere quindi un movente. Veda V.E., se possibile, saperne motivo 2 .

560 l Minuta autogratà.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. RISERVATO S.N. 1 . Roma, 10 ottobre 1893, ore 13.

Ho saputo in modo positivo che tre giorni fa, cioè dopo che addetto militare francese aveva avuto da ministro guerra tutte le spiegazioni e che le aveva trovate soddisfacenti dichiarando che toglievano ogni dubbio, Billot ha chiamato attenzione di un ambasciatore Potenza nostra amica ed alleata, sulle tendenze bellicose Italia e suoi armamenti. Ciò dimostra partito preso.

562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. 2278. Roma, 10 ottobre 1893. ore 16,45.

L'ambasciatore di Spagna mi comunica il seguente telegramma del ministro di Stato: «Gli officii dei rappresentanti d'Italia e d'Inghilterra e nello stesso tempo il nostro ultimatum sembra che abbiano esercitato una influenza salutare sul ministro degli affari esteri del sultano. Sarà conveniente d'insistere colla più grande energia. Il Governo francese mostra una riserva che comincia ad inquietarmi perché io so in modo positivo che il suo rappresentante vede sovente l'uomo il più intransigente di Tangeri 1• La prego di domandare al ministro degli affari esteri di comunicare il tenore di questo dispaccio a Londra, a Berlino e a Vienna per sapere che cosa siavi in ciò di vero». Ho risposto che avrei tosto fatto la desiderata comunicazione, ora la prego di indagare e riferirmi che cosa consti di quanto precede2 .

561 l Minuta autografa. 562 l Delle inquietudini provocate in Moret dal comportamento del rappresentante francese che si incontrava molto spesso con il ministro Torres aveva riferito anche Maffei con T. 2567 dell'8 ottobre, non pubblicato.

2 Si pubblica solo la risposta da Londra (cfr. n. 566).

560 2 Per la risposta cfr. n. 569.

563

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2580. Londra, 10 ottobre 1893, ore 19,30 (per. ore 21,45).

Lord Rosebery autorizza V.E. fare conoscere che la squadra di sei bastimenti dell'ammiraglio Seymour arriverà Taranto il sedici, e, dopo qualche giorno, le stesse sei navi andranno a Spezia, sempreché condizioni sanitarie restino buone. Sarà domandato permesso al Governo regio di entrare in quei porti con numero di navi superiore a tre, e sarei d'avviso che, in questa circostanza, converrà accordarlo. Lord Rosebery mi ha parlato ancora del lutto della flotta per la perdita del «Vittoria». La dimostrazione rimane, a parer mio, più accentuata nel programma ora stabilito e gioverà conservarle un carattere serio di fronte al carnevalesco di Tolone e Parigi. Qui ce ne saranno grati e mostreremo comprendere l'indole della Nazione inglese 1•

564

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

T. 2586. Madrid, 11 ottobre 1893, ore 9,45 (per. ore 14,10).

Ambasciatore di Germania ieri sera ha partecipato al ministro di Stato che anche il Governo imperiale appoggerà energicamente reclami spagnuoli a Tangeri.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 2282. Roma, 11 ottobre 1893, ore 11,30.

Il telegramma di V.E. 1 si è incrociato col mio2• Ella può assicurare lord Rosebery che l'atteggiamento nostro, in occasione della visita della squadra inglese, avrà carattere di amichevole cortesia, senza inopportuna dimostrazione, dovendosi la cosa considerare come normale e consona ai cordiali reciproci nostri rapporti.

2 T. s.n. del IO ottobre, non pubblicato.

563 l Per la risposta cfr. n. 565. 564 1 Ed. in LV 79, p. 16. 565 l Cfr. n. 563.

566

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2592. Londra, 11 ottobre 1893, ore 15,35 (per. ore 17,37).

Rosebery, al quale ho domandato che cosa pensava delle cose di Marocco l, dimostrò per esse nessuna inquietudine. Si tratta di misure locali di sicurezza. Niente può egli, e la Spagna non avrebbe mezzo di fare di più. l francesi, in questo momento hanno le mani piene d'altri affari e il ricevimento fatto giocosamente conte di Parigi in Danimarca, deve avere raffreddato assai il Governo della Repubblica francese nei suoi entusiasmi russi. Siccome Sua Signoria mi disse queste cose ieri ed avanti ieri, così crederei poco opportuno anche andargli a chiedere che notizia abbia delle relazioni che il ministro di Francia a Tangeri ha con innominato del telegramma spagnuolo. Prego però V.E. di non far ripetere le cose dettemi da Rosebery a Madrid perché vi è sempre nella diplomazia di Spagna una certa tendenza al pettegolezzo. Mi sembra basterebbe far dire che qui non si crede per ora ad una azione francese riguardo agli affari marocchini.

567

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2597. Parigi, 11 ottobre l 893, ore 20,07 (per. ore 23,30 ).

Presidente della Repubblica, cui ambasciatore Austria-Ungheria, reduce da lungo congedo, fece ieri visita, gli menzionò nel discorso, con espressioni amare, il viaggio del principe di Napoli a Metz e la sua nomina ad un reggimento di Metz. Chiamò l'imperatore maleducato.

568

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2599. Parigi, 11 ottobre l 893, ore 20,08 (per. ore 23,30).

Pur promettendomi informarsi dal suo collega guerra, se alcun lieve spostamento siasi per ordinaria ragione di servizio prescritto Bayonne, ministro degli affari esteri, da cui sono ora ritornato, mi ha dato sua parola che Governo francese,

pienamente rassicurato da otto giorni sui movimenti militari italiani, non prese e non prende nessun, neppure minimo, provvedimento eccezionale verso di noi I. Develle ha protestato con calore contro assurdo sospetto che la Francia voglia aggredirci, dicendomi che non meno gli pareva assurdo supporre che volessimo noi aggredire Francia. Credo che ci si impone massima circospezione nell'accogliere informazioni allarmanti o notizie irritanti da dove che vengano.

566 l Risponde al n. 562.

569

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 2595. Parigi, 11 ottobre 1893, ore 20,10 (per. ore 20,50).

Ho avuto lungo colloquio col ministro degli affari esteri, e gli ho fatto le più vive rimostranze sulla campagna allarmista della stampa francese I. Develle mi ha detto che, infatti, informazioni affluite al ministro dell'interno dal confine delle Alpi marittime avevano, più giorni fa, messo Governo sull'avviso; ma che egli non volle mai credere ad intenzioni aggressive da parte nostra, e che perciò tralasciò d'interpellarmi; anzi, appena chiarite le cose, egli si adoperò a dissipare inquietudini. Poteva soltanto deplorare che nondimeno una parte della stampa diffondesse ostinatamente altre notizie. S'impegnava però ad agire ancora sui giornali di cui disponeva, e c'invitava a non tenere conto della stampa più bassa e venale. Negò fermamente, recisamente che potesse esservi, per parte del Governo, partito preso in questa campagna. Gli chiesi allora se dovevo attribuire la campagna ai ribassisti, facendogli osservare che in Italia dietro questi si scorgeva mano Governo francese. Rispose confidenzialmente che, essendo stato informato che quattro coulissiers, dei quali due stranieri, accoglievano in Borsa con applausi i ribassi nostra rendita, egli tosto li fece avvertire dal commissario che saranno espulsi dalla Borsa, in caso di recidiva; insistendo, e mostrando gli i pericoli di questa eccitazione, venni parlargli di Billot, domandando se era veramente questione trasferirlo a Vienna; disse no. Poi mi lesse varii telegrammi speditigli da Billot assolutamente calmanti e pacifici, affermandomi che, dopo ritorno a Roma, non gli aveva mai segnalato tendenze bellicose da parte nostra. Notizia riferitami dall'E.V. col telegramma riservato di jeri 2 , mi pare dunque sospetta. A Develle in prova di non dichiarazione [sic], feci ancora presente interesse che aveva Governo a non gettare allarme nel Paese alla vigilia feste russe.

568 1 Cfr. nn. 569 e 572. 569 1 Cfr. n. 560. 2 Cfr. 'n. 561.

570

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2596. Parigi, 11 ottobre 1893, ore 21 (per. ore 23,30).

Ringrazio l'E.V. suoi telegrammi circa Marocco. Anche Develle ha inviato a Tangeri istruzioni simili a quelle date dall'E.V. 1 Egli spera che la Spagna non eccederà nella sua azione.

571

L'INCARICATO I?'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 477/273. Pietroburgo, 12 ottobre 1893 (per. il 21).

Conforme all'ordine impartitone dall'E.V. col dispaccio divisione I sezione II

n. 33445/20 dell'8 settembre u.s. 1 , ho colto la prima propizia occasione per esporre nuovamente al signor Scisckin il modo di vedere del Governo del re per quanto concerne la situazione politica dell'Italia verso l'Etiopia e segnatamente per quanto concerne il Trattato d'Uccialli «il quale, ho soggiunto, è da noi ritenuto in perfetto vigore e per nulla suscettibile di denuncia». Ed ho aggiunto «che il Governo del re aveva preso atto dell'affidamento dato dal Gabinetto imperiale che alla lettera del negus non sarebbe stata data risposta da questa cancelleria».

Il signor Scisckin che mi sembrò avesse una certa riluttanza a seguirmi sul terreno su cui volevo condurlo non poteva tuttavia non rispondere a quanto gli dicevo e, forse evitando di farlo in modo esplicito, replicavami che non poteva «che confermare quanto già aveva detto al barone Marochetti, che cioè la lettera di re Menelik era stata messa agli atti».

572

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Parigi, 12 ottobre 1893.

Finora la conferenza monetaria cammina a gonfie vele e v'è speranza di giungere ad una conclusione soddisfacente prima delle feste russe 1 . Vedremo poi che cosa farà il Parlamento cui la convenzione dovrà essere sottomessa e se si avvere

ranno le predizioni del signor Develle il quale crede che in siffatte quistioni la maggioranza si conforma volentieri all'avviso del Governo. Purché non sorgano nuovi incidenti! Il Governo fa quanto può per evitarli, ed ora, assicuratosi della vanità de' suoi timori, sembra deciso ad influire anche nella misura della sua capacità in un modo calmante sulla stampa di cui una buona parte negli ultimi tempi vomitava fuoco e fiamme contro di noi. Ma resta eternamente vero ch'è inutile sperare in questo Paese il disarmo generale dei rettili verso di noi e che di certi attacchi non bisogna tenere conto. Così per esempio, in questo stesso momento fa qui un'impressione straordinaria di sollievo e di conforto il telegramma inviatomi d'ordine di Sua Maestà da S.E. Rattazzi pel maresciallo Mac-Mahon e che feci pubblicare. Tutti lo interpretano con favore; niente dopo le recenti inquietudini ed agitazioni poteva meglio calmare gli animi francesi. E nondimeno, quantunque perfino il Matin che fieramente ci attaccava lo commenti" con buone parole, uno spruzzo di bava velenosa ci viene dalla miserabile Lanterne, che per la sua dominante intonazione a nostro riguardo m'ha l'aria d'essere uno strumento... nemmeno di ribassisti, ma di veri ed autentici gesuiti.

Informazioni come quella data dal ministro di Stato al mio collega di Madrid mi fanno sorridere. Se veramente noi apprestassimo una repentina aggressione, nessun movimento di difesa dovrebbe sorprenderei, e nemmeno quello della partenza d'artiglieri da Bayonne. Credere invece che la Francia voglia aggredirci mi pare sia disconoscere la sua politica attuale. La Francia crede di non poter contare sulla Russia che nel caso di una guerra difensiva. Noi spera di far venire a capitolo colla fame e con una conseguente tale perturbazione interna che ci renderà prima o poi impossibile la permanenza nella Triplice! Pronta dunque a lasciarsi trascinare domani dalla Russia, non tenterebbe da sola un'avventura che sa essere troppo pericolosa; credo anzi che la schiverà finché ciò le sarà possibile.

Il ministro delle finanze Peytral ha fatto oggi splendidissimamente gli onori alla Conferenza monetaria dando una colazione cui oltre al signor Develle, a Rothschild, a Magnin ed a molti altri personaggi che hanno voce in capitolo in materia monetaria fui invitato anch'io. V'era manifesta tendenza a mostrare grande amabilità per la Potenza che aveva provocato la Conferenza.

Gli oneri delle feste franco-russe si avvicinano. Dufferin, Hoyos ed io già siamo al posto; Miinster sarà qui il 15. Abbiamo già gli inviti ai balli dal presidente della Repubblica e dal ministro della marina. Ne aspettiamo altri con gemente rassegnazione.

Per non ripetermi, non dilavo in più lunghe frasi le notizie che le diedi con una serie di telegrammi ...

570 l Cfr. n. 553. 571 l Cfr. n. 530. 572 l Cfr. quanto Ressman comunicò a Brin con L. personale dell' 11 novembre: «Ebbi la mia parte d 'azione e di preoccupazioni anche per la Conferenza monetaria: per la natura del terreno su cui essa si teneva non posso non accoglierne il risultato con un respiro di sollievo. Certo, non possiamo chiamare l'accordo intervenuto una grande vittoria, ma è pur sempre una battaglia non perduta ... Ma il R. Governo deve persuadersi che otteniamo già molto quando otteniamo qui il rispetto del rigoroso nostro diritto, giacché parlare di sentimenti amichevoli in vista delle disposizioni presenti di questa Nazione verso la Nazione alleata de' prussiani è un'amara ironia. Non posso che sorri'dere quando vedo che da noi, talvolta per sola abitudine, si fa appello nonché all'amicizia, perfino alla cordialità francese! Contentiamoci dell'equità».

573

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A T ANGERI

T. 2306. Roma, 13 ottobre 1893, ore 13.

L'ambasciatore di Spagna mi comunica il seguente telegramma del suo Governo: «Gli sforzi fatti a Tangeri hanno ottenuto sin qui successo. Però la situazione non è definitiva, ed è possibile che si verifichino nuove aggressioni. Occorre che le Potenze mantengano la loro pressione sul ministro del sultano, Mohammed Torres».

574

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2621. Londra, 14 ottobre 1893, ore 14,50 (per. ore 18).

Il Daily News consacra un lungo articolo alla visita flotta russa Tolone e in esso si legge: «È quasi peccato che l'ammiraglio Seymour abbia fissato il tempo della sua visita alla costa italiana durante il periodo delle feste franco-russe. È a sperarsi ancora che egli si fermi a Catania e a Taranto senza andare alla Spezia dove il suo viaggio non mancherebbe di avere un significato politico che esso realmente non possiede. Non abbiamo alcun bisogno di creare simili combinazioni dacché noi siamo sempre pari ad esse quando esse vengono sulla nostra via, il significato politico dell'amicizia tra la Francia e la Russia è argomento che non ci concerne». L'articolo conchiude così: «nulla è cambiato per effetto della dimostrazione di Tolone eccettuato che vi è una garanzia di più per la pace del mondo».

575

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2623. Londra, 14 ottobre 1893, ore 14,50 (per. ore 19,50).

Je vous envoie en clair le texte des paroles que le Daily News consacre dans son artide de fond à la visite de l' escadre anglaise aux ports italiens 1• Il faut y voir la preuve que Rosebery n'a pu maintenir le projet de cette visite qu'en l'emportant de haute lutte contre une fraction importante du parti de Gladstone dont le journal est l'organe autorisé. Il en ressort une situation extrèmement délicate, dont nous devons tenir compte, car il serait absolument contraire aux intérets de l'Italie et de ses alliés que Rosebery, que cette fraction du parti au pouvoir ne semble plus ménager beaucoup, fùt amené par !es contrariétés que l'an lui crée, à céder la place à d'autres2.

2 Il senso di questo telegramma fu ripetuto in modo più ampio nel R. 956/564 del 22 ottobre di cui si pubblicano i passi seguenti: «In occasione delle difficoltà che lord Rosebery dovette vincere per far mantenere il progetto di visita della flotta inglese nelle acque italiane durante la presenza della squadra russa a Tolone, io stimai accennare a V. E., in un telegramma direttole il dì 14 corrente, alla diminuita posizione che Sua Signoria tiene oggi nel Gabinetto presieduto dal signor Gladstone ... La conseguenza dovea essere che il fa v ore generale della pubblica opinione per il ministro degli affari esteri si affievolisse perché, mentre agli uni la sua condotta sembrò imprudente, per gli altri egli parve timido ed incapace di fare prevalere nel Gabinetto la su<~; autorità ... A noi, come ai nostri alleati, non gioverebbe affatto che egli cedesse ad altri l'ufficio suo. E pertanto comune interesse nostro di renderei conto della posizione sua attuale per tenere, nei rapporti con il Gabinetto di Londra, un contegno che gli permetta di mantenersi a nostro riguardo in una benevola riserva. Non bisogna dimenticare che la sua presenza ci assicura che nulla di sostanzialmente contrario agli interessi della Triplice Alleanza verrà fatto da questo Paese, mentre siffatta sicurezza cesserebbe qualora, stanco degli attriti del Gabinetto, deluso nella ambizione di tenere alta la sua posizione, consigliato da autorevoli amici a mettersi per altra via, egli cedesse ad altri la direzione della politica estera dell'Inghilterra». Brin rispose con D. riservato 40204/282 del 31 ottobre, non pubblicato, consentendo con l'ultima parte del rapporto.

575 1 Cfr. n. 574.

576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

Roma, 14 ottobre 1893.

Questo ambasciatore d'Inghilterra è venuto a parteciparmi che il suo Governo, avendo constatati gli sforzi che fanno i francesi per deviare il commercio dell'Harar da Zeila per avviarlo su Gibuti, sforzi che hanno già portato il loro effetto talché il porto di Zeila tende ad essere abbandonato dal commercio, ha deciso di togliere il divieto sinora esistente riguardo all'importazione delle armi destinate in Abissinia, nella considerazione che Menelik ha aderito alle stipulazioni della Conferenza di Bruxelles.

577

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 2693. Berlino, 20 ottobre 1893, ore 16,40 (per. ore 17,15).

Le chancelier qui sort de chez moi, revenu du congé, m'a exprimé, parlant de l'affaire d'Aigues-Mortes, sa satisfaction que V.E. ai t su, par son tact, réso~dre une question qui aurait pu avoir des conséquences graves pour nos deux Pays. Il a ajouté espoir que V.E. reste longtemps à la direction de la politique étrangère.

578

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLJI

D. 38977/468. Roma, 20 ottobre 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare V.E. del rapporto n. 898/532 in data del 6 corrente 2 , col quale mi fornisce assennate avvertenze e spiegazioni

sulle trattative di delimitazione dalla parte di Zeila. Il negoziato di delimitazione non subì nel 1891 una vera e propria interruzione; bensì si stipularono i noti protocolli del 24 marzo e del 16 aprile, con riserva di trattare in seguito per la parte relativa alla penisola dei Somali. E da quell'epoca vennero fatte continue insistenze a tale riguardo e se ne tolse argomento dalle incursioni di ras Makonnen contro gli Issa e dai maneggi francesi. Colla promessa formale che V.E. riuscì ad ottenere quest'anno da lord Rosebery, la pratica è entrata in una fase più positiva e concreta; ed è questa la ragione delle raccomandazioni che ad ogni occasione faccio a V.E. perché voglia provocare una soluzione definitiva, conforme ai nostri desideri ed ai nostri interessi.

576 1 Il dispaccio venne inviato a Tornielli col n. 38308/457 e a Baratieri col n. 38309/416. 578 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., p. 464. 2 Cfr. n. 550.

579

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2711. Rio de Janeiro, 21 ottobre 1893, ore 22,05 (per. il 22 ).

Per mezzo di un suo aiutante di campo contrammiraglio de Mello fece dire al contrammiraglio francese aver saputo che negli arsenali guerra e marina, situati dentro Rio Janeiro, Governo brasiliano fabbrica projettili, prepara cannoni, e che gli insorti saranno costretti distruggere questi due stabilimenti 1• Contrammiraglio francese rispose che contrammiraglio de Mello non dovrebbe bombardare arsenali, potendo notizia essere inesatta. Dal linguaggio dell'aiutante di campo sembrerebbe che gli insorti, impazienti uscire dall'attuale situazione, cercano oggi pretesto per provocare rivolta Rio Janeiro. Avendo stabilito un Governo in Desterro, contrammiraglio de Mello intenderebbe farsi riconoscere belligerante, per bloccare Rio Janeiro. Da altra notizia risulta che negli Stati del nord si preparano insurrezioni, e che dall'Europa contrammiraglio de Mello riceverebbe grosse somme per mezzo banche inglesi e tedesche. Se i comandanti forze navali estere si opponessero bombardamento della città potrebbero venire in conflitto con gli insorti, cagionare distruzione flotta fortezze insorti; ciò che indignerebbe opinione pubblica contro gli stranieri; se, invece, presidente della Repubblica, cedendo a partito militare, impaziente anche esso, rifiutasse accogliere nostre richieste far cessare quei preparativi negli arsenali, noi non potremmo agire contro di lui senza attirarci accusa di avere voluto limitare mezzi di difesa legittima del Governo, e favorire insorti. Di fronte a questa nuova fase della questione prego

V.E. di volermi impartire istruzioni 2 . Ministro d'Inghilterra telegrafa Londra in senso analogo; incaricato d'affari Germania e comandanti forze tedesche continuano tenersi in disparte.

2 Per le istruzioni cfr. n. 585.

433 •

579 l La flotta brasiliana comandata dal contrammiraglio Custodio de Mello si era ribellata al Governo. Cfr. sull'argomento i docvmenti ed. in Libro Verde 84, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), Brasile, guerra civile. seduta del 6 dicembre 1894, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895.

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 2399. Roma, 22 ottobre 1893, ore 17,20.

Ricevo dal r. mm1stro in Rio Janeiro il seguente telegramma: «Per mezzo di un ajutante di campo ... (vedi telegramma n. 2711 da Rio Janeiro 1)». Mia intenzione sarebbe rispondere che qualora riesca vana l'opera nostra di persuasione presso l'una o l'altra parte noi dobbiamo astenerci da azione ulteriore. Desidererei però, prima di così telegrafare a Rio, conoscere in proposito il pensiero di codesto Governo 2•

581

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 952/368. Madrid, 23 ottobre 1893 (per. il 28).

Ho l'onore di trasmettere qui acchiuso un annesso in cifra, per informazione confidenziale dell'E.V.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

Le 14 courant au moment où ce Ministère de l'intérieur changeait de titulaire, j'ai télégraphié a V.E. 1 que la crise du Cabinet espagnol ne pouvait pas étre considérée comme résolue, attendu que la position de M. Moret continuait à étre intérimaire aux affaires étrangères.

Lors de la modification précitée !es ennemis que M. Moret a parmi ses collègues voulaient à tout prix que le Ministère fùt complété parla nomination d'un titulaire définitif aux affaires étrangères, puisque pour !es réformes qu'il a introduites dans le Dicastère des travaux publics, M. Moret, paraìt-il, ne peut pas l'abandonner.

· Pour surmonter cette grave difficulté la solution de la crise a été ajournée. Mais le sursis ne sera pas long. A la réunion des Cortes il faudra forcément qu'une résolution soit prise.

C'est là une question qui nous touche de très près.

A vec un aut re ministre, non seulement il y aurait lieu de craindre pour le succès fina! de notre jeu, mais notre entente et tonte la politique qui en découle seraient en péril.

M. Moret, je l'ai déjà dit à V.E., est le seui homme d'Etat espagnol qui comprenne quels sont les vrais intérèts de son Pays dans le concert européen. Difficilement on lui trouverait un successeur, dans le mème ordre d'idées, et presque certaincment un nouveau

2 Per la risposta cfr. n. 582. 581 l T. 2630, non pubblicato.

ministre d'Etat libéral y serait hostile. Il y a des probabilités pour que la plus haute personnalité du parti, M. Castelar, soit appelée à succéder à M. Moret. En pareille hypothèse l'Espagne serait jetée dans une orientation diamétralement opposée à la nòtre.

Mon collègue d'Allemagne est fort alarmé de cette situation. Selon lui il faut, pour la sauvegarde de nos intérèts, que M. Moret reste aux affaires étrangères, et je suis entièrement du mème avis. M es deux collègues d' Autriche et d' Angleterre, actuellement encore absents, partagent complètement cette manière de voir.

La reine est aussi très favorable au maintien de M. Moret, et M. de Radowitz, qui a eu l'occasion de la voir, a abordé ce sujet, et lui a exprimé franchement le regret qu'il éprouverait si une modification se produisait au Ministère d'Etat.

Sans que j'en puisse pénétrer le motif, Sa Majesté m'a fait dire par son secrétaire particulier de solliciter une audience, ayant besoin de me parler 2 . Je me suis naturellement empressé d'obéir, en adressant une demande dans la forme habituelle, que mon récent retour de congé justifie amplement.

La confiance dont la reine m'honore toujours me permettra de lui tenir le mème langage que mon collègue d' Allemagne, mais point n'ai besoin d'ajouter que je ne me départirai jamais des bornes de la plus grande circonspection.

580 l Cfr. n. 579.

582

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2751. Londra, 24 ottobre 1893, ore 19,42 (per. ore 21,55).

Foreign Office mi informa che fu telegrafato al ministro di Inghilterra a Rio Janeiro che il caso dell'arsenale può considerarsi come quello di batterie erette nella città, e che, conseguentemente, le navi estere non sarebbero giustificate ad usare la forza, per impedire il bombardamento dell'arsenale. Nello stesso tempo però l'intenzione di bombardare dovrebbe essere annunziata, e preavviso dovrebbe essere dato ai sudditi inglesi. Non è questione qui di riconoscere per ora gli insorti come belligeranti.

583

COLLOQUIO FRA L'ONOREVOLE CRISPI E L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, BRÙCK 1

APPUNTO. Roma, 25 ottobre 1893, ore 15,45.

Visita del barone de Briick. Il barone è preoccupato delle condizioni d'Italia. Soggiunge, che ne sono preoccupati anche a Vienna.

-Che volete? Il Giolitti porta il paese al precipizio, e bisogna che voi ve ne interessiate.

-Io! Me ne lavo le mani. Fui cacciato dal Governo, ed alla apparenza ciò avvenne col consenso del re. II primo a votare contro di me il 31 gennaio 1891 fu l'aiutante di campo del re; e dopo il di lui voto alla Camera corse la voce, che così voleva il re, e molti, vigliacchi, ne seguirono l'esempio. lo non dico, che ciò sia stato; ma fu creduto, ed alla Corte nulla fu fatto per provare il contrario.

-Ma andrete a vedere il re, quando ritornerà alla capitale!

-Io! no. Lo vedrò per le feste di Natale, come di uso; ma non chiederò alcuna udienza straordinaria. Del resto, a che scopo la mia visita? Io non voglio, che si ùubiti, che io vada dal re per parlare male de' suoi ministri 2 .

E poi, quello ch'è avvenuto, io lo previdi, e lo dissi al re fin dall'8 maggio 1892. Le mie predizioni si sono avverate. Dissi al re, che la posizione del Regno era difficile, e che non era il caso di esperimentare uomini nuovi. Lui non volle darmi ascolto, n'è venuto quello che ne doveva venire. Non vi nascondo poi, che parlando col re, ci si perde. Egli racconta a modo suo quello che sente. Se non avessi 74 anni, lascerei l'Italia ...

-E come finirebbe allora? Voi avete degli obblighi col vostro Paese; e voi solo potrete salvarlo. Il vostro nome è nelle bocche di tutti; all'estero come nell'Italia.

-Sotto le Monarchie nulla è possibile di bene, quando il re non vi è amico ...

·~ Il re parla sempre bene di voi. L'anno scorso, parlandomi di una lettera che gli avevate scritto, e che pare fosse aspra, egli riprendeva: «Crispi è fatto così, ha degli scatti; ma è uomo di cuore, e quando viene il bisogno si può contare su lui». -Parlerà così, penserà così in certi momenti; ma poi le sue azioni non corrispondono a quello che dice.

-Bisogna, che vi occupiate delle cose del vostro Paese. Che volete? Questo linguaggio parrà singolare in bocca di un austriaco, ma tanto più dovete ascoltarlo. Noi abbiamo bisogno, che l'Italia sia ben governata e tranquilla; e lo stato attuale c'inquieta.

-Me ne duole; ma io non ci ho che fare. È la disgrazia d'Italia. È un Paese cui manca la continuità nella politica; ed è la ragione per la quale all'estero non abbiamo la dovuta considerazione. Ai tempi di Mancini, non ostante il trattato della Triplice, il principe di Bismarck non aveva fede in lui. A Berlino ed a Vienna si cominciò ad aver fede nel Governo d'Italia con Robilant...

-Dite piuttosto con voi. Con Robilant vi fu una fiducia relativa! Con voi a Berlino ed a Vienna non si dubitò mai. E bisogna che ritorniate al potere.

-Sentite. Il re Umberto non ha la prudenza del vostro imperatore, e non sa farsi amici. lo vengo dalla rivoluzione. lo era repubblicano, ed accettai la Monarchia perché con essa potevamo acquistare l'unità. Sono stato fedele alla forma di governo, che ho adottato, e deputato e ministro non ho mancato ai miei doveri. Il re

-Avremo fra giorni l'imperatore e la imperatrice di Germania. L'imperatore Guglielmo chiese di venire, e non potei negarmi. Gli feci sapere, che mi era grato vederlo, e sarà con noi in famiglia.

-Io sono lietissimo della visita di Guglielmo. Proverà, che fra le due famiglie regnanti esiste ancora l'intimità e la cordialità di prima, e che le due Monarchie sono concordi negli scopi cui mirano nella politica internazionale».

436 avrebbe dovuto comprendere tutto ciò, ed avrebbe dovuto sentire l'importanza della mia devozione.

Ammirai il vostro imperatore pel modo come trattò Andrassy, il quale pei fatti del 1848 era stato condannato a morte ed impiccato in effigie. Or bene, io non posso dire che altrettanto abbia fatto il re per me, sono stato trattato in modo che, se non amassi il mio Paese, mi sentirei legittimato a ritirarmi completamente dalla politica ....

-E fareste male. Voi bisogna che continuiate a servire il re ed il vostro Paese. Io non vedo un uomo che possa giovare l'Italia e servirla come voi; ed il re lo sa, e più d'una volta me lo ha dichiarato. Il Giolitti non è riuscito in nulla; e tanto nelle piccole, come nelle grandi cose, si è mostrato incapace. Vedete come si è condotto pei funerali di lord Vivian. La sua assenza fu deplorevole. Ed io l'ho segnalato a Vienna, siccome ho segnalato la vostra presenza. No, in questo modo, non va. E noi vogliamo, che l'Italia abbia un Governo forte e saggio. Credete voi, che il Giolitti possa ottenere dal Paese nuovi sacrifizii? Per mettere nuove imposte, bisogna che vi sia un uomo di autorità alla testa del Governo. E questo non potete esserlo che voi ....

-Vi ringrazio; ma io non voglio andar più al Governo. Ne ho sofferto abbastanza per quattro anni, ed or devo pensare agl'interessi della mia famiglia.

-C'è sempre tempo a far l'avvocato; or bisogna fare il ministro.

Dopo scambiate altre parole di minore importanza, ci siamo congedati. Erano le 4 pomeridiane.

581 2 Non si è trovata documentazione sul colloquio con la regina preannunziato da Maffei. 583 l Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi, parzialmente ed. in F. CRISPI, Questioni interna::ionali, Diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, Milano, Treves, 1913, pp. 269-270.

583 2 Crispi aveva chiesto e ottenuto un'udienza dal re il 14 marzo. Dell'appunto relativo (Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi) si pubblicano i passi seguenti: «L'accoglienza non poteva essere più cordiale. Espresse la sua soddisfazione per essere andato a presentargli i miei augurii ...

584

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI

T. 2430. Roma, 25 ottobre 1893, ore 16,30.

Invii corriere sollecito fidato telegramma seguente Traversi Scioa: «Makonnen ha formalmente promesso quando verrà Scioa accomodare nostre divergenze. Voglia riceverlo con ossequio, procurare accordarsi con lui. Mantenga contegno calmo e paziente con Menelik. Circa cartucce già acconsentito abbonare spesa trasporto Italia Assab» 1 .

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

Roma, 25 ottobre 1893, ore 16,45.

Non riuscendo pratiche officiose dobbiamo astenerci da ogni intromissione !imitandoci chiedere eventuale bombardamento arsenali sia preventivamente notificato onde avvisare in tempo sudditi italiani.

584 l Questo telegramma è stato inviato in seguito alle sollecitazioni di Nerazzini (cfr. n. 543). 585 l Risponde al n. 579.

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 39650/474. Roma, 25 ottobre 1893.

Mi pregio di segnar ricevimento e di ringraziare V.E. del rapporto n. 903/537 del 7 corrente 1• Dagli ultimi documenti diplomatici della serie LXXXIV potrà vedere la corrispondenza scambiata col cav. Filonardi relativamente a Giumbo ed alla polizia doganale del Giuba.

Io voglio sperare che non possa avverarsi l'eventualità accennata da V.E. d'una cessione di Kisimajo a qualche Potenza straniera, fatta dalla Compagnia britannica nell'interesse dei suoi azionisti. Gli sforzi dell'Inghilterra per escludere i tedeschi da Vitù e dalla costa compresa fra il Giuba ed il Tana e l'atteggiamento da essa preso nella questione deli'Uganda mostrano che essa intende i pericoli che potrebbero derivare alla sua influenza dall'abbandono, anche solo parziale della posizione che essa occupa in codeste regioni; mentre d'altra parte molto facile riuscirebbe al Foreign Office d'impedire alla Compagnia dell'East Africa una cessione qualsiasi, essendosi riservato pieno controllo in tutto quanto concerne gli atti che hanno portata politica. Ad ogni modo, se l'E.V. ritiene cosa cauta d'affacciare al Governo inglese il nostro desiderio che se mai Kisimajo venisse abbandonato dalla Compagnia inglese non venga ceduto dal sultano ad altra Potenza all'infuori dell'Italia, ella può tenerne opportunamente parola col conte di Rosebery2 .

587

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 260911015. Vienna, 25 ottobre 1893 (per. il 28).

Nel colloquio ch'ebbi jeri con questo ministro i. e r. degli affari esteri, il discorso essendo caduto sulle relazioni attualmente esistenti tra la Serbia e l'Austria-Ungheria, S.E. mi disse che la Serbia aveva bisogno di essere richiamata di quando in quando al dovere. In questi ultimi tempi, infatti, egli aveva dovuto farle rivolgere, per mezzo del giornale il Fremden Blatt, un ammonimento che aveva prodotto il suo immediato effetto.

586 I Cfr. n. 554.

2 Tornielli rispose con R. riservato 1002/590 del 6 novembre di cui si pubblica il passo finale: Rosebery aveva dichiarato che «in nessun caso la Compagnia avrebbe potuto cedere a stranieri i suoi territori e ciò che in diverso senso si udiva ripetere, dovea considerarsi come minaccia vana. Ritengo non sia stato inopportuno lo avere scambiato queste idee con lord Rosebery sovra un soggetto che tocca davvicino gli interessi italiani nell'Africa orientale. Parmi perciò dovere prendere nota di questa conversazione nel carteggio ufficiale con il r. ministero. Per il momento non vedrei l'utilità di fare altre pratiche più formali nel senso di riservare le nostre ragioni. Le dichiarazioni di lord Rosebery furono infatti delle più esplicite e rassicuranti».

In seguito all'abbassamento che la pubblicazione di quell'ammonimento aveva provocato sui titoli della rendita serba, il Governo serbo sembrava essersi ravveduto ed avevagli fatto dichiarare di esser pronto a soddisfare alle richieste del Governo austro-ungarico. Ma il conte Kalnoky soggiunse che i serbi per quanto sieno corrivi nel promettere, per tanto sono restii nel mantenere le loro promesse.

I fatti sopravvenuti di recente nel vicino Regno non dovevano, mi disse il conte Kalnoky, esser considerati come veri incidenti; sarebbe dar loro troppa importanza, osservò S.E., il denominarli come tali. I maneggi però della Serbia verso la Bosnia e l'Erzegovina, e la propaganda che colà viene da essa esercitata nell'intento di addivenire alla costituzione di un gran Regno serbo, non potevano naturalmente trascorrere senza attirare l'attenzione del Governo austro-ungarico.

A tal proposito il conte Kalnoky mi disse che i serbi s'illudevano grandemente nel supporre che le popolazioni della Bosnia e dell'Erzegovina fossero ad essi favorevoli e disposte ad assecondare le loro aspirazioni. Quelle popolazioni, soggiunse il ministro i. e r., che godono ora di un benessere stabile e che provvedono tranquillamente al loro sviluppo materiale, non hanno alcuna intenzione di unirsi alla Serbia, di cui non ignorano e la pessima amministrazione e le misere condizioni di finanza.

Maggiore considerazione però, secondo il conte Kalnoky, meritavano talune espressioni che eransi fatte pronunziare dal giovine re, nel suo recente viaggio nell'interno della Serbia 1 . Queste espressioni, messe in relazione coi fatti sopra citati, non potevano invero passare inosservate al Governo austro-ungarico.

Tuttavia il conte Kalnoky concluse col dirmi che quanto erasi verificato in questo ultimo periodo di tempo in Serbia non portava a serie conseguenze, onde non dovevasi di ciò occuparsi oltre misura.

588

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2611/1017. Vienna, 25 ottobre 1893 (per. il 28).

Avendo avuto ieri l'onore di essere ricevuto da S.E. il conte Kalnoky, questi mi disse, parlandomi della presenza della squadra russa nelle acque francesi, che non bisognava nascondersi l'importanza delle feste, che erano avvenute in Tolone e in Parigi in onore dell'ammiraglio Avellan e degli ufficiali russi.

L'entusiasmo generale ed invero spontaneo che erasi manifestato in tutta la Francia verso la Russia, senza istigazione per parte del Governo della Repubblica, era un evento a cui faceva d'uopo prestare la debita considerazione per le conseguenze che avrebbero potuto verificarsi in avvenire. Alla Russia infatti non poteva sfuggire il movimento generale che in suo favore erasi prodotto nell'opinione

pubblica francese, movimento che facevale conoscere come essa potesse fare assegnamento, in certe date eventualità, sull'appoggio della Francia.

Ma d'altro lato non dovevasi esagerare, secondo il conte Kalnoky, la portata delle disposizioni dell'opinione pubblica in Francia, giacché era naturale che i francesi si adoperassero ad attestare la loro gratitudine alla Russia, a cui dovevano in realtà d'essere usciti dall'isolamento nel quale trovavansi e di aver ripreso il loro posto nel concerto europeo.

A questo proposito il conte Kalnoky osservò come la visita della squadra russa in Tolone e le manifestazioni favorevoli alla Russia avvenute in Francia non sarebbero per cambiare in Europa la situazione politica attuale, la quale sarebbe rimasta tal quale era dapprima. Noti infatti erano a tutti i sentimenti eminentemente pacifici di cui era animato l'imperatore Alessandro. La Russia inoltre non aveva nulla da chiedere per ora alla Francia, né ad essa conveniva in guisa alcuna di rendere più intimo di quello che noi fosse nel fatto, il riavvicinamento che erasi verificato fra i due Governi. Lo stringere un'alleanza colla Francia senza una necessità assoluta ed evidente non sembrava al conte Kalnoky opportuno, nelle presenti circostanze, per la Russia, a cui invece conveniva di conservare la piena ed intera sua libertà d'azione, la quale, avuto riguardo ai sentimenti de' francesi verso di essa, le procurava tutti i vantaggi di un'alleanza, senza dargliene i pesi.

Il conte Kalnoky concluse col dirmi che bisognava felicitarsi che nessun incidente spiacevole si fosse verificato durante le feste di Tolone e di Parigi e che specialmente la presenza di ufficiali esteri alle esequie del maresciallo di Mac-Mahon non avesse prodotto alcuna manifestazione ostile contro una delle Potenze della Triplice Alleanza ed espresse la speranza che le feste che si stavano preparando agli ufficiali russi in Lione e Marsiglia si svolgessero in modo altrettanto tranquillo.

587 l Cfr. in proposito il rapporto di Galvagna del 30 ottobre (n. 596).

589

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2621/1023. Vienna, 25 ottobre 1893 (per. il 29).

Il conte Kalnoky mi disse ieri che non aveva avuto peranco la conferma ufficiale della notizia della costituzione di una squadra russa del Mediterraneo. Ma che eragli stato riferito che il signor di Giers aveva parlato a varii rappresentanti esteri a Pietroburgo dell'intenzione del Governo russo di mantenere nel Mediterraneo alcune navi da guerra, le quali avrebbero dato così principio allo stabilimento di una squadra russa in quel mare.

La costituzione di una squadra russa del Mediterraneo è stata in questi ultimi giorni commentata dalla stampa austriaca, la quale ha fatto risaltare con soddisfazione la coincidenza della venuta della flotta inglese nelle acque italiane coll'annunzio della formazione di quella squadra. Merita a tale riguardo speciale attenzione l'articolo, che su tale argomento ha pubblicato il principale periodico liberale di Vienna, Die Neue Freie Presse.

Questo giornale, nel constatare che la formazione d'una squadra russa del Mediterraneo è un fatto storico più importante che tutti i telegrammi di simpatia scambiatisi di recente fra Parigi e Pietroburgo, dichiara che essa non può che alterare gl'interessi dell'Italia e dell'Inghilterra, interessi che non sono affatto indifferenti alla Triplice Alleanza. Per l'Inghilterra infatti è cosa minaccevole che una cooperazione marittima franco-russa sorga sulle coste orientali del Mediterraneo, come per l'Italia è un colpo sensibile che il peso marittimo dell'influenza francese si vada ora rinforzando colla squadra mediterranea russa.

Nell'accennare poscia all'amicizia tradizionale anglo-italiana, esso fa rilevare come nessuno abbia dubitato che colla visita della squadra inglese, che afferma essere stato il primo effetto palese dell'affratellamento franco-russo, siasi voluto mettere in evidenza la solidarietà degli interessi mediterranei. di ambedue quelle Potenze ed osserva che contro l'ostilità aperta della Francia l'amicizia dell'Inghilterra è per l'Italia un potente appoggio, come per tenere lontana l'influenza franco-russa nel Mediterraneo l'Inghilterra non può fare a meno dei servigi dell'Italia.

La Neue Freie Presse conclude quindi col dichiarare che la comunanza franco-russa, che si è palesata testè nel Mediterraneo, non tocca direttamente la Triplice Alleanza, la quale può fidarsi dell'alleanza anglo-italiana, essendo questa in grado di difendere i proprii interessi. Ma l'accresciuto contrasto che si è manifestato ora negli interessi mediterranei non può a meno di produrre, essa aggiunge, un contraccolpo anche su quelle Potenze, di cui l'Italia è alleata e l'Inghilterra amica.

590

IL DIRETTORE DELLA STAZIONE GEOGRAFICA DI LET MAREFIÀ, TRAVERSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

R. 243. Addis Abeba, 25 ottobre 1893 (per. il 9 dicembre).

Il 13 novembre 1891 scrivevo al marchese di Rudinì (rapporto n. 10 di quell'anno) 2: «Per la paura di essere ingannati (gli scioani) ogni progetto è sospetto per loro e lavorano col proposito di ingannar noi come ingannarono Antonelli» e il 20 dello stesso mese (rapporto n. 11 sempre di quell'anno) 3 scrivevo ancora: «Ripeto anche che non rifiuteranno di discutere altre combinazioni proposte d::d R. Governo, sempre però coll'idea ferma di non risolver nulla e allo scopo di arrivare alla scadenza del trattato del quale contano i giorni». Quello che io prevedevo è avvenuto e davvero che, sinceramente parlando, io non mi sarei aspettata in gente di colore una fermezza di propositi come questa: ma andiamo per ordine.

2 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie Il.

3 Cfr. serie li. vol. XXIV, n. 561.

Quando il R. Governo credè di riallacciare le trattative, interrotte per l'improvvisa partenza dell'Antonelli e di tutti i residenti, fui inviato con missione officiosa presso Menelik, che mi accolse cordialmente, sperando forse chi sa quali concessioni da noi. Ma poco dopo, il convegno del Mareb, ispirazione poco felice, riacutizzava le nostre relazioni. Mesciascià Worchiè per nascondere al re le sue trame occulte e per nascondere la sua inonorata fuga dal Tigrè soffiava nel fuoco. Makonnen per conservare il governatorato di Barar e per secondare la corrente, a noi avversa, si schierava contro gl'italiani. Worchiè, Makonnen, la regina, il grasmacc Joseph consigliarono a Menelik di farmi partire con semplici lettere di saluto, come avevano rinviato Masckoff, ma il progetto andò a vuoto, chè potei tornare in Italia con una missione di fiducia datami dall' imperatore. Le apparenze eran salve ed avevamo la via aperta al ritorno nel modo più soddisfacente.

A V.E. non ricordo le trattative corse a Roma e la carovana delle cartucce e il suo ritardo all'Aussa per malvolere dell'Anfari e di Abd-el-rhaman, che, in compenso onoriamo e gratifichiamo. Quel ritardo però in ultimo non ci nocque. I francesi, che avevano spiata la mia partenza, si presentavano intanto a Menelik con doni e decorazioni e progetti e Io inducevano a rompere ogni relazione con noi, solleticando il suo amor proprio di re grande, libero e indipendente. Ma i nostri avversari si erano addormentati sulle festose accoglienze di Menelik e il mio improvviso arrivo allo Scioa, precedendo di pochi giorni la carovana, fu un fulmine a ciel sereno per loro, che mi credevano ancora fermo e malato all'Aussa. Temendo chi sa quale effetto avrebbe fatto sull'animo del re l'arrivo di quell'immensa carovana di munizioni spinsero con ogni lusinga Menelik alla denunzia e la furia dei nostri avversari fu la salvezza del nostro trattato.

Non ho bisogno di ritornare sull'irregolarità della denunzia, sui suoi effetti e sulle risposte delle Potenze alle lettere di Menelik: noi non avremmo fatto meglio i nostri interessi di quello che fecero i nostri avversari e vis-à-vis dell'Europa la questione del Trattato di Uccialli si può dire risoluta per noi. Resta a risolverla qui.

Menelik un po' vuole accomodarsi con noi, un po' pare che non si curi affatto dell'Italia, come ho scritto in tanti rapporti; quando le difficoltà aumentano nel suo paese allora mi si avvicina, quando tutto è tranquillo si direbbe che mette ogni studio per far vedere in quanto poco conto tiene l'inviato del R. Governo. In questo momento poi si direbbe che non vuoi sentir parlare di affari e specialmente dei nostri. Seccato di tutti, dei bianchi e dei suoi consiglieri neri, agisce come chi ha rimesso ogni cura nelle mani del destino e lascia correre contentando così la moglie e i suoi capi ed il clero, avversari accaniti di ogni influenza europea. Qui nel campo dell'imperatore Menelik si vive come si viveva in quello del Tigrè negli ultimi anni di Johannes, non amati e rispettati, ma a malincuore sopporhtti. E fra questi tempi di Menelik e quelli ricordati di Johannes vi è un altro raffronto. Johannes aveva Alula, ipocrita e infido; Menelik ha Makonnen. Come Johannes con Alula, Menelik intriga ai danni degli europei con Makonnen, approvando quando le cose van bene, disapprovando quando le cose van male, ma disapprovando solo a parole; come fa chi è d'intesa, insomma ingannando sempre. Questa è la verità che dobbiamo aver sempre dinanzi agli occhi per non dover poi dire che siamo stati ingannati. Ma non dobbiamo adombrarci ed impermalirci di tutto questo, chè non abbiamo a Iamentarci della nostra situazione di giorno in giorno più netta, più chiara, più solida. La nostra costanza e la nostra pazienza spaventano questa gente, che sarebbe lietissima di vederci partire impermaliti, più che se dichiarassimo loro la guerra. Qui sanno da tempo del protocollo fra l'Italia e l'Inghilterra sulla sfera d'influenza, che per gli abissini vuoi dire spartizione dell'Etiopia, si trovano sulle spalle il trattato più solido di prima, quando credevano di essersene liberati, ci sanno fortificati sul Mareb, senza poterei scacciare, mentre diamo loro due milioni di cartucce e davvero che sarebbe troppo pretendere, o troppo ingenuo credere, ora che il giuoco è scoperto, che ci si mostrassero sviscerati amici. Menelik poi è, come gli altri, un uomo e come tale deve convertire in odio contro di noi il rammarico della sua insufficienza nelle trattative che corrono da tempo fra il R. Governo e lui, che sperava di sbarazzarsi degl'italiani e del trattato. Fino ad oggi non siamo noi quelli che abbiamo scapitato, ma ripeto, non dobbiamo impermalirci, nè addormentarci.

Il Tigrè è e deve essere con noi, per ragioni tante volte espresse, e altri due o tre anni di questa calma non solo ci consolideranno dove ora siamo, ma faranno sentire la nostra influenza molto al di là del Mareb. Pel nord non vi è da temere se saremo oculati in modo da impedire urti col sud e al tempo stesso prevenire sinceri avvicinamenti e coalizioni. Dobbiamo pensare al sud e rafforzarci nel punto debole col bilancio di Assab, come ho già raccomandato all'E.V. Dobbiamo pretendere il rispetto del trattato, almeno ad Harar per quel che riguarda le dogane, per far vedere che al trattato non abbiamo rinunziato: che se poi potremo arrivare ad impedire ogni commercio d'armi, come scrissi, potremo lasciar Menelik ai suoi capricci aspettando con pazienza che qualche difficoltà interna ce lo faccia riavvicinare. Questi soli provvedimenti, secondo me, bastano a garantirci. Ma, ripeto, io credo fermamente perniciosa ai nostri interessi qualsiasi concessione, che ci fa apparire deboli e incoerenti. Non è colle concessioni, nè colla guerra che dobbiamo avvantaggiare i nostri interessi, nè sperare tanto meno che concessioni ci possano venire da Menelik o da Makonnen: se questi un giorno potranno ricredersi, tanto meglio, ma all'infuori di ogni nostro assegnamento. Con un contegno fermo, dignitoso e senza rappresaglie, con unità di propositi e ispirandoci ai soli nostri interessi, curando molto relativamente l'imperatore e i suoi capi, quel tanto solo che basti a sorvegliare le mene dei nostri avversari, arriveremo allo scopo. Prove di amicizia e di disinteresse ne abbiamo date fin troppe e ora dobbiamo pensare a noi.

I neri sono come i bambini: amano quando temono.

590 l Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 466-468.

591

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2779. Madrid, 26 ottobre 1893, ore 17 (per. ore 20,15).

Mai fuvvi caso in cui la stampa abbia propalato più false notizie di quanto occorre ora pei fatti di Melilla. Il signor Moret incaricandomi di porre in guardia

V.E. intorno a ciò, mi ha assicurato di nuovo che non havvi nessuna variazione nei pensamenti del Governo spagnuolo, in ordine alla sua linea di condotta.

592

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2812. Madrid, 29 ottobre 1893, ore 15,30 (per. ore 18,50).

L'ambasciatore di Spagna a Londra riferisce che lord Rosebery approvando pienamente l'attuale noto piano di campagna al Marocco, raccomanda caldamente di non eccedere nei limiti e sovratutto d'astenersi di chiedere poi un'indennità, la cui poca probabilità di pagamento costringerebbe il Governo spagnuolo a prendere un pegno sotto forma d'occupazione territoriale, con gravissimo pericolo d'indurre con quell'esempio un'altra Potenza ad ingrandire le sue usurpazioni. L'allusione alla Francia è evidente, ed il signor Moret, vista l'insistenza spiegata da lord Rosebery, ne fu colpito e mi diede speciale incarico d'informarne subito V.E. chiedendole, inoltre, se su di ciò ella abbia qualche particolare notizia 1•

594

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 282/126. Belgrado, 29 ottobre 1893 (per. 1'8 novembre).

Da persona degna di fede mi è stato confidenzialmente riferito che tra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo penderebbero segreti negoziati in vista di un'intesa sulla questione balcanica. Riprendendo l'antico progetto di una delimitazione della reciproca sfera d'azione nella penisola, l'Austria-Ungheria abbandonerebbe la Bulgaria all'inf1uenza della Russia, ed in compenso avrebbe, oltre la facoltà di annettersi definitivamente la Bosnia e l'Erzegovina, l'esclusiva libertà d'inf1uenza in Serbia. Una delle condizioni poste dal Gabinetto di Vienna a quest'intesa sarebbe il riconoscimento, da parte della Russia, del principe Ferdinando. Per agevolare la conclusione dell'accordo, il conte Kalnoky avrebbe profittato del recente passaggio della principessa Clementina per Vienna, per metterla a giorno dei negoziati in corso, e per indurla ad agire sull'animo del figlio in favore del progettato accordo. Beninteso che tutto ciò si compirebbe ad insaputa del signor Stambuloff, il quale dovrebbe, secondo il concetto del conte Kalnoky, essere sacrificato dal principe Ferdinando, e sostituito da persona gradita al Gabinetto di Pietroburgo.

L'E.V. sarà in grado di accertarsi dell'attendibilità di siffatte informazioni 1 .

593 1 Questo rapporto fu inviato in copia alle ambasciate a Pietroburgo e Vienna con D. riservato del 12 novembre (41613/257 per Pietroburgo 41614/974 per Vienna) con la richiesta di informazioni in proposito. Nigra rispose con il n. 622.

594..

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 2476. Roma, 30 ottobre 1893, ore 11,50.

Voglia ringraziare il signor Moret per la sua comunicazione relativa agli affari del Marocco. Dal canto nostro non abbiamo, circa le intenzioni eventuali della Francia, altro nuovo e particolare indizio all'infuori della notizia dei giornali parigini rispetto ad una progettata spedizione verso Tuat I.

592 l Per la risposta cfr. n. 594.

595

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. CONFIDENZIALE 24 77. Roma, 30 ottobre 1893, ore 11,55.

Codesti giornali riparlano di una spedizione francese su Tuat. Desidero che V.E., astenendosi dall'interrogare, cerchi di informarsi in proposito I_

596

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO 283/l27. Belgrado, 30 ottobre 1893 (per. 1'8 novembre).

In occasione del mio ritorno dal congedo, ebbi oggi l'onore di essere ricevuto in udienza privata dal re Alessandro.

Dopo lo scambio di poche frasi banali, Sua Maestà venne a parlarmi dei recenti dissensi tra il suo Governo ed il Gabinetto di Vienna. Conoscendo la mia amicizia verso i suoi augusti genitori, e considerandomi egli stesso come suo amico, egli desiderava parlarmi a cuore aperto, e pregarmi di ajutarlo nella difficile situazione in cui si trova. Il re dissemi di non dividere punto le idee slavofile dei suoi·ministri; egli crede che la miglior politica per la Serbia sia di non parteggiare nè per la Russia, nè per l'Austria-Ungheria, ma diserbarsi strettamente neutrale mantenendo rapporti corretti egualmente con l'una che con l'altra Potenza, e di consacrarsi esclusivamente allo sviluppo materiale, morale ed economico del Paese. Sventura

595 1 Per la risposta cfr. n. 601.

tamente Sua Maestà, a causa della sua giovinezza e della sua inesperienza, non può lottare come vorrebbe contro la corrente del partito radicale che attualmente spadroneggia in Serbia. È incontestabile che gli uomini che sono oggidì al potere rappresentano ancora quanto v'ha di più ragionevole e di più moderato nel partito dominante. Qualora per una ragione qualsiasi Sua Maestà dovesse licenziare il presente Gabinetto, essa sarebbe costretta dalla situazione parlamentare di affidare l'amministrazione ad individui di idee avanzate, come, ad esempio, ad un Giaja, ad un Taussanovitch, ad un Pasitch, egualmente pericolosi per la tranquillità interna che per la politica internazionale della Serbia. Nelle circostanze attuali il solo partito conveniente pel re, tanto riguardo alle condizioni interne del Paese, che alle sue relazioni colle estere Potenze, è quindi di conservare quanto è possibile al potere la presente amministrazione la quale, pur avendo i suoi difetti, è ispirata ad idee relativamente sane e temperate. Se il Gabinetto di .Vienna fosse esattamente informato dello stato delle cose in Serbia, e delle difficoltà d'ogni sorta contro le quali deve lottare il re, comprenderebbe che il suo tornaconto non è di creare imbarazzi all'attuale amministrazione con recriminazioni spesso infondate, sempre esagerate. Così, a mo' d'esempio, è completamente falso quanto ebbe a riferire il ministro d'Austria-Ungheria al suo Governo che, cioè, nelle recenti sue escursioni nell'interno del Paese, Sua Maestà passò sotto archi trionfali coronati da iscrizioni irredentiste, e che essa, nel rispondere alle varie allocuzioni delle autorità comunali, accennò esplicitamente alle aspirazioni nazionali dei serbi. È del pari esagerato il reclamo del Gabinetto di Vienna per i pochi bosniaci rifugiati in Serbia; trattasi di una diecina d'individui cui è consentito dalle leggi del Paese il diritto di asilo, e che, ancorché lo volessero, non potrebbero certamente costituire né un pericolo, né una minaccia per la vicina e potente Monarchia. Sua Maestà è dal tutto insieme portata a ritenere che la tensione che di quando in quando si manifesta nei rapporti tra la Serbia e l'Austria-Ungheria sia più che altro la conseguenza dell'acrimonia con la quale il barone di Thoemmel ha sempre giudicato e giudica tuttora l'agire dei ministri serbi. Nell'interesse delle relazioni di buon vicinato e d'amicizia che il re desidera di coltivare col Governo austro-ungarico, sarebbe da augurarsi che il Gabinetto di Vienna si risolvesse a dare al barone di Thoemmel un successore, di lui meno violento ed aspro nel linguaggio, e più equanime nei giudizi. Non avendo alcun mezzo diretto e sicuro per far noti i suoi sentimenti ed il suo desiderio a Vienna, il re rivolgevasi a me, come a persona fidata, e mi pregava di fare confidenzialmente sapere al Governo austro-ungarico quanto egli era venuto esponendomi. Sua Maestà raccomandavami in pari tempo che delle sue confidenze non fosse in alcun caso fatto cenno ai ministri od ai rappresentanti serbi.

Lasaio J'E.V. giudice dell'opportunità di aderire alla preghiera del re Alessandro. Dirò soltanto ch'egli mi parve sincero nelle sue enunciazioni, e veramente desideroso di eliminare ogni causa di attrito tra il suo Governo e quello d'Austria-Ungheria. Il Gabinetto di Vienna avrebbe torto se non profittasse delle buone disposizioni del re, secondandone il desiderio 1•

594 1 Cfr. n. 591.

596 1 Brin rispose con D. 41466/122 del IO novembre, riservandosi «di risponderle più tardi, intorno all'argomento di cui tratta il rapporto n. 127».

597

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, TUGINI

T. 2484. Roma, 31 ottobre 1893 1 .

Autorizzo semplice ricevuta se collega inglese fa altrettanto 2 .

598

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

T. 2829. Tangeri, 1° novembre 1893, ore 11,50 (per. ore 15,25).

Ministro di Spagna mi ha partecipato aver ricevuto telegramma del suo Governo, nel quale gli si ingiunge dichiarare ministro Torres che gli ultimi avvenimenti Melilla non hanno modificato atteggiamento Spagna verso il sultano; essere però assolutamente necessario ristabilire immediatamente ordine, dare Spagna dovute riparazioni; ritardo potere avere le più serie conseguenze. Gabinetto di Madrid insistendo perché Potenze continuino esercitare pressioni sul Governo marocchino, ministro di Spagna si è rivolto rappresentanti Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Portogallo. Ministro inglese propone, dietro istruzioni ricevute da Londra, di agire, possibilmente, d'accordo, indirizzando sultano nota quasi identica. Ministro francese gli rispose avere egli già scritto il giorno innanzi alla Corte, facendo le più calde raccomandazioni perché questione sia chiusa, al più presto, con piena soddisfazione Spagna. Ministro di Germania chiese istruzioni al suo Governo. Progetto di nota, redatto rappresentante britannico, accenna ultimi avvenimenti Melilla, deplora che, sino ad ora, non si sappia cosa intenda fare sultano, lamenta lontananza Sua Maestà, esprime fiducia proprio Governo desideroso bene sultano, conservazione, integrità dei suoi domini, che Sua Maestà prenderà immediatamente necessarie misure dare Spagna completa soddisfazione ed assicurare la pace. Ne informo V.E., pel caso in cui ella avesse ordini da impartirmi. Attenderò quindi istruzioni V.E., prima di spedire nota2 .

2 Risponde, con ogni probabilità, al T. 2756 del 24 ottobre, col quale Tugini comunicava di aver ricevuto una nota del contrammiraglio de Mello con richiesta di riconoscimento «come belligerante a favore nuovo Governo». 598 l Ed. in LV 79, p. 19.

2 Per la risposta cfr. n. 599.

597 l Il telegramma, privo di data, è inserito nel registro fra un telegramma del 31 ottobre, ore 12,55 ed uno del 31 ottobre, ore 14,20.

599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE 1

T. 2855 2. Roma, 1° novembre 1893, ore 19,05.

Approvo ella spedisca nota sostanzialmente identica a quella del ministro di Inghilterra3 .

600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA

T. S.N. Roma, l° novembre 1893.

Sua Maestà mi incarica di far sapere al conte Kalnoky che molto volentieri riceverà la sua visita a Monza il 15 corrente 1•

601

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2840. Parigi, 2 novembre 1893, ore 18,30 (per. ore 21,15 ).

Gli articoli spingenti ad una spedizione francese su Tuat1 sembrano essere piuttosto una minaccia intesa a contenere Spagna e Inghilterra che il segno di una intrapresa decisiva. Però, simili atti preparandosi nell'ombra, bisognerebbe, per avere maggior certezza, poter sorvegliare movimenti delle truppe in Algeria; ed indizi possono, più facilmente che qui, raccogliersi dal console generale in Algeri 2 . Mio collega Germania, anziché impensierirsi d'una simile eventualità, crede che una dispersione delle forze francesi lungi dal mare sarebbe desiderabile, ma né egli né ambasciatore d'Inghilterra hanno sentore di qualche preparativo.

2 Il registro dei telegrammi in partenza passa per errore dal n. 2486 al n. 2847.

3 Cfr. n. 598. 600 1 La visita, inizialmente progettata per il 4 novembre, era stata rimandata a causa della crisi ministeriale austriaca. 601 1 Cfr. n. 595.

2 Con T. 2869 del 3 novembre, non pubblicato, il console ad Algeri fu incaricato di raccogliere informazioni.

599 l Ed. in L V 79, p. 20.

602

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 2871. Roma, 3 novembre 1893, ore 13,15.

Ressman, riferendosi alla eventuale spedizione francese su Tuat, telegrafa 1 che il suo collega di Germania, anziché impensierirsi di una simile eventualità, crede che una dispersione delle forze francesi !ungi dal mare sarebbe desiderabile. Se la stessa impressione dominasse costì converrebbe opportunamente fare osservare che l'occupazione di Tuat, ancorché insignificante per se stessa, sarebbe grave come un principio di smembramento del Marocco a cui altre Potenze vorrebbero tosto partecipare, e che una ulteriore espansione della Francia nuocerebbe, come effetto morale, soprattutto in Italia, al valore della Triplice Alleanza.

603

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 2856. Madrid, 3 novembre 1893, ore 15,01 (per. ore 18).

Au rnilieu des différentes préoccupations, je ne me suis pas rendu compte depuis mon retour à Madrid, que Cantagalli était en congé. S'il se trouve encore en ltalie, je ne puis plus tarder à révéler une chose que, pour sa nature délicate, j'attendais toujours l'occasion de référer à V.E. Dans les entretiens que j'ai eu à Hombourg avec lord Rosebery, que je connais intimement depuis vingt ans, ce dernier, en me faisant les plus grands éloges de V.E., et de sa politique, me dit très nettement qu'il ne croyait pas que Canta galli fùt éprouvé ami de l' Angleterre. Sa Seigneurie a mème ajouté qu'il lui avait toujours répugné d'en parler à Tornielli, mais que le caractère tout-à-fait intime et particulier de nos conversations, lui permettait d'exprimer librement sa pensée, en m'autorisant, le cas échéant, à en faire part à

V.E. Dans cet état de choses V.E. jugera quel langage tenir à M. Cantagalli. Seulement, comme celui-ci a été mon secrétaire pendant longtemps, je ne voudrais pas qu'il sache que je suis l'intermédiaire des informations qui précèdent... 1 , ma simple ... 1 je désirerais apprendre si V.E. en fait usage. Je me suis naturellement efforcé de dissiper !es impressions de lord Rosebery 2•

2 Per la risposta cfr. 604.

602 l Cfr. n. 601. 603 l Gruppo indecifrato.

604

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. CONFIDENZIALE 2880. Roma, 4 novembre 1893, ore 13,30.

Anche col conte Tornielli lord Rosebery aveva parlato di Cantagalli nel senso da lei indica tomi nel telegramma di jeri I. Però l'impressione di lord Rosebery è talmente in contrasto col carteggio e col linguaggio di Cantagalli, che io debbo crederla l'effetto di un qualche equivoco. Ho scritto a Tornielli di chiarire la cosa e mi propongo pure di parlarne opportunamente con Cantagalli stesso atteso in Roma nei prossimi giorni.

605

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

R. RISERVATO 1006/594. Londra, 6 novembre 1893 (per. il 15).

Ringrazio V.E. dei due dispacci che, sotto le date del 20 e del 22 ottobre ultimo 2 , ella mi diresse relativamente al negoziato di delimitazione delle zone d'influenza italiana ed inglese verso il possedimento britannico di Zeila e Berbera.

Risulta dal primo di essi che i protocolli del 24 marzo e del 15 aprile furono stipulati con la riserva di trattare in seguito per la delimitazione della regione dei somali. Furono continue da quell'epoca in poi, ma non fortunate, le nostre insistenze per la continuazione della trattativa. Mi riuscì ottenere da lord Rosebery l'affidamento di provvedere alla delimitazione delle sovra indicate zone d'influenza mediante però l'adozione di un sistema di dichiarazioni aventi più carattere negativo che valore di positivo riconoscimento dei rispettivi diritti. V.E., nel suo dispaccio delli 20 ottobre ultimo, mi fa notare che con l'impegno assunto da lord Rosebery questo affare è entrato quest'anno in una fase più positiva e concreta la quale dà ragione delle insistenze nostre per riuscire ad una risoluzione definitiva conforme ai nostri desideri ed ai nostri interessi. Le cose dettemi così dalla E.V. né confermano, né escludono la supposizione mia che appunto alle obbiezioni dell'India Office si debba attribuire la sospensione delle trattative, avvenuta dopo la stipulazione del protocollo del15 aprile 1891. Il certo è che quando io, per istruzioni del r. ministero, tentai di riprendere qui il corso delle trattative, mi imbattei in opposizioni di massima fondate sovra la circostanza di fatto che Berbera e Zeila erano state, prima della occupazione inglese, presidiate dall'Egitto e che conseguentemente, ove l'Inghilterra disponesse, negli accordi relativi ai territori di quella regione, di paesi sui quali l'Egitto o la Turchia avessero qualche

605 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 468.-469.

2 Cfr. n. 578. Il D. 39172/472 del 22 ottobre non è pubblicato.

pretensione, si susciterebbe una questione grossa che il Gabinetto di Londra non desiderava affrontare. E V. E. ricorda certamente che queste cose lord Rosebery diceva accompagnandole dalle più esplicite dichiarazioni di non avere il Governo britannico in vista alcuna espansione territoriale in quella regione e di non avere in questa faccenda alcun recondito disegno. Non è mestieri rammentare qui con quale nostra controproposizione si riuscisse a vincere le difficoltà di massima che lord Rosebery mi diceva non aver egli suscitate od escogitate, mentre esse erano quelle stesse che il di lui precedessore lord Salisbury già avea opposte alle domande dell'Italia. Mi pare non possa giovare all'esito di una trattativa difficile, il dimenticare noi stessi i passi che abbiamo stentatamente fatti. Vorrei anch'io che le cose stessero diversamente e più di tutto che lord Rosebery si fosse trovate le mani libere per dare esecuzione pronta e piena all'impegno preso verso di me e condurre a termine l'opera della delimitazione. Ma, dappoiché le cose non stanno così, bisogna trovare il modo di tenere viva la pratica lasciando al principale segretario di Stato di S.M. la Regina per gli affari esteri il tempo di vincere gli ostacoli che evidentemente gli barrano la via in questo affare. Egli sente tutto ciò che vi ha di dispiacevole nella posizione che quegli ostacoli gli creano, a nostro riguardo. Egli è certamente impegnato più di ogni altro a superarli. È Sua Signoria persona che soffre di mal animo di apparire destituito di autorità sufficiente per far prevalere la sua volontà nella direzione degli affari del suo dipartimento ministeriale. V.E. ben ne ha la prova nella cura che egli pose a far ripetere alla Consulta che il ritardo del negoziato era da attribuirsi soltanto agli indugi della burocrazia indiana. L'ultima comunicazione fatta a V. E. in questo senso dal compianto lord Vivian, mi ha fornito l'occasione di esprimere, in un colloquio avuto con lord Rosebery il lo di questo mese, i ringraziamenti del mio Governo accompagnati dalla rinnovata espressione del vivissimo desiderio nostro di vedere finalmente avviato questo affare in più spedito e diretto cammino. Disgraziatamente in quel giorno Sua Signoria, non trovavasi ancora in grado di dirmi quando le perverrebbe la risposta dell'amministrazione indiana. Le ultime notizie avute dall'India Office erano che la risposta del Governo di Bombay era stata spedita. A me non rimaneva altro a dire fuorché essere desiderabile che tale risposta arrivasse e mi potesse essere comunicata per darne sollecita conoscenza al mio Governo.

604 l Cfr. n. 603.

606

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN 1

T. 2895. Tangeri, 8 novembre 1893, ore 17,40 (per. ore 18,15).

Ministro Torres mi informa confidenzialmente esser giunto poc'anzi, dopo 19 giorni viaggio, corriere latore risposta sultano sue prime comunicazioni questione Melilla. Sua Maestà disapprova condotta riffegni, dichiara avere a cuore conservazione cordiale amicizia colla Spagna, alla quale sarà fatta ragione; annunzia aver

intanto spedito Riff personaggio sua fiducia con cavalleria; assicura agirà prontamente e con energia per far cessare attuale stato di cose. Questa dichiarazione fece ora ministro Torres in nome del sultano al ministro di Spagna, aggiungendo che le risposte alle sue note arriveranno in breve. Il sultano trovasi nel Taerrà ancora2•

606 l Ed. in LV 79, p. 21.

607

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2898. Parigi, 8 novembre 1893, ore 19,02 (per. ore 21 ).

Parlando della situazione nel Marocco, ministro degli affari esteri mi ha categoricamente dichiarato che il suo programma, d'accordo con l'Inghilterra, era quello del mantenimento assoluto dello statu quo, e che la Francia, per parte sua, non muoverebbe nemmeno una paglia, per non comprometterlo 1•

608

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, AL MINISTRO DELLA REAL CASA, RATTAZZI

T. 2923. Roma, 9 novembre 1893, ore 11,45.

Governo inglese chiede gradimento sovrano per sir Clare Ford attualmente ambasciatore Costantinopoli 1 . Tornielli dichiara scelta migliore attualmente possibile. Prego telegrafarmi ordini di Sua Maestà 2 .

609

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2917. Madrid, 9 novembre 1893, ore 17,50 (per. ore 9,10 del 10).

Appena ricevuto il telegramma di V.E. 1 ho potuto farne pervenire un cenno immediatamente al signor Moret, il quale era in Consiglio dei ministri sotto la

pari data. 607 1 Gianatelli Gentile comunicò con T. 2892 dello stesso 8 novembre: «Apprendo da fonte sicura avere Governo francese comunicato quello spagnuolo che, in vista avvenimento Melilla, ha sospeso spedizione Tuat». 608 1 T. 2903 di Tornielli dell'8 novembre, non pubblicato. Lord Vivian era morto il 21 ottobre.

2 Brin annunciò a Tornielli con T. 2934 del 10 novembre. non pubblicato, il gradimento reale alla nomina di Clare Ford. 609 1 Cfr. n. 606, nota 2.

presidenza della regina reggente. Gli era appunto allora giunto, per telegrafo, il testo completo della nota del sultano, che recò piena soddisfazione. La informazione mandatami da V.E. dell'attuale presenza del sultano a Tafilet era qui ignorata, e per ciò tornò molto grata; come pure la notizia dell'accordo della Francia con l'Inghilterra, perché, nelle sue conversazioni coll'ambasciatore di Spagna, il signor Develle parlò sempre dell'intenzione sua di procedere di concerto colla Spagna, senza fare allusione alcuna all'Inghilterra.

606 2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Madrid con T. 2919,

610

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. S.N. Vienna, 10 novembre 1893.

Baron Pasetti m'a dit que le comte Kalnoky qui est parti mercredi soir pour la Suisse pour y passer quelques jours se trouvera le 14 matin à Milan où il a donné rendez vous à S.E. le comte Nigra. Baron Pasetti a ajouté que le comte Clary secrétaire du ministre partira de Vienne demain et arrivera à Milan le 13 pour appréter les appartements du comte Kalnoky 1 .

611

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2983. Madrid, 15 novembre 1893, ore 20,40 (per. ore 6,50 del 16).

L'ambasciatore di Francia recentemente tornato di congedo ebbe una udienza dalla regina, alla quale disse formalmente che se la Spagna desiderava impadronirsi di Tetuan, il Governo della Repubblica le avrebbe prestato il suo appoggio.

Sua Maestà declinò, molto assennatamente, I'offerta, aggiungendo che la Spagna non si curava di fare il tampon fra i francesi e gli inglesi, i quali l'avrebbero infallibilmente schiacciata. Il signor Roustan aveva completamente taciuto al ministro di Stato la grave proposta onde era incaricato 1•

610 1 Sulla visita a Monza di Kalnoky non si è trovata documentazione di rilievo. Cfr. tuttavia i commenti della stampa austriaca riferiti da Avarna con R. 2828/1133 del 17 novembre. La stampa era «unanime nell'esprimere anzitutto la sua viva compiacenza per questa visita che considera come un atto spontaneo di cortesia scevro da qualsiasi determinato scopo politico ... Nel refutare b varie voci sparse dai giornali esteri, che attribuivano alla visita del conte Kalnoky, tra gli altri scopi, quello d'un'eventuale unione d'una principessa della casa di Savoia, essa dichiara che la presenza di V.E. a Monza fa acquistare a quella visita un'importanza maggiore e non dubita che l'incontro di lei col ministro dirigente la politica estera dell'Austria-Ungheria non avrà potuto a meno di fornire occasione ad uno scambio di idee sulla situazione politica generale ed in particolare su quella dell'Italia di fronte alle Potenze alleate». Altre notizie sono contenute nel R. confidenziale 1592/637 da Berlino del 16 dicembre 1893 che sarà pubblicato nel prossimo volume.

612

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 2992. Londra, 16 novembre 1893, ore 19,02 (per. ore 21,45).

Rosebery, che ho veduto oggi per la prima volta dopo banchetto del giorno nove, mi ha caldamente felicitato accoglienza colla quale fui ricevuto in questa occasione. Mi disse che, parlandone col mio collega di Germania, gli aveva segnalato quel ricevimento come un segno dei tempi 1•

613

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FERRARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 42402/513. Roma, 17 novembre 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento e di ringraziare V.E. del suo rapporto

n. 1002/590 in data del 6 corrente 1• Approvo i passi da lei fatti col conte di Rosebery affine di riservare, in certe eventualità, le nostre ragioni su Kisimayo; e convengo che oramai non sia il caso di spingere più oltre il discorso con Sua Signoria.

611 1 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Parigi con T. 3009 del 17 novembre. Cfr. il seguente passo di una L. personale di Ressman a Brin dell'Il novembre: «Il mio collega britannico si preoccupava d'una voce pervenutagli che la Francia cercasse un accordo segreto, addirittura un'alleanza colla Spagna. Nessuno di noi vi crede. Pare in ispecie, come a me stesso, così anche a Hoyos che la regina reggente, finché potrà resistere a tentativi simili, vi resisterà. Che poi la Spagna, per vendere il suo vino, voglia alienare la sua libertà politica sembra addirittura assurdo». 612 1 Nel banchetto per l'insediamento del lord mayor di Londra erano avvenute manifestazioni di simpatia per l'Italia (R. 1027/610 di Tornielli del IO novembre, non pubblicato). Cfr. in proposito anche il n. 621. 613 I Cfr. n. 586, nota 2.

614

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. CONFIDENZIALE 3005. Parigi, 18 novembre 1893, ore 18,15 (per. ore20,15).

Lord Dufferin che riportò da Londra la stessa informazione telegrafata a

V.E. dal r. ambasciatore Madrid1 , ne parlò addirittura a Develle il quale gli diede la sua parola d'onore di non aver dato a Roustan nessuna istruzione che l'avesse autorizzato a fare proposte alla Spagna, e gli ricordò egli stesso la promessa già fattagli d'agire pel Marocco in pieno accordo con l'Inghilterra; laonde lord Dufferin si domanda se Roustan abbia parlato per propria iniziativa o se abbia obbedito ad altre ispirazioni 2 .

615

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 3033. Roma, 21 novembre 1893, ore 14.

Gradirei tosto conoscere quali notizie il Foreign Office abbia circa il progettato stabilimento di una stazione navale russa nel Mediterraneo 1 .

616

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 3037. Madrid, 22 novembre 1893, ore 7 (per. ore 14,30).

Pour information personnelle et très-confidentielle de V.E., je crois devoir lui faire connaìtre que M. Moret regrette beaucoup que lord Dufferin ait parlé à

M. Develle des propos tenus par Roustan à la reine régente au sujet du Maroc1 . Il considère très-imprudent de laisser pénétrer par la France l'intime échange de vues, existant avec nos Cabinets.

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Madrid con T. 3017 del 19 novembre. 615 l Per la risposta cfr. n. 617. 616 l Cfr. n. 614, nota 2.

614 l Cfr. n. 611.

617

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 3042. Londra, 22 novembre 1893, ore 18,03 (per. ore 21,35).

Rosebery manca d'informazioni precise circa il progetto di stazione navale russa nel Mediterraneo 1• Egli ne sentì ripetutamente parlare in passato; ma nulla di ufficiale gli fu annunziato in proposito. Le informazioni più recenti farebbero credere all'intenzione di riattivare o lo stabilimento di Villafranca presso Nizza, o quello dell'isola di Paros, dove la Russia ebbe una concessione dal Governo di Mavrocordato, prima della proclamazione del Regno di Grecia. Il Governo ellenico dichiara però finora di non aver avuto richiesta da parte della Russia.

618

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATISSIMO 1064/624. Londra, 22 novembre 1893 (per. il 27).

La notizia contenuta nel telegramma di V.E., in data delli 17 corrente1 , relativa all'offerta fatta dall'ambasciatore francese alla regina reggente di Spagna di appoggiare il Governo di Madrid nello acquisto di Tetuan, era già conosciuta qui da lord Rosebery il quale me ne parlò in una visita da me fattagli il 16 di questo stesso mese.

Oggi Sua Signoria, portandosi il nostro discorso sovra lo stesso tema, mi confermava ciò che l'E.V. mi avea telegraficamente segnalato 2 circa la dichiarazione del ministro degli esteri di Francia relativamente al non aver egli autorizzato il signor Roustan a fare siffatta proposta alla Spagna. Non sembrava a lord Rosebery ammissibile l'ipotesi che l'ambasciatore francese a Madrid avesse agito in tale guisa seguendo soltanto l'individuale sua ispirazione. «Il signor Develle, soggiungeva con amarezza Sua Signoria, gode della singolare fortuna di essere ritenuto un onest'uomo benché i fatti s'incarichino di smentire sovente le sue parole. Pur volendolo credere tale, conviene dirsi che se l'ambasciatore francese a Madrid non ebbe da lui istruzioni, queste non potrebbero essere state impartite da altri che dal presidente Carnot ». Notai, dal canto mio, che la politica tendente a sedurre la Spagna con offerte territoriali a pregiudizio della integrità del Marocco, diveniva tradizionale per la Francia. Alcuni anni or sono la regina reggente avea avuto proposizioni ancora più larghe dal signor Cambon allora ambasciatore

2 Cfr. n. 614, nota 2.

della Repubblica a Madrid. Questo diplomatico, nel corso di una udienza concedutagli dalla augusta sovrana, avea spiegato sotto gli occhi della medesima una carta geografica del Marocco e segnato sulla medesima il partaggio che la Francia e la Spagna avrebbero potuto fare insieme.

Ho riferito testualmente le parole pronunciate oggi da lord Rosebery benché la conversazione sua avesse carattere famigliare e quasi privato, perché mentre mi affida la discrezione di V.E. nel non farne alcun uso, esse esprimono assai meglio che da me altrimenti si potrebbe fare, il grado di diffidenza al quale sono presentemente giunti i rapporti fra l'Inghilterra e la Francia.

617 l Cfr. n. 615. 618 l Cfr. n. 611, nota l.

619

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 776/344. Costantinopoli, 23 novembre 1893 (per. il 1° dicembre).

In questi ultimi tempi il sultano impaurito dell'apparizione del colera nella capitale non si diede più cura delle cose della politica e quindi non mi fu dato di potermi ben rendere conto dell'impressione prodotta dalle dimostrazioni fatte in Francia all'occasione della visita della squadra russa a Tolone.

I ministri e le persone che hanno relazioni col palazzo affettano di non attribuirvi soverchia importanza, ma non conviene prestare troppa fede a questo contegno. Mi è noto che gli agenti russi seppero far valere verso i turchi l'intimità del loro Governo colla Francia, e certamente questa condizione di cose e la presenza di una squadra russa nel Mediterraneo saranno per esercitare una azione favorevole al credito, o meglio al timore che si ha qui del potente vicino.

Non vi è alcun fatto positivo finora da riferire, ma è incontestabile che la Turchia si sentirà maggiormente tenuta ad una politica cauta verso la Russia, in seguito alle recenti clamorose dimostrazioni di simpatia e d'intimità fra i due Governi e le due Nazioni di Russia e di Francia.

So da buona fonte che si prepara l'animo del sultano ad una visita dell'ammiraglio Avellan a Costantinopoli ed alla presenza della sua squadra nelle acque dell'Impero.

Quali saranno le conseguenze di questa nuova condizione di cose è difficile discernere. Il sultano finora cercò di mantenersi in buone relazioni con tutte le Potenze, accennando sempre ad una maggiore intimità colla Germania e prova ne è che all'occasione della visita dell'ammiraglio francese fece sapere all'ambasciatore di Germania che essa non era che un atto di cortesia e che nessun argomento di politica era stato trattato in quella circostanza. Continuerà questo contegno ora? Esito a crederlo; e considero la situazione attuale come assai favorevole per la Russia, che, coi potenti mezzi d'azione dei quali dispone in Oriente, saprà valersene profittando della condiscendenza della Francia.

La Francia infatti ora in Oriente, ponendo in non cale tutte le sue tradizioni, in tutto e per tutto si unisce alla Russia, ne divide ciecamente la politica in Bulgaria 1 , non pone ostacolo alla sua azione in Palestina e dovunque si esplica in appoggio della ortodossia, ricevendone in cambio un platonico appoggio in Egitto.

Tale è la situazione contro la quale si schierano le Potenze della Triplice Alleanza e l'Inghilterra. La loro unione e le loro tendenze pacifiche possono, a mio avviso, trattenere il sultano dal rendersi troppo ligio alla Russia, ed a ciò mira l'azione mia e dei miei colleghi delle Potenze amiche, ma perdurando invariata questa condizione di cose sarà certo per trame maggior profitto la Russia.

620

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN1

R. RISERVATO 1065/625. Londra, 23 novembre 1893 (per. il 27).

Ùri Iord Rosebery mi annunziO verbalmente che finalmente il Dipartimento delle Indie gli avea trasmesso i rapporti del Governo di Calcutta circa la delimitazione del territorio di Berbera-Zeila. Questo rapporto conteneva alcune raccomandazioni per le quali non si erano ancora perfettamente posti d'accordo quel Governo e quel Dipartimento. Ciò rendeva necessario ancora uno scambio di comunicazioni telegrafiche fra i medesimi. Sperava però Sua Signoria di essere in breve termine in grado di esaminare la questione e di farmi in proposito una comunicazione.

Ringraziai Sua Signoria della notizia datami, facendole osservare che, dovendosi oggi appunto riprendere in Italia i lavori parlamentari, non era improbabile che al mio Governo venissero domandate informazioni circa Io stato delle trattative. Mi premeva esprimere la speranza che le raccomandazioni degli uffizi indiani non sarebbero di tal natura da impedire una pronta e favorevole risoluzione di questo affare al quale il mio Governo annetteva molta importanza.

Lord Rosebery non mi disse cosa alcuna circa l'indole delle osservazioni trasmessegli da quegli uffizi. Egli mi disse soltanto di aver dovuto invitare i medesimi ad intendersi completamente fra di loro, prima di esaminare egli stesso come stessero le cose. Sarebbe dunque prematuro il parlar oggi delle obbiezioni che saranno fatte da questo signor ministro degli affari esteri in conseguenza delle raccomandazioni dell'India Office e dei rapporti del Governo vice-reale di Calcutta. Ma circa il modo di procedere che a me converrà seguire secondo le istruzioni impartitemi dalla E.V., mi occorre fin d'ora chiedere un supplemento di informazione. Se le osservazioni che mi saranno presentate si riferiranno alla linea di demarcazione delle rispettive sfere di influenza che i due Governi s'impegnano di rispettare, io riferirò naturalmente a V.E. la controproposta come qui verrà presentata. Il R. Governo vedrà allora che cosa gli converrà meglio di fare. Nella ipotesi però che invece di procurare l'intesa sovra speciali modificazioni della linea da noi originai

aux yeux de la France sert de trait d'union entre elle et la Russie». 620 1 Ed. in L'Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, cit., pp. 472-473.

mente offerta all'Inghilterra e sovra la quale fu aperta la trattativa, V.E. preferisse sostituire alla prima una seconda proposta, quella cioè che comprenderebbe un vero e proprio scambio di territori sulla base che Zeila sia ceduto all'Italia, a me occorrerèbbe conoscere con precisione il pensiero del R. Governo sovra due punti che mi sembrano di molta importanza.

Il primo è che, essendo Zeila nella condizione degli altri territori altre volte presidiati dagli egiziani ed ora occupati dagli inglesi e non potendosi per ciò anche lontanamente prevedere che, nelle presenti circostanze, il Gabinetto di Londra voglia, col cedere quel territorio ad altra Potenza, suscitare difficoltà internazionali, il R. Governo sarebbe disposto a domandare soltanto che Zeila gli sia dato in amministrazione a quello stesso titolo al quale l'Inghilterra attualmente lo occupa ed amministra?

Il secondo punto è questo e mi pare il più grave: l'Inghilterra ha preso verso la Francia formali impegni relativi all'Harar. Quegli impegni sono la conseguenza del possesso dei rispettivi loro possedimenti di Zeila e di Obok e costituiscono così una specie di servitù reciproca internazionale che pesa sovra quei territori. Ciò posto, la cessione pacifica di Zeila ad una terza Potenza a titolo definitivo od anche soltanto in amministrazione, non potrebbe essere fatta evidentemente dall'Inghilterra altrimenti che con le limitazioni derivanti dai precedenti suoi impegni verso la Francia. Io prego V.E. di esaminare con molta attenzione questo punto della questione relativa all'eventuale cessione di Zeila, perché a me pare evidente che esso si affaccerebbe inevitabilmente, se pure non si incontrerà, come altre volte incontrò una entratura fatta presso lord Salisbury, una assoluta negativa in limine.

Il R. Governo avrebbe in seguito ogni ragione di imputarmi l'imprevidenza se io non insistessi anche oggi sovra le difficoltà che mi si affacciano e non lo mettessi quindi in grado di giudicare della convenienza per lui di affrontarle in un momento in cui a me sembra improbabile che il Gabinetto di Londra voglia suscitare, od esporsi al pericolo di suscitare, un incidente relativo alla sua occupazione di un territorio egiziano ed ai suoi accordi con la Francia circa l'Harar2 .

619 1 Già il 30 agosto 1892 Marochetti aveva comunicato con R. cifrato 366/201: «La question bulgare

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1070/628. Londra, 23 novembre 1893 (per. il 28).

Questo mio rapporto ha carattere riservatissimo. V.E. in risposta ad una mia domanda1 , mi ha autorizzato2 a ricercare il modo di giungere con l'Inghilterra ad un'intesa relativa al mantenimento dell'equilibrio o meglio della superiorità delle forze navali nel Mediterraneo. Naturalmente un'azione in questo senso non può

2 Cfr. n. 532.

riuscire ad effetti pratici se non è iniziata e condotta in circostanze favorevoli. Né io avrei domandato al Governo del re la facoltà di muovere a tal fine i passi che mi sembrassero opportuni se la previsione degli effetti che sovra Io spirito pubblico di questo Paese avrebbero prodotto la presenza del contingente navale russo nel Mediterraneo e gli accordi franco-russi non mi ci avesse indotto.

Tale mia previsione si è in gran parte verificata, sebbene l'ignoranza in cui si è ancora dei veri propositi della Russia circa la creazione della sua stazione navale permanente nel Mediterraneo, abbia diminuito assai l'agitazione del pubblico inglese la quale avrebbe altrimenti preso proporzioni ancora maggiori. L'espressione di siffatta agitazione si ha nell'importanza che ad un tratto fu accordata qui alla questione degli armamenti marittimi.

Subito dopo le feste di Tolone, comparvero nel Times lettere del suo redattore speciale per le cose marittime; vero grido di allarme emesso da persona alla quale molti in Inghilterra attribuiscono grande autorità. Seguì tosto l'interrogazione del signor T.G. Bowles nella Camera dei Comuni tendente a chiamare l'attenzione del Governo sul pericolo che, atteso il grande aumento delle forze navali straniere nel Mediterraneo, quelle dell'Inghilterra non fossero più proporzionate alla protezione dei vasti suoi interessi. La risposta del signor Gladstone, contenente la dichiarazione che il Governo era perfettamente soddisfatto della efficienza e capacità della sua marina e rimandava ad altro tempo la discussione che il signor Bowles aveva voluto impegnare, produsse un pessimo effetto che Iord Spencer, capo dell'ammiragliato, dovette correggere in parte con le esplicite dichiarazioni da lui fatte, nel discorso al banchetto di Guildhallla sera del 9 novembre, di volere il Gabinetto al potere farsi continuatore della politica del caduto, per ciò che si attiene al mantenimento della supremazia marittima della Gran Bretagna. Fu immediatamente dopo quel discorso che illord mayor ricordò la visita della flotta inglese nei porti italiani, e l'assistenza numerosa accolse l'ambasciatore d'Italia con quella immensa ovazione che da Iord Rosebery con me e con l'ambasciatore tedesco, fu qualificata come un «segno dei tempi».

Il dì dopo lord George Hamilton, predecessore di lord Spencer nel Gabinetto Salisbury, teneva, in occasione di una inaugurazione, un discorso nel quale diceva che, se per le altre Potenze, un rovescio nella guerra marittima poteva essere un disastro, per l'Impero britannico esso sarebbe la distruzione assoluta. Ogni dì, da parecchie settimane, importantissimi giornali insistono sovra il tema degli armamenti marittimi e parecchie pubblicazioni d'indole tecnica, alle quali non rimasero estranei gli ammiragli stessi, hanno fatto di questa la principale questione del giorno.

Veniva quasi di necessità che sovra di essa dovesse cadere la conversazione con me nelle mie visite al Foreign Office. Il giorno in cui, come già notificai per telegrafo 3 , Iord Rosebery mi felicitò dell'accoglienza che mi era stata fatta a Guildhall, io gli risposi che me ne era rimasta l'impressione che la gente della City, inspirata dal tema svolto nel discorso di Iord Spencer, avesse voluto più che altro indicare al Governo che una intesa con l'Italia in queste circostanze, poteva diminuire l'inquietudine çhe Io squilibrio delle forze navali nel Mediterraneo faceva concepire. Sua Signoria, senza contraddirmi, soggiunse: «Stimo che anche l'affare

del Siam c'entri per qualche cosa». Era in quel momento lord Rosebery stato chiamato dal primo ministro, né il soggetto poteva essere impegnato utilmente in una conversazione fuggitiva. Lo ripresi, qualche giorno dopo con sir Ph. Currie il quale spontaneamente avea pure portato il discorso sovra la questione degli armamenti marittimi. Nel corso di questo colloquio; al quale io pregai il sottosegretario di Stato permanente di dare carattere privato, esposi, come cosa da me pensata, l'idea di una intesa, che, senza determinare alcuna situazione politica futura, stabilisse fra l'Italia e l'Inghilterra l'impegno di tenere nel Mediterraneo in armamento forze navali sempre superiori a quelle della Francia e della Russia nello stesso mare. Sarebbe questo un provvedimento precauzionale che guarentirebbe i due Paesi da una sorpresa in tutte le questioni di comune interesse. Sir Ph. Currie mi ascoltò con molta attenzione; mi fece qualche abbiezione tendente a meglio comprendere il mio pensiero. La cooperazione militare, osservava egli, verrebbe da sé se l'uno dei due fosse obbligato di agire. Replicai che se l'azione fosse determinata da cose di comune interesse certamente tale sarebbe l'effetto della intesa la quale costituirebbe uno stato di utile preparazione agli accordi politici eventuali.

Io era persuaso che sir Ph. Currie avrebbe informato lord Rosebery della nostra conversazione. L'essere questo alto funzionario il depositario dei segreti della politica del precedente Gabinetto e l'aver egli avuto parte principale nello svolgimento della politica stessa, lo designa anche presentemente come il migliore e più sicuro tramite per il quale conviene far pervenire al principale segretario di Stato per gli affari esteri quei primi accenni che apron la via a più precisa entratura. Recatomi infatti ieri di nuovo da lord Rosebery, questi, di propria iniziativa portò la conversazione sovra la questione degli armamenti marittimi dell'Inghilterra. «Vi è, egli mi disse, qualche inesattezza e parecchio di esagerato nelle cose che in proposito, furono scritte in questi giorni a tale riguardo. Il programma del Naval Defence Act del 1888 non è ancora completamente esaurito, lo sarà in marzo prossimo. Il Governo dovrà provvedere per quel tempo a continuare le sue costruzioni navali ed a mantenere la sua marina nello stato che l'opinione pubblica del Paese giustamente reclama. Da questo punto di vista anche l'esagerazione del linguaggio adoperato nelle pubblicazioni recenti, riesce utile perché giova che l'opinione pubblica sia scossa in una questione che si risolve in una grossa spesa che il Parlamento dovrà votare». Incidentalmente io notai che col danaro si facevano sempre nuove e più perfette costruzioni, ma che l'armamento delle navi allestite poteva trovare un limite nei quadri e negli equipaggi per rinforzare i quali si poteva oggi contare assai meno che in passato sul contingente che potrebbe dare la marina mercantile. Sua Signoria replicava che certamente era questo un punto grave ed importante che non si doveva perdere di vista. La marina aveva però ancora molta attrattiva per gl'inglesi. Sua Signoria aveva voluto avere in questi giorni una seria conferenza con lord Spencer, primo lord dell'ammiragliato, ed era ben deciso a non permettere che la marina britannica abbia a discendere dall'altezza alla quale deve essere mantenuta. Il Gabinetto non lo aveva ancora autorizzato a parlare in proposito; ma confidenzialmente egli sapendo quanto io m'interessava alla cosa, poteva dirmi che il Governo farebbe i sacrifizii necessari per mantenere la superiorità navale dell'Inghilterra. «Se così non fosse, soggiunse egli, mi ritirerei dal Gabinetto perché considero questa come condizione indispensabile per poter condurre la politica estera del mio Paese».

Mi sembrò che queste confidenze affatto insolite in un ministro inglese ed in un uomo della riserva di lord Rosebery, mi permettessero di esprimere, in termini velati, il pensiero che un'intesa coll'Italia s'imponeva sempre più in vista delle incertezze della situazione presente. Non era fra il tumulto d'improvvisi attacchi e delle mobilitazioni che si sarebbe utilmente svolta una azione diplomatica. Era mestieri, se lo si voleva, aver provveduto prima che l'uragano scoppiasse. lo ritornava sovente con la mente sovra i vantaggi che l'Italia e l'Inghilterra potrebbero ricavare da un accordo che guarentisse la permanente superiorità dei loro armamenti navali nel Mediterraneo, in confronto di quelli della Francia e della Russia riuniti. Sua Signoria non replicò; si fissò con gli occhi verso il sdffitto e rimase lungamente in silenzio. Poi mi ripeté le cose già dette prima circa la sua ben decisa risoluzione che il Governo attuale non debba lasciar diminuire in nessuna guisa il valore ed il prestigio degli armamenti navali dell'Inghilterra.

Ho cercato d'indicare il meglio che ho saputo la fisionomia del mio colloquio con lord Rosebery, nel quale questo vi ha di notevole che l'idea di una intesa con l'Italia non incontrò questa volta le consuete obbiezioni che l'Inghilterra a causa della costituzione sua, non può impegnare la sua politica internazionale 4 .

620 2 Per la risposta cfr. n. 628. 621 l Cfr. n. 528.

621 3 Cfr. n. 612.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 2908/1161. Vienna, 23 novembre 1893 (per. il 7 dicembre).

Con dispaccio del 12 corrente in margine citato 1 , l'E.V. comunicava al r. incaricato d'affari in questa residenza un rapporto del r. ministro a Belgrado, contenente supposte notizie di negoziati segreti fra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo in vista d'un accordo sulla questione balcanica. L'E.V. chiedeva informazioni su tale notizia.

Mi fo premura di rispondere all'E. V. che io ignoro tali notizie e che le credo non solo insussistenti nel fatto, ma anche impossibili nella congettura. II Governo austro-ungarico non ha dato finora alcun motivo di sospettare che voglia lasciare le sue alleanze presenti per ottenere quella della Russia; esso non cerca e non crede che gli occorra il beneplacito della Russia o di altre Potenze per conservare la Bosnia e l'Erzegovina, la di cui occupazione fu consentita all'Austria-Ungheria dall'imperatore di Russia Alessandro II, con protocollo firmato a Reichstadt 1'8 luglio 1876 dal principe Gorchakoff e dal conte Andrassy, e confermata dalle Grandi Potenze nel Congresso di Berlino. D'altro Iato l'imperatore attuale di Russia non ha mai mostrato la menoma disposizione a riconoscere il principe Ferdinando e ad abbandonare la Serbia all'azione austro-ungarica.

particolar modo I'E.V. della interessante sua comunicazione e sono lieto di manifestarle la mia appro vazione per il linguaggio abile e prudente da lei tenuto in questa circostanza». 622 l Cfr. n. 593, nota l.

La sorgente di tutte queste dicerie non è evidentemente attendibile. Esse poterono essere suggerite da deduzioni superficiali tratte dal fatto che il Governo austro-ungarico, benché legato dalla Triplice Alleanza, sa mantenersi in buone relazioni colla Russia e colla Francia, con grande suo vantaggio e talora anche con vantaggio dei suoi alleati, risultato che sarebbe desiderabile potesse essere ottenuto dall'Italia nelle stesse condizioni.

621 4 Brin rispose con D. 43944/531 del 29 dicembre di cui si pubblica il passo finale: «Ringrazio in

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

L. PERSONALE. Londra, 23 novembre 1893.

Il corriere Signoroni che parte questa sera le rimetterà un pacco contenente le due pubblicazioni che sono state presentate al Parlamento circa la perdita del «Victoria». Mi fu assicurato che nessun altro documento è stato finora deposto davanti alla Camera dall'ammiragliato sovra questo soggetto.

Le raccomando i miei rapporti ufficiali di oggi 1 . Uno riguarda gli spigoli contro i quali temo di andare ad urtare nello affare della delimitazione africana. Un altro riguarda gli armamenti navali inglesi nel Mediterraneo ed il desiderabile accordo dell'Inghilterra con l'Italia. Questo soggetto si connette con la noiosa istoria del brindisi mio di Guildhall, del quale non parlerei qui privatamente con lei se non mi paresse necessario, in mezzo a tutto il chiasso che se ne è fatto, di mettere in sodo due cose: cioè che, se non fossi andato al banchetto, non avremmo avuto l'ovazione che esprime il sentimento pubblico e s'impone anche al Governo; e che essendoci andato era mestieri non avere l'aria di avere paura di professare apertamente le nostre amicizie e lo scopo loro. Tutte le pettegolezze della stampa francese e italiana non sopprimono il fatto che le parecchie centinaia di commensali del Guildhall hanno indicato l'Italia come l'alleato necessario e che il Gabinetto ha capito l'indicazione. Se per ottenere questo fine la mia povera persona sarà stata schizzata dall'inchiostro dei malevoli, me ne consolerò facilmente dicendomi: «non è possibile fare e contentare tutti; ciò che importa è che, malgrado tutte le nostre miserie interne, oggi abbiamo davanti l'opinione pubblica inglese una posizione migliore di quella che non vi abbiamo avuto da moltissimi anni addietro». Era bene che Io si sapesse e forse il primo effetto sarà quello di far recedere la Francia e la Russia da certi progetti che se sarebbero stati disaggradevoli per l'Inghilterra, sarebbero stati per noi minacciosi. Intanto non si sente più parlare né di Biserta, né di Aiaccio per la stazione navale russa e mi pare tanto di guadagnato.

Ho pure scritto un rapporto circa un giornale italiano di Londra2 . Gliene raccomando vivamente le conclusioni. Credo non sarebbe denaro sciupato.

2 R. 1069/627 dello stesso 23 novembre, non pubblicato: proposta di dare un aiuto finanziario al giornale Londra-Roma.

623 l Cfr. nn. 620 e 621.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN

T. 3066. Roma, 25 novembre 1893, ore 14.

Mi compiaccio assai delle buone disposizioni da lei segnalatemi circa l'indennità per i fatti di Aigues-Mortes 1• Gioverebbe ora che la cosa potesse immediatamente concordarsi e pubblicarsi. Apparirà così giustificata la fede che noi avemmo nella giustizia ed equità del Governo francese, e sarà, soprattutto dopo la pubblicazione del Libro Verde, opportuna risposta a chi di quella fede ci fece rimprovero, mentre invece, convenendosi l'indennità sotto una nuova amministrazione, potrà sembrare effetto di maggiori ulteriori esigenze da parte del Governo italiano. Parmi che si tratti qui di un interesse comune 2 .

625

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRINI

T. 3075. Madrid, 26 novembre 1893, ore 21 (per. ore 23,10).

Ho avuto lungo abboccamento col signor Moret. Egli disse continuazione nel Gabinetto significa che la linea di condotta della Spagna non ha mutato rispetto alla questione di Melilla, sebbene essa entri in una nuova fase 2 . Egli ha indirizzato oggi stesso un'altra nota al ministro degli affari esteri marocchino per ripetere con maggiore insistenza la domanda che il Governo sceriffiano faccia rispettare i trattati, adducendo quindi che, essendo fallita la missione affidata al fratello del sultano, e considerata la lontananza in cui sempre trovasi Sua Maestà era stato impossibile accordare la tregua sollecitata, non rimanendo ora alla Spagna che la alternativa di sostenere colle armi il proprio diritto. Il maresciallo Martinez Campos parte questa sera medesima per mettersi alla testa delle truppe.

2 Ressman rispose con T. 3067 dello stesso 25 novembre che si differiva il regolamento delle indennità in attesa di conoscere le sorti del Governo francese. Con T. 3048, pari data, annunziò le dimissioni del Gabinetto Dupuy. 625 l Ed. in L V 79, p. 28.

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna e alla legazione a Tangeri con T. 3074 del 27 novembre. Sulla crisi ministeriale spagnola, prima minacciata e poi rinviata, Maffei riferì con T. 3069 e 3072 dello stesso 26 novembre, non pubblicati.

624 1 Con T. confidenziale 3041 del 22 novembre, non pubblicato, Ressman aveva comunicato che presto vi sarebbe stata una soddisfacente intesa con Develle per le indennità da corrispondere in relazione all'incidente di Aigues-Mortes.

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IL MINISTERO A T ANGERI, CANTA GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 3085. Tangeri, 28 novembre 1893, ore 12,55 (per. ore 18,05).

Ministro di Spagna è stato autorizzato dal suo Governo comunicare rappresentanti esteri nota indirizzata commissario imperiale affari esteri, cui allude telegramma di

V.E. d'ieri 1 , per il quale ringrazio. Rifiuto accordare tregua domandata dal fratello del sultano e notizie da Nemours comunicate da Madrid al mio collega, secondo le quali tribù di frontiera avrebbero rifiutato raggiungere Mulay Aarafa per punire riffegni, ed anzi preparerebbero contingente per ingrossare forze di questi ultimi, danno a temere avvenimenti possano prendere piega brutta. Mio collega accenna a possibili eventualità per le quali divenga necessario Gabinetti europei provvedano qui sicurezza loro nazionali. Intanto egli ha persuaso commissario imperiale affari esteri suggerire fratello del sultano porsi sotto tutela bandiera spagnuola in Melilla affine togliere imminenti ostilità carattere guerra con sultano. Sid Torres ha scritto subito.

627

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA E MADRID E ALLA LEGAZIONE A TANGERI 1

T. 3100. Roma, 1° dicembre 1893, ore 17,05.

Ad ogni buon fine (per Tangeri) le rammento (per gli altri) ho rammentato al

r. ministro in Tangeri che le sue istruzioni generali gli consentono di appoggiare, d'accordo coi colleghi di Germania e di Inghilterra, l'ultima nota spagnuola.

628

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 44478/543. Roma, 2 dicembre 1893.

Mi pregio di segnare ricevimento, ringraziandone V.E. del rapporto n. l 065/625, in data del 23 corrente 1 .

Circa i due quesiti sui quali V.E. domanda istruzioni supplementari, *io inclinerei a dividere la di lei opinione, ma trattandosi di risolvere questioni che impegnano l'avvenire, gioverà attendere che il nuovo ministro abbia assunto le sue funzioni. Intanto* 2 V.E. potrà trasmettere a Roma la risposta del Foreign Office al nostro schema di delimitazione dalla parte del golfo di Aden, e si potrà, di fronte ai termini della risposta stessa, deliberare con migliore conoscenza di causa.

626 1 Cfr. n. 625, nota 2. 627 l Ed. in LV 79, p. 31. 628 l Cfr. n. 620.

629

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA 1

T. S.N. Roma, 5 dicembre 1893, ore 22.

Je vous remercie de votre dépèche télégraphique 2• La nouvelle de la nomination du général Baratieri à ministre des affaires étrangères est un de ces bruits que l'on fait courir en cas de crise ministérielle. Mais il n'y a rien de positif. En tout cas j'aurai présent J'observation que vous m'avez communiquée et que je m'avais faite moi-mème, aussitòt que on avait parlé de ce nom. Recevez affectueuses salutations 3 .

630

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4069. Sofia, 7 dicembre 1893, ore 10,50 (per. ore 12,40).

Gran maresciallo Corte, rispondendo lettera particolare da me direttagli per domandare udienza principe, mi notifica essere uso costante che per la prima volta agente diplomatico sia presentato da ministro degli affari esteri. Non mi credo autorizzato a seguire questo procedimento ufficiale che implica essenziale riconoscimento. Decano del corpo diplomatico assicurami non esser conforme al vero asserzione gran maresciallo, nessun agente diplomatico avendo mai compiuto con principe Ferdinando formalità ora richiesta. Collega inglese da me consultato prima inviare domanda udienza aveva agito analogamente. Prego V.E. di volermi fornire istruzioni 1•

uffici: «io penso, tenuto conto soprattutto delle presenti condizioni politiche, in Italia, che miglior partito sia di differire la soluzione in fino a che». 629 1 Ed. in italiano in C. Richelmy, Lettere inedite di Costantino Migra, in «Nuova Antologia», 1928, vol. 262, p. 158.

2 Non rinvenuto.

3 Nelle Carte Eredità Nigra si conserva la seguente «copie de lettre a S.E. le comte Kalnoky» del 4 dicembre: «Depuis quelques mois un groupe d'italiens préparait ici une expédition dans le Tyrol italien. Ils savent d'avance qu'ils n'aboutiront à rien, mais leur but et le but surtout de ceux qui !es payent est d'obliger l'Autriche à des mesures de répression dont le résultat pourrait etre fatai à la Triple Alliance. Un ancien député français M. Jules Gaillard-rue de la Tremouille-donne !es fonds, c'est lui qui est la clef de voute du pro jet. le ne sais pas, par exempie, où il trouve l'argent, parce qu'il est complètement ruiné et je crois qu'il s'est jeté dans cette affaire pour se remettre à flot. Aujourd'hui la nouvelle qu'un tyrolien, M. le général Baratieri allait etre nommé ministre des affaires étrangères en Italie le plongeait dans la joie. Cependant je suis siìr que le Gouvernement italien ignare le premier mot de cette affaire». 630 1 Per la risposta cfr. n. 633.

628 2 Il passo fra asterischi è sulla minuta di pugno di Brin e sostituisce il seguente preparato dagli

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. RISERVATO 1111/652. Londra, 7 dicembre 189 3 (per. il 14).

In un abboccamento avuto ieri con lord Rosebery questi mi chiese se e quali informazioni noi avessimo relativamente alla intesa franco-russa. Si era molto parlato nei giornali ed anche nei circoli ben informati, di siffatta intesa; ma non soltanto non se ne conoscevano i termini e la forma, ma neppure si avea la certezza della sua esistenza. Era evidente cosa che i rapporti dei due Paesi erano di grande intimità e questa poteva essere fondata sovra la persuasione che i due Governi avevano della identità dei loro interessi. Era forse questa la miglior base delle relazioni intime che potevano stabilirsi fra due Nazioni. Ma sarebbe stato interessante di conoscere se fra la Russia e la Francia esistevano patti formali. Risposi che io non avea informazioni a tale riguardo. Sarebbe però molto utile che io fossi messo in grado di continuare qui lo scambio di informazioni che sovra questo importantissimo soggetto questo Governo già a più riprese ha dimostrato di desiderare. Stando le cose come ora sono, è chiaro che dalla persuasione che il Gabinetto britannico potrà formarsi in ordine alla intesa franco-russa, dipenderà la lunghezza dei passi che esso farà verso di noi. Nella sessione parlamentare che sarà ripresa dopo le vacanze di Natale, si prepara una campagna vigorosa per spingere il Governo a provvedere agli armamenti marittimi. Ha già fatto capolino qua e là nei giornali di vari gruppi di partito, l'idea della necessità di avere un alleato ed il nome dell'Italia è stato naturalmente messo innanzi dando luogo anche a repliche nel senso che la marina italiana ha ancora un valore incognito. Ma è certo, per molti indubbi sintomi, che l'opinione pubblica ci ha ora in molto maggior favore che non ci ebbe da assai tempo in qua e ciò unicamente perché si vede nell'Italia l'alleato eventuale. Se l'alleanza franco-russa divenisse una certezza, stimo che l'accordo anglo-italiano farebbe un passo decisivo nelle idee di questo Paese.

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COLLOQUIO FRA IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, E L'ONOREVOLE CRISPI1

APPUNTO. Roma, 8 dicembre 1893, ore 15.

Alle 3 pomeridiane vado dal re.

Appena annunziato, entro nel Gabinetto del re. Egli mi viene incontro, mi stringe la mano e mi bacia. Il re era conturbato, e prese, appena seduti, un pezzo di carta, che aveva la forma di un telegramma.

-Eccomi agli ordini di Vostra Maestà. Il suo telegramma giunse assai tardi, e non fui in tempo per partire col treno di ieri notte. Non imputerà a me il ritardo.

-Ho bisogno di lei; e siamo ancora in tempo. Siccome lei sa, avevo incaricato l'on. Zanardelli a costituire il nuovo Ministero. E pareva egli esservi riuscito, ma sorse una difficoltà, che poteva esser superata. Lo Zanardelli proponeva quale ministro degli affari esteri il generale· Baratieri. Feci le mie osservazioni su quel nome per le sue origini, ma non fui fortunato. Dissi che ci pensasse, e volesse sostituirvi un altro 2 .

Nel desiderio di comporre le cose nel miglior modo, telegrafai a Nigra, chiedendogli di volermi dire quale impressione quella nomina avrebbe fatta a Vienna.

Nigra mi rispose immantinenti3 , che a Vienna sono così prudenti da non preoccuparsi della persona che andrebbe alla Consulta. Sono così riservati, che non avremmo a sentirne alcuna conseguenza nei nostri rapporti con l'Austria, se Baratieri fosse ministro degli esteri. Quello che dovrebbe trovarsi male in quel posto sarebbe il Baratieri, il quale non avrebbe a sentirsi libero e senza preconcetti, trattando con Bri.ick, o con altro ministro austro-ungarico delle cose che interessino i due Paesi.

Lo Zanardelli non si piegò innanzi coteste osservazioni, e persistette. Soggiunse, che, se io non accettava la lista, gli rivocassi il mandato. Il caso è nuovo; egli avrebbe dovuto piuttosto rassegnare le dimissioni.

A me non dispiaceva la presenza di Baratieri al Ministero. Soltanto osservavo, che non era per lui il posto di ministro degli affari esteri.

-Ed allora?

-Il Baratieri rinunziò quel posto, e Zanardelli, col pretesto, che non potendo [sic] presentarsi alla Camera senza Baratieri, rassegnò il mandato. Dopo ciò ho chiesto consiglio a Farini e ad altri, e tutti mi hanno indicato il di lei nome.

-La posizione è grave, e più di quello che era quando ci siam visti il 23 novembre. Oggi, alle difficoltà interne, si aggiunge il modo come si è ritirato Zanardelli. Nel Paese si parla del telegramma del conte Nigra, e s'interpreta come una ingiunzione dell'Austria al re d'Italia di non servirsi di Baratieri. Il Ministero, che andrebbe a costituirsi, avrebbe l'aria che si farebbe col compiacimento del Gabinetto di Vienna.

-Comprendo tutto ciò c lei saprà superare tutte le difficoltà, e togliermi d'imbarazzo.

3 Deve trattarsi, con ogni probabilità, del telegramma di cui al n. 629, nota l.

-Io sono agli ordini di Vostra Maestà e non oserei rifiutarle l'opera mia in questi momenti difficili. La prego però a darmi il tempo a riflettere su quello ché convenga ed a prender consiglio da alcuni amici miei.

Ci rivedremo domani.

-Io desidero, che faccia presto, perché non si dia tempo ai giornali di commentare la crisi, e sopratutto il modo come Zanardelli siasi ritirato dall'incarico statogli affidato.

Ci rivedremo domani all'ora che mi avrà indicato Vostra Maestà.

-Domani alle 3 pomeridiane?

-Benissimo. Domani alle 3 sarò qui.

Ci alziamo entrambi. Il re mi stringe la mano e mi bacia.

632 l Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

632 2 Si pubblicano qui alcuni passi di una lettera del 5 dicembre di Damiani a Crispi (Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi): «Jeri sera incontrai Luigi Ferrari. Egli era desolato di dover lasciare il Ministero degli er.teri a Baratieri. Mi accennava a talune trattative in corso con l'Inghilterra che sarebbero decisamente compromesse. Mi aggiungeva che Brin era altresì desolato. Comprendo l'uno e l'altro, perché dal molto che rimase interrotto e compromesso al 31 gennaio 1891, giudico il poco, forse, che potrà oggi rimanere interrotto e compromesso ... Il Solms disse e ripeté alla Consulta che giudicava assolutamente necessario il tuo ritorno alla direzione degli affari. Le insistenze del Solms presero un carattere così grave agli occhi del Brin, da fargli ritenere che l'ambasciatore rivelasse la volontà del suo sovrano e del suo Governo. Con tale impressione il Brin si recò da Sua Maestà e le comunicò tutto il suo pensiero. La linea di condotta tenuta dal re ti è nota; ma generalmente si crede ch'egli abbia voluto sbarazzare il terreno dalla figura dello Zanardelli incomoda per tutti».

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, RIVA

T. 3146. Roma, 8 dicembre 1893, ore 19.

Ella deve comunicare verbalmente ed amichevolmente al gran maresciallo le indicazioni fornite dal decano e dall'agente inglese 1 . Se ciononostante il gran maresciallo persistesse ella dovrebbe esporre ogni cosa in una nota verbale al ministro degli affari esteri constatando l'impossibilità in cui ella travasi di allontanarsi dai precedenti finora seguiti.

634

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. 2487/1085. Parigi, 9 dicembre 1893.

Quantunque essa non abbia ancora che pochi giorni d'esistenza, o forse appunto perché le manca ancora la pratica degli affari, la nuova Camera dei deputati ha già dato più di un segno di chauvinisme ed anche della sua tendenza di prevaricare sulle attribuzioni del potere esecutivo.

Un gruppo di deputati riunitisi_ieri discusse sul serio dei pericoli che nello scorso ottobre minacciarono la Francia dal lato del confine italiano 1 e costituì un comitato «della difesa delle Alpi».

Quasi tutti i giornali giudicano quest'atto come lo giudica nell'articolo qui unito2 il Matin d'oggi: esso merita nondimeno d'essere notato come indizio dei sentimenti che animano alcuni dei nuovi deputati.

634 l Cfr. nn. 560, 561, 568, 569 e 572.

2 Non si pubblica.

633 l Risponde al n. 630.

635

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4094. Tangeri, 10 dicembre 1893, ore 12,15 (per. ore 15,10).

Legazione di Francia fondata sopra preteso impegno scritto, rilasciato ad un cittadino francese dal sultano, spinge sua Nazione organizzarsi per fornire imprestito sultano in vista del pagamento indennità Spagna, ciò che fa supporre legazione di Francia bene informata movimenti sultano, ed in posizione da potere pesare sulle decisioni imperiali in relazione negoziati imminenti con Spagna, interessata cavarne profitto diretto od indiretto. Ho creduto a proposito informarne collega inglese. Segue rappprto 1•

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

T. 3167. Roma, 10 dicembre 1893, ore 22.

Una corrispondenza da Pietroburgo della Corrispondenza politica di Vienna dice che codesto Consiglio di Stato ha già approvato lo stanziamento per una stabile rappresentanza della Russia in Abissinia. Quantunque trattisi di notizia già smentita, l'autorità della sorgente mi induce a ripeterle l'interrogazione se e quale fondamento essa abbia attualmente 1•

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALL'ONOREVOLE CRISPI

L. Roma, IO dicembre 1893.

Il telegramma qui acchiuso del r. ambasciatore in Parigi è conclusione del negoziato relativo alle indennità per i fatti di Aigues-Mortes. La proposta in esso contenuta implica una responsabilità di Governo; e siccome il ritardo potrebbe nuocere, credo mio dovere di tosto darne notizia a V.E.

636 1 Bottaro Costa rispose con T. 4206 del 20 dicembre che la notizia non aveva fondamento.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4096. Parigi, 10 dicembre 1893, ore 15 (per. ore 17).

Sono finalmente in grado riferire a V.E. risultato delle mie trattative circa indennità Aigues-Mortes. Ricevo ora, in proposito, dal ministro degli affari esteri, lettera ufficiale seguente, che le trasmetto col corriere: <de suis disposé à présenter aux Chambres projet de loi allouant des indemnités aux sujets italiens victimes des événements d'aout dernier à Aigues-Mortes. Le montant de ces indemnités, sans entrer dans les détails des réclamations individuelles, serait fixé à la somme de quatre-cent-vingt-mille francs. Il ne serait toutefois possible d'adopter cette procédure que si le Gouvernement du roi de son còté reconnaissait que des indemnités sont également dues aux français qui ont subi des dommages lors des incidents survenus à Rome, Naples, Gènes et se déclare lui-mème disposé à présenter au Parlament italien une demande de crédit à cet effet. Le montant des dites indemnités, sans entrer dans les détails des réclamations individuelles, serait fixé à la somme de trente mille francs. Si ces faits ont eu, au point de vue matériel, des conséquences moins sérieuses que l'incident d'Aigues-Mortes, leur Pays est intéressé à ce que la réparation en soit assurée dans des conditions identiques et par les mèmes voies. N'attachant pas moins de prix que V.E. à contribuer aux bonnes relations de la France et de l'Italie, j'espère qu'elle sera bientòt en mesure de me faire savoir que l'accord est établi, etc. etc.» 1 . Prego V.E. telegrafarmi se ella accetta proposte Governo francese, che io considero eque, soddisfacenti.

635 l Non pubblicato.

638

IL REGGENTE IL GOVERNO DELL'ERITREA, ARIMONDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4102. Massaua, 11 dicembre 1893, ore 9,15 (per. ore 11,20).

Ras Mangascià sempre Axum con ras Alula e ras Agos. Sua andata Borumieda pare allontanata; notasi ravvicinamento tra ras Mangascià Turk bascià del Lasta. Confermasi notizia arrivo Kassala Hamed Alì con forze rilevanti. Corrono insistenti voci che dervisci intendano fare grosse operazioni contro noi. Informatori posti avanzati vigilano tutta prontezza per provvedere secondo il bisogno 1 .

D. 46845/471 del 13 dicembre. Brin così concludeva: «Credo opportuno di partecipare quanto precede alla S.V. Illustrissima, sebbene si tratti finora di semplici voci e null'altro».

637 l La lettera di Casimir-Périer, datata 9 dicembre, è ed. in Documents Diplomatiques Français, l'e série, tome X, n. 4610. 638 l Il contenuto di questo telegramma fu comunicato da Brin a Baratieri che si trovava in Italia con

639

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4104. Berlino, 11 dicembre 1893, ore 15 (per. ore 16,40).

L'ambasciatore di Germania a Londra informa che Roustan ha fatto altre avances al Gabinetto di Madrid sotto forma di annunzio che Francia è interamente libera da impegni verso l'Inghilterra nella questione del Marocco. Moret avrebbe rifiutato di entrare in qualunque discussione che questa dichiarazione sembrava voler provocare e ne informò Londra. Avrò, spero, occasione domani di ritornare su questo importante documento 1•

640

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

R. CONFIDENZIALE 1570/621. Berlino, 11 dicembre 1893 (per. i/15).

Col dispaccio segnato in margine 1 l'E.V. mi trasmetteva un rapporto del r. ministro a Rio Janeiro, in cui ricordando i passi fatti dai rappresentanti d'Italia, d'Inghilterra, di Francia, del Portogallo e degli Stati Uniti presso il Governo federale e presso l'ammiraglio de Mello per scongiurare dalla città di Rio il bombardamento e tutelare così le persone e gli interessi stranieri in quella capitale, nota come l'incaricato d'affari di Germania si sia sempre astenuto dall'unirsi in tali pratiche ai rappresentanti delle Grandi Potenze marittime. L'E. V. soggiungeva che il comm. Tugini stima questo della Germania un ossequio troppo rigido al principio del non intervento e m'incaricava di indagare il pensiero del Gabinetto germanico a questo riguardo e dargliene notizia. Tale argomento fu già trattato dal marchese Dalla Valle con rapporto 5 ottobre u.s. n. 1296/5032 mentre era incaricato d'affari. Mi basterebbe richiamarmi a quel rapporto da cui risulta che il Governo germanico volle astenersi da ogni ingerenza per la tema di stabilire antecedenti che potessero avere spiacevoli conseguenze e n'ebbe le lodi della stampa periodica. Credo però dovere aggiungere qualche parola. Il Governo germanico fu segnatamente indotto ad un contegno, davanti a Rio, di non intervento assoluto dalla difficoltà, quasi, secondo lui, dalla impossibilità in cui si troverebbero i rappresentanti delle Potenze di agire senza, a torto o a ragione, provocare il mancontento e quindi i rancori, che sopravviverebbero alla lotta che si combatte, di una delle due parti.

dicembre. 640 1 In margine manca l'indicazione, ma si tratta del D. confidenziale 42850/533 del 21 novembre, non pubblicato.

2 Non pubblicato.

Se devo giudicare da alcune parole dettemi da questo ministro del Brasile, già il Governo federale attuale non sembrerebbe infatti troppo soddisfatto dell'azione dei rappresentanti esteri, mentre si loda il contegno della Germania. La quale, a sua volta, sarà ben lieta se, con una politica che sembra per verità un po' egoistica, avrà ottenuto, lasciando ad altri il carico delle eventuali conseguenze, che la città di Rio sia stata preservata da un bombardamento. Dico politica che sembra un po' egoistica, ed infatti quantunque alla Germania, in massima, quando ciò non nuoccia ai suoi interessi diretti, non piaccia mettersi avanti, nel caso attuale, come in tutti i casi in cui le sia chiesto il suo concorso da parte dell'Inghilterra, non per puro egoismo, ma per seguire un piano di condotta ponderatamente studiato e adottato, la Germania non va mai più in là di quel che sia strettamente necessario a tutela dei suoi e degli interessi dei suoi alleati. Con un lavoro paziente, non apparente, ma costante, la politica della Germania tende a distogliere l'Inghilterra dalla sua politica tradizionale di disinteressamento alle questioni continentali, ed avvicinarla alle Potenze della Triplice Alleanza, e crede di ottenere tanto più facilmente questo scopo quanto più dimostrerà che, senza di ciò, il Gabinetto di Londra non può sperare il suo aiuto diretto fuori d'Europa. Questi criteri che già, per non dir d'altro, furono di norma alla condotta del Governo imperiale nella questione dello Siam (vedi rapporto n. 1243/479? e si palesarono ora nella questione del Brasile, non sarebbero, nella loro rigidezza, consigliabili a noi, per esempio, che più direttamente abbiamo in molte questioni interessi comuni coll'Inghilterra; ed anche questo Gabinetto imperiale, ne ebbi spesso la conferma, vede con piacere sempre quando non si trattasse di cavar per essa !es marrons du feu, che noi ci troviamo a fianco e d'accordo coll'Inghilterra in tutte le questioni anche di minore importanza.

Questo Gabinetto è tanto persuaso dell'efficacia della politica seguita verso l'Inghilterra che crede vederne favorevoli risultati nell'attuale attitudine di chi dirige la politica estera a Londra.

639 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Londra e Madrid con T. 3179 del 12

641

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E PARIGI E ALLA LEGAZIONE A T ANGERI

T. 3180. Roma, 12 dicembre 1893, ore 11,49.

L'ambasciatore di Spagna mi ha fatto la seguente comunicazione. Il maresciallo Martinez Campos aveva iniziato trattative col fratello del sultano per ottenere la pacificazione definitiva delle cabil€, una indennità ed alcune guarentigie materiali che la pace non sarebbe più turbata. Il fratello del sultano ha risposto non avere poteri e non sapere dove il sultano si trovi in questo momento. Ciò stante, non tanto in vista della impazienza delle truppe, quanto in vista del movimento della

pubblica opinione in !spagna e della grave spesa cagionata dal prolungarsi dell'attuale situazione, il Gabinetto di Madrid ha dato istruzioni al suo ministro in Tangeri di presentare le stesse proposte al commissario degli affari esteri. L'ambasciatore di Spagna mi richiede, per incarico del signor Moret, di farle appoggiare dal r. ministro in Tangeri. Ho risposto che avrei tosto telegrafato a quest'ultimo di prestare, di concerto coi colleghi di Germania e d'Inghilterra, il desiderato appoggio al suo collega spagnuolo.

(Per Parigi). Il presente telegramma è per sua personale informazione. (Per Londra e Berlino). La prego di comunicare quanto precede a codesto ministro degli affari esteri. (Per Tangeri). La prego di mettersi tosto, per tale oggetto, in comunicazione coi suoi tre colleghi 1•

640 3 Cfr. n. 538.

642

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4120. Tangeri, 13 dicembre 1893, ore 12,45 (per. ore 16,20).

Ho eseguito gli ordini di V. E., contenuti nel telegramma di jeri 1• Inviato inglese aveva già fatto passo identico, in base istruzioni generali. Ministro di Germania ha parlato pure energicamente, dichiarandomi non volere che il suo linguaggio si consideri come passo formale, speciale, non consentendo ciò sue istruzioni, dopoché stimava già detto tutto ciò chç..era possibile ed il sultano, passati 40 giorni, non abbia risposto sue note. Commissario imperiale promette raccomandare vivamente fratello sultano accettazione domanda, concernente consegna ostaggi e la evacuazione zona neutrale.

643

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. RISERVATO 4125. Madrid, 13 dicembre 1893, ore 17,10 (per. ore 19,25).

Sono in grado di dare a V.E. ampia assicurazione che il signor Roustan non ha più fatto alcuna entratura a questo Governo per le cose del Marocco dopo quella statami subito segnalatata 1 dal signor Moret; e se il conte Hatzfeldt ha telegrafato il contrario a Berlino 2 , egli è caduto in un equivoco, come spiegherò in un rapporto cifrato per la posta.

64! l Per le risposte cfr. nn. 642. 644 e 645. 642 l Cfr. n. 64!. 643 l Cfr. n. 6!!.

2 Cfr. n. 639, nota l.

644

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4127. Londra, 13 dicembre 1893, ore 18,28 (per. ore 20,35).

Lord Rosebery, ritornato oggi dalla Scozia, ha telegrafato alla legazione inglese a Tangeri di continuare a dare appoggio al rappresentante spagnuolo 1 .

645

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BRIN

T. 4133. Berlino, 14 dicembre 1893, ore 15,40 (per. ore 16,25).

Comunicai a questo Ministero degli affari esteri contenuto telegramma di V.E. di jeri l'altro 1 , e confermo questo Governo crede avere già fatto presso il sultano di Marocco, da cui non ricevette ancora risposta, tutti i passi necessari in favore della Spagna.

644 l Risponde al n. 641. 645 l Cfr. n. 641.

<
APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione dal 15 maggio 1892 al 14 dicembre 1893)

MINISTRO BRIN Benedetto, ispettore generale del genio navale, deputato al Parlamento.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO FERRARI Luigi, deputato al Parlamento, dal 25 maggio 1893.

SEGRETARIO GENERALE MALVANO Giacomo, consigliere di Stato.

DIVISIONE I

AFFARI POLITICI -ERITREA -PROTETTORATI Direttore capo di divisione -PucciONI Emilio.

SEZIONE I Apertura del carteggio -Servizio telegrafico -Affari politici.

Capo sezione -FASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

Segretari -CuGNONI Guglielmo; KocH Ernesto; CANONICO Edoardo.

Vice segretari -AGNESA Giacomo (segretario dal 7 agosto I 892); MACCHI DI CELLERE Vincenzo; RANDACCIO Ignazio, dal Io agosto I892.

Addetto all'ufficio -DE GREGORIO marchese Paolo, segretario di legazione.

SEZIONE II

Eritrea e Protettorati.

Reggente la sezione -SILVESTRELLI Giulio, segretario di legazione.

Vice segretario -RANDACCIO Ignazio, fino al 3 I luglio 1892.

Addetti all'ufficio -BETTONI conte Vincenzo, segretario di legazione, fino al 24 gennaio I893; PoRCINARI marchese Filippo, segretario di legazione, dal I6 novembre I892 al I8 luglio I893; AvATI marchese Giulio, vice console, fino al 24 ottobre I893; D'AvANZO Carlo, segretario di ragioneria, fino al 3I dicembre I 892.

DIVISIONE II

AFFARI COMMERCIALI

Direttore capo di divisione ,_ 0RFINI conte Ercole.

SEZIONE I

Carteggio relativo alla stipulazione e interpretazione degli atti internazionali non politici -Esposizioni -Sanità.

Capo sezione -MAYOR Edmondo.

Segretari -ANIELLI Lorenzo; BARILARI Pompeo, dal Io marzo 1893.

Vice segretari -GARROU Mario; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro (segretario particolare del sottosegretario dal maggio I893), fino al 3 dicembre 1893.

Addetto all'ufficio -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, addetto di legazione, fino al 31 ottobre 1892.

SEZIONE II

Emigrazione e colonie-Scuole -Associazioni ed istituti italiani all'estero -Personale delle scuole all'estero -Esplorazioni commerciali, scoperte geografiche e viaggi scientifici -Indagini statistiche fuori del Regno -Pubblicazioni d 'indole economica

Bollettino del ministero.

Capo sezione -PASSERA Oscarre.

Segretari -BARILARI Pompeo, fino al 28 febbraio 1893; PELUCCHI Carlo; GIACCHI Giuseppe; CELESIA DI VEGLIASCO barone Alessandro.

Addetti all'ufficio-MoNACO Attilio, vice console, fino al 31 agosto 1892; LEBRECHT Vittorio, vice console, fino al 19 giugno 1893; FIORETTI Vittorio, vice segretario di ragioneria.

Ispettore generale delle scuole italiane all'estero

REBECCHINI Antonio, provveditore agli studi.

DIVISIONE III

AFFARI PRIVATI

Questioni di nazionalità, di estradizione, di successioni, di protezioni consolari e d'ogni altro ordine non politico né commerciale.

Direttore capo di divisione -BIANCHINI Domenico.

SEZIONE I

Europa, meno la Turchia.

Capo sezione -VACCAJ Giulio.

Segretario -MIRTI DELLA VALLE Achille.

Vice segretario -RICCI Arturo (segretario dal 29 novembre 1892).

Volontari -GALLIAN Massimo (vice segretario dal 26 agosto 1892); DURAND DE

LA PENNE Enrico (vice segretario dal 19 febbraio 1893). Addetti all'ufficio -CusANI CoNFALONIERI marchese Luigi Gerolamo, vice console (segretario di legazione dal 18 luglio 1893), fino al 17 agosto 1893.

SEZIONE Il

America.

Capo sezione -BERTOLLA Cesare, fino al 31 dicembre 1892; DE GAETANI Davide, dal 1° gennaio 1893.

Segretari -MINA BOLZESI Giuseppe, fino al 29 novembre I 892; LANDI VITTORJ Vittorio; ANDREOZZI conte Pietro.

Volontario -DE LuccHI Guido, fino all'8 agosto 1892.

Addetti all'ufficio -FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, segretario di legazione; CARIGNANI DI NovoLI Francesco, addetto di legazione, fino al 4 giugno 1893.

SEZIONE III

Turchia e Stati indipendenti nell'Asia, nell'Africa e nell'Oceania.

Capo sezione -DE GAETANI Davide, fino al 28 novembre 1892; BROFFERIO Tullio, dal 29 novembre 1892.

Segretari-GAETANI n'ARAGONA DI CASTELMOLA Onorato, fino al 2 dicembre 1893; VoLTATTORNI Gabriele; BocCONI Luigi, dal 3 dicembre 1893.

DIVISIONE IV

PERSONALE

Direttore capo di divisione, -BoREA n'OLMO marchese Giovanni Battista, fino al 5 novembre 1892; BARILARI Federico, dal 6 novembre 1892.

SEZIONE I

Personale di ogni categoria dipendente dal Ministero degli affari esterz, z maestri esclusi -Uffièi diplomatici e consolari esteri in Italia -Note caratteristiche degli impiegati -Esami -Pensioni -Annuario del ministero e bollettini del personale italiano ed estero -Conferimento di onorificenze cavalleresche al personale dipendente ed ai diplomatici e consoli esteri -Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari.

Capo sezione-BARILARI Federico, fino al 5 novembre 1892; BERTOLLA Cesare, dal } 0 gennaio 1893.

Segretario -SERRA Carlo.

Vice segretario -MoRI UBALDINI conte Alberto.

SEZIONE II

Cerimoniale -Lettere reali -Atti pubblici -Atti del ministero -Decorazioni italiane e straniere -Pieni poteri, credenziali e lettere di richiamo -Franchigie in materia doganale ai diplomatici e consoli italiani e stranieri -Visite e passaggi di sovrani, principi, capi di uno Stato e grandi personaggi-Certificati ferroviari per gli impiegati-Copisteria calligrafica.

Capo sezione -BROFFERIO Tullio, fino al 28 novembre 1892; MINA BoLZESI Giuseppe, dal 29 novembre 1892.

Segretario -VALENTINI Claudio.

DIVISIONE V

RAGIONERIA

Direttore capo di divisione -GuGLIELMINETTI Giuseppe.

SEZIONE I

BILANCI E CONTABILITÀ.

Compilazione dei bilanci-Conto consuntivo -Revisione e liquidazione della contabilità attiva e passiva dei regi uffizi all'estero -Tariffa consolare -Corrispondenza colle autorità e coi privati per gli affari contabili -Resoconti periodici -Inventari del materiale degli uffici all'estero -Sovvenzione a figli minorenni e a vedove di impiegati-Ragguagli colla moneta estera -Statistica di bilancio.

Capo sezione -CALVARI Ludovico.

Segretario -BONAMICO Cesare.

Vice segretario -FANO Alberto.

SEZIONE II

CASSA

Ufficio di cassa-:_ Movimento del denaro -Contabilità della cassa -Conti correnti coi regi funzionari all'estero -Compilazione, registrazione e spedizione dei mandati di pagamento ordinario ed anticipazioni -Trasmissione e domanda di somme ai funzionari all'estero -Versamenti all'erario ed agli istituti di credito per conto dei funzionari all'estero.

Capo sezione -BELLISOMI Ludovico.

Segretari-CASA DIO Carlo; D'AvANZO Carlo, dal lo gennaio 1893.

Vice segretari -VINARDI Giuseppe; MARCONI Alfredo. Volontari -SUGLIANI Augusto; BoRRONI Agostino; CIONNI Vittorio.

ARCHIVIO Registrazione -Conservazione dei carteggi e degli atti internazionali -Ricerche Traduzioni -Rassegna della stampa.

Direttore degli archivi -GoRRINI Giacomo.

Addetto -SALLIER DE LA ToUR Giuseppe, segretario di legazione, dal 22 novembre 1892.

Volontario -CoNTARINI Salvatore.

BIBLIOTECA Conservazione e incremento della biblioteca -Scambi di pubblicazioni con altri ministeri od istituti del Regno o di Stati esteri -Associazioni a giornali e riviste. Bibliotecario -PASQUALUCCI Loreto. Interprete -TKALAC Emerico.

ECONOMATO

Contratti -Spese d'ufficio -Contabilità del bollettino del ministero -Acquisto di mobili per gli uffici e per l'appartamento di rappresentanza-Inventario del materiale dell'amministrazione centrale e magazzino -Manutenzione dei locali -Personale degli uscieri e basso servizio.

Economo -DE ANGIOLI Eugenio.

UFFICIO PASSAPORTI E RICONOSCIMENTO DI FIRME

Passaporti e legalizzazioni.

Ufficiali d'ordine -SILVANI LORENI Demetrio; CIACI Romolo.

SPEDIZIONE

Trasmissioni e spedizioni di pieghi ed effetti.

Spedizioniere -PASANISI Francesco.

TIPOGRAFIA

Direttore -ALFERAZZI Giacomo Antonio.

CORRIERI DI GABINETTO

SIGNORONI Elia Camillo; MARCONE Gabriele Antonio.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al JD gennaio 1893)

PRESIDENTE

BRIN Benedetto, ispettore generale del genio navale, ministro degli affari esteri.

VICE-PRESIDENTE

N.N.

SEGRETARIO

PUCCIONI Emilio, direttore capo di divisione al Ministero degli affari esteri.

CONSIGLIERI

ARTOM !sacco, senatore del Regno. AuRITI Francesco, senatore del Regno, procuratore generale presso la Corte di

cassazione di Roma. BIANCHERI Giuseppe, presidente della Camera dei deputati. BocCARDO Girolamo, senatore del Regno, consigliere di Stato. BoSELLI Paolo, deputato al Parlamento. CANONICO Tancredi, senatore del Regno, presidente di sez10ne della Corte di

cassazione di Roma.

CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento.

DAMIANI Abele, deputato al Parlamento.

ESPERSON Pietro, professore di diritto internazionale nell'università di Pavia.

INGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato.

MALVANO Giacomo, consigliere di Stato.

MESSEDAGLIA Angelo, senatore del Regno.

PAGANO GuARNASCHELLI Giambattista, senatore del Regno, primo presidente della

Corte di appello di Roma.

PIERANTONI Augusto, senatore del Regno, professore di diritto internazionale nell'università di Roma.

TABARRINI Marco, vice presidente del Senato, presidente del Consiglio di Stato.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

(Situazione dal 15 maggio 1892 al 14 dicembre 1893)

ARGENTINA

Buenos Aires -ANFORA DI LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRARA DENTICE Enrico, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA conte Costantino, ambasciatore; AVARNA DI GuALTIERI duca Giuseppe, consigliere; CucCHI BoAsso Fausto, segretario, dal 10 novembre 1892; CusANI CoNFALONIERI marchese Luigi, segretario, dal 17 agosto 1893; FIGAROLO DI GROPELLO Luigi, addetto, fino al 20 gennaio 1893; CAUMONT CAlMI conte Federico, addetto; CAMICIA Mario, addetto, fino al 23 febbraio 1893; CARLOTTI marchese Andrea, addetto; DELLA ToRRE Giulio, addetto onorario, dal 6 agosto 1892; ANCILOTTO Giuseppe, addetto onorario, dal 24 ottobre 1893; BRUSATI U go, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da POLLIO Alberto, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; VoLPE Raffaele, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino).

BAVIERA

Monaco -CovA barone Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MELEGARI Giulio, segretario.

BELGIO

Bruxelles -DE RENZIS DI MoNTANARO barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BARDI Alessandro, consigliere, fino al 31luglio 1892; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, segretario, dal l o agosto 1892; CARACCIOLO DI FoRINO Agostino, addetto, fino al 31 luglio 1892; CARIGNANI Francesco, addetto, dal 4 giugno 1893; PANIZZARDI Alessandro, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -PETICH Luigi, ministro residente (residente a Lima), fino al 17 maggio 1893; SEGRE Davide, ministro residente (residente a Lima), dal 18 maggio 1893.

BRASILE

Rio de Janeiro -TUGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NOBILI Aldo, segretario.

CILE

Santiago -CASTELLI Pietro, ministro residente, fino al 17 maggio 1893; BRACESCHI Paolo, ministro residente, dal 18 maggio 1893.

CINA

Pechino -PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRIOZZI Lorenzo, principe di Cariati, segretario, fino al 31 luglio 1892; GALLINA conte Giovanni, segretario, dal l o agosto 1892.

COLOMBIA Bogotà -PISANI-DOSSI Alberto, ministro residente.

COREA

Seui-PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pechino).

COSTARICA San José -GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -CATALANI Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VISONE conte Vincenzo, segretario, fino al 26 ottobre 1893.

FRANCIA

Parigi -RESSMAN Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, con credenziali di ambasciatore; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, segretario; FRACASSI RATTI MENTONE Domenico, marchese di Torre Rossano, segretario, fino al 15 dicembre 1892; SERRISTORI conte Umberto, segretario, fino al 23 ottobre 1892; BRUNO Luigi, segretario; QUARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, addetto (segretario dal 22 gennaio 1893); CAVARADOSSI DI THOET Giulio, addetto, dal 2 febbraio al 23 ottobre 1893; CAHEN marchese Teofilo Rodolfo, addetto, dal 24 ottobre 1893; RASPONI conte Giulio, addetto onorario (addetto dal lo aprile 1893); PANIZZARDI Alessandro, maggiore, addetto militare; RosELLINI Giovanni Battista, capitano di vascello, addetto navale.

GERMANIA

Berlino -LANZA conte Carlo, tenente generale, ambasciatore, dal 29 agosto 1892; BECCARIA INCISA Emanuele, consigliere, fino al l o ottobre 1892 (incaricato d'affari fino al28 agosto 1892); DALLA VALLE DI PoMARO marchese Alessandro, segretario, dal 2 ottobre 1892; BERTI Emanuele, segretario, fino al 27 ottobre 1893; VISONE conte Vincenzo, segretario, dal 27 ottobre 1893; DE MARTINO Giacomo, addetto; ANCILOTTO Giuseppe, addetto onorario, dal 6 agosto 1892 al 23 ottobre 1893; GIANOTTI Romano Enrico, addetto onorario, dal 24 ottobre 1893; ZuccARI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; VOLPE Raffaele, capitano di vascello, addetto navale.

GIAPPONE

Tokio -DE MARTINO Renato, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; GALLETTI CAMBIAGI Arturo, segretario, fino al 18 luglio 1893; LEvi Giorgio, addetto, dal 24 settembre 1892 al 24 ottobre 1893; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra-TORNIELLI BRUSATI DIVERGANO conte Giuseppe, ambasciatore; HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, consigliere; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, addetto (con funzioni di segretario dal 24 maggio 1892), fino al 22 novembre 1892; PAULUCCI DE' CALBOLI Raniero, addetto (segretario dal 18 luglio 1893); CORSINI Andrea Carlo, addetto onorario, dal 6 agosto 1892; PERSICO Alberto, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -FE' D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, segretario, fino al 31 luglio 1892; BAROLI Carlo, segretario, fino al 31 luglio 1892; FRIOZZI Lorenzo, principe di Cariati, segretario, dal l o agosto 1892; DE BosDARI Alessandro, addetto, dal 20 gennaio 1893.

GUATEMALA

Guatemala -GREPPI conte Antonio, ministro residente.

HONDURAS

Tegucigalpa -GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

MAROCCO

Tangeri -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, segretario interprete.

MESSICO

Messico -CENTURIONE marchese Enrico, ministro residente, dal 5 gennaio 1893.

MONTENEGRO

Cettigne-BIANCHI DI LAVAGNA E DI CASTELBIANCO marchese Francesco, ministro residente; BRATTANICH Pietro, interprete.

NICARAGUA

Managua -GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -SPINOLA marchese Federico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 19 novembre 1892; GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dall'8 agosto 1893; POLACCO Giorgio, segretario.

PERSIA

Teheran -DE REGE DI DoNATO Alessandro, ministro residente.

PERÙ

Lima -PETICH Luigi, ministro residente, fino al 17 maggw 1893; SEGRE David, ministro residente, dal 18 maggio 1893.

PORTOGALLO

Lisbona -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 novembre 1892; FossA TI-REYNERI Giacinto, segretario, fino al 10 gennaio 1893; BETTONI conte Vincenzo, segretario, dal 24 gennaio 1893.

ROMANIA

Bucarest-CURTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BOLLATI Riccardo, segretario; OuvoTTO Teodoro, interprete archivista; MARINI Pietro, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

RUSSIA

Pietroburgo-MAROCHETTI barone Maurizio, ambasciatore; BOTTARO CoSTA Francesco, segretario; CARAVADOSSI DI THOET D'AsPROMONTE Giulio, addetto, fino al lo febbraio 1893; CARLETTI Tommaso, vice console, fino al 27 ottobre 1893; GIANOTTI Romano Enrico, addetto onorario, dal 6 agosto 1892 al 24 ottobre 1893; CESANO Pietro, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; CRESPI Francesco, capitano di vascello, addetto navale.

SALVADOR

San Salvador -GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuccHI BoAsso Fausto, segretario, fino al 10 novembre 1892; RANUZZI SEGNI conte Cesare, segretario, dal 22 novembre 1892; BRUSATI Ugo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Vienna), sostituito da POLLIO Alberto, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

Bangkok -PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente in Cina).

SPAGNA

Madrid -MAFFEI DI BOGLIO marchese Carlo Alberto, ambasciatore; DE FORESTA Alberto, segretario; CAHEN Teofilo Rodolfo, marchese di Torre Alfina, addetto, fino al 23 ottobre 1893; LEVI Giorgio, addetto, dal 24 ottobre 1893.

STATI UNITI

Washington -FAVA barone Sa veri o, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (dal 21 maggio 1893 ambasciatore); IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario; RusPOLI Mario, addetto onorario, dal 6 agosto 1892.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -PEIROLERI Augusto, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; VIGONI Giorgio, consigliere; VINCI GIGLIUCCI conte Giulio Cesare, segretario; RANUZZI SEGNI Cesare, addetto, fino 10 giugno 1892; COBIANCHI Vittore, addetto; DE BoSDARI Alessandro, addetto, fino al 20 gennaio 1893; BLUMENTHAL Carlo, addetto, dal lo agosto 1892 al 5 aprile 1893; FIGAROLO DI GROPELLO Luigi, addetto, dal 20 gennaio 1893; PANIZZARDI Alessandro, maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli-AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO Luigi, ambasciatore; GuAsco DI BISIO Alessandro, consigliere; GALLINA Giovanni, segretario, fino al 31 luglio 1892; BAROLI Carlo, segretario, dal lo agosto 1892; Rossi ToESCA Vincenzo, addetto; LEVI Giorgio, addetto, fino al 20 settembre 1892; SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, addetto, dal 31 ottobre 1892; SoMMI PICENARDI marchese Gerolamo, addetto onorario, dal 6 agosto 1892; BARONE Antonio, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete; MARINI Pietro, tenente colonnello di Stato MaggiOre, addetto militare.

EGITTO

Il Cairo -MACCIÒ Licurgo, agente e console generale per l'Egitto; PORCINARI marchese Filippo, segretario, fino al 16 novembre 1892.

TUNISIA

Tunisi -MACHIAVELLI Giovambattista, agente e console generale; SAVINA Oreste, vice console, fino al 9 ottobre 1893; GAVOTTI Fabrizio, vice console; CARLETTI Tommaso, vice console, dal 27 ottobre 1893; Tosn Gustavo, applicato volontario, fino all'8 ottobre 1892; MISSIR Oscarre, interprete.

BULGARIA

Sofia -GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, agente e console generale, fino al 17 agosto 1893; RIVA Alessandro, agente e console generale, dal 23 novembre 1893; SAINT MARTIN Giuseppe, vice console, reggente dall'8 agosto al 22 novembre 1893; BoTTALICO Enrico, interprete.

URUGUAY

Montevideo -ANFORA DI LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).,

VENEZUELA

Caracas -MAGLIANO Roberto, ministro residente, fino all'Il settembre 1892.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione dal 15 maggio 1892 al 14 dicembre 1893)

Argentina -DEL VIso Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL VIso Antonio junior, primo segretario.

Austria-Ungheria -VON BRUCK barone Karl, ambasciatore; VON BEUST conte Adolf, consigliere, fino al luglio 1892; HOHENWART-GERLACHSTEIN conte Gilbert, consigliere, fino al giugno 1892; VON EPERJESY Albrecht, consigliere, dal luglio 1892; DUMBA Konstantin, segretario; WISNIEWSKY conte Jaroslaw, segretario, dal giugno 1892 al novembre 1893; NEMES conte Albrecht, addetto; voN HERBERSTEIN conte Maximilian, addetto, dal novembre 1893; FORSTNER VON BILLAU Franz, colonnello, addetto militare, fino al settembre 1892; voN PoTT Emil, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, dal settembre 1892; SoLTYK conte Stanislav, tenente di vascello, addetto navale.

Baviera -VON PoDEWILS-DURNIZ barone Klemens, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VON MoY conte Karl, segretario, fino al maggio 1893; VON GuTTEMBERG, barone, segretario, dal maggio 1893.

Belgio -VAN Loo August, inviato straordinario e ministro p1enipotenziario; DU Bms D'AISCHE, conte, consigliere, fino al giugno 1892; MoNCHEUR barone Ludovic, primo segretario (consigliere dal luglio 1892); SAINCTELETTE Maurice, primo segretario, dal luglio 1892; LE GHAIT Raymond, addetto, fino al 24 maggio 1892.

Brasile -DE TEFFÉ, barone, ammiraglio, inviato straordinario e ministro p1enipotenziario, fino al novembre 1893; STOCKLER DE MENEZES Arturo, primo segretario fino al novembre 1892; LISBOA Enrique, primo segretario, dal 10 luglio 1892; DE BARROS MoREIRA Alfredo, secondo segretario, fino al luglio 1892; RoDRIGUEZ TORRES Alfredo, secondo segretario, dal 19 novembre 1892.

Cile -BULNES Gonzalo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 9 giugno 1892; MARTINEZ Aristide, colonnello, addetto militare, fino al giugno 1892; IRARRAZAVAL Alfredo, capitano di cavalleria, addetto militare, dal 27 giugno 1892. (La legazione ha sede a Berlino).

Cina -SIÈ Fu-CHENG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al novembre 1893. (La legazione ha sede a Londra).

Colombia -PosADA Alejandro, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al novembre 1892; HURTADO José Marcelino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 gennaio 1893; ULLOA Ramon, generale, segretario, fino all'agosto 1892; DE CASTRO Aurelio, colonnello, primo segretario, dall'agosto 1892; DE SANTA MARIA secondo segretario, dall'aprile 1893; PosADA Roberto, addetto.

Danimarca -DE KNUTH conte Joachim Sigmund Ditlev, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -BILLOT Albert, ambasciatore; MARCHAND Hippolyte, consigliere, fino al novembre 1892; DE LAVAUR DE SAINTE FoRTUNADE visconte Henri, primo segretario (consigliere dal dicembre 1892); P A TENÒTRE Louis, secondo segretario; BAILLY Henry, terzo segretario, fino al giugno 1893; PASCAL Henry, terzo segretario, dal luglio 1893; DE LABUSQUETTE Robert, addetto, "fino all'ottobre 1893; GIRARD-PINSONNIERE Félix, capo di battaglione del genio, addetto militare; LE NEPVOU DE CARFORT, conte, capitano di fregata, addetto navale.

Germania-zu SOLMS SoNNENVALDE conte Everard, ambasciatore; VON MUTZENBECHER Johannes, consigliere, fino al luglio 1893; VON MULLER Felix, consigliere, dall'agosto 1893; VON BELOWSCHLATAU, secondo segretario; VON ERCKERT, addetto, fino al 29 aprile 1893; voN UND zu BoDMAN barone Hans, addetto, fino all'ottobre 1892; VON GABELENTZ-LINSINGEN, addetto, dall'ottobre l 892 al novembre 1893; VON WILLICH Alfred, addetto, dal dicembre 1893; VON ENGELBRECHT Karl, tenente colonnello, addetto militare; VON PLESSEN barone Wulff, tenente di vascello, addetto navale.

Giappone-TOKUGAWA Atsuyoshy, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al settembre 1892; NAKASHIMA Nobuyuki, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 gennaio 1893; SAMESHIMA Takenoske, segretario, fino al giugno 1892; ANENOKOSI Kintomo, segretario, dal 30 giugno 1892; OKUBO Gakuske, addetto, fino al gennaio 1893; JJm Hikojiro, tenente di vascello, addetto navale.

Gran Bretagna -VIVIAN sir Hussey Crespigny, ambasciatore, fino al 21 ottobre 1893; EDWARDES Henry G., primo segretario; STRONGE Francis William, secondo segretario; RAIKES Arthur Steward, secondo segretario; BARCLAY Georges Head, terzo segretario; RusSEL Theo, addetto, dall'ottobre 1893; CURZON Frederick, addetto onorario; TREMAYNE J.C., addetto onorario, dall'aprile 1893; MAY William, capitano di vascello, addetto navale, fino al giugno 1893; LE CLERC Egerton George, capitano di vascello, addetto navale, dal giugn~ 1893; SLADE John Ramsay, tenente colonnello, addetto militare.

Grecia -DOUROUTIS Michele, primo segretario, incaricato d'affari, dal 20 maggio al 18 settembre 1892; CouNDOURIOTIS D., primo segretario, incaricato d'affari, dal 19 settembre 1892.

Guatemala -CRuz Fernando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. (La legazione ha sede a Parigi).

Messico -EsTEVA Gonzalo A., ministro residente, dal 5 luglio 1892; HIJAR y HARO Juan Baptista, primo segretario (incaricato d'affari fino al 4 luglio 1892), fino all'agosto 1892; LERA Carlos Amerigo, primo segretario, dal giugno 1893; PACHECO Manuel, secondo segretario (primo segretario dall'agosto 1892), fino al novembre 1892; MORALES Vicente, secondo segretario, dal febbraio 1893; CANEDO Salvador, addetto, fino al giugno 1893; ESTEVA Edoardo A., addetto, dal giugno 1893.

Monaco -BENTIVOGLIO -MIDDLETON conte Enrico, incaricato d'affari; FURSE DE FALAISE barone Eduardo, segretario.

Paesi Bassi -VAN WESTENBERG Bernard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN MAREES VAN SWINDEREN Renato, segretario.

Perù-CANEVARO José Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoRREA Jorge, primo segretario, fino all'agosto 1893; ALZAMORA Lizardo, primo segretario, dall'agosto 1893; DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo -DE MACEDO PEREIRA CouTINHO conte Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 29 novembre 1893; DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 novembre 1893; SEQUEIRA THEDIM Augusto, primo segretario; PENAFIEL marchese, secondo segretario, dal giugno al settembre 1893.

Romania -ESARCU CostanJin, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario, fino al marzo 1893; LAHOVARY Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 aprile 1893; MAVROCORDATO Edgar, primo segretario, fino al gennaio 1893; KRETZULESCU Emanuele, primo segretario, dal gennaio 1893; ZAMFIRESCU Duilius, secondo segretario, fino al giugno 1892; GHIKA Theodoro, secondo segretario, dal giugno 1892.

Russia -VLANGALY Aleksander, ambasciatore; DE MEYENDORFF barone Ernest, consigliere; BARATOV principe Nikolaj, primo segretario; BAGGOVOUT Victor, secondo segretario; DE KREUZ conte, addetto, dall'agosto 1892; DE LUTKE conte Konstantin, contrammiraglio, agente navale, fino al novembre 1892; TRUBECKOJ principe Nikolaj, tenente colonnello di Stato Maggiore, agente militare, dal giugno 1892.

Serbia-SIMié Georgij, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BARLOVATZ Georgij, primo segretario, dal maggio 1893. (La legazione ha sede a Vienna).

Siam -VADHANA, principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LUAN AAAM RUANGRIDDHI, primo segretario, fino al novembre 1892; WILBERFORCE WYKE, segretario; LUANG VISAIT, addetto; MuN VISUTR, addetto; LUANG BHAKDI, addetto, dal novembre 1893. (La legazione ha sede a Parigi).

Spagna -MERRY Y CoLON Francisco, conte DE BENOMAR, ambasciatore, fino al 6 febbraio 1893; RASCON conte Juan, ambasciatore, dal 7 febbraio 1893; PASTOR Y BEDOYA Manuel, primo segretario, fino al 3 febbraio 1893; HUESCA Y MADRID Federico, primo segretario, dal 4 febbraio al 3 I luglio I 893; DE RoJAS Y ALONSO Federico, primo segretario, dal Io agosto I 893; GASSEND Y DE FRIAS Carlos, secondo segretario, fino al 4 febbraio 1893; GAYTAN DE AYALA Ramon, secondo segretario, dal 6 marzo 1893; TOVIA Y MARTINEZ Fernando, terzo segretario; DE VIVAR Rodrigo, tenente colonnello, addetto militare, fino all'ottobre 1893.

Stati Uniti -PoRTER Albert G., inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al novembre 1892; PoTTER William, inviato straordinario e ministro plenipclenziario, dal 28 dicembre 1892; WHITEHOUSE H. Remsen, segretario; BINGHAM Theodor, capitano, addetto militare, dal novembre 1892; SARGENT Nathan, tenente di vascello, addetto navale, fino al maggio 1893; VREELAND C.E., tenente di vascello, addetto navale, dal maggio 1893.

Svezia e Norvegia -DE BILDT Karl Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Svizzera -BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Jean Baptiste, consigliere; VoGEL Léon, addetto, fino al marzo 1893; DE BousTETTEN Walter, addetto, dal marzo 1893.

Turchia-NEDIM Mahmud bey, ambasciatore; TEVFIK Mohammed bey, consigliere, fino al maggio 1893; PANGIRIS bey, consigliere, dal maggio 1893; SoUBHY bey, primo segretario, fino al dicembre 1892; CARATHEODORY effendi, primo segretario, dal dicembre 1892; RECHID bey, secondo segretario; FAHREDDIN bey, terzo segretario; ADIL bey, addetto, dal novembre 1892; NIZAMY Osman bey, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Uruguay -VAZQUEZ-SAGASTUME José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoVIRA Enrique, primo segretario; DE Dovnns Ubaldo Julio, addetto onorario, dall'ottobre 1892; FERRARI Juan Manuel, addetto onorario, dal 26 luglio I 893.